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L’approccio parametrico

SHORTFALL 1 Descrizione del campione

2. Le metodologie di calcolo

2.1 L’approccio parametrico

Si prende in considerazione il Settore dei consumi ove di seguito si possono vedere i grafici dei primi 2 titoli, Campari (a sinistra) e Mediaset (a destra); si analizza 2 titoli per volta cosi si riesce ad analizzare le differenze e a cogliere gli aspetti principali con maggiore chiarezza e risoluzione.

Fonte: Matlab

Balza subito all’occhio una differenza importante a livello di rendimenti. Campari nel periodo 2008-10 oscilla parecchio, fatto che sta a significare una alta volatilità. In quel periodo la società ha concluso, con un impegno finanziario di oltre 400 milioni di euro, l’acquisto di Wild Turkey, detentrice dei marchi Wild

Turkey e American Honey: si tratta della più grande acquisizione mai fatta da

Campari.

Il mercato ha pensato quindi che fosse aumentato il rischio e di conseguenza il VaR e l’ES si sono abbassati (negativamente).

Nel proseguo si nota una volatilità più o meno alta ma il mercato è rimasto stabile perché, evidentemente, sono stati considerati come fenomeni isolati.

Si nota un titolo Mediaset molto più costante a livello di rendimenti rispetto a Campari.

Mediaset presenta una spike145; avvengono queste tipologie di eventi tipicamente quando qualcosa accade a livello aziendale (stacchi cedole, cambio CdA, separazioni, fusioni). È noto che a cavallo tra il 2016 e il 2017 il gruppo francese Vivendi annuncia di detenere più del 3% del capitale di Mediaset e dichiara di voler continuare ad acquistare azioni dell'azienda per arrivare ad una quota vicina al 30%.

145 Uno spike è un movimento relativamente ampio verso l'alto o verso il basso di un prezzo in un breve

periodo di tempo. Rientra tra le figure di inversione, ossia particolari figure grafiche che preannunciano una inversione del trend in atto.

Tra svalutazioni di asset, oneri straordinari e zavorre legate alla permanenza dei conti della pay-tv in bilancio, il costo pagato dalla famiglia Berlusconi per il braccio di ferro con Bollorè (Presidente del Consiglio di Sorveglianza nella società francese Vivendi) è stato stimato sui 340 milioni di euro portando un passivo di quasi 300 milioni nel bilancio Mediaset del 2016.

A livello di rischio, Campari è stato piu rischioso all’inizio e poi stabile mentre Mediaset è stato sempre più o meno stabile anche se ha un bel minimo essendo quasi al -0,1 mentre Campari è nell’ordine del -0.06.

Se si analizza ad esempio i due titoli tra il 2012 e il 2015 si può affermare che Mediaset risulta alla fine piu rischioso; i 2 indicatori di rischio di Campari si attestano su -0.025 circa, mentre in Mediaset sono parecchio in basso, nell’ordine del -9% circa.

Il VaR misura meno correttamente il rischio, mentre ES si trova più sotto rispetto alla linea/andamento del VaR (in rosso) perché è più cautelativo.

Il fatto che i due indicatori di rischio siano più o meno distanti sta a significare che se è più vicino ci sono meno eventi ‘disastrosi’, se è più lontano invece vuol dire che ci potrebbero essere degli eventi assai rischiosi.

Passiamo ad analizzare gli altri 2 titoli di questo Settore: Abbiamo Luxottica (a sinistra) e Recordati (a destra):

Fonte: Matlab

Luxottica nel periodo 2008-10 oscilla molto, fatto che sta a significare una alta volatilità. In quel periodo il mercato ha pensato quindi che fosse aumentato il rischio e di conseguenza il VaR e l’ES si sono abbassati, toccando il punto massimo di minimo per il periodo 2008-18 considerato.

Nel proseguo si nota una volatilità più o meno alta ma il mercato è rimasto stabile e sempre sotto il -5% perché, evidentemente, sono stati considerati come fenomeni isolati.

Luxottica, dovuto ad acquisizioni e firme di accordi di licenza con varie società. Luxottica presenta una spike; il primo settembre 2014 è stata annunciata la nuova struttura di governance dell'azienda, composta da due amministratori delegati, il primo con responsabilità dei mercati e il secondo per le funzioni corporate e finanziarie. Contestualmente, Enrico Cavatorta è stato nominato amministratore delegato per le funzioni Corporate e pro-tempore dei Mercati. Dopo neanche un mese dalla nomina di Cavatorta (ancor prima di avere trovato un manager responsabile dei mercati) per una divergenza di idee, nel consiglio di amministrazione di ottobre Cavatorta ha rassegnato le dimissioni. Il titolo in borsa, come si può vedere, in quell'occasione ha perso quasi il 10%.

