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I principi e gli strumenti dell’Ecologia Industriale

CAPITOLO 1 DALLO SVILUPPO SOSTENIBILE ALLA GREEN ECONOMY

3. La declinazione della teoria dello sviluppo sostenibile in un modello economico: la

3.5. I principi e gli strumenti dell’Ecologia Industriale

L’Ecologia Industriale si fonda su undici principi, formulati da Allenby nel 1995. Questi aspetti chiave riprendono e dettagliano quelli “macro” della green economy, che per primi si sono focalizzati sulla necessità di incentivare la prevenzione alla produzione dei rifiuti, sviluppare processi chimici puliti, sintetizzare composti non tossici e impiegare fonti rinnovabili.

Gli undici principi sono i seguenti (Allenby B. , 1995):

1) Prodotti, processi, servizi e attività possono produrre residui, ma non rifiuti.

2) Ogni processo, prodotto, impianto, infrastruttura e sistema tecnologico deve essere progettato per essere facilmente adattato a innovazioni prevedibili e preferibili dal punto di vista ambientale.

3) Ogni molecola che entri in uno specifico processo di lavorazione deve lasciare il processo come parte di un prodotto commerciabile.

4) Ogni erg14 di energia usato in processi di lavorazione deve produrre una trasformazione di materia.

5) Le industrie devono minimizzare l’uso di materiali ed energia nei prodotti, processi, servizi, attività.

6) I materiali usati devono essere quelli meno tossici disponibili allo scopo.

7) Le industrie devono reperire la maggior parte dei materiali necessari attraverso percorsi di riciclo invece che dall’estrazione di materie prime.

8) Ogni processo e prodotto deve essere progettato per preservare l’intrinseca utilità dei materiali usati. Ciò include una progettazione che estenda la vita del prodotto o faciliti il riciclo delle sue parti o componenti piuttosto che dei suoi semplici materiali.

9) Ogni prodotto deve essere progettato al fine di poter essere usato per creare, alla fine della sua vita corrente, altri prodotti utili.

10) Ogni proprietà industriale, servizio, infrastruttura o componente deve essere sviluppato, costruito o modificato facendo attenzione a mantenere o migliorare l’habitat locale, la diversità delle specie e a minimizzare gli impatti sulle risorse locali o regionali.

14 L’erg è l’unità di misura dell’energia e del lavoro nel sistema di misura CGS (centimetro-grammo-secondo).

1 erg è pari a 1 [g·cm2·s−2]= 1 [dyn·cm] = 10−7 [W·s].

11) Deve essere promossa una stretta interazione fra fornitori di materiali, utenti, rappresentanti di altre industrie, allo scopo di sviluppare una via cooperativa per minimizzare il packaging, il riciclo e il riuso di materiali.

Gli undici principi vengono realizzati mediante l’applicazione di cinque “strumenti” (Figura 13) principali a sostegno dell’Ecologia Industriale (Passarini, et al., 2011):

 Analisi dei flussi: serve a seguire e quantificare il flusso di materiali lungo la filiera produttiva.

 Ecodesign: prevede l’integrazione degli aspetti ambientali nella fase di progettazione di un prodotto.

 Valutazione del ciclo di vita (LCA): considera tutti gli impatti ambientali associati a ogni passaggio dello sviluppo industriale.

 Politiche verdi: comprendono Direttive Europee, normative nazionali, Certificazione Ambientale, responsabilità estesa al produttore, azioni per la sostenibilità.

 Simbiosi industriale: rende i rifiuti e i sottoprodotti di un processo o di un’industria, risorse per altri processi e altre industrie.

Figura 13: schematizzazione grafica dei cinque “strumenti” dell’Ecologia Industriale e della loro relazione con gli undici principi di Allenby (Passarini, et al., 2011)

Questi strumenti, di seguito descritti in maggiore dettaglio, devono essere supportati e attuati al fine di realizzare, in ambito industriale e produttivo, il modello di ciclo chiuso e per conservare e riutilizzare le risorse come avviene in natura.

Analisi dei Flussi

L’Analisi dei Flussi consiste nella valutazione dei flussi che attraversano il perimetro di un sistema definito nello spazio e nel tempo e delle riserve di materiali all’interno dello stesso, al fine di mettere in relazione le sorgenti, le vie di consumo e il destino finale di ogni materiale impiegato in un processo(Brunner & Rechberger, 2004).

Il principio su cui si basa questo strumento è il bilancio di massa, secondo cui la massa di tutti i materiali in input deve eguagliare la somma della massa di tutti i materiali in output e della massa di ciò che viene accumulato o perduto. L’Analisi dei Flussi può essere condotta sia su scala locale che su scala più vasta (un’azienda, un distretto industriale, una regione o tutta la filiera industriale) e può essere associata alla dimensione geopolitica o socioeconomica.

