• Non ci sono risultati.

UNA MISURA DI RISCHIO ALTERNATIVA: L’EXPECTED SHORTFALL (ES)

1. L’Expected Shortfall

Sappiamo che il Comitato di Basilea nel dicembre 2014 ha presentato il terzo documento consultivo106 sulla revisione del rischio di mercato. Al suo interno, un primo aspetto riguarda le ragioni che hanno condotto l’affiancamento al VaR dello Stressed VaR, ossia il calcolo del quantile sulle posizioni correnti, utilizzando come arco temporale dei parametri di mercato considerati in un periodo storico, che nel ripetersi potrebbero generare particolari perdite al portafoglio della banca. Lo Stressed VaR ha posto almeno due problemi nella sua applicazione, ossia:

1. la selezione del periodo temporale non è affatto semplice, in quanto non basta prendere genericamente qualche “lunedì nero” o “venerdì nero”; 2. il requisito patrimoniale in Basilea 2.5 ha la struttura: Requisito = VaR +

Stressed VaR, così determinando un evidente double counting, che ha portato a utilizzare spesso con ragione il termine over reaction tra gli scettici delle riforme107.

I limiti del VaR sono stati delineati in quasi 20 anni di letteratura108. È noto che non cattura i “fenomeni di coda” e non soddisfa in alcuni casi la proprietà di subadditività, cioè la misura della rischiosità della somma di due portafogli deve essere minore o uguale alla somma della rischiosità dei due portafogli singolarmente considerati.

Di fatto, si parla dell’abolizione del VaR e dello Stressed VaR, in favore di un’alternativa misura di calcolo del rischio che è l’Expected Shortfall, in condizioni che tengano conto anche di periodi di stress. Le misure di rischio devono godere di buone proprietà statistico-matematiche, ma devono anche avere una semplicità che ne permetta la comunicazione verticale e orizzontale nei processi interni della banca. L’utilizzo dell’ES, e anche la complessità del relativo backtesting, pongono però diversi interrogativi.

Il VaR è stato per molto tempo la misura di riferimento per la Vigilanza bancaria, ma a causa del fatto che non definisce accuratamente gli “eventi eccezionali”, non

106 Fundamental review of the trading book: outstanding issues, December 2014.

107 BURCHI, A. Investire in hedge funds, Performance, rischi, strategie di portafoglio, Bancaria Editrice,

Roma, 2011.

108 Per approfondimenti vedi ACERBI C., TASCHE D., On the coherence of Expected Shortfall, Journal

ha una capacità prospettica, non soddisfa la proprietà di sub-additività, utilizza serie storiche recenti, ha una modesta considerazione della liquidità, la critica al VaR emerge allora in maniera naturale dal confronto con una misura di rischio alternativa: l’Expected Shortfall (ES), definita come una misura di rischio coerente; essa descrive l’ampiezza delle perdite potenziali di un portafoglio nel caso in cui esse superino il VaR; ovvio dunque, che l’ES rappresenta una misura di rischio più “completa” rispetto al VaR.

Poiché l’utilizzo del VaR ha evidenziato numerose debolezze, specie durante la crisi finanziaria, il Comitato ha proposto già nel maggio 2012109 di rimpiazzare il

VaR con l’Expected Shortfall, che, al pari del VaR, è una misura probabilistica (che necessita di un orizzonte temporale di riferimento e di un intervallo di confidenza) in grado, però, di cogliere quelle perdite massime che, di fatto, vanno oltre il livello di confidenza e quindi superano l’entità del VaR.

Il VaR (99%) può essere interpretato come la minima perdita potenziale che un portafoglio può subire nell’1% dei casi peggiori, in altre parole è il miglior risultato possibile negli scenari peggiori. Se si verifica uno shock sul mercato, quindi, il realizzarsi degli scenari peggiori porta il VaR a sottostimare sistematicamente le perdite potenziali associate al livello di probabilità prefissato. Tramite l’ES si superano i limiti del VaR, identificando le perdite potenziali in maniera corretta. Ecco perché nell’ambito della determinazione del rischio di mercato l’ES sembra essere la misura più adeguata, infatti negli ultimi anni molti studiosi hanno prestato sempre più attenzione agli utilizzi dell’Expected Shortfall nel contesto della gestione del rischio.

Nel prosieguo, si illustrerà in maniera più approfondita tale tecnica che non si può definire alternativa, ma semmai complementare al Value at Risk.

1.1 Proprietà di una misura coerente di rischio

Abbiamo in precedenza detto che l’ES è una misura di rischio coerente; partendo da questo punto possiamo chiederci: quando tale requisito è soddisfatto?

