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Abbiamo consacrato il capitolo II della prima sezione al ruolo svolto dai postulati. Avevamo allora mostrato che il dott. Bucaille accettava come vero il postulato dell’ipotesi documentaria riguardante le origini e lo sviluppo della Torà. Questa ipotesi è anche conosciuta con il nome di alta critica oppure teoria di Graf-Wellhausen. Sono i due studiosi che l’hanno fatta conoscere; la sua formulazione classica è circa del 1880; si può riassumere nelle seguenti proposizioni:

1. La religione è passata insensibilmente dallo stadio politeista allo stadio monoteista. L’Antico Testamento non farebbe altro che riportare l’evoluzione della presa di coscienza religiosa del popolo ebraico. Non è più la rivelazione di Dio per mezzo di un angelo o dello Spirito Santo.

2. Poiché i costumi che caratterizzano l’epoca di Abramo non sono conosciuti al di fuori dei racconti della Torà (per esempio, il suo matrimonio con la sua sorellastra e la cacciata della serva Agar su esplicita domanda di sua moglie), e poiché gli Ittiti non sono mai menzionati al di fuori della Torà, i racconti di Abramo, Isacco e Giacobbe, uomini che il popolo di Israele considera come propri patriarchi, non sono dei racconti storici. Sono miti e leggende.

3. È impossibile che Mosè e gli Ebrei abbiano potuto scrivere, poiché la scrittura non esisteva ancora.

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4. Di conseguenza i cinque libri della Torà non sono stati dati da Mosè verso il 1400 o 1300 avanti Cristo, come hanno costantemente affermato la Bibbia e il Corano. Sono stati compilati secoli più tardi da scrittori sconosciuti.

Secondo questa teoria, il primo autore, scrivendo verso l’anno 900 avanti Cristo si sarebbe servito del nome di Yahweh o Jehovah cioè L’Eterno per parlare di Dio. Gli si attribuisce generalmente, tra gli altri, i capitoli 2 e 3 della Genesi.

Un altro scrittore, apparso un secolo più tardi, avrebbe attribuito a Dio il nome di Elohim. Sarebbe l’autore di varie sezioni della Torà. Questi due documenti sarebbero stati riuniti verso l’anno 650 a.C.; i sostenitori dell’ipotesi documentaria pretendono che si possa distinguere le fonti a seconda del nome attribuito a Dio, vale a dire Jehovah o Elohim. Ma, siccome l’argomentazione della differenziazione dei nomi è giudicata insufficiente, i “critici” fanno intervenire anche delle considerazioni di lingua, di stile e dei concetti teologici che permettono loro di riconoscere con certezza i diversi documenti.

Il quinto libro della Torà, intitolato Deuteronomio sarebbe stato scritto nel 621 a.C. (i difensori della teoria critica sottolineano la natura menzognera di questo libro dal momento che esso è considerato come un’entità ben definita della penna di un solo autore!).

Infine, dei sacerdoti giudei avrebbero aggiunto un quarto documento indicato con la lettera P (come preti) il quale cominciava con il maestoso racconto di Genesi 1. Essi avrebbero in seguito riunito tutti questi documenti sparsi per formare la Torà nella sua forma attuale. Questa compilazione risalirebbe all’anno 400 a C. circa, cioè 1000 anni dopo Mosè. L’ipotesi documentaria si chiama anche teoria JEDP dal nome della prima lettera delle parole Jehovah, Elohim, Deuteronomista, Preti.

Questa presentazione succinta dell’ipotesi documentaria è nondimeno sufficiente per mostrare a che punto la credibilità nei confronti di tutto l’Antico Testamento è danneggiata. Se questa ipotesi risultasse esatta s’imporrebbe una sola conclusione:

l’Antico Testamento non sarebbe altro che una monumentale frode letteraria.

