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La libertà personale dell'imputato minorenne

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INTRODUZIONE

La presente tesi ha come obiettivo quello di evidenziare le caratteristiche, specificità, nonché i limiti che connotano il processo penale minorile disciplinato dal d.p.r. 448/1988.

Nella prima parte si sviluppa l’evoluzione storica a livello internazionale della giustizia minorile, attraverso le principali fonti; dalle prime Dichiarazioni che miravano a dare maggiore spessore alla formazione personale del bambino, dovuta all’evoluzione del concetto dello stesso, da soggetto da plasmare ed educare, a soggetto da tutelare, creando, altresì, uno spazio giuridico adatto alla sua personalità in evoluzione.

È presente un excursus storico di documenti internazionali, i quali hanno sancito i principi fondamentali e generali per la tutela del minore nel processo penale.

Nella seconda parte, nel rispetto dell’evoluzione del minore come soggetto giuridico, viene sviluppato l’aspetto normativo nazionale, evidenziandone le modifiche e l’evoluzione dagli inizi del ‘900. L’iter storico presente, per nulla breve, ha portato alla specializzazione del giustizia minorile che ha avuto inizio solo con il r.d.l. 27 Luglio 1934, n. 1404 sfociando nell’attuale d.p.r 448/1988 in cui sono presenti i principi fondamentali.

A tale creazione, senza dubbio hanno contribuito la Costituzione e la Giurisprudenza, che hanno aiutato a formare l’idea del minore come un soggetto debole, bisognoso di maggiore tutela rispetto a quella prevista per i soggetti maggiorenni, ma comunque un individuo autonomo, titolare di diritti e garanzie specifiche in relazione ai propri interessi.

Nella terza e quarta parte si sviluppano i provvedimenti limitativi della libertà personale minorile: rispettivamente le misure

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precautelari, ovvero l’arresto in flagranza, il fermo di minore indiziato di delitto e l’accompagnamento in seguito di flagranza, e le misure cautelari, nello specifico le prescrizioni, la permanenza in casa, il collocamento in comunità e la custodia cautelare, disciplinati nel nostro ordinamento e integrate dalle norme del procedimento ordinario, nel rispetto del principio di sussidiarietà, espressamente previsto nel d.p.r. 448/1988 all’art. 1, comma 1. Il sistema de libertate minorile risulta essere spesso poco chiaro e a volte poco adatto alle esigenze del minorenne, ecco perché il sistema processuale minorile ha bisogno ancora di modifiche e adattamenti, tali da migliorare l’applicabilit{ del sistema e renderlo sempre più adatto ad una società che muta nel tempo.

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Capitolo I

Fonti internazionali del processo penale

minorile

SOMMARIO: 1.1 Premessa. - 1.2 Dichiarazione di Ginevra. – 1.3. Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo. – 1.4. Le Regole di Pechino. - 1.5. La Convenzione sui Diritti del Bambino. - 1.6. Principi di Riyadh e le Regole minime per la protezione dei minori privati della libertà. - 1.7. Le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa. - 1.8. Direttiva (EU) 2016/800. - 1.9. Conclusioni.

1.1 Premessa.

La storia del processo penale minorile inizia a mostrare le prime specificità verso la fine del XVII secolo, quando iniziano ad affermarsi movimenti di pensiero che mirano a valutare la personalit{ del reo nell’ambito del processo penale al fine di applicare una sanzione individualizzata che ne consentisse l’inserimento sociale.

È cosi che sorge l’idea di una giustizia penale minorile specializzata, che si differenziasse dalla giustizia riguardante gli adulti.

La giustizia penale minorile è uno dei temi su cui i Paesi Europei hanno cercato di trovare punti di omogeneità, tentando di affermare, con consapevolezza e metodicità, la preminenza della tutela del minore.

Già in passato sono state approvate Carte Internazionali a cui gli Stati potevano adeguarsi, mostrando non sempre un quadro

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disciplinare omogeneo, ma con il passare del tempo si è diffusa la necessità di porre più attenzione alla giurisdizione minorile1.

Nel corso del ventesimo secolo l’ordinamento giuridico si è mostrato più interessato all’esigenza di rafforzare la tutela del minore, nata dall’evoluzione del concetto di bambino.

I primi passi verso il riconoscimento di una giustizia minorile si intravedono alla fine dell’800 principalmente in America; ma soltanto nel 1912 a livello internazionale fu approvata la Convenzione sulla tutela del minore durante una Conferenza di diritto privato tenutasi all'Aja.

A questa segui la Dichiarazione di Ginevra redatta nel 1924 dalla Società delle Nazioni Unite, dopo i risultati devastanti che la Prima Guerra Mondiale portò nel mondo dei minori, redatta sul modello della Carta dei Diritti del Bambino scritta nel 1923 da Eglantyne Jebb, dama della Croce Rossa.

Un carattere costitutivo immodificabile è la percezione del fatto che un reato commesso da un minore meriti un trattamento speciale rispetto a un reato commesso da un soggetto adulto. Dapprima il minore si trovava in una condizione di inferiorità, come un soggetto da educare, “plasmare” all’interno del nucleo familiare e soltanto dopo aver raggiunto la maggiore età era degno di esser soggetto di diritti, soggetto attivo, capace di espressione e di pensieri validi, cosicché nasce l’esigenza di una tutela specifica e di un trattamento diverso da quello previsto per l’adulto, per la sua personalità ancora in formazione, il cui processo di maturazione non si è ancora ultimato.

Abbandonati i principi della Scuola Classica che prediligeva la concezione della minore età in base alla capacità del soggetto minorenne di cogliere il disvalore del fatto e quindi l’idea del minore come una “frazione di adulto”, sanzionabile

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proporzionalmente; parimenti superati gli insegnamenti della Scuola Positiva che poneva l’attenzione sulla prevenzione speciale e sulla rieducazione con un fine di recupero o neutralizzazione del soggetto, si cercò un nuovo “modello di responsabilit{”. “Ne sono irrinunciabili capisaldi: il tendenziale riconoscimento all’imputato minorenne dei diritti e delle garanzie assicurati all’imputato adulto; la maggiore responsabilità del minorenne accompagnata da una prioritaria considerazione per le sue esigenze psico-sociali; la riduzione dell’intervento giurisdizionale al minimo indispensabile; la predisposizione di un ampio catalogo di misure giudiziarie fondato sul principio educativo; il ricorso a restrizioni della libertà personale, sia in via cautelare sia in esecuzione di pena, soltanto in extrema ratio; una maggiore attenzione per la vittima del reato, nonché per i meccanismi di mediazione e di conciliazione; l’introduzione di una “età penale” minima (in genere, collocata tra i dieci e i quattordici anni) e massima (in genere, ravvisata negli anni

diciotto).”2 questo tipo di approccio ha trovato in parte traduzione

normativa nelle Regole di Pechino, adottate dall’ONU nel 1985, nei punti 5, 6 e 7:

5. (Obiettivi della giustizia minorile). - Il sistema di giustizia minorile deve avere per obiettivo la tutela del giovane ed assicurare che la misura adottata nei confronti dei giovane sia proporzionale alle circostanze del reato e all'autore dello stesso.

6. (Scopo del potere discrezionale). - In considerazione delle

speciali esigenze del minore così come della varietà delle misure applicative, è previsto un potere discrezionale appropriato a diversi livelli dell'amministrazione della

2

G. Giostra, Per uno statuto europeo sull’ imputato minorenne, a cura di G. Giostra, Milano, Giuffrè Editore, 2005, pag. 8

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giustizia minorile, sia nell'istruttoria che nel processo e nella fase esecutiva. Dovranno tuttavia compiersi sforzi a tutti i livelli per assicurare l'esercizio responsabile di un tale potere discrezionale.