Affinché una misura di rischio sia definita coerente110, è necessario che essa rispetti le seguenti quattro proprietà fondamentali:

1. Invarianza per traslazione, sottolinea come qualora venga investito, in un portafoglio, un ammontare pari a k al tasso free-risk r, la misura di rischio connessa a tale portafoglio deve essere ridotta per un importo pari alla

109 Basel Committee on Banking Supervision, Fundamental review of the trading book, Consultative

document, Bank for International Settlement, May 2012.

110 ARTZNER P., DELBAEN F., EBER J.M., HEATH D., Coherent Measures of Risk, Mathematical

somma investita;

p(𝑋 + 𝑟 ∗ 𝑘) = 𝑝(𝑋) – 𝑘

2. Omogeneità positiva, asserisce invece qualora si moltiplichi per una costante k la dimensione di tutte le posizioni contenute nel portafoglio, quest’ultimo risulterà proporzionale al valore della costante k. In altri termini, la dimensione dell’esposizione rischiosa assunta, condiziona in modo proporzionale il rischio legato all’intero portafoglio.

p(k.X) = k.p(X) con k > 0

3. Monotonicità, indica che se il valore a scadenza di X è minore di Y, è logico attendersi che il requisito patrimoniale richiesto per la sua copertura è maggiore di quello richiesto per la posizione su Y.

p(X) ≥ p(Y), se X ≤ Y

4. subadditività, secondo questa proprietà, il rischio di un portafoglio composto da più posizioni deve essere inferiore alla somma dei rischi delle singole posizioni che compongono il portafoglio. Supponendo che un portafoglio è composto da 2 posizioni che denominiamo X e Y, allora si richiede che:

p(X+Y) ≤ p(X) + p(Y)

Incredibilmente il VaR, pur essendo la misura di rischio adottata come migliore procedura, non è sempre una misura coerente di rischio perché non soddisfa la condizione di sub-additività. Inoltre il VaR non fornisce una stima delle possibili perdite in quegli scenari in cui la soglia del VaR è superata.

L'ES, a differenza del VaR, rispetta la condizione di sub-additività. È possibile dimostrare che non si tratta di un caso, ma che l'Expected Shortfall garantisce il rispetto di questa proprietà e rappresenta una misura di rischio coerente.
Questo è quello che faremo nel continuo di questo lavoro.

1.2 L’Expected Shortfall come misura coerente di rischio

I problemi del VaR erano già sotto l’occhio di tutti da tempo, per tale motivo la superiorità dell’Expected Shortfall (ES) è stata finalmente riconosciuta anche dal Comitato di Basilea111, che nel gennaio 2016 ha modificato le metodologie di calcolo per il capitale a copertura del rischio di mercato, inserendo come misura principe l’ES. Fra i requisiti quantitativi per l’approccio dei modelli interni, è espressamente richiesta una misurazione dell’ES con un livello di confidenza del

111 Basel Committee on Banking Supervision, Minimum capital requirements for market risk, Bank for

97,5%, e con un orizzonte temporale di un giorno.

Cerchiamo ora di capire perché anche il legislatore abbia compreso l’importanza dell’ES come misura di rischio.

Il VaR risponde alla domanda: Qual è la minima perdita nei peggiori α% casi?. Tuttavia, rispondendo a questo semplice quesito, non si prende in esame ciò che accade oltre la soglia considerata. Quindi, qualora siano presenti osservazioni molto peggiori rispetto al VaR, quest’ultimo non se ne occupa. Ciò è certamente un problema, in quanto un buon risk manager deve essere interessato alla severità delle perdite in cui è possibile incappare.

Il VaR delle due distribuzioni in figura sotto è lo stesso, tuttavia non si può affermare che il rischio sia il medesimo: difatti, la probabilità associata ai valori peggiori della seconda distribuzione è molto più elevata rispetto al caso di normalità. Vedremo che l’ES sarà in grado di dirci effettivamente che la seconda distribuzione è più rischiosa di quella gaussiana.

Figura 1: Il VaR per una distribuzione gaussiana e per una distribuzione con coda sinistra più spessa

Fonte: Hull J.C., Risk Management and Financial Institutions, John Wiley and Sons, Inc., 2015.


La vera domanda da farsi è quindi: Quale è la perdita attesa nei peggiori α% casi?. A questa domanda risponde l’Expected Shortfall112.

