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Farmaci inappropriati per il paziente anziano rimborsati dal SSN

Capitolo 6. Indirizzi terapeutici: due studi Italian

6.1.1. Farmaci inappropriati per il paziente anziano rimborsati dal SSN

Sono stati individuati 25 farmaci o classi di farmaci rimborsati dal SSN, tra cui 16 appartengono alla categoria di quelli che dovrebbero sempre essere evitati, 3 inseriti tra quelli raramente appropriati e 6 che risultano erroneamente utilizzati, pur avendo alcune indicazioni specifiche.

100 Queste pratiche cliniche sono state messe a punto da un panel di esperti selezionato dall’ Assessorato per le

politiche della Salute della Regione Emilia Romagna, dalla AUSL Parma e dalla Thomas Jefferson University.

101 Maio V. et al (2006) Potentially Inapporpriate Medication Prescribing for Elderly Outpatients in Emilia Romagna,

Farmaci che dovrebbero essere sempre evitati

Nella lista dei farmaci rimborsati dal SSN che dovrebbero essere sempre evitati nel paziente anziano perché lo espongono al rischio di ADR, sono stati inseriti farmaci analgesici, anti- infiammatori, anti-parkinson, anti-aritmici, farmaci attivi a livello cardiovascolare, a livello endocrino e sul sistema nervoso centrale.

La Pentazocina, è un analgesico narcotico con effetti avversi severi, tra i quali sono presenti anche confusione e allucinazione. Considerando l’alterazione delle funzioni cognitive presente in molti pazienti anziani e l’elevata incidenza di ansia, depressione e sindromi maniacali, sia come patologie iatrogene che come patologie indipendenti dall’uso di farmaci, è sconsigliabile l’utilizzo di tale farmaco in questi pazienti. La pentazocina ha azione agonista sul recettore oppioide k e lieve azione antagonista sul recettore µ ed è il più vecchio agonista/antagonista disponibile. Quando si deve curare il dolore da moderato a grave, è meglio sostituire questo farmaco con altri oppioidi oppure con i FANS.

I FANS, in una terapia maggiore di 15 giorni, sono sconsigliati nei pazienti anziani, in cui il flusso renale ridotto è strettamente correlato all’azione vascolare delle prostaglandine; tali farmaci, bloccando la produzione di prostaglandine, possono portare a eventi avversi importanti come: tossicità renale e cardiovascolare con aumento della pressione arteriosa, insufficienza renale acuta, ritenzione idrico-salina e iperpotassemia. Ovviamente, tali farmaci, possono provocare grave rischio di emorragie gastroduodenali e intestinali, anche se utilizzati in combinazione con altri farmaci quali SSRI, ad esempio. I FANS, dunque, devono essere impiegati in una terapia che non superi i 15 giorni e sono utili quando è necessaria una azione antinfiammatoria oltre l’analgesia. Quando il paziente necessita di una terapia analgesica prolungata, a causa di patologie che colpiscono le articolazioni, come l’artrite reumatoide, e quando il paracetamolo come monoterapia non si dimostra efficace, si possono utilizzare:

- Codeina + Paracetamolo;

- Tramadolo, anche in associazione con Paracetamolo; - Ossicodone, anche in associazione con Paracetamolo; - Morfina solfato;

- Idromorfone cloridrato.

La scelta di una terapia del dolore con farmaci diversi dai FANS, è stata motivata da diversi studi presenti in letteratura. Ad esempio, la EMA nel 2006 ha valutato l’uso del Piroxicam, inibitore non selettivo della COX, adeguato solo nel caso di osteoartrite, artrite reumatoide e spondilite anchilosante, perché in questi casi il profilo di beneficio/rischio è positivo; in generale è emerso un aumento della tossicità a livello gastrointestinale e cutaneo. In ogni caso, la prima prescrizione non deve superare i 15 gg.

Per quanto riguarda la Nimesulide, l’AIFA nel 2007 ha comunicato la necessità di introdurre restrizioni nell’utilizzo di tale medicinale a causa del rischio di potenti eventi avversi a carico del fegato, limitandone l’uso a non più di 15 gg. Inoltre nel 2011, l’EMA, ha concluso che i benefici

continuano a superare i rischi nel trattamento di dolore acuto, sconsigliandone però l’uso nel trattamento sintomatico dell’osteoartrite.

