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Le limitazioni del modello di calcolo del VaR

4. Le problematiche del VaR

4.2 Le limitazioni del modello di calcolo del VaR

Dopo aver illustrato i vantaggi del modello di calcolo del Value at Risk, si proseguirà con l'individuare quelle che sono le limitazioni connesse a tale modello di misurazione58, ossia:

• È una misura di rischio non subadditiva;

• È una misura che non tiene conto della dimensione delle perdite.

Per quanto concerne la prima limitazione, la misura del Value at Risk non rispetta una delle proprietà essenziali di una misura coerente di rischio59.

58 RESTI A., SIRONI A., Rischio e valore nelle banche. Misura, regolamentazione, gestione, Milano,

Egea, 2008, pag 334-340.

59 Una misura si definisce coerente per il rischio se possiede quattro specifiche proprietà, per la precisione,

l'invarianza alle traslazioni, l'omogeneità positiva di grado uno, la monotonicità e la subadditività. Per maggiori informazioni si veda ARTZNER, P., DELBAEN, F., EBER, J.M., HEATH, D. Coherent

Una misura viene definita subadditiva quando la somma del rischio delle singole posizioni di un portafoglio risulta superiore al rischio complessivo del portafoglio formato dalle stesse singole posizioni:

rischio (x) + rischio (y) ≥ rischio (x + y)

Questa proprietà è condizionata dal fatto che solitamente qualsiasi portafoglio giova, in misura più o meno ampia, dell'effetto della diversificazione. Un portafoglio, infatti, possiede generalmente al suo interno un numero di titoli elevato e tra questi, vi sono alcuni che possiedono una correlazione molto bassa, se non negativa: ciò implica che nel caso un titolo, per determinati fattori, registra un rendimento negativo, il secondo titolo, che è correlato negativamente con il primo, registrerà invece, un rendimento positivo, così da elidere la perdita prodotta dal primo titolo. Questa caratteristica permette, di conseguenza, di ridurre il rischio complessivo del portafoglio.

Questa proprietà, quindi, afferma che operare seguendo una logica di diversificazione comporta la riduzione del rischio dell'intero portafoglio: se si decide di aggiungere un titolo al portafoglio, secondo questa proprietà, il rischio del nuovo portafoglio non può essere più elevato della somma dei rischi dei singoli titoli (vecchi e nuovi) presenti in esso.

Tale assioma, nel momento in cui viene calcolato il Value at Risk, viene rispettato solo se sono rispettate determinate condizioni o ipotesi. Per esempio, sotto il presupposto che la distribuzione dei rendimenti sia ellittica, allora si evince tale relazione:

VaR(x) + VaR(y) ≥ VaR (x + y)

Relazione rispettata anche nel caso in cui il Value at Risk venga misurato attraverso l'approccio parametrico, poiché esso sviluppa il calcolo sull'ipotesi che i rendimenti si distribuiscano in modo normale, e così tale presupposto consente il rispetto della proprietà subadditiva, poiché il VaR viene calcolato come un semplice multiplo della volatilità.

Partendo dalla formula della varianza:

da cui si ricava, ponendo che vi sia l'effetto di diversificazione, ossia che 𝜌 ≤ 1: σZ[\* ≤ σZ* + σ\*

poiché il VaR, in questo caso, è un multiplo 𝑧` della deviazione standard, si può scrivere:

𝑧` 𝜎a[b ≤ 𝑧` 𝜎a + 𝑧` 𝜎b 𝑉𝑎𝑅a[b ≤ 𝑉𝑎𝑅a + 𝑉𝑎𝑅b

Risulta evidente perciò, che tale proprietà viene rispettata dalla misura del VaR, ma solo se si verificano determinate condizioni: se la distribuzione dei rendimenti non assume una forma ellittica o non risulta simile ad una normale, non è possibile adottare un approccio parametrico per il suo calcolo e di conseguenza non è sempre possibile garantire un risultato subadditivo.

Ad eccezione di questi casi particolari, infatti, la relazione che solitamente si verifica è la seguente:

VaR (x + y) > VaR(x) + VaR(y)

Questo risultato è principalmente dovuto al fatto che il VaR relativo alle singole posizioni sottostima il rischio delle stesse trascurando del tutto la dimensione delle perdite in eccesso al VaR stesso.

Essa si manifesta principalmente nel caso in cui la distribuzione congiunta di portafoglio sia caratterizzata da delle code molto spesse e quindi non possa essere associata ad una distribuzione normale multivariata60.

Passando alla seconda limitazione connessa al modello di calcolo del Value at Risk, essa riguarda il fatto che è una misura che non tiene conto della dimensione delle perdite.

Il VaR è una misura di tipo probabilistico che definisce la massima perdita potenziale derivante dalla detenzione di una particolare attività, in relazione ad un certo intervallo di confidenza e ad un determinato orizzonte temporale futuro. Tale modello però, non fornisce alcuna informazione sulla perdita che potrebbe

60 ARTZNER, P., DELBAEN, F., EBER, J.M., HEATH, D. Coherent Measures of Risk, in “Mathematical

verificarsi nel restante intervallo di casi non presi in considerazione dal livello di confidenza.

Indicando con c il livello di confidenza e con L la perdita si ha infatti: pr (L > VaR) = 1−c

Ciò che è importante, dunque, è la probabilità che la perdita effettiva ecceda il VaR. Se dovesse verificarsi ciò, il modello non è in grado di fornire alcuna informazione circa la dimensione di tale eccedenza. Il VaR quindi potrebbe nascondere una perdita effettiva molto importante rispetto a quanto annunciato. Questa misura, essendo definita su un quantile, cioè un punto esatto su una distribuzione di probabilità, non tiene in considerazione ciò che rimane nella parte di coda non considerata dall'intervallo di confidenza. E questo è un problema estremamente significativo. Si immagini di possedere un'attività del valore di 1000€, il cui VaR al 99% è pari a 100€. Nell'eventualità che si verifichi quell'1% di probabilità non tenuta in considerazione dal VaR e la perdita subita è di 300€ invece che 100€, tale circostanza può essere anche accettata, ma se nell'unica volta in cui si verifica il rimanente 1% di casi sfavorevoli, la perdita si attesta a 10.000€, le cose cambiano.

Si comprende bene quindi come sia importante avere informazioni anche sulla restante parte della coda delle distribuzioni di perdita.