Tale misura di rischio rappresenta la media ponderata dei rendimenti peggiori rispetto al VaR113. Nel caso di distribuzione continua avremo quindi:

112 Altre denominazioni della medesima misura sono: Average Shortfall (AS), Conditional VaR (CvaR) o,

ancora, Extreme value at Risk (EvaR). In linea del tutto teorica, si assume che Expected Shortfall coincida con il Conditional VaR nel caso in cui la distribuzione dei profitti e delle perdite sia continua.

𝐸𝑆𝛼(𝑋) = −𝐸[𝑋|𝑋 ≤ 𝑘𝛼] = − G

• t fZ t dt …•

R† ,

dove kα rappresenta il 𝑉𝑎𝑅𝛼(𝑋) cambiato di segno.

Tornando al principio di sub-additività, tale assioma risulta di fondamentale importanza per poter definire se la misura di rischio presa in esame può essere considerata una misura coerente. Il rischio complessivo di un portafoglio, sarà pari alla somma dei rischi delle singole posizioni contenuto in esso, solo ed esclusivamente nel caso in cui i rischi possono essere generati da eventi concorrenti; in particolare è possibile dimostrare come l’ES soddisfi pienamente il principio di sub-additività. Per far ciò, occorre far riferimento al lavoro di Acerbi e Tasche114, nel quale gli autori, definiscono con X la variabile casuale caratterizzante l’andamento delle distribuzioni dei profitti e delle perdite (P/L) di un portafoglio su un dato orizzonte temporale T, fissano con α% la probabilità di manifestazione dei casi pessimi (worst case scenario) per il portafoglio in esame. Si suppone poi che X abbia n possibili realizzazioni: 𝑋S con i = 1,..,n, ordinabili in modo crescente in modo da identificare l’insieme di esiti del worst case115. Inoltre, sia w il numero di realizzazioni di 𝑋S appartenenti al worst case, dove w = n * α. In altre parole ci sono n possibili scenari per il rendimento del portafoglio di cui w sono perdite superiori al VaR. Per definizione l’Expected Shortfall è la media delle perdite superiori al VaR, cioè il valore atteso dello scenario worst case:

𝐸𝑆

I(`)

(X) =

‡ˆ‰Š‹ Œˆ:Ž

=

ˆ‰ŠŽ Œˆ:ŽG{ˆ‘‹}

Al contrario del VaR, l’ES risulta soddisfare tutte le quattro condizioni che caratterizzano una misura di rischio coerente. In particolare possiamo dimostrare come questa misura di rischio soddisfi anche la sub-additività.

Fissate due variabili casuali X e Y: 𝐸𝑆I(`) (X+Y) = − ‡ˆ‰Š‹ (Œ[“)ˆ:Ž • ≤ − ‡ˆ‰Š‹ (Œˆ:Ž[ “ˆ:Ž) • = 𝐸𝑆I (`)(X) + 𝐸𝑆 I(`)(Y)

Questo prova che l’Expected Shortfall è un’alternativa coerente al VaR, in quanto rispetta il principio di sub-additività.

La differenza tra l’ES e il VaR risulta costante nel caso di distribuzioni normali, tuttavia dovendo fronteggiare distribuzioni asimmetriche o con code spesse, le informazioni che l’ES aggiunge rispetto al VaR iniziano ad essere molto più

33.

114 ACERBI C., TASCHE D., Expected shortfall: a natural coherent alternative to Value at Risk, Economic

Notes, Vol.31, Issue 2, 2002, pag 379-388.

115 Si definisce

𝑋1:𝑛, 𝑋2:𝑛, 𝑋3:𝑛…., 𝑋𝑛:𝑛 come rispettivamente il valore peggiore, il secondo peggiore e così via.

rilevanti116. Le distribuzioni dei titoli sono spesso caratterizzate da outliers che

contribuiscono a far aumentare lo spessore delle code e l’asimmetria della distribuzione. In casi come questi, il semplice utilizzo del VaR risulta poco prudenziale in quanto non considera i rendimenti oltre il livello di confidenza selezionato, meritevoli invece di interesse a causa della loro grande significatività. Dalla disamina effettuata, appare chiaro il motivo che ha spinto il Comitato di Basilea ad imporre agli istituti di credito l’applicazione dell’ES: il contenimento del rischio è il principale obiettivo dello studio del Comitato e l’ES fornisce una copertura più adeguata.

È anche vero il fatto che nel corso dei vari anni si era oramai sviluppata nella comunità finanziaria un’abitudine a ragionare in termini di certe misure; la banca che ha degli obblighi dettati dalla vigilanza di esprimere tutto tramite il VaR non ha convenienza ad utilizzare un altro strumento, non avendo nemmeno un riscontro sul mercato.

Adesso sembra però che il vento stia cambiando.