• Non ci sono risultati.

L’evoluzione del sistema e i primi significativi interventi della Corte Costituzionale.

Fonti nazionali del processo penale minorile

2.6 L’evoluzione del sistema e i primi significativi interventi della Corte Costituzionale.

Il sistema di giustizia minorile si evolve, molto faticosamente, nella direzione di una effettiva realizzazione degli obiettivi per i quali era nato; si comincia a vedere in modo sempre più chiaro l’ambivalenza delle misure rieducative e quelle del sistema minorile, che oscilla tra atti di “clemenza” (ne è un chiaro esempio il perdono giudiziale), e atti con funzione esclusivamente retributiva.

La vera conquista però è la presa di coscienza di ridurre al minimo la carcerazione e i progetti rieducativi all’interno di strutture chiuse, limitando l’intervento giudiziario ai soli casi e situazioni specifiche.

L’opzione di fondo che emerge dai ripetuti interventi della Corte è quella di concepire il sistema penale minorile come profondamente diverso rispetto a quello riservato agli adulti, in ragione del fine che lo caratterizza, ovvero il recupero del minore alla società.47

Nell’ambito della giustizia minorile, proteggere la gioventù significa preservare il processo educativo in atto e favorirne l’educazione.

In tal senso nella sentenza della Corte Costituzionale, 23 Marzo 1964, n. 25 si afferma che “ la giustizia minorile ha una particolare struttura in quanto è diretta in modo specifico alla ricerca delle forme più adatte per la rieducazione dei minorenni”; con quest’ affermazione la Corte ha iniziato a delineare quelle che saranno le coordinate del sistema di giustizia minorile.

Questa prima presa di posizione sottolinea la particolare struttura cui deve tendere il sistema, ovvero il recupero del minore alla

47

E. Palermo Fabris, P. Zatti, Trattato di diritto di famiglia, Volume 5, Giuffrè 2011, pag. 195.

38

società e dunque la rieducazione dei minorenni, obiettivo sancito dall’art. 31, 2° comma, Cost.

Nella successiva sentenza della Corte Costituzionale, 30 Aprile 1973, n. 49, si sottolinea l'esistenza di un "peculiare interesse- dovere dello Stato al recupero del minore", al quale si subordina la realizzazione della pretesa punitiva.

Ulteriore intervento effettuato con pronuncia della Corte Costituzionale, 10 Febbraio 1981, n. 16, prevede la deroga alla pubblicità del dibattimento, in quanto la Corte sostiene che la pubblicità dei fatti può comportare conseguenze negative sia allo sviluppo spirituale, sia alla vita materiale del minore.

Con la sentenza della Corte Costituzionale, 19 Luglio 1983, n. 222, si sottolinea la necessità di un organo specializzato, in possesso di strumenti e di peculiari conoscenze in grado di valutare la personalità del minore in fieri ed individuare la risposta rieducativa più adeguata per il successivo reinserimento sociale del minore, in armonia con l’art 27, comma 3, Cost.

Meritano, inoltre, di essere menzionate la sentenza della Corte Costituzionale, 3 Marzo 1989, n 78 la quale dispone che per i reati commessi dai minori è prevista la competenza del Tribunale per i minorenni, in quanto "diretta in modo specifico alla ricerca di forme adatte per la rieducazione dei minorenni" ; segue la sentenza della Corte Costituzionale, 7 maggio 1996, n. 143 la quale aggiunge: "le disposizioni relative al processo minorile introducono garanzie specifiche riferite all'iter processuale ed alla possibilità di avvalersi dei servizi minorili, allo scopo di approfondire la conoscenza della personalità e delle condizioni di vita del minore, nonché la rilevanza sociale del fatto per cui si procede".

Infine la sentenza della Corte Costituzionale, 22 Aprile 1997, n. 109 identifica la protezione della gioventù con l'"esigenza di specifica individualizzazione e flessibilità del trattamento che

39

l'evolutività della personalità del minore e la preminenza della funzione rieducativa richiedono".

Da questo primo gruppo di sentenze emergono alcuni punti della giurisprudenza costituzionale quali:

a) Il principio secondo il quale il minore è un soggetto da tutelare in quanto tale;

b) La Repubblica deve garantire la tutela del minore ed è obbligata a tale dovere anche nel caso in cui il minore abbia commesso un reato (interesse-dovere al recupero).

Un secondo gruppo di sentenze si occupa della preferenza che la Corte Costituzionale presta ad istituti, come alternativa alla sanzione e alla detenzione.

Ne è un esempio la sentenza della Corte Costituzionale 20 Giugno 1977, n. 120 con la quale sottolinea l’importanza del perdono giudiziale per consentire al minore di uscire al più presto dal circuito penale, in quanto, tale istituto deriva “dalla minore fiducia del legislatore nella capacità rieducativa del carcere per i minorenni e dalla maggiore fiducia nella possibilità del loro

recupero sociale dopo il primo incontro con la giustizia penale”.48

Ulteriore sentenza che si occupa di tale materia è la sentenza della Corte Costituzionale n. 46 del 1978 nella quale si sottolinea che il ricorso all’istituzione carceraria deve essere considerato come ultima ratio per i minorenni.