Le persone che esercitano il potere discrezionale dovranno essere particolarmente qualificate o specializzate per esercitarlo responsabilmente e secondo le rispettive funzioni.

7. (Diritti dei giovani). - Devono essere assicurate sempre

garanzie procedurali di base quali la presunzione di innocenza, il diritto alla presenza del genitore e del tutore, il diritto alla notifica delle accuse, il diritto al confronto e all'esame incrociato dei testi, il diritto a non rispondere e il diritto di appello.

Ma è nella Dichiarazione di Ginevra che “ si afferma per la prima volta il diritto del fanciullo ad una normale crescita psico-fisica e spirituale e ad una protezione speciale che gli consenta di ricevere

una educazione e gli garantisca un futuro.”3

L’attenzione europea a questo delicato versante della giustizia penale è giunto oggi all’approvazione della Direttiva Parlamentare sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati in procedimenti penali, approvata dal Consiglio Europeo dell’ UE nel 21 Aprile 2016.

1.2 Dichiarazione di Ginevra.

La Dichiarazione di Ginevra dei diritti dei fanciulli è stata redatta nel 1924 dalla Società delle Nazioni, richiamando la Carta dei Diritti del Bambino scritta nel 1923 da Eglantyne Jebb, dama della

3

S. Di nuovo, G. Grasso, Diritto e procedura penale minorile, Giuffrè editore 2005, pag.52.

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Croce rossa, approvata successivamente dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

È evidente come la Dichiarazione di Ginevra sia un punto di partenza per una maggiore tutela del minore e lo si evince dai 5 principi enunciati:

1- Al fanciullo si devono dare i mezzi necessari al suo normale sviluppo, sia materiale che spirituale.

2- Il fanciullo che ha fame deve essere nutrito; il fanciullo malato deve essere curato; il fanciullo il cui sviluppo è arretrato deve essere aiutato; il minore delinquente deve essere recuperato; l'orfano ed il trovatello devono essere ospitati e soccorsi. 3- Il fanciullo deve essere il primo a ricevere assistenza in tempo

di miseria.

4- Il fanciullo deve essere messo in condizioni di guadagnarsi da vivere e deve essere protetto contro ogni forma di sfruttamento.

5- Il fanciullo deve essere allevato nella consapevolezza che i suoi talenti vanno messi al servizio degli altri uomini.

1.3 Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo.

Con la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e del Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), si fa strada un progetto che integri la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dia vita alla Carta sui Diritti dei Bambini.

L’approvazione della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo avviene all’unanimit{ e senza astensioni il 20 Novembre del 1959; il documento si propone di mantenere gli stessi intenti della Dichiarazione di Ginevra chiedendo ai singoli Stati di omologarsi e di impegnarsi nella loro applicazione e diffusione, riconoscendo il minore come soggetto titolare di Diritti.

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La Dichiarazione si presenta come una sorta di statuto con un Preambolo nella quale finalmente si riconosce al minore che “a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali, compresa una adeguata

protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita;” 4.

La Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo consta di dieci principi: 1) Il fanciullo deve godere di tutti i diritti enunciati nella

presente Dichiarazione senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione o opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, o ogni altra condizione, sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia.

2) Il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, in modo da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità. Nell'adozione delle leggi rivolte a tal fine la considerazione determinante deve essere del fanciullo.

3) Il fanciullo ha diritto, sin dalla nascita, a un nome e una nazionalità.

4) Il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre, le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita. Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate.

4

Preambolo DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO, (Dichiarazione di New York 1959).

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5) Il fanciullo che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l'educazione e le cure speciali di cui esso abbisogna per il suo stato o la sua condizione.

6) Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale.

7) Il fanciullo ha diritto a una educazione che, almeno a livello elementare, deve essere gratuita e obbligatoria.

8) Il fanciullo deve essere fra i primi a ricevere protezione e soccorso.

9) Il fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà o di sfruttamento.

10) Il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili.

1.4 Le Regole di Pechino.

Le regole minime sull’amministrazione della giustizia minorile, conosciute anche come le Regole di Pechino, sono state adottate dall’ONU nel 1985, questo strumento giuridico internazionale consta di trenta articoli, non vincolante ma essenziale, perché disciplina per la prima volta il processo minorile; nella prima parte (PRINCIPI GENERALI) regolamenta i principi generali, le regole, le

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garanzie, i campi di applicazione della medesima e l’ obiettivo della giustizia minorile: “Il sistema di giustizia minorile deve avere per obiettivo la tutela del giovane ed assicurare che la misura adottata nei confronti dei giovane sia proporzionale alle circostanze

del reato e all'autore dello stesso.”5

Viene riconosciuto al minore la necessità di un trattamento speciale, sanzionabile per un reato, ma non penalmente responsabile come un adulto, un potere discrezionale a diversi livelli dell’amministrazione della giustizia minorile, bilanciandone l’esigenza afflittiva con lo spirito rieducativo e reintegrativo della pena (art. 6); vengono garantite le garanzie procedurali: la presunzione di innocenza, il diritto alla presenza dei genitori, il diritto alla notifica delle accuse, il diritto al confronto, il diritto a non rispondere e il diritto di appello (art. 7).

Nella seconda parte (ISTRUZIONE E PROCESSO) disciplina: la possibilità di ricorre a misure extra-giudiziarie, ossia l’affidamento ai servizi della comunità senza ricorrere al processo formale (art .11), diversion6 ; la detenzione preventiva può essere una misura

usata come ultimo mezzo e la sua durata deve essere la più breve possibile (art. 13)7.

Nella terza parte (GIUDIZIO E PROCESSO) disciplina: la necessità di autorità competente (art. 14); le restrizioni della libertà personale devono essere limitate al minimo indispensabile (art. 17); assicura l’assistenza, in ogni fase del procedimento, che favorisca il reinserimento sociale (art. 24); stabilisce gli obiettivi

5

Ex art. 5 delle Regole di Pechino

6

“Diversion”, termine inglese, indica un sistema di misure che intervengono prima che il minore entri in contatto con la giustizia o durante le prime fasi del processo. Tale definizione figura al punto 3 del Preambolo delle Risoluzioni del XIII Congresso AIDP sul tema «Diversion e mediazione», Cairo, 1-7 ottobre 1984, in Cass. pen., 1985, I, p. 533. Il termine compare ufficialmente, in E. M. Lemert, Instead of court: diversion in juvenile justice, Chevy Chase, Md, 1971.

7

Da notare che anche nel nostro ordinamento l’applicazione della misura cautelare è ammessa solo in extrema ratio, art. 23 CPPM.

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del trattamento in istituzione, separate da quelli degli adulti (art. 26).

Notiamo come gli articoli 13 e 17 tendono a rafforzare l’aspetto di extrema ratio sull’applicazione di misure volte alla limitazione della libertà personale del minore, applicabile soltanto quando non vi sia altra soluzione, in quanto l’obiettivo principale è la tutela del minore in tutta la sua complessità.

1.5 La Convenzione sui Diritti del Bambino

La Convenzione sui Diritti del Bambino ( New York, 20 Novembre 1989), entrata in vigore nel 1990, resa esecutiva in Italia con la L.176/91, rappresenta il momento più significativo di una tendenza che promuove una nuova considerazione della condizione del minore, non più soggetto incapace e destinatario di protezione, bensì titolare di diritti soggettivi che l’ordinamento deve riconoscere ma soprattutto garantire e promuovere.