5. Per di più, che lo affermino esplicitamente o no, i padri di questa ipotesi documentaria non accettavano i miracoli. Non credevano ai miracoli compiuti da Mosè, né a quelli compiuti da Gesù. Non ammettevano nemmeno il miracolo della profezia, vale a dire che Dio si sia rivelato lui stesso in via indiretta tramite la lingua degli uomini. Secondo loro, Dio non parlò mai a Mosè o ai profeti; mai comandò loro di trasmettere le sue parole. Se questi innovatori avessero studiato con attenzione il Corano, avrebbero senza dubbio affermato che Dio non aveva mai parlato a Maometto.

Possiamo, con ragione, dire che il rifiuto deliberato di credere al miracolo ed alla profezia costituisce il postulato di base di tutta questa teoria.

Il dott. Bucaille ha dedicato diverse pagine del suo libro ad un esame dettagliato di questa teoria per approdare alla conclusione che la Bibbia è piena di contraddizioni, inverosimiglianze, ecc… Da secoli i musulmani hanno proclamato che noi, cristiani, abbiamo alterato il contenuto delle Scritture. Affermando pressappoco la stessa cosa, il dott. Bucaille, che tuttavia proviene da uno sfondo cristiano, non può che rafforzare l’opinione dei musulmani. Questa testimonianza è una vera pacchia per loro!

All’epoca dei miei studi preparatori alla Facoltà di Medicina al Collegio di Wooster, mi era stata insegnata questa teoria come essendo vera. Questo collegio dipendeva dalla Chiesa Presbiteriana.

Il mio professore era titolare di un dottorato in teologia. Un giorno, lo studente seduto al mio fianco dichiarò al professore:

“Se quello che dite è vero, allora quello che la Bibbia dice non è vero.” Egli rispose, come se si stesse rivolgendo ad un bambino di sei anni: “Potete credere comunque alla Bibbia, se lo desiderate”.

Non avevo allora alcun modo di verificare la fondatezza o la nullità delle affermazioni del mio professore, e le accettavo come vere. Questa teoria scalzò la mia fiducia nella Bibbia come autentica rivelazione data da Dio; abbandonai progressivamente la fede cristiana per diventare agnostico. Non ero insorto contro Dio; molto semplicemente, non sapevo più cosa pensare a suo riguardo, né cosa credere.

L’ipotesi documentaria

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Ma grazie siano rese a Dio “che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”. Non mi ha lasciato nell’ignoranza. Mi ha fatto incontrare degli uomini e delle donne che mi hanno presentato altri fatti a favore dell’autenticità della Torà e dei profeti. Sono questi fatti che esamineremo in questo capitolo.

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Nel capitolo I della precedente sezione, al paragrafo A, abbiamo visto che il Corano stesso attesta l’esistenza di una Torà immutata CON Maria, CON Yahya (Giovanni Battista)ى, e CON Gesù nell’anno 34 d.C. Può essere che i miei lettori non condividano il mio punto di vista secondo cui la Torà di allora era la stessa della Torà attuale, ma saremo certamente tutti d’accordo sui seguenti fatti chiaramente esposti nel Corano.

Il Corano afferma chiaramente che Abramo era una persona reale alla quale Dio parlò.

Esso afferma in modo netto che Mosè ha compiuto dei miracoli e che ha ricevuto da Dio le tavole sulle quali era incisa la Torà.

Ecco ciò che dichiara a questo proposito la Sura Al-‘A’râf 7:144-145, del periodo meccano tardivo:

Disse [Allah]: “O Mosè, ti ho eletto al di sopra degli uomini…

Scrivemmo per lui, sulle Tavole, un’esortazione su tutte le cose e la spiegazione precisa di ogni cosa…

Ogni persona che ha familiarità con il Corano dirà: “Il nostro Libro insegna effettivamente queste verità. Anche il meno istruito tra i musulmani conosce questi due fatti. Perché farci riferimento?”