Le linee-guida della American College of Physician e dell’American Pain Society sulla terapia della lombalgia e le linee-guida EULAR (European League Aganist Rheumatism) sul trattamento dell’osteoartrosi, parlano del Paracetamolo come prima scelta, quando efficace, perché presenta un migliore profilo di tollerabilità ed un più basso costo rispetto ad altri FANS.

Indometacina è considerato il FANS che determina maggiori effetti collaterali a carico dal SNC e, pertanto è considerato inappropriato ad una terapia antinfiammatoria nel paziente anziano. Il Ketorolac ad uso sistemico, è un FANS indicato per il trattamento analgesico e non come antiinfiammatorio. Questo farmaco, è caratterizzato da avere un ristretto margine terapeutico con un rapporto beneficio/rischio molto basso. È considerato utile esclusivamente nel trattamento del dolore acuto post operatorio di grado da moderato a severo e del dolore da coliche renali. In ogni caso, la terapia iniettiva, deve essere iniziata in ospedale e non deve durare più di 2 giorni. L’alternativa consigliata da questo studio è l’utilizzo di altri FANS sempre iniettabili, come il diclofenac, con un indice terapeutico maggiore e quando non sufficiente, è consigliato l’utilizzo di morfina.

Tra i farmaci antiparkinson il cui uso è da evitare nel paziente anziano, abbiamo l’Orfenadrina cloridrato. Questo farmaco, produce eccessiva sedazione ed effetti anticolinergici marcati rispetto ad altri utilizzati per il controllo della sintomatologia associata al Parkinson. Quindi altri farmaci con effetti anticolinergici meno marcati, sono da preferire.

Per quanto riguarda i farmaci attivi a livello cardiovascolare, un antiaritmico come la Disopiramide, è quello con effetto inotropo negativo più marcato; questo effetto lo rende in grado di indurre scompenso cardiaco e pertanto inadatto al trattamento del paziente anziano. Anche l’effetto anticolinergico di questo farmaco ne limita l’uso in questa categoria di pazienti. L’alternativa, può essere un farmaco come l’Amiodarone, quando però l’uso non è controindicato.

La Clonidina, antipertensivo alfa2antagonista, è un farmaco il cui utilizzo è da evitare nel trattamento iniziale dell’ipertensione dati gli effetti di ipotensione ortostatica e le reazioni avverse che causa a livello del SNC. Sono indicati, in alternativa, antipertensivi ad azione non centrale esclusi i calcio antagonisti a breve durata d’azione.

Con l’avanzare dell’età, il rischio cerebrovascolare diventa preponderante su quello cardiovascolare e, in pazienti con storia di ictus, la terapia antipertensiva riduce drasticamente eventi ictali ed eventi cardiaci ad essi associati. La pressione arteriosa viene controllata con farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina, con calcio-antagonisti e con diuretici. In uno studio del 2008 chiamato HYVET (hypertension in the very elderly trial), il più ampio trial mai realizzato sugli anziani ipertesi >80 anni, ha individuato la combinazione fra perindopril (ACEinibitore con un profilo di sicurezza e di efficacia elevato) e indapamide (diuretico, anch’esso con un profilo di sicurezza ed efficacia elevato e che provoca ipopotassemia meno di altri diuretici); questa combinazione, risulta efficace nel trattamento dell’ipertensione negli anziani perché non provoca alterazioni nel metabolismo e ha una lunga durata d’azione, garantendo l’azione antipertensiva per 24 ore. Questo studio, inoltre, rileva la riduzione d’incidenza di mortalità, oltre che la riduzione del rischio di ictus.

La αMetildopa, anch’esso definito un farmaco antipertensivo centrale, non è appropriato nel trattamento dei pazienti anziani, date le molteplici reazioni avverse che può causare. Oltre a bradicardia, ipotensione e sedazione, può esacerbare la depressione in questa categoria di pazienti, già frequentemente esposti a questo tipo di disturbo psichico. Anche in questo caso, le alternative terapeutiche non mancano; il paziente anziano iperteso, può essere trattato in modo idoneo con altri antipertensivi che non abbiano una azione centrale.