“La Convezione segna l’emersione, nella sostanza ed a livello internazionale, di una nuova consapevolezza: il minore non è una persona debole o diversa, meritevole di una generica protezione concessa dall’alto, ma membro, con pienezza di diritti della

comunità nel cui inserimento deve essere favorito.”8

Grazie alla Convenzione di New York, il minore “per la prima volta

viene considerato alla stregua di una persona”9 , cambia il punto di

vista dell’osservatore, che finalmente guarda ciò che è sempre esistito ma fino ad allora non riconosciuto e trascurato.

Il minore fino ad allora è stato considerato come “un essere che solo attraverso l’educazione diviene persona, che non come una persona umana già esistente e quindi portatrice in sé di esigenze

8 L. Querzola, Il Processo Minorile in dimensione Europea, Bunonia University Press,

2010, pag 84.

9

Cassano-Quarta,La tutela del minore nelle recenti convenzioni internazionali, 2002, pag. 206.

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autonome e peculiari, che devono trovare risposta e

appagamento”.10

Il 1989 segna un momento imprescindibile che apre il minore al mondo dei diritti.

Tali diritti sono raccolti in un documento onnicomprensivo, senza distinzioni né suddivisioni perché ogni articolo è importante, collegato all’altro e tra loro interdipendenti.

La Convenzione sui Diritti del Bambino è il primo documento che racchiude nel proprio testo le diverse tipologie dei diritti umani: civili, culturali, economici, politici, nonché il diritto internazionale umanitario.

Nella prima parte, nel primo articolo la Convezione recita “si intende per fanciullo ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile”, definendo fin da subito la figura del minore, in seguito si dedica alla descrizione dei singoli diritti. Anche nella Convenzione sui Diritti del Bambino viene richiamata la necessità di una legislazione speciale “a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale

appropriata, sia prima che dopo la nascita”.11

Sotto il profilo processuale è fondamentale citare l’articolo 37: “ Gli Stati parti vigilano affinché:

a) nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Né la pena capitale né l'imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età inferiore a diciotto anni;

10

L. Querzola, il Processo Minorile in dimensione Europea, Bunonia University Press, 2010, pag. 85.

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b) nessun fanciullo sia privato di libertà in maniera illegale o arbitraria. L'arresto, la detenzione o l'imprigionamento di un fanciullo devono essere effettuati in conformità con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa e avere la durata più breve possibile;

c) ogni fanciullo privato di libertà sia trattato con umanità e con il rispetto dovuto alla dignità della persona umana e in maniera da tenere conto delle esigenze delle persone della sua età. In particolare, ogni fanciullo privato di libertà sarà separato dagli adulti, a meno che si ritenga preferibile di non farlo nell'interesse preminente del fanciullo, e egli avrà diritto di rimanere in contatto con la sua famiglia per mezzo di corrispondenza e di visite, tranne che in circostanze eccezionali;

d) i fanciulli privati di libertà abbiano diritto ad avere rapidamente accesso a un'assistenza giuridica o a ogni altra assistenza adeguata, nonché il diritto

di contestare la legalità della loro privazione di libertà dinanzi un Tribunale o altra autorità competente, indipendente e imparziale, e una decisione sollecita sia adottata in materia.”

Ulteriore articolo necessario citare è l’articolo 40:

“1. Gli Stati parti riconoscono a ogni fanciullo sospettato accusato o riconosciuto colpevole di reato penale di diritto a un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest'ultima.

2. A tal fine, e tenendo conto delle disposizioni pertinenti degli strumenti internazionali, gli Stati parti vigilano in particolare: a) affinché nessun fanciullo sia sospettato, accusato o riconosciuto colpevole di reato penale a causa di azioni o di omissioni che non

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erano vietate dalla legislazione nazionale o internazionale nel momento in cui furono commesse;

b) affinché ogni fanciullo sospettato o accusato di reato penale abbia almeno diritto alle seguenti garanzie:

I) di essere ritenuto innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente stabilita;

II) di essere informato il prima possibile e direttamente, oppure, se del caso, tramite i suoi genitori o rappresentanti legali, delle accuse portate contro di lui, e di beneficiare di un'assistenza legale o di ogni altra assistenza appropriata per la preparazione e la presentazione della sua difesa;

III) che il suo caso sia giudicato senza indugio da un'autorità o istanza giudiziaria competenti, indipendenti e imparziali per mezzo di un procedimento equo ai sensi di legge in presenza del suo legale o di altra assistenza appropriata, nonché in presenza dei suoi genitori o rappresentanti legali a meno che ciò non sia ritenuto contrario all'interesse preminente del fanciullo a causa in particolare della sua età o della sua situazione;

IV) di non essere costretto a rendere testimonianza o dichiararsi colpevole; di interrogare o far interrogare i testimoni a carico e di ottenere la comparsa e l'interrogatorio dei testimoni a suo discarico a condizioni di parità;

V) qualora venga riconosciuto che ha commesso reato penale, poter ricorrere contro questa decisione e ogni altra misura decisa di conseguenza dinanzi un'autorità o istanza giudiziaria superiore competente, indipendente e imparziale, in conformità con la legge; VI) di essere assistito gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua utilizzata;

VII) che la sua vita privata sia pienamente rispettata in tutte le fasi della procedura.

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3. Gli Stati parti si sforzano di promuovere l'adozione di leggi, di procedure, la costituzione di autorità e di istituzioni destinate specificamente ai fanciulli sospettati, accusati o riconosciuti colpevoli di aver commesso reato, e in particolar modo:

a) di stabilire un'età minima al di sotto della quale si presume che i fanciulli non abbiano la capacità di commettere reato;

b) di adottare provvedimenti ogni qualvolta ciò sia possibile e auspicabile per trattare questi fanciulli senza ricorrere a procedure giudiziarie rimanendo tuttavia inteso che i diritti dell'uomo e le garanzie legali debbono essere integralmente rispettate.

4. Sarà prevista tutta una gamma di disposizioni concernenti in particolar modo le cure, l'orientamento, la supervisione, i consigli, la libertà condizionata, il collocamento in famiglia, i programmi di formazione generale e professionale, nonché soluzioni alternative all'assistenza istituzionale, in vista di assicurare ai fanciulli un trattamento conforme al loro benessere e proporzionato sia alla loro situazione che al reato.”

1.6 Principi di Riyadh e le Regole minime per la protezione dei minori privati della libertà.

Nel 1990, l'Assemblea Generale dell'VIII Congresso delle Nazioni Unite, riguardante la prevenzione del crimine e il trattamento dei delinquenti, ha approvato due importanti documenti: i 'Principi direttivi di Riyadh sulla prevenzione della delinquenza giovanile', (UNA/RES/45/112 del 14 dicembre 1990) e le 'Regole Minime delle Nazioni Unite per la protezione dei minori privati della libertà', (UNA/RES/45/113 14 dicembre 1990).

