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La politerapia nell'anziano: aspetti farmacologici, criteri di valutazione e indirizzi terapeutici

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Negli ultimi anni, a seguito di cambiamenti nello stile di vita della popolazione, dei mutamenti demografici e della richiesta crescente di livelli elevati di benessere psico-fisico, il sistema sanitario si trova a dover affrontare problematiche finora sottovalutate, ponendo maggiore attenzione nei confronti delle fasce di popolazione ritenute più vulnerabili, ovvero i bambini e gli anziani.

Grazie alla mia esperienza di tirocinio curricolare svolto in farmacia, ho avuto modo di riflettere sul difficile rapporto tra farmaci e anziani e ho deciso di voler approfondire questo aspetto, credendo fermamente nel prezioso supporto che il farmacista può rendere a questa categoria di pazienti, essendone costantemente a contatto.

Analizzando il rapporto OsMed di gennaio-settembre 2013, si nota come la spesa farmaceutica nazionale totale, sia pubblica che privata, sia stata pari a 19,5 miliardi di euro, di cui il 74,7% è stato rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). I consumi in regime di assistenza convenzionale, sono in significativa crescita con incrementi sia del numero di ricette che del numero delle confezioni. In media ogni giorno sono utilizzate 1.002,4 dosi ogni mille abitanti (DDD/1000 ab die) (dato in crescita rispetto al 2012), con la dispensazione di 839 milioni di confezioni e cioè circa 14 confezioni per abitante. Confrontando i dati della spesa farmaceutica con quelli del tasso del consumo di farmaci nella popolazione italiana dal 1993 al 2013, si osserva come il consumo di farmaci nell’ultimo ventennio sia stato in costante aumento, con una diminuzione registrata dal 2009 al 2011, molto probabilmente a causa della crisi economica che

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ha colpito il nostro paese; nel 2012 si registra una inversione di tendenza, con un aumento dei consumi. 1

Del totale della popolazione anziana, secondo la banca dati OsMed per l’anno 2011, gli individui tra i 65 e i 74 anni erano 5.726.208, quelli tra i 75 e gli 84 anni erano 4.286.993, mentre 1.580.788 erano gli anziani con età maggiore di 85 anni. La fascia di età che va oltre i 65 anni ha una spesa pro capite per medicinali a carico del SSN fino a 3 volte superiore il valore medio nazionale; per ogni individuo che entra nella fascia di età maggiore di 65 anni, il SSN deve sostenere una spesa farmaceutica di quasi 6 volte superiore rispetto a quella che mediamente sosteneva per lo stesso individuo nelle fasce di età inferiori2. Ciò è dovuto ad un incremento d’uso dei farmaci in età

geriatrica che è di oltre 4 volte maggiore di quello della popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni, come si può evincere osservando il tasso del consumo di farmaci in Italia nella popolazione maschile e femminile negli anni 1993, 2003 e 2012. Ciò sottolinea dunque che, al progredire dell’età, segua l’aumento progressivo del consumo dei farmaci.

Tabella: Tasso consumo farmaci/età

Anni 15-24 35-44 65-74 75+

1993 13,95 23,33 62,28 74,98

2003 16,21 24 68,45 81,61

2012 16,72 26,55 72,56 87,42

Tasso consumo di farmaci in Italia nella popolazione maschile e femminile nel 1993, 2003, 2012 in diverse fasce d’età: 15-24, 35-44, 65-74, 75+. [HFA DB – Fonte ISTAT]

1 Grafico: Tasso consumo farmaci in Italia nella popolazione maschile e femminile dal 1990 al 2013.

[HFA DB – Fonte ISTAT]

2 AIFA. L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto nazionale anno 2012

Grafico: andamento delle DDD/1000 ad die territoriali 2013 (Rapporto OsMED 2013) ()

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Il Rapporto 2012 sull’invecchiamento, redatto dall’Ageing Working Group – AWG della

Commissione Europea, afferma che nelle prossime decadi ci sarà a livello mondiale un drammatico cambiamento della struttura per età. La popolazione europea aumenterà nel suo complesso, ma sarà molto più anziana di oggi. Nel 2060, per alcuni stati membri (Germania ed Europa dell’Est) è stimata una diminuzione della popolazione, mentre per i paesi scandinavi e i paesi dell’Europa dell’Ovest, tra cui Italia, è stimato un aumento della popolazione.