Per quanto riguarda i calcio antagonisti a breve durata di azione, come la Nifedipina (diidropiridina), questi sono da evitare nella terapia antipertensiva del paziente anziano perché possono provocare infarto del miocardio e ipotensione posturale, frequente e molto pericolosa nell’anziano, vista già l’elevata esposizione a cadute. In alternativa si consiglia l’utilizzo di Captopril o di Nifedipina nella formulazione retard.

Lo Spironolattone, diuretico risparmiatore di potassio, è considerato come un farmaco da evitare nei dosaggi >25mg/die, vista la maggiore esposizione del paziente anziano al rischio di iperpotassemia quando sono contemporaneamente in uso FANS, ACEinibitori, Sartani o Potassio. Quando i dosaggi sono inferiori a tale valore, l’aggiunta di questo farmaco in terapia antipertensiva con ACEinibitori, diuretici dell’ansa e beta-bloccanti, riduce la mortalità e l’ospedalizzazione; si consiglia di intraprendere la terapia quando il paziente presenta: valori di creatinina <2mg% e valori di potassio <5mEq/L. In tutti i pazienti anziani, si consiglia un attento monitoraggio dei valori di potassio.

Per quanto riguarda i farmaci attivi a livello endocrino, gli Estrogeni, sono sconsigliati nella terapia delle pazienti anziane, in quanto, i potenziali effetti carcinogeni e l’assenza dell’effetto cardioprotettivo, espongono tali pazienti a un rapporto beneficio/rischio non conveniente. Negli uomini anziani, la terapia androgenica sostitutiva con il Metiltestosterone, è sconsigliata. Questa terapia può esporre il paziente a ipertrofia prostatica e a problemi cardiaci. L’unica evidenza terapeutica associata all’utilizzo di androgeni nell’anziano, è risultata da studi preliminari in cui si è notato un aumento della massa magra e dell’ematocrito e una riduzione del turnover dell’osso. Anche in questo caso, dunque, il rapporto beneficio/rischio non è a favore dell’utilizzo di questi farmaci in terapia.

Tra gli antidiabetici orali, la Clorpropamide, è un farmaco da evitare nel trattamento dell’anziano diabetico, data l’emivita prolungata di 32h e la lenta metabolizzazione epatica in composti attivi che conservano una certa attività. Nell’anziano, si osserva una riduzione dell’efficienza del metabolismo epatico e ciò, considerando la farmacocinetica della clorpropamide, porta a sviluppare ipoglicemia marcata. Inoltre, nell’anziano questo farmaco può indurre SIADH ovvero la sindrome da inappropriata secrezione di ADH, aumentando la sensibilità recettoriale a tale ormone; questo effetto può aggravare la situazione nei pazienti anziani, in cui la secrezione di ADH è alterata a causa dell’invecchiamento. Una valida alternativa per la terapia del diabete di tipo 2, è la Metformina, altro ipoglicemizzante orale, con un rapporto beneficio/rischio migliore. I farmaci attivi a livello del SNC da evitare nell’anziano sono: Amitriptilina, Citalopram (con dosaggio >20mg/die) ed Escitalopram (>10mg/die).

L’Amitriptilina, è un antidepressivo triciclico ed ha una elevata azione anticolinergica che provoca costipazione, ritenzione urinaria. Inoltre, effetti quali ipotensione ortostatica, problemi alla vista, confusione e eccessiva sedazione, espongono il paziente anziano al rischio di cadute

