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Evoluzione storica e attuale definizione della Simbiosi Industriale

CAPITOLO 2 –ECONOMIA CIRCOLARE E SIMBIOSI INDUSTRIALE:

5. La Simbiosi Industriale

5.2. Evoluzione storica e attuale definizione della Simbiosi Industriale

La Simbiosi Industriale, come metodologia di riutilizzo efficiente di residui e sottoprodotti, si lega quindi a doppio filo sia all’Economia Circolare, come strumento applicativo e di policy per la realizzazione pratica di un modello circolare dei processi produttivi, sia all’Ecologia Industriale (introdotta nel Capitolo 1), che definisce il contesto teorico e scientifico all’interno del quale la simbiosi si struttura.

Già l’etimologia dell’espressione lascia intendere il significato di questo modello inter- disciplinare: con “simbiosi”, da definizione si intende “Associazione intima, spesso obbligata, fra organismi (animali o vegetali) di specie diverse, che generalmente comporta fenomeni di coevoluzione. A seconda del tipo di relazione che si instaura tra i vari organismi (simbionti), si possono definire diverse modalità di simbiosi” (Treccani, 2015). Associata all’aggettivo “industriale”, questa locuzione lascia intendere di occuparsi dell’interazione tra industrie (per estensione, processi produttivi), che in questo caso scambiano flussi di materia ed energia.

Secondo diversi studiosi, la prima definizione di Simbiosi Industriale, intesa nel senso che tuttora le viene conferito, si può far risalire al periodo a cavallo tra la metà degli anni ’30 e la metà degli anni ’40 del secolo scorso. Gli autori cui viene riconosciuta la prima discussione elaborata del tema (Desrochers & Leppala, 2010) sono i geografi Charles Langdon White e George T. Renner, che in un lavoro del 1936 definirono il concetto come “la strutturazione di due o più industrie di base in un’area”. Secondo questa definizione la simbiosi “può essere disgiuntiva quando le progressioni economiche sono mutualmente indipendenti e non esistono relazioni reciproche”, diventando in qualche caso perfino “competitiva e dannosa” (Langdon & Renner, 1936). La simbiosi può invece essere “congiuntiva, osservata tra industrie apparentemente separate e distinte, che in realtà dipendono reciprocamente l’una dall’altra per l’approvvigionamento di materie prime, beneficiando di condizioni di vicinanza” (Langdon & Renner, 1936).

Questa definizione fu successivamente ripresa solo da Renner, che in un lavoro del 1947 ampliò il concetto utilizzando un approccio tipico delle scienze ecologiche al fine di descrivere le relazioni organiche esistenti tra industrie diverse. In particolare Renner definì la Simbiosi Industriale come “il consorziarsi di due o più industrie dissimili”, definendo la simbiosi “congiuntiva” o “disgiuntiva” sulla base dalla presenza di “connessioni organiche” tra le imprese. In questo lavoro aggiunse però la considerazione che, nel caso di simbiosi congiuntiva, questa non era determinata solo dal fatto che una delle imprese

fornisse materie prime all’altra, ma anche dalla capacità reciproca di riutilizzare rifiuti e sottoprodotti all’interno dei differenti processi produttivi (Renner, 1947).

Successivamente ai primordi appena descritti, questa branca scientifica (già allora inter- disciplinare, come si può notare dall’innestarsi di competenze geografiche, economiche ed ecologiche) non ebbe uno sviluppo organico, tanto che la stessa definizione di Simbiosi Industriale nei decenni successivi fu ripresa solo saltuariamente da alcuni autori che si preoccuparono di descrivere le interazioni esistenti tra imprese di settori produttivi differenti. In breve, fino agli anni ’80 del secolo scorso il concetto di Simbiosi Industriale fu utilizzato a lungo per descrivere differenti relazioni esistenti tra industrie localizzate in una stessa area: tra queste relazioni, anche (ma non solo) lo scambio di sottoprodotti. La maggior parte della letteratura, però, descrisse queste relazioni fino agli anni ’80 senza utilizzare questa definizione (Desrochers & Leppala, 2010).

La svolta, dal punto di vista scientifico, si ebbe nel 1989, anno in cui Frosh e Gallopoulos introdussero il concetto di Ecologia Industriale, già descritto nel Capitolo 1. L’Ecologia Industriale, considerata “scienza della sostenibilità” (Allenby B. R., 1999), introduce infatti in maniera sistematica l’analogia tra sistemi industriali e sistemi naturali, nell’ottica di progettare processi caratterizzati da un’elevata capacità di riutilizzo delle risorse e di minimizzazione degli sprechi, oltre che da una rilevante sostenibilità complessiva. All’interno di questo paradigma teorico si innesta lo strumento della Simbiosi Industriale, inteso come modello che indaga sulle relazioni esistenti tra i sistemi industriali e il loro ambiente (naturale ed economico) (Chertow & Park, Reusing non-hazardous industrial waste across business clusters, 2011).

Secondo una delle più recenti definizioni, la Simbiosi Industriale “coinvolge organizzazioni differenti in una rete che favorisce l’eco-innovazione e la cultura del cambiamento a lungo termine. La creazione e la condivisione di conoscenza attraverso la rete permette di realizzare transazioni reciprocamente convenienti, che consentono di individuare nuove fonti in grado di fornire gli input richiesti, destinazioni a valore aggiunto per i sottoprodotti e consentono di migliorare processi tecnici e di business” (Lombardi & Laybourn, 2012). Questa definizione, molto estensiva, è l’evoluzione (Cutaia, et al., 2013) di una definizione data dagli stessi autori nel 2010: “La Simbiosi Industriale coinvolge industrie tradizionalmente separate e altre organizzazioni in una rete che favorisca le strategie innovative per un uso più sostenibile delle risorse (materiali, energia, acqua, asset, competenze, servizi, ecc.). Attraverso la rete sono individuate le opportunità di business, così da portare a transazioni reciprocamente convenienti, che consentono di individuare

nuove fonti in grado di fornire gli input richiesti e destinazioni a valore aggiunto per i sottoprodotti”.

Va sottolineato che queste definizioni risultano differenti rispetto a quella probabilmente più nota e riconosciuta a livello di letteratura, proposta da Chertow: “La parte dell’Ecologia Industriale nota come Simbiosi Industriale coinvolge industrie tradizionalmente separate in un approccio collettivo per ottenere un vantaggio competitivo legato allo scambio fisico di materiali, energia, acqua e sottoprodotti. Gli aspetti chiave della Simbiosi Industriale sono la collaborazione e le possibilità di sinergia offerte dalla prossimità geografica” (Chertow, 2000).

Si può notare che le differenze principali sono legate al concetto di “prossimità geografica”, necessario per Chertow, che diventa invece una “prossimità economica” (Cutaia, et al., 2013) per Lombardi e Laybourn. In generale, comunque, la simbiosi è uno strumento che fa leva sull’individuazione e realizzazione di sinergie tra imprese all’interno di un contesto ben definito.

Per sintetizzare, si può infine fare riferimento al payoff presente sul sito del NISP: “la Simbiosi Industriale fa circolare le risorse in un ciclo produttivo continuo che evita lo spreco: è Economia Circolare in azione” (International Synergies Ltd., 2015).

5.3. Elementi peculiari dei modelli di Simbiosi Industriale: hard features e soft