La piramide per età della popolazione italiana tra il 2012 e il 2060 si assottiglierà alla base fino a diventare un pilastro, a causa di un tasso di crescita naturale negativo3.

A supporto di quanto si evince osservando i due grafici, è stato stimato da altri studi che nel 2050 i soggetti ultra sessantacinquenni potranno rappresentare fino al 34,4% della popolazione totale (rispetto al 1,8% nel 2001), mentre gli ultraottantenni il 14,2% (rispetto al 4,1% del 2001)4. Ciò è

dovuto essenzialmente alla variazione dell’indice di vecchiaia5 che rappresenta un “rapporto

demografico di composizione, definito come il rapporto percentuale tra popolazione in età anziana (65 anni e più) e la popolazione in età giovane (meno di 15 anni)”6.

La popolazione italiana nel corso degli anni, dal 1980 al 2013, vede notevolmente aumentare il proprio indice di vecchiaia. Questi dati sono anche il risultato del ridotto tasso di natalità in Italia che nel 2012 con il 9,0 per mille, è stato il livello più basso mai registrato e dell’elevato tasso di mortalità nazionale che con il 10,3 per mille è stato il valore più alto dal 1949.

3 Antonietta Mundo “Il sistema di previdenza sociale: luci e ombre tra sostenibilità ed adeguatezza”. [Fonte Inps] 4 Marsili et al. (2001). Previsioni della popolazione residente per sesso età e regione dal 1.1.200 al 1.1.2051

[Istituto Nazionale di Statistica Roma].

5 Grafico: Indice di invecchiamento nella popolazione italiana maschile e femminile dal 1980 ad oggi [HFA DB –

Fonte ISTAT]

6 Noi-italia2013.istat.it

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Considerando i dati relativi alla spesa sanitaria nazionale, la suddivisione di tale spesa nelle diverse fasce d’età, l’aumento della spesa sanitaria all’aumentare dell’età e l’aumento dell’indice di vecchiaia nel nostro paese, si potrebbe affermare che negli anni, il sistema sanitario nazionale e il welfare potrebbero essere messi a dura prova. Un aumento delle spese a carico dello stato implicherebbe la progressiva riduzione delle risorse economiche disponibili. Per non portare il sistema ad una criticità ulteriore rispetto alla situazione difficile in cui versa, bisogna imporre al sistema sanitario il razionale utilizzo delle risorse presenti: avere un chiaro, efficiente e razionale sistema di prescrizioni farmacologiche, di gestione dei farmaci SOP o OTC e di specialità erboristiche nelle fasce di popolazione che gravano maggiormente sulla spesa farmaceutica. Per fare ciò è opportuno una sinergica azione da parte dei “professionisti della salute”.

Grafico: Indice di invecchiamento nella popolazione italiana maschile e femminile dal 1980 ad oggi. [HFA DB – Fonte ISTAT]

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Capitolo 1. Pazienti anziani e invecchiamento

Nell’invecchiamento, l’organismo presenta alcune modificazioni peculiari sia funzionali che morfologiche a carico di vari organi, apparati e tessuti. Tali modificazioni sono riassumibili in una tendenza generale all’atrofia e in una diminuita efficienza funzionale, ma sono composte da innumerevoli variabili che rendono complesso il trattamento del paziente anziano. Il processo di invecchiamento è suscettibile di variazioni sia interindividuali sia all’interno dello stesso individuo in quanto organi diversi possono modificare la loro funzionalità in modi e tempi differenti.