con relative fratture, che costituiscono una delle più importanti cause di mortalità in questi pazienti. Le alternative utilizzate maggiormente per curare la depressione sono: SSRI e gli SNRI (inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina e noradrenalina). Al momento, gli SSRI sono i farmaci di elezione per il trattamento della depressione nel paziente anziano; in particolare, Citalopram e Sertralina sono indicati per il trattamento dell’anziano in politerapia, vista la buona maneggevolezza dovuta alla basso rischio di interazioni alle quali questi farmaci espongono il paziente. Il Citalopram, però deve essere utilizzato con dosi <20mg/die, ovvero, come indicato nel foglietto illustrativo del farmaco, in pazienti con età >65anni, la dose consigliata è metà della dose abituale. Ciò è dovuto alla cinetica lineare di tale molecola, per cui la concentrazione plasmatica del farmaco è dose-dipendente; inoltre, si evidenzia anche una cinetica età- dipendente, per cui l’emivita plasmatica del farmaco aumenta all’aumentare dell’età e pertanto bisogna adeguare anche il dosaggio.

Per quanto riguarda l’Escitalopram, enantiomero(S) più attivo del citalopram, in dosaggi >10mg/die è associato ad un prolungamento del periodo QT dose-dipendente. Infatti, mentre a dosaggi più bassi risulta essere molto ben tollerato dai pazienti anziani rispetto ad altri SSRI, a dosaggi che vanno oltre la soglia di 10mg/die, espone l’anziano a prolungamento di QT con aritmie ventricolari e torsioni di punta. Il paziente è ulteriormente esposto a tale rischio quando utilizza in terapia altri farmaci noti per prolungare il periodo QT, come amiodarone e tioridazina.

Farmaci considerati raramente appropriati nel paziente anziano

La Ticlopidina, è un farmaco antiaggregante piastrinico dal basso profilo di sicurezza, che può avere effetti tossici importanti, come leucopenia, e provocare nausea, dispepsia e diarrea; deve essere utilizzato solo quando il paziente manifesta allergia ad Acidoacetilsalicilico (ASA), considerato farmaco di elezione nella terapia antiaggregante piastrinica. L’alternativa alla Ticlopidina è il Clopidogrel, il quale con lo stesso meccanismo di azione, svolge la funzione di antiaggregante piastrinico con minori effetti avversi. Questo farmaco in Italia è rimborsato nel caso di: sindrome coronarica acuta senza innalzamento del tratto ST in associazione con ASA, angioplastica percutanea con applicazione di stent, terapia antiaggregante a breve termine per la prevenzione secondaria dell’infarto, in associazione ad ASA, terapia antiaggregante a lungo termine per la prevenzione secondaria di infarto e ictus, quando ASA è controindicato. Il Prasugrel, è una alternativa alla ticlopidina, ma risulta controindicato in pazienti anziani con età >75 anni e con peso corporeo inferiore a 55 kg.

La terapia di associazione tra ASA e Presugrel o Clopidogrel è, quando non controindicata, la terapia migliore per il paziente anziano (anche >70 anni) con sindrome coronarica acuta, con o senza stent. Invece, per quanto riguarda la terapia da proseguire indefinitivamente per ridurre gli eventi vascolari, il farmaco di elezione è l’ASA, quando non controindicata.

Gli Inibitori della pompa protonica (PPI), sono raramente considerati appropriati negli anziani, soprattutto quando la terapia supera i 12 mesi. Questa classe di farmaci è utilizzata con indicazioni inappropriate e a volte ingiustificate; nella dispepsia, ad esempio, gli inibitori della pompa protonica non risultano più efficaci del placebo e quindi l’utilizzo in tale patologia risulta inappropriato. Sembra essere più conveniente utilizzare antiacidi e comunque bisogna cercare di

migliorare lo stato emotivo del paziente, a volte procedendo anche con l’utilizzo di antidepressivi o ansiolitici adeguati.

Nella malattia da reflusso gastroesofageo, l’utilizzo di PPI è da considerarsi appropriato solo quando si parla di esofagite severa, in caso di frequenti recidive della sintomatologia e quando la patologia è documentata da un controllo endoscopico. Alternative ai PPI più sicure nel trattamento di questa patologia, sono gli antiacidi tra cui alginati.

L’uso di PPI in ulcera peptica Helicobacter pylori negativa, è da considerarsi come appropriato solo quando la gastroscopia rileva la mancata guarigione, nonostante un precedente trattamento con PPI. Anche in questo caso, l’uso di antiacidi risulta essere l’alternativa più sicura.