Nel documento i Principi direttivi di Riyadh sulla prevenzione della delinquenza giovanile si afferma che la prevenzione della delinquenza minorile è essenziale per la prevenzione del fenomeno della delinquenza in generale; ed è quindi necessario

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che ogni Stato si adoperi affinché favorisca lo sviluppo armonioso dell'infanzia e dell'adolescenza, attraverso piani di prevenzione. Per quanto riguarda invece la procedura sarà compito dei governi approvare leggi che tutelino il minore. Gli ambiti a cui si fa riferimento sono: la comunità, i media, le politiche sociali, la legislazione, l'amministrazione minorile, la famiglia e la scuola. Nelle Regole minime per la protezione dei minori privati della libert{, dette anche Regole de L’Havana, si afferma che la giustizia minorile deve promuovere il benessere fisico e morale dei minori; viene ribadito il concetto di extrema ratio, presente già nelle precedente Carte Internazionali, sulla privazione della libertà del minore, applicabile solo in casi eccezionali e per una durata minima strettamente necessaria (ART. 1 e 2)12, garantisce il

principio di non discriminazione (ART. 4)13, il principio di

presunzione di non colpevolezza (ART.17)14 e l’assistenza legale

(ART. 18 sub. A)15.

In particolare guardando all’applicazione della misura della detenzione va citato l’articolo 28 che cosi recita: “La detenzione di

12

Ex Art. 1 Il sistema della giustizia minorile dovrebbe difendere i diritti e la sicurezza dei bambini e promuovere il loro benessere fisico e mentale. Reclusione dovrebbe essere usato come una ultima risorsa.

Ex Art. 2. È possibile detenere solo minori in conformità con i principi e le procedure previste dal presente Regolamento e le Regole minime delle Nazioni Unite per l'amministrazione della giustizia minorile (Regole di Pechino) 82. La privazione della libertà di un minore dovrebbe essere l'ultima risorsa e per il periodo minimo necessario e limitato a casi eccezionali. La lunghezza della sanzione deve essere determinato dall'autorità giudiziaria senza escludere la possibilità che il bambino viene rilasciato prima di quel momento.

13 Ex Art. 4. Le regole dovrebbero essere applicate in modo imparziale a tutti i

bambini, senza alcuna discriminazione per motivi di razza, colore, sesso, età, lingua, religione, nazionalità, opinione politica o di altro, credenze culturali o pratiche, proprietà, nascita, stato di famiglia, origine etnica o sociale o disabilità. Dovrebbero rispettare le credenze e le pratiche religiose e culturali e concetti morali dell’ età giovanile.

14 Ex Art. 17. Si presume che i minori in stato di arresto o in attesa di giudizio sono

innocenti e devono essere trattati come tali.

15

Ex Art 18. Tutti i bambini hanno il diritto alla consulenza legale e assistenza legale può chiedere, dove esiste, e comunicare regolarmente con i loro consulenti legali. La natura privata e confidenziale di tali comunicazioni deve essere rispettato;

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minori avvenire solo in condizioni che tengano pienamente conto delle loro esigenze e situazioni specifiche e particolari esigenze in base alla loro età, la personalità, sesso e tipo di reato, così come la loro salute fisica e mentale, e per garantire la loro protezione dalle influenze nocive e situazioni di rischio. Il criterio principale per separare i vari gruppi privati della loro libertà, dovrebbe essere la fornitura di assistenza più adatto alle specifiche esigenze delle parti interessate e il loro benessere e la protezione dell'integrità fisica, mentale e morale.”

1.7 Le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa.

Il Consiglio d’Europa ha adottato una serie di Raccomandazioni in materia di giustizia minorile e di prevenzione alla delinquenza. Ricordiamo la Raccomandazione n. R (87) 20 sulle reazioni sociali alla delinquenza giovanile che sancisce l’obiettivo alla rieducazione e al reinserimento sociale del minore, limitando il più possibile la carcerazione con possibilità di applicazione solo in extrema ratio, mirando alla ricomposizione del conflitto tramite la diversion e la mediazione.

Nelle sue considerazione introduttive, la Raccomandazione (87)-20 afferma che “i giovani sono degli esseri in divenire, […], tutte le misure prese nei loro riguardi dovranno avere un carattere educativo” ; “Le reazioni sociali al fenomeno devono, dunque, tenere conto della personalità e dei bisogni specifici dei minori, ricorrendo ad interventi specializzati, dovendo il sistema penale minorile continuare a caratterizzarsi per l’obiettivo d’educazione ed

inserimento sociale”.16

Le linee guida che emergono dal testo, in sintesi sono due: la prima mira ad una rapida fuoriuscita dal circuito penale favorendo gli

16

E. Cappelli, Le risposte educative ai minori autori di reato: i sistemi italiano e francese a confronto, 2013 pag. 17, in www.dspace.unict.it.

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istituti del diversion e del mediation; l’altra, nel caso in cui sia necessaria l’applicazione del sistema penale, di adottare una strategia sanzionatoria che offra alternative valide alla detenzione in carcere.

La prima opzione è chiaramente richiamata nell’articolo 4, comma 2 “[…]al fine di evitare ai minori la presa in carico da parte del sistema di giustizia penale e le conseguenze che ne derivano”, evitando così le lungaggini del processo penale ordinario.

La seconda opzione invece è presente nel Punto 14 della Raccomandazione: “nella prospettiva di eliminare progressivamente il ricorso alla detenzione e di moltiplicare le

misure sostitutive”.17

Da segnalare ulteriori Raccomandazioni più recenti:

Raccomandazione n. R (2000) 20 sul ruolo dell’intervento psicosociale precoce nella prevenzione dei comportamenti criminosi.

Raccomandazione n. R ( 2003 ) 20 concernente nuovi modi per affrontare la delinquenza giovanile ed il ruolo della giustizia minorile.

Raccomandazione n. R ( 2005 ) 5 sui diritti dei minori ospiti di istituti di custodia.

Raccomandazione n. R (2008) 11 sulle regole europee per i minori sottoposti a sanzioni e misure restrittive della libertà personale.

La Raccomandazione del 2003 si concede un approccio più strategico:

1. I principali obiettivi della giustizia minorile e delle misure sociali per evitare la delinquenza giovanile dovranno essere

17

Cosi sintetizza le innovazioni della REC(87)20, E.P. Fabris, P. Zatti, Trattato di Diritto di Famiglia, Vol. V, Giuffrè Editore, pagg. 210-211.

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le seguenti: prevenire la delinquenza primaria e la recidiva; (ri)socializzare e (re)inserire i giovani criminali; occuparsi delle necessità e dell’interesse delle vittime;

2. La giustizia minorile dovrà essere considerata come una componente di una più ampia strategia di prevenzione della delinquenza giovanile, fondata sulle strutture di base e che tenga conto del contesto generale –ambiente familiare, scuola, vicinato, gruppo di appartenenza- nel quale la delinquenza si manifesta.

Prevede la riduzione dei tempi di reazione al reato, attraverso l’accelerazione della procedura, bilanciandole con le esigenze del processo; una maggiore responsabilizzazione dei genitori verso gli atti illeciti commessi dai minori (Punto 10); la necessità di misure alternative alla sanzione giudiziaria, che dovranno rispettare il principio della proporzionalit{ e dell’interesse supremo del minore (Punto 7); in casi di arresto o fermo i minori dovranno essere informati il prima possibile dei loro diritti e garanzie; durante interrogatori gli deve essere garantita la presenza dei genitori o del tutore legale (Punto 15); nel caso in cui il minore si trovi in stato di detenzione cautelare, non dovranno trascorrere più di 6 mesi per la fissazione del giudizio, prolungabile solo nel caso in nel caso in “cui un giudice - che non ha partecipato alla fase delle indagini preliminari -abbia acquisito la certezza che gli eventuali ritardi nella procedura sono pienamente giustificati da circostanze eccezionali” (Punto 16); è sempre preferibile adottare soluzioni diverse dalla detenzione cautelare come collocamento presso famiglie d’accoglienza, o presso parenti (Punto 17); la previsione di un programma di reinserimento che prepari il minore alla libertà (Punto 19), ricorrendo a permessi d’uscita, liberazione condizionata anticipata (Punto 20).