1.1. Aspetti generali dell’invecchiamento

“L’invecchiamento è un processo che interessa tutti gli organismi viventi che sono soggetti a uno sviluppo e a una maturazione fino all’inevitabile progressiva senescenza. Il destino biologico dell’essere umano è associato ad altre modificazioni di eguale importanza come l’aspetto psicologico e il contesto sociale. Invecchiare è un processo ineluttabile, anche se diverso per ogni individuo.”7

In campo geriatrico, il confine fra le modificazioni biologiche età-correlate e la determinazione di una vera e propria patologia, a volte risulta molto difficile da definire e spesso è fonte di perplessità sia da un punto di vista diagnostico sia da un punto di vista terapeutico per chiunque operi o si interfacci con la categoria dei pazienti anziani.

I professionisti della salute, che hanno a che fare con i pazienti anziani, devono porre dunque attenzione sia alla fisiologia del paziente anziano che alla polipatologia, ovvero tutte quelle patologie associate ad una patologia primaria, ponendosi come interrogativo fondamentale l’uso razionale dei farmaci e cercando di evitare, il più possibile, l’insorgenza di interazioni che sfocerebbero in reazioni avverse.

1.1.1. Fasi dell’invecchiamento

Per poter meglio delineare il profilo del paziente anziano è opportuno definire le diverse fasi che si susseguono nella vita di un individuo e che seguono l’età adulta.

L’età di mezzo, comprende la fascia di età che va dai 45 ai 65 anni ed è definita come età presenile. In questa fase nella donna compare la menopausa, evento biologico fondamentale in cui termina l'attività ovarica senza produzione di estrogeni. Tale stato provoca una serie di mutamenti nella donna che riguardano gli aspetti metabolici, sessuali e psicologici, con una serie di manifestazioni (sintomi) che variano a seconda della persona. Nell’uomo compare invece l’andropausa, sindrome caratterizzata dal progressivo calo del testosterone che si accompagna alla diminuzione dell’effetto protettivo di tale ormane da malattie come diabete mellito, osteoporosi e patologie cardiovascolari. Inizia qui la fase di decremento funzionale dell’organismo, il quale si adatta alle modificazioni sopraggiunte. In questa fase compaiono i

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primi segni delle modificazioni a carico dei diversi organi e apparati, e l’individuo in età presenile presenta disturbi quali: ipercolesterolemia, iperglicemia, iperuricemia, tendenza alla formazione di trombi e ipertensione arteriosa.

La fascia di età che va dai 65 ai 75 anni è definita come la fase di senescenza graduale ed è il periodo in cui facilmente possono insorgere processi morbosi conclamati, soprattutto se non sono state messe in atto le misure preventive primarie (modifica della dieta, dell’esercizio fisico) e se non sono stati trattati quei disturbi presentati negli anni precedenti. Per senescenza conclamata, invece, si intende quel periodo di età che va dai 75 ai 90 anni; in questo periodo insorgono solitamente un numero maggiore di patologie che tendono a cronicizzarsi o a portare all’invalidità, rendendo problematico il regime assistenziale a vari livelli. Quando il soggetto supera i 90 anni di età è considerato longevo e presenta modificazioni fisiopatologiche con una ridotta riserva funzionale e un equilibrio biologico molto fragile e instabile.

In molti studi in cui si parla di anziani, si definiscono appartenere a questa categoria di pazienti tutti coloro che hanno una età maggiore di 65 anni.

Quando ci si interfaccia con un paziente anziano, è bene che gli “operatori della salute” siano consapevoli delle difficoltà correlate all’avanzare dell’età; infatti la riduzione delle prestazioni psicofisiche e i tempi di esecuzione dei comandi rallentati, portano già di per se l’individuo anziano ad essere agitato e confuso e, pertanto, il medico o il farmacista devono assecondare e rispettare queste condizioni, al fine di ridurre la possibilità di errore nell’eseguire le indicazioni rilasciate.