Si parla di uso appropriato del PPI, anche come gastro-protezione nella prevenzione primaria del danno da FANS e Acidoacetilsalicilico o nella prevenzione secondaria del danno gastrointestinale da FANS o ASA nei pazienti con ulcera peptica Helicobacter pylori negativa.

In ogni caso, quando l’utilizzo di PPI supera i 360 giorni, il paziente anziano è esposto ad un maggiore rischio di effetti avversi di rilevanza clinica quali: frattura dell’anca, incremento recidiva ischemica miocardica nel paziente in cura con clopidogrel, interazioni farmacologiche che causano reazioni avverse nel paziente politrattato, miopatie, infezioni respiratorie, poliposi gastrica, infezioni enteriche da Clostridium.

Tra gli antidepressivi, la Fluoxetina è un farmaco ritenuto raramente adatto al trattamento di pazienti anziani depressi. L’inappropriatezza di questo farmaco è giustificata dalla lunga emivita e dal rischio di provocare eccessiva stimolazione a livello centrale, agitazione e disturbi del sonno. Questo farmaco è caratterizzato da una cinetica non lineare e ciò si traduce in incremento sproporzionato dei livelli plasmatici rispetto all’incremento del dosaggio; inoltre, la potente azione inibitrice della fluoxetina nei confronti del CYP2D6, la rende protagonista di numerose interazioni farmacologiche. Nei soggetti anziani, dopo somministrazione prolungata di questo farmaco, si sono registrati livelli plasmatici 1.3 volte maggiori rispetto ai volontari giovani e ciò è dovuto alla ridotta efficienza di metabolizzazione dei farmaci dovuta all’invecchiamento, aggravata ulteriormente dalla inibizione del CYP indotta dalla fluoxetina. Sicuramente, valide alternative sono gli SSRI a breve emivita plasmatica, oppure inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina e noradrenalina (SNRI).

Farmaci da utilizzare nel paziente anziano solo per indicazioni specifiche

Tra i farmaci attivi a livello cardiaco, abbiamo gli antiaritmici: Amiodarone, Diidrochinidina, Chinidina, Dronedarone, Flecainide, Propafenone, Sotalolo; secondo questo studio, questi farmaci, sono da utilizzare con moderazione nel paziente anziano ambulatoriale ed è opportuno che l’uso sia circoscritto alla prescrizione specialistica, visto il loro profilo basso profilo di sicurezza. Farmaci appartenenti a questa classe terapeutica, possono causare:

- Effetto proaritmico e pertanto aggravare una situazione già esistente di aritmia cardiaca; - Effetti come l’allungamento del periodo QT e torsione di punta, associati all’uso di

amiodarone, sotalolo e chinidina;

- L’utilizzo di flecainide e propanfenone possono portare a sincronizzazione in flutter atriale;

- Flecainide, propafenone e procainamide, insieme al sotalolo, possono causare effetto inotropo negativo.

- Tutti i farmaci appartenenti alla classe degli antiaritmici, possono portare a bradiaritmie. Per la molteplicità di effetti indesiderati che possono verificarsi a seguito dell’utilizzo inappropriato di questi farmaci, in questo studio sono state individuate situazioni in cui l’utilizzo di tali farmaci risulta appropriato nel paziente anziano:

- Amiodarone: è appropriato quando c’è fibrillazione atriale, per ripristino del ritmo sinusale in caso di cardiopatia strutturale, quando la fibrillazione atriale si accompagna a Ipertensione o insufficienza cardiaca; è ritenuto appropriato anche nel controllo della frequenza cardiaca, come seconda scelta dopo beta-bloccanti, bloccanti dei canali al calcio non diidropiridinici e digitale. Il dosaggio massimo deve essere di 200mg/die e nell’anziano devono essere valutati prima dell’inizio della terapia, le funzionalità tiroidea e epatica.

- Flecainide e propafenone: appropriati in caso di fibrillazione atriale per ripristino e mantenimento del ritmo sinusale.