A livello di rischio tra i 2 titoli, nel periodo 2008-10 Luxottica è stato più rischioso e poi stabile a seguire, rimanendo infatti sempre entro VaR ed ES del -5%, mentre Recordati è stato, a parte il periodo iniziale ove ha quasi toccato a livello di ES il -6%, sempre più o meno stabile rimanendo compreso tra il -2% e il -4% per il resto del periodo considerato.

Si continua la nostra analisi concentrandoci sul Settore dei servizi finanziari; si ha, a partire da sinistra, il grafico di Exor, seguito da quello di Intesa San Paolo; si ha invece a pagina seguente da sinistra quello di MedioBanca, seguito sulla destra da quello di Ubi.

Fonte: Matlab

Partendo dall’analisi dei rendimenti, nel periodo 2008-10, a parte MedioBanca, le altre oscillano molto, quindi sono caratterizzate da alta volatilità. Naturalmente ha inciso sul periodo la crisi finanziaria del 2007, partita negli Stati Uniti dal settore dei mutui a basso merito di credito (subprime), che ha contagiato i più importanti operatori finanziari internazionali e tutti i mercati mondiali.

La crisi finanziaria sfociò in breve tempo in una crisi economica attraverso i suoi effetti sulla ricchezza e sulla fiducia delle famiglie che provocarono un forte crollo del consumo.

Con la recessione anche il sistema bancario italiano che aveva finora retto meglio di altri alla crisi poiché meno esposto ai prodotti della finanza strutturata, forte del risparmio delle famiglie e sottoposto a rigorosi controlli da parte della Banca d’Italia, dovette fronteggiare il rischio di una flessione della redditività e del grado di patrimonializzazione, comportando quindi una diminuzione degli utili, del ROE e un aumento delle sofferenze bancarie.

La misura di un nervosismo che era ormai alle stelle può essere facilmente dedotta dal dato sulla volatilità dell'indice MIB, più che raddoppiata nell'anno, passando dal 12,5% del 2007 al 30,5% di fine 2008. E nell'altalena dei mercati, ottobre si piazzò come il mese più volatile della storia del mercato italiano.

Nel 2008 la flessione degli indici azionari italiani è stata pari a quasi il 50%, superiore a quella delle altre principali piazze finanziarie internazionali. Nel primo semestre del 2009 gli indici del mercato italiano si sono riportati su livelli prossimi a quelli di fine 2008, recuperando negli ultimi quattro mesi gran parte dell’ulteriore significativa caduta registrata in gennaio e febbraio146.

Si registra, nel periodo, un aumento del rischio con valori del VaR che arrivano a sfiorare il -10% (Exor e I.S.Paolo) e si capta un ES che per entrambi va addirittura

146 Dall’inizio del 2009 al 10 luglio, gli indici FTSE Mib e FTSE All Share – che dal 1° giugno 2009 hanno

oltre.

Exor denota uno spike rialzista147 (Top Reversal); a fine 2008 è stata deliberata la

fusione per incorporazione di IFIL148 in IFI (atto di fusione stipulato il 20 febbraio

2009) cambiando nome in Exor S.p.A.

Interessante notare lo spike ribassista (Bottom Reversal) che coinvolge direttamente tutti e 3 gli istituti bancari oggetto di questa analisi nel solito periodo. Quando la volatilità aumenta è molto probabile assistere a simili situazioni, soprattutto sui titoli meno liquidi (e solo raramente su quelli più liquidi). Si tratta, in questo caso, di un panic selling (panico da vendite) quando avviene una forte accelerazione al ribasso dei prezzi. In questi casi, se si è nella direzione giusta, è molto probabile lucrare extra-profitti spesso eccezionali e inattesi. Invece, è meglio non trovarsi mai dalla parte sbagliata in quanto si corre il rischio di subire ingenti perdite economiche.

Il Bottom Reversal, figura più frequente rispetto al Top Reversal, è caratterizzato quindi da una veloce discesa delle quotazioni fino al raggiungimento di un minimo relativo, prima di un improvviso cambio di trend. Il tutto accompagnato da un vistoso aumento dei volumi intermediati149.

Il 2016 è stato sicuramente un anno non felice per la Borsa di Milano; il listino milanese infatti è stato il peggiore tra i principali Paesi europei con un calo di circa il 10%.

A pesare è stato l’annus horribilis del settore bancario con perdite che hanno quasi dimezzato l’indice di settore (-39%). Per dare qualche numero: Intesa ha perso 11 miliardi (-21,4%), Ubi Banca 3,4 miliardi (-57,8%) ma Montepaschi è stato il titolo peggiore con un crollo dell’87%.