1.1.2. Aspetti biologici

Durante l’invecchiamento, il paziente va incontro ad una riduzione dei meccanismi di difesa verso le variazioni ambientali e ad una perdita delle riserve funzionali. Quindi dai 30 anni in poi si rileva un costante e inevitabile calo delle funzioni fisiologiche stimato con il valore numerico dello 0.9% annuo nelle persone sane. Quindi è stato calcolato che il nostro corpo perda inevitabilmente poco meno dell’1% di funzionalità ogni anno.8

L’invecchiamento inoltre consiste in una graduale tendenza all’atrofia e una diminuita efficienza funzionale nei diversi tessuti, organi ed apparati. Le cellule si riducono numericamente e funzionalmente con riduzione del contenuto idrico nel citoplasma, irregolarità dei mitocondri, frammentazione dell’apparato di Golgi, accumulo di lipofucsina nei lisosomi (una delle teorie sull’invecchiamento si basa proprio su questo fenomeno), alterazione della permeabilità delle membrane cellulari e alterazioni del DNA a livello nucleare (la formazione di ponti a idrogeno sia intra che intermolecolari, sono il fondamento di un’altra teoria sull’invecchiamento). Per quanto riguarda i tessuti, si alterano le funzioni di alcuni di essi come ad esempio il tessuto connettivo in cui, la riduzione del numero di moltiplicazioni determina una lenta riparazione delle ferite. Per quanto riguarda l’invecchiamento di organi e apparati, quasi in tutti quelli interessati da questo processo si presentano le medesime modificazioni quali:

- diminuzione del peso e del volume degli organi;

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- riduzione della vascolarizzazione capillare; - riduzione del contenuto idrico di tessuti; - ritardata crescita cellulare;

- diminuzione di elasticità dei tessuti; - alterazione del tessuto connettivo;

- accumulo di pigmenti di lipofucsina, calcio e lipidi.

1.1.3. Aspetti legati all’alimentazione

Le modificazioni fisiologiche che sopraggiungono nel processo di invecchiamento, portano con se delle alterazioni anche a livello sensoriale e dunque variano la percezione del gusto dolce e salato, dell’olfatto e il senso di sete. Inoltre, l’apparato gastro intestinale va in contro a riduzione nella secrezione di enzimi gastroenterici e riduce anche la propria motilità e se ciò è associato ad una riduzione dell’attività fisica e a una alimentazione non corretta e completa, è facile che si vada verso la malnutrizione.

Compatibilmente con la presenza di più patologie croniche che comportano l’assunzione di diversi farmaci, in un regime di politerapia, l’anziano deve condurre una alimentazione sana ed equilibrata, al fine di evitare ulteriori complicazioni. La dieta mediterranea, rappresenta uno schema completo e bilanciato di tutti gli elementi nutritivi necessari. I carboidrati complessi, sono molto utili nella dieta dell’anziano e sono fondamentali per il mantenimento dei livelli di glicemia entro i limiti. La presenza di fibre è altrettanto importante, in quanto non essendo assorbite sono utili a stimolare la motilità intestinale, che con l’invecchiamento tende a ridursi, e aiutano a combattere la stipsi che ha una incidenza molto elevata tra gli anziani. Oltra ad un effetto a livello della motilità intestinale, le fibre permettono di ridurre la colesterolemia, migliorano il controllo del diabete e riducono il rischio di insorgenza di tumore al colon.

Il sale è un elemento da tenere fondamentalmente sotto controllo nell’alimentazione della popolazione anziana. Infatti questi individui, data la riduzione del gusto, tendono ad aumentare i quantitativi di sale utilizzato giornalmente; in condizioni di ipertensione arteriosa, patologia altamente riscontrata tra gli anziani9, l’apporto di sale nella dieta deve essere moderato al fine di

ridurre la ritenzione idrica e mantenere sotto controllo i valori di pressione arteriosa.