Ecodesign

L’Ecodesign è un concetto introdotto nella direttiva 2009/125/EC (Parlamento Europeo, 2009), che ne dà la seguente definizione: “integrazione degli aspetti ambientali nella fase di progettazione di un prodotto con lo scopo di migliorarne le prestazioni ambientali durante il suo intero ciclo di vita”. Si ritiene infatti che l’80% dell’impatto complessivo di un prodotto si determini durante la fase della progettazione. Questo strumento rappresenta, dunque, un approccio al design di prodotti e servizi in cui gli aspetti ambientali sono presi in considerazione e ottimizzati già a partire dalle prime fasi di progettazione.

I principi che devono essere integrati sono i seguenti: riduzione dei materiali utilizzati, dell’energia consumata e delle sostanze tossiche, aumento della riciclabilità, massimizzazione dell’uso di risorse rinnovabili ed estensione della durata. A tale fine sono stati sviluppati diversi tipi di design (Figura 14), che devono essere integrati per il miglioramento delle prestazioni ambientali di beni di consumo e servizi.

A livello di normativa europea, il framework è completato dalla direttiva 2010/30/EU, che integra questi requisiti di progettazione eco-compatibile con quelli di etichettatura obbligatoria (Parlamento Europeo, 2010).

Figura 14: Schematizzazione delle differenti tipologie di Ecodesign, finalizzate al miglioramento delle prestazioni ambientali di singoli aspetti del ciclo di vita dei prodotti

Le caratteristiche delle differenti tipologie di Ecodesign sono sintetizzate di seguito:

 Design per un uso prolungato: adottato per prolungare la vita di alcuni materiali attraverso l’applicazione di meccanismi “intelligenti”, adattativi e di autoriparazione. I materiali progettati in tale modo potrebbero avere proprietà che cambiano con le condizioni ambientali in modo da risultare più durevoli. È di fondamentale importanza nel campo della produzione di mobili, tessuti e rivestimenti.

 Design per il disassemblaggio: adottato per migliorare e semplificare la fase di smontaggio e rimozione dei componenti di un prodotto. In questo modo è possibile favorire la separazione dei diversi materiali che ne fanno parte, favorendone l’invio a processi di riciclaggio e riducendo i consumi energetici connessi al processo di separazione. È molto utile nel campo dei veicoli, in cui l’85% dei materiali deve essere riciclato e almeno il 95% deve essere recuperato (Passarini, et al., 2011).  Design per l’ambiente: prevede una riprogettazione razionale e la creazione di

materiali innovativi per applicazioni nuove o esistenti, al fine di eliminare le sostanze nocive e ridurre la quantità di materiale impiegato (dematerializzazione).

 Design per lo smaltimento: consente di minimizzare l’impatto ambientale dei rifiuti nella fase di smaltimento finale. Comprende processi di riduzione o eliminazione di sostanze lisciviabili in prodotti che possano finire in discarica; prevede la biodegradabilità di altri beni (ad esempio shoppers), al fine di ridurre gli impatti ambientali in fase di smaltimento. Tra i processi a cavallo del design per lo smaltimento e la bonifica, ci sono anche processi che riducono la pericolosità di alcuni rifiuti non più riutilizzabili stabilizzandoli in matrici cementizie che potranno poi essere impiegate, previo controllo della lisciviazione di inquinanti tossici, come materiali da riempimento.

Valutazione del Ciclo di Vita (LCA)

La Valutazione del Ciclo di Vita (LCA) è un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici e ambientali e degli impatti potenziali associati a un prodotto, un processo, un’attività, un servizio lungo il suo intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita (ovvero, come si suole dire, dalla Culla alla Tomba).

L’LCA si articola in quattro fasi:

I. Definizione dello scopo e del campo di applicazione in cui si esplicita l’obiettivo dello studio: vengono cioè delineati i confini del sistema in oggetto ed è definita l’unità funzionale sulla base della quale poi verranno espressi i risultati della valutazione.

II. Analisi di inventario: il processo è schematizzato con un flow-sheet dettagliato e sono anche determinati i dati relativi a tutti i flussi in input e in output per ciascun passaggio del processo stesso.

III. Valutazione degli impatti: consente di valutare gli impatti ambientali delle sostanze identificate nell’inventario. Tali impatti sono suddivisi in categorie riconducibili a tre grandi aree, ossia esaurimento delle risorse, salute umana e conservazione dell’ambiente. Grazie a una classificazione per fattori di peso (weight factors), è possibile quantificare il contributo alle categorie d’impatto.

IV. Interpretazione dei risultati: è la fase finale nella quale sono valutate e selezionate le opzioni per ridurre gli impatti e i carichi ambientali dell’unità funzionale in studio.

Politiche Verdi

Con il termine Politiche Verdi si intendono tutte le azioni e le direttive comunitarie (e non solo) volte a promuovere la sostenibilità ambientale.