Le linee guida seguite nella pratica clinica per il trattamento della fibrillazione atriale negli anziani, consigliano l’utilizzo di farmaci che controllano la frequenza cardiaca, piuttosto che il ritmo cardiaco con antiaritmici. Alternative all’utilizzo di antiaritmici, sono Beta-bloccanti, bloccanti dei canali al Calcio e digitale, con i quali viene controllata la frequenza cardiaca in pazienti con fibrillazione atriale asintomatica o scarsamente sintomatica; questi sono farmaci con un profilo di sicurezza maggiore.

La Clonidina, farmaco simpaticolitico attivo a livello centrale, con effetti antipertensivi, deve essere utilizzato in cerotti quando, farmaci di prima scelta nella terapia dell’ipertensione, non hanno prodotto risultati desiderati. Questo farmaco può essere utilizzato in associazione con bloccanti dei canali al calcio non diidropiridinici e beta-bloccanti; ciò deve essere effettuato con la massima cautela, a causa di un possibile potenziamento dell’effetto bradicardizzante. Come detto in precedenza, nella terapia dell’ipertensione sono indicati farmaci non ad azione centrale, esclusi i bloccanti dei canali al calcio a breve durata d’azione.

La Digossina, è un farmaco ritenuto non sempre appropriato alla terapia farmacologica nel paziente anziano e la diminuzione della clearance renale di questo farmaco legata all’invecchiamento, può determinare un incremento del rischio di effetti tossici.

La Doxazosina, antagonista-α2 adrenergico, è un farmaco efficace nella terapia della ipertensione

e della ipertrofia prostatica benigna. Data l’emivita plasmatica prolungata, questo farmaco ha numerosi effetti avversi come ipotensione ortostatica, secchezza delle fauci, problemi urinari e scompenso cardiaco, che ne riducono l’utilizzo esclusivamente in determinate condizioni cliniche. La Doxazosina è utilizzata come farmaco di associazione nella ipertensione di secondo o terzo stadio, nel maschio iperteso con ipertrofia prostatica, nell’ipertensione con ipertrofia ventricolare e negli ipertesi obesi o diabetici per migliorarne il profilo glicolipidico. Come per la clonidina, così anche per la doxazosina, le alternative valide per il trattamento di anziani ipertesi sono antipertensivi non ad azione centrale, eccetto i bloccanti per i canali al calcio a brave durata di azione.

Per quanto riguarda i farmaci attivi a livello centrale, gli antipsicotici atipici sono farmaci adatti solo al trattamento dei pazienti anziani in particolari circostanze cliniche. Aripripazolo, Olanzapina, Clozapina, Paliperidone, Quietapina, Risperidone e Ziprasidone, non provocano in generale allungamenti dell’intervallo QT, ma se vengono somministrati assieme ad altri farmaci che hanno questo effetto, possono esacerbare tale evento. Olanzapina e Risperidone sono associati ad un maggiore rischio di eventi ictali in pazienti anziani affetti da demenza. Più in generale, tutti gli antipsicotici atipici devono essere utilizzati con cautela nell’anziano con demenza associata a disturbi comportamentali, vista l’elevata incidenza di eventi cerebrovascolari. L’AIFA autorizza l’uso di Aripiprazolo, Olanzapina e Risperidone in caso di schizofrenia; la Quietapina, invece, trova indicazione nel trattamento di psicosi acute e croniche inclusi schizofrenia e mania con disturbo bipolare. Alcune linee guida raccomandano di inserire in terapia un antipsicotico atipico quando i pazienti non tollerano la terapia con i farmaci convenzionali oppure quando questi non bastano per controllare i sintomi.

Antipsicotici convenzionali tra cui: Aloperidolo, Amisulpiride, Clorpromazina, Clotiapina, Flufenazina, Perfenazina, Pimozide, Promazina, Sulpiride, Trifluoperazina non dovrebbero essere utilizzati nella terapia dei pazienti anziani affetti da problemi comportamentali di demenza, perché questi farmaci aumentano il rischio di eventi cardiovascolari e morte in questi pazienti. L’unico caso in cui questa terapia è giustificata, è quando i pazienti non hanno tratto alcun beneficio dalla terapia non farmacologica e sono potenzialmente pericolosi per se stessi e