(20)

20

La Raccomandazione del 2008 si presenta come un corpus normativo riguardanti i diritti e la sicurezza dei minorenni autori di reato, soggetti a sanzioni e a misure alternative alla detenzione o ad ogni altra forma di privazioni della libertà personale.

La prima parte tratta i principi fondamentali, quindi il rispetto dei diritti umani dei minori18; il reintegro sociale e rieducativo per

prevenire eventuali recidive19; fissa l’et{ minima per la

responsabilità penale20; il principio di proporzionalità e la

personalizzazione della pena21; la limitazione della libertà solo in extrema ratio22;

La seconda parte si occupa dell’impatto normativo, ovvero della funzione che assolve lo strumento penale utilizzato, assicurando un esito educativo e una risposta riparatoria al reato commesso23.

La terza parte fissa i principi sull’ applicazione delle misure che comportano la limitazione della libertà personale del minore, puntualizzando che queste non devono aggravare la sofferenza del

18

Prevista nella Regola numero 1 : “Les mineurs délinquants faisant l’objet de sanctions ou de mesures doivent être traités dans le respect des droits de l’homme.”

19 Prevista nella Regola numero 2: “Toute sanction ou mesure pouvant être

imposée à un mineur, ainsi que la manière dont elle est exécutée, doit être prévue par la loi et fondée sur les principes de l’intégration sociale, de l’éducation et de la prévention de la récidive.”

20

Prevista nella Regola numero 4: “L’âge minimal pour le prononcé de sanctions ou de mesures en réponse à une infraction ne doit pas être trop bas et doit être fixé par la loi.”

21

Prevista nella Regola numero 5: “Le prononcé et l’exécution de sanctions ou de mesures doivent se fonder sur l’intérêt supérieur du mineur, doivent être limités par la gravité de l’infraction commise (principe de proportionnalité) et doivent tenir compte de l’âge, de la santé physique et mentale, du développement, des facultés et de la situation personnelle (principe d’individualisation), tels qu’établis, le cas échéant, par des rapports psychologiques, psychiatriques ou d’enquête sociale”

22 Prevista nella Regola numero 10 “La privation de liberté d’un mineur ne doit être

prononcée et exécutée qu’en dernier recours et pour la période la plus courte possible. Des efforts particuliers doivent être faits pour éviter la détention provisoire.”

23

Prevista nella Regola numero 23.2.: “La priorité doit être donnée aux sanctions et mesures susceptibles d’avoir un effet éducatif et de constituer une réparation des infractions commises par les mineurs”.

(21)

21

minore soggetto a tale condizione24; lo realizzazione di un piano

rieducativo e risocializzante ai fini del rilascio25.

La principale innovazione la troviamo nella quarta parte, nella quale è previsto l’obbligo dell’assistenza legale, anche a titolo gratuito26.

La quinta parte prevede la possibilità di presentare reclami, ispezioni da parte di autorità pubbliche competenti e controllo sul personale addetto all’esecuzione delle misure e sanzioni.

La sesta e ultima parte si occupa del personale, reclutamento e formazione.

1.8 Direttiva (EU) 2016/800

La Direttiva 2016/800/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2016 sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, entrata in vigore l’11 Giugno 2016, rappresenta il primo strumento normativo dell’ Unione volto a disciplinare i procedimenti penali che vedono coinvolti i minori tenendo conto della loro specificità.

Ciò che ha accompagnato la proposta della Direttiva è stato l’elevato numero di minori coinvolti in procedimenti penali, e la successiva necessità di intervenire in materia in quanto in vari Paesi membri non era sufficientemente garantito il diritto ad un equo processo in tutte le fasi per i soggetti più vulnerabili, in particolare per i minori degli anni 18.

24Prevista nella Regola numero 49.1. : “La privation de liberté doit être appliquée

uniquement aux fins pour lesquelles elle est prononcée et d’une manière qui n’aggrave pas les souffrances qui en résultent”.

25

Prevista nella Regola numero50.1.: “Les mineurs privés de liberté doivent avoir accès à un éventail d’activités et d’interventions significatives suivant un plan individuel global, qui favorise leur progression vers des régimes moins contraignants, ainsi que leur préparation à la sortie et leur réinsertion dans la société.”.

26

Prevista nella Regola numero 120.3. : “L’Etat doit assurer une assistance judiciaire gratuite aux mineurs, à leurs parents ou à leurs représentants légaux quand les intérêts de la justice l’exigent”.

(22)

22

Il provvedimento si mostra come un corpo strutturato di norme minime, tra loro connesse, un catalogo di diritti non notevolmente esteso, volto a delineare un modello di giusto processo per tutti i Paesi membri dell’UE.

I diritti più incisivi previsti nella Direttiva sono: - Articolo 4 “Diritto all'informazione”27;

- Articolo 5 “Diritto del minore a che sia informato il titolare della responsabilit{ genitoriale”28;

- Articolo 10 “Limitazione della privazione della libertà personale”29;

- Articolo 11 “Misure alternative”30;

- Articolo 12 “Trattamento specifico in caso di privazione della libertà personale”31;

- Articolo 16 “Diritto del minore di presenziare e di partecipare al proprio processo”32.

27

Direttiva 2016/800 EU, art 4, comma 1 “Gli Stati membri assicurano che, quando il minore è informato di essere indagato o imputato in un procedimento penale, gli siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti i suoi diritti, ai sensi della direttiva 2012/13/UE, e quelle concernenti gli aspetti generali dello svolgimento del procedimento.

28 Direttiva 2016/800 EU, art. 5, comma 1 “Gli Stati membri provvedono affinché le

informazioni che il minore ha diritto di ricevere ai sensi dell'articolo 4 siano comunicate al più presto al titolare della responsabilità genitoriale.”

29 Direttiva 2016/800 EU, art 10, “1. Gli Stati membri provvedono affinché in

qualsiasi fase del procedimento la privazione della libertà personale del minore sia limitata al più breve periodo possibile. Sono tenute in debita considerazione l'età e la situazione personale del minore nonché le circostanze particolari del caso. 2. Gli Stati membri provvedono affinché la privazione della libertà personale, in particolare la detenzione, sia disposta nei confronti di minori solo come misura di ultima istanza.”

30

Direttiva 2016/800 EU, art 11 “Gli Stati membri provvedono affinché, ogniqualvolta sia possibile, le autorità competenti ricorrano a misure alternative alla detenzione («misure alternative»).”

31 Direttiva 2016/800 EU, art 12 “Gli Stati membri provvedono affinché il minore

detenuto sia tenuto separato dagli adulti, a meno che non si ritenga preferibile non farlo nel suo interesse superiore.”

32 Direttiva 2016/800 EU, art 16 “1. Gli Stati membri provvedono affinché il minore

abbia il diritto di presenziare al proprio processo e adottano ogni misura necessaria per rendere effettiva tale partecipazione, anche dandogli la possibilità di essere ascoltato e di esprimere la propria opinione.”

(23)

23

Con l’entrata in vigore di tale Direttiva, per la prima volta, il principio del superiore interesse del minore ha fatto ingresso nel procedimento penale minorile a livello europeo.