Ricordiamo, per ultimo, un'altra importante sentenza della Corte Costituzionale la n. 190 del 1970, nella quale viene dichiarata l'insufficienza della sola assistenza del difensore nel processo penale minorile, ma è necessaria anche una "assistenza morale", che il minore può ricevere solo dall'esercente la potestà o la tutela. Ecco che lo svolgersi del processo nel contraddittorio delle parti

48

E. Palermo Fabris, P. Zatti, Trattato del diritto di famiglia, volume 5, Giuffrè 2011, pag. 201.

40

può essere assicurato solo con l'intervento, in aggiunta, dell'esercente la potestà o la tutela come ha dichiarato la sentenza della Corte Costituzionale n. 99 del 1975.

L’insieme delle scelte politico-criminali nei confronti del minorenne confluiscono nella necessaria diversificazione del trattamento sanzionatorio del minore rispetto all’adulto, anche la Corte Costituzionale si è più volte espressa in tal senso.

Fondamentale espressione di tale ordinamento è la sentenza della Corte Costituzionale, 28 Aprile 1994, n. 168, ove la Corte sottolinea la necessità di applicare nei confronti dei minori una differenziazione del trattamento sanzionatorio rispetto a quello previsto per gli adulti; secondo questa visione la Corte denuncia l’incompatibilit{ dell’ergastolo nei confronti di tali soggetti.

Nella medesima sentenza la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 17 e 22 c.p. per violazione degli artt. 27, 3° co. e 31, 1°co. Cost. nella parte in cui non escludono l’applicazione dell’ergastolo al minore; la lettura congiunta degli articoli costituzionali “impone una incisiva diversificazione , rispetto al sistema punitivo generale, del

trattamento penalistico dei minorenni.”49

La Corte sollecita, ulteriormente, il legislatore a creare un regime differenziato di esecuzione per i minori e a diversificare le modalità di accesso per la fruizione delle misure alternative alla detenzione.

Dall’analisi delle suddette sentenze della Corte costituzionale affiorano le indicazioni di come andrebbe concepito e rimodellato il sistema penale minorile.

Innanzitutto, dando il giusto peso all’ art. 31, comma 2°, Cost., ecco che una prima indicazione è la doverosa protezione della gioventù

49

E. Palermo Fabris, P. Zatti, Trattato del diritto di famiglia, volume 5, Giuffrè 2011, pag. 203.

41

che comporta ogni sforzo per il recupero del minore; “tale articolo rappresenta, dunque, per il passato, una chiave di rilettura delle disposizioni vigenti, per saggiare la legittimità costituzionale; e per il futuro, la stella polare che dovrà guidare la rifondazione della

giustizia penale minorile”50.

Secondo la Corte, la tutela costituzionale dei minori ha la capacità di lasciare il segno per la creazione strutturale della giustizia minorile, diretta in modo specifico alla ricerca delle forme più adatte per la rieducazione dei minorenni; ciò investe ogni momento di contatto del minore con il sistema penale.

In primis, si rende indispensabile che a valutare il minore sia sempre un organo specializzato, in quanto strumento principale per adempiere ai compiti di protezione della gioventù51 e del

reinserimento sociale del minore52; inoltre l’attivit{

giurisdizionale penale deve svolgersi secondo una logica e una prospettiva diversa da quella propria dell’attivit{ dei giudici penali non specializzati.

Ulteriori due esigenze emergono dalle decisioni della Corte:

- qualsiasi provvedimento deve essere calibrato ed adattato alle esigenze del minore, e del “singolo” minore, bandendo ogni presunzione ex lege;

- ogni provvedimento deve essere adottato sulla base dei suoi interessi, dei suoi bisogni e delle sue peculiarità, attraverso l’applicazione di decisioni fortemente individualizzate, rinunciando alla presunzione e all’automatismo legislativo.

50

A. Pennisi, La giustizia penale minorile. Formazione, devianza, diritto e processo, Giuffrè, 2012, pag. 113.

51 Articolo 31, 2°comma, Cost. “Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù,

favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”

52

Articolo 27, 3° comma, Cost. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”

42

“ In sintesi, a volte, attraverso timide brecce, altre volte, con sostanziali adeguamenti, nell’arco di quasi cinquanta anni la Corte ha armonizzato al dato costituzionale il sistema penale minorile, spronando ed anticipando un legislatore per lungo tempo insensibile ai peculiari problemi sollevati dalle risposte alla devianza minorile, riproponendo principi enunciati in sede internazionale da atti e

convenzioni a tutela del minore”53.

Il modello attraverso cui poter raggiungere tali obiettivi è il D.P.R 448 del 1988 ( Normativa sul procedimento minorile), rappresentando una risposta ai principi di autonomia e specialità, oltre che di minima offensività del processo e della sanzione, in relazione del processo evolutivo del minore.