Molto semplicemente perché se i racconti riguardanti Abramo, Ismaele, Isacco e Giacobbe sono dei miti nella Torà, allora lo sono anche nel Corano. Se la scrittura era sconosciuta all’epoca di Mosè, nel 1400 a.C., allora né Mosè, né nessun altro avrebbe potuto leggere le tavole scritte; in questo caso, il Corano, che afferma che Dio ha dato delle tavole scritte a Mosè, sarebbe nell’errore, così come la Torà.

È quindi di grande importanza esaminare da vicino questa ipotesi documentaria. Cominceremo col analizzare l’atteggiamento dell’alta critica di fronte ai miracoli.

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In una delle sue opere (De Profeten en de Profetie onder Israel, Vol. I, pagg. 5,585) A. Kuenen rivela la sua posizione anti-soprannaturale:

Finché attribuiamo direttamente a Dio una parte dello sviluppo della vita religiosa d’Israele e permettiamo l’intervento, anche una sola volta, del soprannaturale o della rivelazione immediata (profezia) la nostra visione d’insieme resta inesatta, e siamo costretti a fare violenza qui o là al contenuto dei racconti storici ben documentati. Solo il postulato di uno sviluppo naturale permette di render conto di tutti i fenomeni.

In De Godsdienst van Israel (Vol. I, pag. 111) Kuenen confessa:

La natura familiare delle relazioni tra la divinità ed i patriarchi costituiscono per me una delle prove più convincenti contro il carattere storico di questi racconti.

Nella prima citazione, Kuenen arriva ad affermare che un solo avvenimento soprannaturale falsa la nostra visione delle cose.

Nella seconda egli presenta il fatto che Dio abbia parlato ad Abramo, ad Agar, ad Isacco ed a Giacobbe come prova della non-storicità dei libri di Mosè.

Wellhausen, che, unito a Graf, ha dato il suo nome alla teoria critica, mette in ridicolo il racconto dei miracoli avvenuti sul Sinai quando Dio diede a Mosè la legge incisa su delle tavole di pietra ed esclamò con sdegno: “Chi dunque può seriamente credere a tutto ciò?”

Numerosi studiosi contemporanei continuano a credere e insegnare queste idee perché rifiutano sempre di ammettere la possibilità del miracolo. Ecco come Langdon B. Gilkey, dell’Università di Chicago, descrive nel 1962 l’esperienza biblica vissuta da Israele sul Sinai:

Gli Ebrei attribuivano a Dio i prodigi compiuti e le parole intese, ma Dio li ha compiuti e le ha pronunciate? Noi pensiamo evidentemente di no.

Quando affronta il passaggio del Mar Rosso da parte degli Ebrei,

L’ipotesi documentaria

107 Gilkey prosegue:

Noi neghiamo il carattere miracoloso dell’avvenimento e affermiamo che si spiega semplicemente con l’effetto di un vento dell’est; poi sottolineiamo quale forma la fede degli Ebrei ha dato a questo avvenimento.

Queste poche citazioni dimostrano chiaramente che i miracoli non possono succedere. Ognuno di questi miracoli che abbiamo citato viene negato.

È impossibile che Dio abbia parlato ad Abramo.

È impossibile che Mosè abbia potuto ricevere la Legge dalle mani di Dio.

La separazione in due delle acque del Mar Rosso per lasciar passare i figli di Israele, poi la riunione di queste stesse acque per inghiottire il Faraone ed il suo esercito, neanche questi sono dei miracoli.

La conclusione logica di questa teoria non è sfuggita a Yusuf Ali.

Nella sua traduzione del Corano mette in guardia i suoi lettori:

Il punto di vista della scuola dell’alta critica è radicalmente distruttivo. Se si crede a Renan ci si può domandare se Mosè è realmente esistito o se non è semplicemente un mito.

…noi rifiutiamo categoricamente questa premessa che riteniamo falsa, secondo la quale Dio non avrebbe inviato dei libri ispirati per il tramite di profeti ispirati.

Noi insistiamo ancora sulla conseguenza: se la profezia non esiste, se Mosè non è mai esistito, il Corano è da mettere sullo stesso piano della Bibbia come libro menzognero.