La predisposizione di particolari misure di garanzia avrà un impatto positivo, non solo sui soggetti coinvolti ma anche sul sistema giudiziario; ad esempio, la presenza del difensore33 in

tutte le fasi del processo non solo garantisce il rispetto delle regole evitando il ripetersi degli atti ma al contempo riduce i tempi delle misure custodiali.

1.9 Conclusioni.

Ciò che si intravede è che il compito lasciato ai singoli Stati è quello di formulare un corpus normativo ad hoc per il minore, mirando a seguire le linee guida che i documenti internazionali ci offrono.

È chiaro notare come in tutti i documenti internazionali a grandi linee si ripercorrono gli stessi Principi: l’interesse supremo del minore; l’applicazione degli strumenti sulla limitazione della libertà personale in extrema ratio e la scelta di un processo che segui i caratteri della diversion e della mediation; la previsione di un programma rieducativo e risocializzante per il futuro rilascio, evitando eventuali recidive; l’obbligo del diritto di difesa, preferibilmente gratuito; il rispetto del principio di proporzionalità e di personalizzazione della pena.

Ciò che quindi è evidente che il minore autore di reato ha bisogno un Diritto Speciale, che vada incontro alle esigenze caratterizzate da una maturazione in evoluzione.

(24)

24

“Fuoriesce un modello di giustizia minorile estremamente attento ai bisogni e alle esigenze dei minori, di meno alle esigenze di tutela della collettività.”34

Un modello un po’ utopistico da realizzare ma estremamente utile per sollecitare la realizzazione di un diritto a tutela del minore.

34

E.P.Fabris-A. Presutti, Diritto e Procedura penale minorile. Trattato di Diritto di Famiglia, Vol.V , ed. giuffrè, 2002, pag. 154.

(25)

25

Capitolo II

Fonti nazionali del processo penale minorile

SOMMARIO: 2.1 Premessa. - 2.2. Circolari e progetti per una specializzazione giurisdizionale minorile. – 2.3. Il nuovo codice di procedura penale e il codice Rocco. – 2.4. Il Regio decreto legge 20.7.1934 n. 1404 - 2.5. L’entrata in vigore della Costituzione - 2.6. L’evoluzione del sistema e i primi significativi interventi della Corte Costituzionale. - 2.7. Il processo penale minorile nel D.P.R 448 del 1988.

2.1 Premessa

Una delle tappe più significative nel percorso evolutivo della giustizia minorile è l’introduzione per la prima volta di una giurisdizione minorile specializzata, avvenuta nel 1934 di poco successiva all’emanazione del codice penale del 1930.

Entrambi i corpi normativi rimarcavano i canoni dell’allora regime fascista, espressione di un sistema totalitario che estendeva il suo controllo su ogni aspetto della vita di un individuo, ancor di più se minorenne, in quanto obiettivo primario era l’allontanamento alla devianza.

In tale contesto storico il minore deviante era considerato un “malato” da curare attraverso la pena.

Le norme internazionali e la Costituzione hanno portato ad abbandonare tale concezione, apportando un cambiamento radicale in punto di diritti di libertà e di diritti del cittadino, influenzando il nuovo modo di concepire il minore e determinando l’assetto dell’ordinamento minorile attuale.

(26)

26

Particolare rilevanza ha avuto l’adeguamento alla Carta Costituzionale che ha facilitato la redazione di un corpus normativo che prenderà la forma del D.P.R. 448/88.

2.2 Circolari e progetti per una specializzazione giurisdizionale minorile.

In Italia, un trattamento giuridico-processuale differenziato nei riguardi dei minori e la formazione di un giudice, misurato sulle specifiche esigenze dei soggetti minori di età si ha con il R.D. 20.7.1934, n. 1404 intitolato Istituzioni e funzionamento del Tribunale per i minorenni.

Il primo intervento, incentrato sulla specifica personalità del minorenne, si ebbe nel 1908 con una circolare del ministro guardasigilli Vittorio Emanuele Orlando, insigne giurista, il quale, turbato “dall’aumento spaventevole della delinquenza dei minori” e dalla lentezza con la quale il legislatore innovava il corpus normativo, propose una serie di raccomandazioni ai giudici con la quale pose le basi della specializzazione del moderno processo minorile.

La Circolare Orlando sottolineava l’esigenza di un trattamento individualizzato del minore, da compiersi con attenzione pedagogica ed assistenziale; si raccomandava, inoltre, l’introduzione di una sezione speciale e che ad occuparsi di processi con imputati minorenni fossero sempre gli stessi giudici, i quali non dovevo soffermarsi solo sull’accertamento materiale del fatto delittuoso, ma procedere anche ad una valutazione delle condizioni familiari e socio-ambientali in cui era vissuto l’imputato.

Ancora la circolare raccomandava ai magistrati di allontanare dalle aule di giustizia i minori che non avessero interesse diretto

(27)

27

ad assistere al processo, con il duplice scopo di valutare al meglio la responsabilità del minore.35

La circolare Orlando, nonostante sia una pietra miliare dell’iter che avrebbe portato alla creazione del tribunale per i minorenni in Italia, non ebbe in pratica l’attuazione auspicata anche se qualche anno più tardi un commentatore cosi scrisse: “ l’idea dell’Orlando parve strana e lasciò indifferenti la maggior parte dei magistrati, i quali forse si domandarono, tra gli scettici e gli ironici, perché mai le maggiori larghezze nell’applicazione della legge penale verso i minori dovessero proprio venire irrogate da una speciale sezione del

Tribunale.”36

Nonostante la Circolare del 1908 non abbia avuto molta fortuna, essa prefigurava un più vasto disegno dell’Orlando, ovvero una riforma ordinamentale che si prefissava la creazione di un’apposita magistratura per i minorenni.

Con decreto del 7 Novembre del 1909 fu istituita una commissione presieduta dal senatore Oronzo Quarta, insigne giurista e primo presidente della Corte Suprema di Cassazione, che predispose un progetto avente lo scopo di riunire tutte le disposizioni delle varie leggi e dei vari regolamenti relativi ai minorenni, presentato nel 1912.

Il progetto di “Il Codice dei Minorenni” era diviso in tre parti: la prima istituiva la Magistratura per i minorenni, costituita dal Magistrato Distrettuale e dal Tribunale supremo.

Il magistrato distrettuale, per essere nominato, doveva essere in possesso di particolari competenze nelle discipline biologiche, pedagogiche e sociali e doveva svolgere in via esclusiva le funzioni minorili.

35 Così sintetizzata da S. Giambruno, Il processo penale minorile, Cedam 2003,

pagina 5.

36

FALCONE LUCIFERO, La Circolare Orlando 11 Maggio 1908, in Dizionario Penale, I-II Leggi Speciali, anno 1925, Città di Castello 1925.

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28

Il Tribunale supremo, composto da sette membri, invece, aveva, oltre a funzioni giurisdizionali, anche poteri gestori e di vigilanza. La seconda parte trattava in primis le funzioni del nuovo organo, alle quali venivano attribuite competenze in materia di controllo, limitazioni e privazioni della potestà genitoriale; successivamente trattava argomenti sui minori traviati, i devianti, ovvero bambini e ragazzi che, pur non avendo commesso reati, per la loro condotta irregolare venivano accompagnati in casa di correzione per decisione della polizia o per decisione paterna.

Infine la terza parte del Codice trattava della materia penale; lì si prevedeva che il processo si svolgesse a porte chiuse, con la presenza del capo della società di assistenza, senza la presenza del pubblico ministero e che durante l’assunzione delle prove il minore venisse temporaneamente allontanato dall’aula; inoltre si sottolineava che l’arresto del minore non era previsto neanche in stato di flagranza.