A giugno 2016 MPS piomba in una forte crisi con i bilanci che presentano le cosiddette “sofferenze”: si tratta di crediti ormai deteriorati che con ogni probabilità alla scadenza non avranno rimborso. Insomma, soldi bruciati. A luglio 2016 MPS viene bocciata allo stress test dall’EBA (l’Ente bancario europeo), risultando la peggiore tra le 51 banche europee coinvolte. Nei mesi successivi il rischio default si faceva sempre più concreto e si tentò, invano, la via dell’aumento di capitali con i privati. Risulterà alla fine decisivo l’intervento dello Stato. Il lungo durare della recessione economica ha colpito moltissime aziende, causando un incremento significativo dei crediti deteriorati, in quanto molti debitori non sono stati in grado di restituire i prestiti contratti. Il che spiega

147 Il Top Reversal è una figura che prevede un improvviso rialzo delle quotazioni fino al raggiungimento

di un target rialzista. Immediatamente dopo il raggiungimento del target il grafico cambia improvvisamente direzione riportando con la stessa velocità le quotazioni al valore iniziale.

148 IFIL Investments S.p.A., già IFIL, acronimo di Istituto Finanziario Industriale Laniero, era una società

d'investimento controllata dalla famiglia Agnelli tramite l'IFI Istituto Finanziario Industriale (ora Exor) che ne deteneva il 63,59% del capitale.

l’incremento esponenziale dei crediti in sofferenza (NPL) accumulatisi in questi ultimi anni nei bilanci delle banche italiane per centinaia di miliardi di euro. Trattasi, peraltro, di un fenomeno particolarmente acuto in Italia, atteso che, come noto, il finanziamento delle imprese dipende in modo prevalente dal sistema bancario: il che finisce per costituire una debolezza strutturale del tessuto economico domestico. Quindi, dietro le vendite sui titoli del settore, già sotto pressione per l'entrata in vigore della normativa sul bail-in150, c’era pure il nodo

della valutazione delle sofferenze. Il susseguirsi di eventi negativi che hanno caratterizzato l’andamento del gruppo senese151, ma soprattutto dell’intero sistema

bancario italiano, ha fatto si che gli investitori fossero sempre meno attratti dall’acquisto di qualsiasi titolo di natura bancaria. Questo, avendo causato una perdita di fiducia che deve contraddistinguere una banca rispetto alle altre società, ha costretto gli investitori ad acquisire altri titoli, evitando sempre di più l’acquisto di titoli di banche italiane (ma non solo), caratterizzate da trend pessimi e ormai prossime alla crisi. Esistono però investitori che in qualche modo potrebbero essere interessati all’acquisto di tali azioni, i cosiddetti investitori propensi al rischio (ovvero coloro che amano il rischio). Questi sperano che prima o poi l’istituto riesca a riprendersi da questo momento di crisi, riuscendo a conseguire livelli di utili maggiori rispetto agli investitori avversi al rischio.

Passiamo infine ad analizzare l’approccio parametrico con riguardo agli ultimi due titoli, Eni (a sinistra) e Snam (a destra).

Fonte: Matlab

150 Ossia il salvataggio attraverso le risorse interne della banca, i costi in questo caso sarebbero ricaduti su

azionisti, obbligazionisti e correntisti con conti superiori a cento mila euro. Essi avrebbero infatti mantenuto i cento mila euro ma perso la parte eccedente.

151 Fino al marzo 2017 è stata quotata nell'indice FTSE MIB della Borsa di Milano da cui è uscita in seguito

al protrarsi della sospensione stabilita dalla CONSOB il 22 dicembre 2016. Dall’ottobre 2017, in seguito all'approvazione della CONSOB del prospetto informativo dopo la ricapitalizzazione effettuata dallo Stato, torna a essere quotata in Borsa con una capitalizzazione superiore ai 5 miliardi di euro.

Per Eni occorre considerare principalmente due fattori su tutti: stato dell’economia internazionale e prezzo del petrolio. Si tratta di due fattori macroeconomici che per un’azienda così grande, che opera praticamente in tutto il mondo, è una cosa normale andare ad analizzare, poiché essendo la sua produzione così capillarmente distribuita sul territorio e avendo un numero di clienti decisamente vasto, le condizioni economiche globali vanno ad influire anche sui suoi numeri. Non a caso ENI è una delle grandi sorelle del petrolio nel mondo.

Per quanto riguarda il fattore dell’economia internazionale, occorre infatti considerare il grande numero di investitori con cui ha a che fare ENI, alle numerose partecipate che vanno a comporre il quadro complessivo del gruppo. In situazioni di grandi difficoltà economica propagata in tutto il mondo, come è avvenuto nel 2008-2009, ENI non può che avere degli effetti a livello macroeconomico, dovuti per l’appunto al cambiamento degli equilibri economici dati, ad esempio, da investimenti, crisi di partecipate, investitori, fiducia.