Di fatto sono le politiche che prevedono incentivi e stimoli per la prevenzione alla produzione dei rifiuti, la loro minimizzazione e l’impiego delle Certificazioni Ambientali, attestanti il fatto che un’azienda ha implementato un sistema di gestione ambientale conforme alla normativa vigente in materia di ambiente e che è in grado di garantire il miglioramento continuo delle sue prestazioni. All’interno del contesto delle Politiche Verdi è anche compreso il concetto di responsabilità estesa al produttore, che dunque deve provvedere alla gestione del fine vita dei beni prodotti.

Tra le Politiche Verdi va citato anche l’incentivo all’istituzione delle Aree Industriali e delle Aree Ecologicamente Attrezzate (di cui si parlerà più diffusamente all’interno del Capitolo 2, in relazione al tema della Simbiosi Industriale). La legge Bassanini (D. Lgs. 112/98), con l’art. 26, dà inizio a un percorso virtuoso che alcune Regioni e Provincie hanno già intrapreso, con l’emanazione di leggi locali e linee guida ai fini della creazione delle APEA (Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate). Tali aree costituiscono, insieme agli Ecodistretti e ai Parchi Eco-Industriali, la risposta ai principi dell’Ecologia Industriale. Le APEA, sin dalla fase di progettazione, devono tenere conto, come ad esempio richiesto in Emilia Romagna dalla Legge regionale n. 20 del 24 marzo 2000, dei seguenti aspetti:

a) salubrità e igiene dei luoghi di lavoro,

b) prevenzione e riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno; c) smaltimento e recupero dei rifiuti;

d) trattamento delle acque reflue;

e) contenimento del consumo dell’energia e al suo utilizzo efficace; f) prevenzione, controllo e gestione dei rischi di incidenti rilevanti; g) adeguata e razionale accessibilità delle persone e delle merci.

Alcune regioni (Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Sardegna e Toscana), hanno costituito una rete (Rete Cartesio), che analizza le esperienze più significative a livello nazionale. In Italia sono stati contati 100 distretti, per un totale di 120.759 imprese coinvolte (Rete Cartesio, 2013).

Simbiosi Industriale

La Simbiosi Industriale (che sarà approfondita in dettaglio nei capitoli successivi) si basa sui principi dello scambio e della condivisione, ovvero sul concetto che i rifiuti e/o i sottoprodotti di un produttore (energia, acqua, materiali) possano diventare materie prime seconde in ingresso nel processo di un altro produttore. Il concetto è in realtà anche più ampio, prevedendo la possibilità di condividere anche servizi e competenze tra imprese, nell’ottica di ottenere un vantaggio competitivo.

Seguendo questo principio sono nati i Parchi Eco-Industriali (EIP), definiti da Glavick e Lukman come un insieme di attività, industrie e servizi collocati in una proprietà comune, che mirano a migliorare le performance ambientali, sociali ed economiche, attraverso la collaborazione nella gestione delle risorse. Il beneficio che la comunità trae dalla simbiosi risulta maggiore della somma dei benefici individuali (Glavic & Lukman, 2007).

Gli EIP, comunque, sono sistemi complessi molto difficili da pianificare a priori, infatti occorre considerare che tutti gli ecosistemi industriali sono differenti, con proprie specifiche caratteristiche economiche, culturali, ecologiche e sociali (Korhonen & Snakin, 2005).

Per raggiungere un elevato grado di integrazione fra le industrie di una stessa area occorre che si verifichino alcune condizioni, quali: facilità nello scambio di utilities (come vapore, energia, raffreddamento), facilità nello scambio di sottoprodotti, scarti ed energia, possibilità di costruire sistemi di trattamento dei rifiuti che offrano un’economia di scala, alta efficienza. Inoltre, risultano indispensabili anche una buona capacità di collaborazione, di comunicazione e di instaurare relazioni a lungo termine, poiché il volume di affari può diminuire, la produzione cambiare in quantità e tipologia, con la necessità di avere input e output differenti e anche poiché potrebbero presentarsi ostacoli legislativi (ad esempio connessi al trasferimento o al riuso di materiali) e tecnici (come nel caso in cui un flusso di rifiuti provenienti da un’industria contiene un componente in grado di creare problemi al partner ricevente).

Quindi, gli EIP, che a differenza delle APEA non sono ancora esistenti in Italia, sono aree produttive in cui diverse attività rendono possibile il riutilizzo di scarti rendendoli risorse. Prodotti secondari, acque reflue o energia sotto forma, per esempio, di calore contenuto nell’acqua di raffreddamento, sono utilizzati proprio come risorse.

La tendenza in Italia è quella di progettare le APEA in modo che possano assimilare anche il concetto di Simbiosi Industriale, avvicinandosi via via al concetto più completo di Parco

Eco-Industriale, come descritto nelle Linee Guida per la realizzazione delle APEA della Provincia di Bologna (Provincia di Bologna, 2008).