Nel giudizio, il magistrato, tenendo conto dell’ambiente in cui viveva il minorenne e delle condizioni personali, poteva anche proscioglierlo da ogni ulteriore procedimento, oppure predisporre una delle misure previste nel Codice.

Il progetto di Codice dei minorenni del 1912 non divenne legge a causa del sopraggiungere del primo conflitto mondiale.

Altro provvedimento è il progetto Ollandini, presentato alla Camera dei deputati nel 1922 ma mai divenuto legge.

L’innovazione che portava il Progetto Ollandini era la previsione, in ogni città con popolazione superiore a duecentomila abitanti, di un organo collegiale misto, composto da tre a cinque membri, scelti tra magistrati di carriera e funzionari o tra privati con competenze limitate a solo compiti di vigilanza, tutela e protezione.

(29)

29

Più rilevante è il progetto Ferri, pubblicato nel 1921, i cui si sosteneva che i rimedi per contrastare la delinquenza minorile si trovassero fuori dal codice penale.

La Relazione al progetto individuava la necessità “che i magistrati dei minorenni ed i loro uffici centrali provvedano ad una specie di censimento e di federazione tra i vari istituti di beneficenza educativa per i minorenni, sia per assicurare il loro consenso regolare evitando inutili sperperi di energie e di mezzi finanziari, sia per disciplinare taluni alla consegna di questi minorenni delinquenti, che per quanto non pervertiti, né con tendenza persistente al delitto, né infermi di mente, sono però sempre degli anormali, più o meno moralmente deficienti, che non conviene

amalgamare con i minorenni normali”.37

A distanza di vent’anni, il ministro guardasigilli Alfredo Rocco, emanò la circolare n. 2236 del 24.9.1929, riprendendo i principi ispiratori della circolare Orlando.

Nella Circolare si prevedeva l’istituzione di una magistratura specializzata per i minorenni ed assicurare una migliore applicazione delle norme di carattere preventivo, riguardanti la criminalità minorile.

Rispetto al primo punto, il ministro Rocco dispose che nelle più importanti Corti d’Appello ( Torino, Milano, Firenze, Roma , Napoli, Palermo) , nonché nei Tribunali e nelle preture, i processi con imputati minori di diciotto anni venissero affidati sempre agli stessi magistrati, non solo per la funzione istruttoria, ma anche per le funzioni requirenti, di normale spettanza al pubblico ministero, per facilitare la specializzazione nelle relative attività.

37

S. Giambruno, Il processo penale minorile, Cedam 2003, pag. 6.

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30

Altresì disponeva che i dibattimenti a carico di minorenni si sarebbero dovuti svolgere in sedi separate e distanti dagli edifici in cui venivano giudicati imputati maggiorenni.

2.3 Il nuovo codice di procedura penale e il codice Rocco. Nel 1930 vennero approvati il nuovo codice penale ( il c.d. Codice Rocco) ed il codice di procedura penale dando un ulteriore spinta per la costituzione di una giustizia minorile specializzata.

Il nuovo codice di procedura penale prevede innanzitutto la separazione dei processi ordinari da quelli minorili; l’art. 425 c.p.p. prevedeva infatti la destinazione di speciali udienze per i dibattimenti in cui sono imputati minori di anni diciotto, tali dibattimenti si dovevano svolgere a porte chiuse, salva la possibilità per il presidente o il pretore di consentire la partecipazione all’udienza dei genitori, ai tutori o ai rappresentanti di istituti di assistenza per i minorenni.

Il codice Rocco fissò ai diciotto anni l’acquisizione della piena capacità penale, prevedendo un periodo intermedio (dai 14 anni ai 18) in cui spettava al magistrato accertare l’imputabilit{ del minore.

I minori ritenuti non imputabili, ma considerati socialmente pericolosi, venivano sottoposti alle misure di sicurezza del riformatorio giudiziario o della libertà vigilata, ex art. 224 c.p., con funzione di difesa sociale e terapeutica, invece ai minori autori di reato ma prosciolti per infermità di mente veniva applicata la misura di sicurezza del manicomio giudiziale, ex art. 222 c.p.. I minori invece ritenuti imputabili e condannati dovevano scontare la pena, fino al compimento degli anni 18, in stabilimenti separati da quelli degli adulti, o in sezioni separate dello stesso stabilimento, inoltre veniva loro impartita un’istruzione diretta alla rieducazione morale, ex art. 142 c.p.

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31

Il codice del 1930 introduceva l’istituto del perdono giudiziale che consentiva al giudice di non applicare la pena, nonostante ne fosse accertata la responsabilità penale; tale istituto “ doveva rappresentare una deviazione dalla linea logica del sistema retributivo motivata dall’esigenza di salvare dalla perdizione giovani esistenze e di favorire il progresso civile, rendendo sempre migliori, materialmente e moralmente, le condizione della convivenza sociale. Fu anche concessa una particolare attenuante

(art. 98 c.p.) giustificata dalla minore età”38

Con il perdono giudiziale, lo Stato rinuncia alla condanna o al rinvio a giudizio, nonostante la responsabilit{ dell’imputato minorenne.

Secondo quanto previsto dall’art. 169 c.p., il perdono giudiziale è applicabile solo ai minori che abbiano commesso reati che prevedono una pena restrittiva della libertà non superiore a due anni, inoltre il giudice, per poterlo concedere, deve presumere che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

Ciò che si evince è che il legislatore del 1930 aveva scelto di realizzare la specializzazione del giudice minorile nella forma più completa e più ampia; di indirizzare la funzione punitiva verso la finalità del riadattamento del minorenne; di organizzare un sistema di prevenzione della delinquenza minorile con relativa rieducazione dei traviati; di rendere possibile il ritorno alla vita sociale.

2.4 Il Regio decreto legge 20.7.1934 n. 1404

Il Regio decreto legge 20.7.1934 n. 1404, convertito con l. 27 maggio 1935, n. 835, diede vita ad un giudice specializzato per i

38

S. Giambruno, Il processo penale minorile, ed. seconda, Cedam 2003, pag. 8.

(32)

32

soggetti accusati di aver commesso un reato prima del raggiungimento della maggiore età.

Tale provvedimento si è sforzato di creare un processo più attento alle caratteristiche psicologiche del minore, nonostante i risultati non soddisfacenti, in linea con le direttrici all’epoca seguite anche nella p.g. verso gli adulti, guardando il quadro in modo più generale risultava evidente l’adesione ad un processo penale permeato da un ostracismo verso i diritti dell’imputato e la valorizzazione, dal punto di vista sanzionatorio, del carattere retributivo della pena.39

Tale provvedimento all’art. 2 disciplinava l’istituzione e la composizione dei Tribunali per i minorenni; tale organo doveva essere composto da un magistrato avente il grado di consigliere di Corte d’appello, che lo presiedeva, da un magistrato avente il grado di giudice e da un cittadino benemerito dell’assistenza sociale.40

L’art. 3 disponeva la competenza territoriale: “Il tribunale per i minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della Corte d'appello o della sezione di Corte d'appello in cui è istituito.”

Seguivano l’art. 4 “Ufficio del pubblico ministero”, art. 5 “Istituzione e composizione della Corte di appello per i minorenni” che prevedeva la possibilit{ di proporre appello ed infine l’art 6 “Nomina dei componenti privati”.