Allo stesso tempo, la sua presenza capillare rappresenta un vantaggio poiché, di solito, in caso di scompensi nell’equilibrio economico internazionale, alcune aree sono colpite meno di altre, perciò la diversificazione nel territorio può aiutare nella maggior parte dei casi.

L’altro fattore da considerare è quello del prezzo del petrolio. Essendo la fornitura di petrolio una delle principali attività di ENI, il prezzo del petrolio va fortemente a influire sui rendimenti di bilancio e di conseguenza del titolo. Un forte abbassamento del prezzo del petrolio va ad agire fortemente sull’utile. Solitamente, il prezzo del petrolio può scendere molto quando vi è una sovrapproduzione dovuta all’alta concorrenza tra i grandi produttori, che pur di aumentare di molto il numero di scorte, corrono per competere sui prezzi. Il prezzo del petrolio influenza anche il prezzo del gas naturale, in quanto fortemente correlato, perciò anche il prezzo del gas naturale tenderà a scendere in situazioni di crisi del petrolio, così come a salire nel caso in cui le quotazioni di quest’ultimo siano in salute.

Nel 2008 il prezzo del petrolio ha interrotto una tendenza al rialzo iniziata quattro anni prima, scendendo da 70 a 40 dollari al barile, dopo essere passato per un picco di 140 dollari nel mese di luglio, che ha gettato nel panico sia i mercati finanziari che l’economia reale. Negli ultimi mesi del 2008, tuttavia, la discesa del greggio è andata di pari passo con lo scoppio della bolla immobiliare statunitense e il successivo crollo dei mercati finanziari.

Il mercato ha pensato cosi che fosse aumentato il rischio e quindi il VaR e l’ES si sono abbassati ben superando il valore del -5%, per recuperare soltanto verso la fine del 2010.

A partire dal 2006, quindi per un periodo che include anche il periodo a cavallo della crisi del 2008, le quotazioni Snam hanno visto un costante rialzo, con pochi periodi a fare eccezione. Questo aumento della quotazione delle azioni Snam mette a luce il costante lavoro e impegno che l’azienda e i suoi dirigenti svolgono per affrontare tutte le problematiche che possono facilmente sorgere in un settore solitamente molto legato al prezzo del gas naturale, non esattamente ciò che si potrebbe definire una materia prima dal prezzo stabile ma, al contrario, molto volatile.

Il fatto che il rendimento del titolo nel corso degli anni non abbia subito l’influenza della crisi del 2008 o per lo meno non abbia investito il titolo e il suo dividendo, è un altro fattore che denota la solidità di questo gruppo e del suo titolo azionario. Il titolo, per tutto il periodo considerato, si caratterizza per un andamento costante e basso di rischio, rimanendo infatti sempre su valori assai superiori rispetto al - 5%.

Si nota nel grafico del titolo Snam la presenza di tre spike ribassisti ripartiti in periodi diversi.

Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 la Società ha modificato la propria denominazione sociale da Snam Rete Gas in Snam e conferisce il ramo d’azienda trasporto, dispacciamento, telecontrollo e misura del gas a una nuova società che, data la notorietà del marchio associato al principale operatore nazionale del settore, prende il nome di Snam Rete Gas.

Assume quindi la qualità di società Corporate che controlla al 100% le quattro società operative focalizzate sulla gestione e sviluppo dei rispettivi business. Snam gode di una posizione privilegiata all'interno dei corridoi europei del gas. Questo le consente di giocare un ruolo di primo piano nell'interconnessione delle infrastrutture europee. Un ulteriore passo della strategia di sviluppo di Snam in Europa è rappresentata, nel 2014, dall’acquisizione della quota dell’84,5% del capitale di TAG, società proprietaria del tratto austriaco del gasdotto che collega la Russia all’Italia.

La struttura del Gruppo Snam riflette due importanti variazioni avvenute nel corso dell’anno 2016 nell’ambito del perimetro di consolidamento, ossia l’uscita di Italgas Reti S.p.A. e delle sue controllate, a seguito dell’operazione di separazione e l’acquisizione del 49% di Gas Connect Austria (GCA); l’operazione è stata completata attraverso una società veicolo a controllo congiunto partecipata rispettivamente al 60% e al 40% da Allianz e Snam. L'operazione rappresenta un'opportunità di investimento unica in una rete di trasporto gas di primaria importanza e in un'infrastruttura essenziale per l'approvvigionamento di gas al mercato austriaco. Data la sua posizione strategica nell'Europa Centrale, GCA

svolge anche un ruolo significativo nel trasporto del gas verso numerosi mercati adiacenti.