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Il processo penale minorile nel D.P.R 448 del 1988.

Fonti nazionali del processo penale minorile

2.7 Il processo penale minorile nel D.P.R 448 del 1988.

A partire dai primi anni ’70 il legislatore iniziò ad occuparsi della redazione di un nuovo codice di procedura penale, un iter legislativo complesso, che vide la luce nel 1988.

Inizialmente, ma poi subito accantonata, il dibattito parlamentare prendeva in considerazione la possibilità di emanare una delega unica per riformare contestualmente il codice di procedura penale e del diritto processuale minorile.

La prima legge delega per la riforma del codice di procedura penale, n. 108 del 3 Aprile 1974, contemplava solo due disposizioni riguardanti il processo minorile, ossia, " l'esclusione della connessione nel caso di imputati minorenni " e " l'esercizio facoltativo del potere di arresto del minore colto in flagranza di grave delitto "54.

53 Cosi sintetizza i provvedimenti della Corte A. Pennisi, La giustizia penale minorile.

Formazione, devianza, diritto e processo, Giuffrè, 2012, pag. 115.

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G. Conso, V. Grevi, G. Neppi Modona, Il processo penale a carico di

imputati minorenni, con il contributo di Giuseppe La Greca e Alida Montaldi, Cedam, Padova, 1990, Vol. 1 p. 76 – 84.

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L’inadeguato spazio che la prima legge delega concesse al processo penale a carico dei minorenni, sollevò il problema circa le sorti delle disposizioni contenute nel Regio Decreto Legislativo n. 1404 del 1934, dal titolo "Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni".

Tale problema, affrontato dal Consiglio Superiore della Magistratura, ha identificato tre linee di pensiero55, ma soltanto

una prevalse, portando all’accoglimento dell’idea di introdurre una riforma del processo penale minorile attraverso un distinto e autonomo provvedimento normativo.

Nel 1979, il Ministro di Grazia e Giustizia presentò alla Camera dei Deputati un disegno di legge che conteneva importanti modifiche alla delega del 1974, dando così il via alla seconda e decisiva delega.

Il testo, approvato il 15 Luglio 1982, enunciava i principi e i criteri per la disciplina del processo a carico di imputati minorenni al momento della commissione del reato.

Successivamente il Parlamento, tramite la legge n. 81 del 16 Febbraio 1987, delegava il Governo all’emanazione del nuovo codice di procedura penale, prevedendo all’art. 3 una autonoma delega “a disciplinare il processo a carico di imputati minorenni al momento della commissione del reato secondo i principi generali del nuovo processo Penale, con le modificazioni ed integrazioni imposte dalle particolari condizioni psicologiche del minore, dalla sua

maturità e dalle esigenze della sua educazione” 56, permettendo

così la creazione di una normativa ad hoc.

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La prima linea di pensiero valutava la possibilità che la Legge Delega potesse contenere anche la riforma del Processo Penale Minorile, la seconda favorevole ad una riforma del Processo Penale Minorile distinta a quella del processo ordinario e la terza orientata a sostenere che la Legge Delega autorizzasse ad apportare alcune modifiche alla disciplina minorile, escludendo la possibilità di interventi radicali.

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Tale delega è stata attuata il D.p.r. 22 settembre 1988, n. 448 ("Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni"), integrato dal D.p.r. 22 settembre 1988, n. 449, recante le norme di adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale e a quello minorile, e dal d.lgs. 28 luglio 1989, n. 272, recante le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie.

È importante notare che il D.P.R. 448/88 non ha espressamente abrogato la normativa prevista nel R.D.L. n. 1404/1934, poiché quest’ultimo conteneva sia disposizioni di carattere processuale, riformate dal D.P.R. 448/88, che ordinamentale, tuttora in vigore. I principi ispiratori del D.P.R. 448/88 sono:

1. Principio di sussidiarietà, enunciato all’art 1, 1°comma, D.P.R. 448/1988: “Nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale.” Si dispone come il D.P.R. 448/1988 non sia pienamente autosufficiente e che quindi siano necessarie delle integrazioni, acquisite dall’ordinario codice di procedura penale.

Il principio però, nonostante sia chiaramente intendibile, risulta di problematica applicazione; è necessario specificare se il rinvio operato alle disposizioni del codice debba intendersi come strumento di ricezione materiale della normativa del 1988 ovvero come rinvio formale al sistema processuale penale vigente al momento del procedimento minorile in atto.

Secondo la prima impostazione le norme del codice di procedura penale applicabili nel procedimento minorile avrebbero una doppia vigenza, per cui ogni intervento modificativo, interpretativo, abrogativo operato sulla norma sulla norma sussidiaria assunta non esplichi efficacia automatica nel processo penale minorile.

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Secondo l’altra impostazione, invece, il rinvio dovrebbe intendersi riferito al codice di procedura penale nell’assetto vigente al momento in cui se ne invoca l’applicazione nel rito minorile.

È proprio questa seconda linea di interpretazione che risulta preferibile.

Il rinvio formale, quindi, principalmente persegue l’obiettivo di mantenere uno stretto collegamento tra la giurisdizione penale e penale minorile, le cui differenze sono soltanto quelle imposte dalla peculiare realt{ dell’imputato minorenne, non dimenticando però anche l’esigenza economia di evitare di trascrivere nell’ordinamento processuale minorile le disposizioni del codice di procedura penale ad esso applicabili.

Il rinvio materiale, invece, condannerebbe i due sistemi a muoversi su linee parallele, in quanto il quadro di riferimento per il rito minorile rimarrebbe immutato nel tempo mentre la giustizia penale “per adulti” seguirebbe itinerari evolutivi.57

2. Principio di adeguatezza58, espresso nel secondo periodo

dell’art 1, 1° comma D.P.R 488/1988: “Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne.”

Tale principio opera in relazione a tutte le disposizioni di rito sia del d.p.r. n.448 del 1988, sia quelle contemplate nel codice di procedura penale cui si fa rinvio.

Secondo tale principio non è possibile limitarsi ad una applicazione automatica delle disposizioni, ma è necessario farne un uso bilanciato secondo la personalità e le esigenze educative del minore.

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Cosi commenta Glauco Giostra in “ Il processo penale minorile, commento al D.P.R 448/1988, Giuffrè editore, Milano, 2009, pag 8-9.

58 Articolo 1, D.P.R. 448/88: “Nel procedimento a carico di minorenni si osservano le

disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne”.

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Si evince quindi che, mentre il principio di sussidiarietà favorisce l’individuazione delle previsioni codicistiche da trasferire in sede minorile, dopo averne verificato la compatibilità, quello di adeguatezza regola la loro applicazione; si richiede, in maniera chiara, un modus procedendi adeguato alle caratteristiche del singolo minore coinvolto nella concreta vicenda giudiziaria.

La personalità del minorenne e le relative esigenze educative rappresentano i parametri dell’adattamento applicativo, da ritenersi rilevanti congiuntamente.59

3. Principio di minima offensività del processo, che si basa