39

F. Della Casa, Processo penale minorile, in Conso G. , Grevi V., Compendio di procedura penale , Cedam, 2016, pag. 1236.

40 Art. 2 R. D. l. 20.7.1934, n. 1404 “Istituzione e composizione dei Tribunali per i

minorenni. In ogni sede di Corte di appello, o di sezione di Corte d'appello, è istituito il Tribunale per i minorenni composto da un magistrato di Corte d'appello, che lo presiede, da un magistrato di tribunale e da due cittadini, un uomo ed una donna, benemeriti, dell'assistenza sociale, scelti fra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia, che abbiano compiuto il trentesimo anno di età.”

(33)

33

Particolarmente interessante era l’art 8 “Istituti di osservazione”41,

destinati ad accogliere i minorenni fermati per motivi di pubblica sicurezza, e con l’ulteriore scopo di compiere un esame della personalità del minore e segnalare le misure ed il trattamento rieducativo più idoneo per favorire il reinserimento sociale.

A tal proposito merita di essere citato anche l’art. 11 “Forme del procedimento; indagini sulla personalità del minore”42, nel quale

si prevedeva la necessità di effettuare speciali ricerche rivolte ad accertare i precedenti personali e familiari dell’imputato dal puto di vista fisico, psichico, morale, ambientale.

2.5 L’entrata in vigore della Costituzione

L’entrata in vigore della Costituzione nel 1948 influì notevolmente sulla evoluzione giuridica della giustizia minorile.

Era già prevista la possibilità di rinunciare alla pretesa punitiva e l’attenuazione della responsabilità, ove non avesse giovato al recupero del minore, ma la cosa più importante fu la presa di coscienza che i problemi del minore, autore di comportamenti irregolari e devianti, vanno risolti non isolando il soggetto minorenne dal contesto di vita, ma coinvolgendolo e sostenendo la famiglia e la comunità di appartenenza.

41 Art. 8 R. D. I. 20.7.1934, n. 1404 “Gli istituti di osservazione sono destinati ad

accogliere ed ospitare in padiglioni o sezioni, distinti opportunamente, i minori degli anni 18 abbandonati, fermati per motivi di pubblica sicurezza, in stato di detenzione preventiva o, comunque, in attesa di un provvedimento della autorità giudiziaria. Essi hanno lo scopo precipuo di fare l'esame della personalità del minore e segnalare le misure ed il trattamento rieducativo più idonei per assicurarne il riadattamento sociale”.

42 Art. 11, D.R.L 20.7.1934, n. 1404 “Nei procedimenti a carico dei minori, speciali

ricerche devono essere rivolte ad accertare i precedenti personali e familiari dell'imputato, sotto l'aspetto fisico, psichico, morale e ambientale.

Il pubblico ministero, il tribunale e la sezione della corte d'appello possono assumere informazioni e sentire pareri di tecnici senza alcuna formalità di procedura, quando si tratta di determinare la personalità del minore e le cause della sua irregolare condotta”.

(34)

34

È utile, ai fini di una più chiara esposizione della giustizia penale e processuale minorile, fare una distinzione tra disposizioni a carattere generale e disposizioni dedicate esclusivamente alla tutela del minore.

Nella prima categoria si menzionano:

- L’articolo 13 Cost., disciplina l’inviolabilit{ della libert{ personale; principio cardine sulla valutazione dell’applicazione delle misure cautelari.

La compressione della libertà personale costituisce un momento altamente drammatico nell’arco della vicenda giudiziaria che coinvolge l’adulto, ecco perché tale linea direttiva ha subito un ulteriore irrigidimento, in favore della tutela della personalità del minore, espressa nella regola della facoltativit{ nell’ applicazione di ogni misura restrittiva, in quanto l’esigenza educativa del minore funge da costante referente della decisione da adottare. La protezione della gioventù opera al massimo grado, comprimendo non solo l’applicazione della misura più severa, ovvero la custodia in carcere, ma anche la stessa possibilità di limitare la libertà personale, la cui restrizione debba ritenersi essa stessa soluzione estrema nei confronti del minorenne.43

- L’articolo 24 Cost., disciplina il diritto alla tutela giudiziale e il diritto alla difesa.

Proclamato inviolabile in ogni stato e grado del giudizio, il diritto di difesa assume una dimensione particolare nel processo minorile.

Nel rito minorile, la delicatezza della questione ha spinto, da subito, a prevedere una disciplina particolare, fino al punto di

43

Riassume così M. Bargis, S. Buzzelli, C. Cesari, F. Della Casa, A. Presutti, in Procedura Penale Minorile, Ed, Giappichelli 2016, pag. 24, sull’inviolabilità della libertà personale (art. 13 Cost.) e esigenze educative del minorenne.

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35

esigere non solo un giudice speciale ma altresì un difensore speciale.

Al difensore si richiede completa compartecipazione alle istanze di tutela della personalità del minorenne ed in generale un rafforzamento delle sue competenze difensive a favore del minore.44

- L’articolo 25, primo comma, Cost., prevede la naturalit{ e la precostituzione del giudice minorile.

Per la cognizione di qualsiasi fattispecie di reato imputato a soggetto minorenne al momento della commissione del fatto si è configurato un giudice speciale quale istituto necessario alla protezione della gioventù, impedendo qualsiasi commistione con le questioni che riguardano l’adulto.

Si privilegiano le esigenze del minorenne a fronte di quelle del

simultaneus processus.45

Soltanto il giudizio di un organo specializzato, rafforzato dalla conoscenza della personalità del minore in fieri, garantisce la realizzazione della sua tutela.

Sotto questo aspetto si inserisce proprio il principio del giudice naturale; la naturalità si declina come idoneità del giudice alla creazione del giudizio, in relazione alla particolare situazione personale del soggetto minorenne nella sua età evolutiva.

- L’articolo 27, terzo comma, Cost., esprime la funzione rieducativa della pena.

Tale articolo tende a riportare il detenuto al rispetto della legge; si è andata consolidando l’interpretazione del principio come un’offerta di opportunit{ fatta al condannato per correggere la propria antisocialità e per reinserirsi nella società.

44 Così sintetizza M. Bargis, S. Buzzelli, C. Cesari, F. Della Casa, A. Presutti, in

Procedura Penale Minorile, Ed, Giappichelli 2016, pag. 21, sull’inviolabilità del diritto di difesa (art 24. Cost.) e tutela del minore.

(36)

36

Tale filosofia è sensibilmente cambiata, soprattutto per i minorenni, con la svalutazione della risposta meramente carceraria al reato, nei confronti dei soggetti la cui personalità è ancora in fieri.

Nella seconda categoria vi rientrano:

- L’articolo 30 Cost. , al primo comma sancisce il dovere-diritto dei genitori di mantenere, istruire, educare i figli, al secondo comma dispone nel caso di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

Primo elemento da sottolineare è lo sviluppo della personalità del minore attraverso il dovere-diritto dei genitori di mantenere, istruire, educare.

Il 2° comma si occupa invece dell’incapacit{ dei genitori; in tal caso è compito della Repubblica farsi carico di garantire che i doveri vengano adempiuti, in applicazione dell’art. 3 Cost, del principio di uguaglianza sostanziale.46

- L’articolo 31 Cost. comma 2, dispone che la Repubblica “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”

Nell’ambito della Giustizia minorile proteggere la gioventù significa preservare il processo educativo in atto nel minore ed avere come obiettivo la sua educazione, tenendo presente la specificità della sua condizione minorile.

46 Articolo 3 Cost: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti

alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

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