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L’ingresso del tema della Green Economy nelle agende politiche

CAPITOLO 1 DALLO SVILUPPO SOSTENIBILE ALLA GREEN ECONOMY

3. La declinazione della teoria dello sviluppo sostenibile in un modello economico: la

3.2. L’ingresso del tema della Green Economy nelle agende politiche

La Green Economy, come parola chiave, attualmente è contenuta all’interno delle agende di numerosi governi. Inserita già nei documenti di lavoro della Conferenza di Rio del 1992, è stata poi fortemente ripresa dalla Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo

Sostenibile denominata “Rio+20”, tenutasi nel 2012 sempre nella città brasiliana, con un focus ancora più approfondito sul tema. Nel corso di questo momento di incontro, infatti, i governi hanno rinnovato l’impegno alla piena attuazione dei principi dello Sviluppo Sostenibile, della Green Economy e della governance, attrezzando un’agenda delle priorità da perseguire. I punti di partenza, ancora una volta, sono stati rappresentati dalle due emergenze, climatica e energetica, sulle quali più significativamente si sono concentrati l’attenzione e gli sforzi di questi ultimi venti anni, affiancate dalla più recente emergenza economica. In questo contesto, la Green Economy è stata identificata come possibile strumento di uscita dalla crisi economica mondiale, nonché strumento che può contribuire alla lotta contro la povertà.

Nonostante questo diffuso interesse nei confronti del tema, la conoscenza al riguardo non è così profonda come dovrebbe: parlando di Green Economy, infatti, si riscontra ancora (seppure sempre meno) il rischio concreto di associare questa definizione soltanto a una parte o a un settore dell’economia, quello dell’economia verde, visto come contrapposto all’economia tradizionale. Altra cosa, invece, è considerare la Green Economy come un nuovo sistema socio economico realizzabile tramite l’applicazione di un insieme di strumenti in grado di far transitare l’economia tradizionale verso un’economia sostenibile. In quest’ottica, “la Green Economy non risulta più una nicchia dell’economia applicata nei soli settori delle energie rinnovabili e della protezione dell’ambiente, ma trova applicazione in tutti i settori produttivi di beni e servizi investendo le governance locali e globali nel loro complesso” (ENEA, 2012).

Questo aspetto diventa centrale, perché deve portare alla definizione di politiche industriali sostenibili, mirate all’eco-efficientamento dell’intero sistema produttivo: si tratta cioè di operare per supportare non tanto la crescita della cosiddetta industria ambientale, quanto la riconversione di tutto il sistema produttivo verso processi e prodotti industriali sostenibili. Significa che le politiche di supporto non devono essere mirate ai comparti dell’industria ambientale (ad esempio, industria del disinquinamento o della produzione di pannelli fotovoltaici), quanto al passaggio dalla produzione inquinante a una non inquinante (chiaramente, anche attraverso l’industria ambientale).

In questo contesto la crescita complessiva diventa legata all’attuazione di misure economiche, legislative, tecnologiche, di educazione e “sensibilizzazione” pubblica, in grado di ridurre il consumo di energia e di risorse naturali, i danni ambientali e la produzione di rifiuti. L’aspetto energetico è particolarmente rilevante: in questo modello un ruolo chiave è giocato dall’attuazione di misure finalizzate all’aumento dell’efficienza

energetica e di produzione, tali da determinare una diminuzione della dipendenza energetica dall’estero, l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dell’inquinamento locale e globale, fino all’istituzione di una economia sostenibile a scala globale e duratura, fondata prevalentemente sulle risorse rinnovabili e sul riuso e riciclo: più in generale, sulla chiusura dei cicli delle risorse.

Questo approccio “ciclico”, che diventa centrale nella cosiddetta Economia Circolare (descritta nel capitolo successivo) in realtà non è un concetto particolarmente nuovo, essendo derivato da studi scientifici sviluppati dalla fine degli anni ‘70. Il primo lavoro realizzato su questo tema è probabilmente quello di Nelson Nemerow, che propose la realizzazione di complessi industriali eco-compatibili (EIBC: Environmentally Balanced Industrial Complex) (Nemerow, 1979). Anche in questo caso, si può affermare che la sensibilità e l’attenzione del mondo scientifico sono arrivati significativamente prima di quelle istituzionali, tenuto conto del ritardo con cui questi temi sono stati assorbiti e recepiti a livello di agenda politica.

A livello politico la sfida consiste, quindi, nel favorire e stimolare la crescita economica, evitando però al tempo stesso il degrado dell’ambiente (il cosiddetto decoupling, ovvero la dissociazione tra crescita economica e pressione sull’ambiente naturale). L’Unione Europea ha affrontato questa sfida con numerosi documenti e comunicazioni, tra cui la Comunicazione (397/2008) della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, sul Piano d’azione “Produzione e consumo sostenibili” e “Politica Industriale Sostenibile” del 16/7/2008 e con il documento “Strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali” di cui alla comunicazione della Commissione Europea COM(2005) 670. Gli strumenti per attuare una tale strategia consistono essenzialmente nella riduzione del consumo di materie prime (soprattutto non rinnovabili), nel prolungamento della vita dei prodotti (maggiore durata, disponibilità di ricambi, riparabilità), nella sostituzione di beni con servizi, nel riciclaggio e riutilizzo dei prodotti. Il 20 giugno 2011 la Commissione Europea ha adottato una comunicazione (COM, 2011, 363 definitivo: Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance), che costituisce il fondamento per la posizione dell’UE sul tema dello sviluppo sostenibile. In tale comunicazione sono definiti gli obiettivi e le azioni specifiche nel contesto dei due temi principali della conferenza: facilitare il passaggio a un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e della lotta contro la povertà e assicurare una migliore gestione in materia di sviluppo sostenibile. Vengono inoltre

definite le modalità relative al passaggio verso un’economia verde e proposte azioni specifiche che potrebbero essere attuate a livello internazionale, nazionale e locale.

I punti principali sono i seguenti (Commissione Europea, 2011):

 investire in risorse chiave e capitale naturale (“cosa”), ovvero in risorse idriche, energie rinnovabili, risorse marine, biodiversità e servizi ecosistemici, agricoltura sostenibile, foreste, rifiuti e riciclaggio.

 Combinare strumenti normativi e di mercato (“come”), mediante l’introduzione di ecotasse, l’eliminazione di sovvenzioni controproducenti sotto il profilo ambientale, la mobilitazione delle risorse finanziarie pubbliche e private e l’investimento in competenze e professionalità legate all’ambiente. Occorre poi mettere a punto indicatori che permettano di misurare il progresso in senso più ampio, parallelamente al PIL (ossia tenendo conto degli aspetti ambientali e sociali).

Migliorare la governance e incoraggiare la partecipazione del settore privato (“chi”), consolidando e razionalizzando le strutture attuali di governance internazionale (ad esempio potenziando il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – UNEP). È essenziale anche accrescere sensibilmente la partecipazione e l’impegno delle imprese e della società civile.

Considerando invece nello specifico lo sviluppo della Green Economy in Europa, negli scorsi decenni l’UE ha promosso lo sviluppo sostenibile tramite una serie di politiche; ad esempio, ha adottato obiettivi vincolanti per il clima, accompagnati da un sistema di scambio di quote di emissioni e ha emanato una gamma di strumenti legislativi sulla biodiversità, la gestione dei rifiuti, la qualità dell’acqua e dell’aria.