Nella dieta sono fondamentali anche i sali minerali come il magnesio e il potassio (importante che sia presente a livelli adeguati per il suo ruolo nella conduzione a livello delle membrane degli impulsi tra le cellule muscolari ed in quelle nervose), contenuti in molte verdure, ortaggi e frutta. Nel processo di invecchiamento, viene abitualmente assunta sempre meno acqua in quanto ridotto è il senso di sete. Negli anziani, che già di per se vanno in contro a fenomeni di disidratazione, è consigliato bere acqua nella misura di un litro e mezzo al giorno al fine di sopperire al ricambio giornaliero di liquidi. Ovviamente nel litro e mezzo di acqua rientrano anche i liquidi assunti tramite verdure, frutta o cibi con elevato quantitativo di acqua. Se possibile inoltre bisogna consigliare all’anziano di assumere la maggior parte del quantitativo di acqua

9Studio Argento. Indagine sulla salute nella terza età della regione Basilicata [2003]: La metà degli intervistati

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durante la giornata evitando così risvegli notturni per urinare, considerando la mobilità ridotta di molti di essi.

La carne ha un ruolo utile per il buon apporto di proteine e ferro anche se abbastanza controverso negli ultimi anni, in cui c’è una tendenza a sostituire un regime alimentare che prevede il consumo di carne con uno ad alto contenuto di legumi, altrettanto ricchi in proteine. Nella dieta del paziente anziano non deve mancare il pesce, in quanto fonte di omega3, sostanza preziosa con il potere di contribuire alla riduzione del colesterolo LDL, prevenendo la formazione di placche ateromasiche e dunque l’aterosclerosi. Nel pesce si ritrova anche un contenuto di proteine da non sottovalutare. Pertanto nella dieta è raccomandato inserire almeno una volta a settimana il pesce.

Per quanto riguarda il consumo di latticini e formaggi, è anch’esso consigliato nei pazienti anziani, in quanto fonte di calcio, prezioso minerale soprattutto se si pensa alla progressiva decalcificazione delle ossa e all’insorgenza di patologie a carico dello scheletro quali l’osteoporosi. Tuttavia, a causa dell’elevato contenuto di grassi, i formaggi e i prodotti caseari in generale devono essere selezionati e assunti in quantità moderata.

Aglio e cipolla, condimenti molto utilizzati nella cucina mediterranea, è bene che vengano utilizzati anche nel paziente anziano, viste le spiccate proprietà diuretiche attribuibili ai principi attivi (rispettivamente alliina per l’aglio e flavonoidi per la cipolla) in essi contenuti.

Dolci, vino, alcolici e caffe, è bene che vengano utilizzati con attenzione negli anziani vista l’intolleranza al glucosio (prediabete) registrata nella maggior parte di essi. Tenendo sotto controllo l’assunzione di cibi e bevande a ridotto indice glicemico, si potrebbe evitare l’insorgenza del diabete vero e proprio, che oltre ad essere una patologia di notevole interesse di per se, espone il paziente al rischio di sviluppare patologie cardiovascolare circa 3 volte in più rispetto ad un paziente non diabetico.

Mantenere una dieta variegata e allo stesso tempo bilanciata è fondamentale dunque nell’anziano al fine di non incorrere in malnutrizione, ma bisogna tenere altrettanto in conto, nel momento in cui si conduce una terapia farmacologica, delle interazioni che possono sopraggiungere e del rischio di influenzare l’effetto e la durata di azione di tali farmaci.

1.1.4. Aspetti sociali dell’invecchiamento

In una società tecnologicamente avanzata, che sta vivendo l’era digitale, l’anziano vive spesso in una condizione di disagio rispetto ai tempi con cui il resto della popolazione svolge atti di vita quotidiana e ciò ne provoca l’emarginazione.

Analizzando la situazione della regione Basilicata, in uno studio condotto in 12 regioni italiane (Piemonte, Liguria, Provincia Autonoma di Bolzano, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Puglia, Campania, Basilicata, Sicilia, Sardegna)10 in cui ogni regione ha selezionato un certo numero di

pazienti residenti di età superiore ai 64 anni, è emerso che il 27% degli intervistati è stato valutato integrato nella comunità, il 63% parzialmente integrato ed il 10% isolato. Si è notato che

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l’isolamento sociale cresce con l’aumentare dell’età: nella fascia 65-74 anni il 65% degli intervistati presenta problemi di integrazione, mentre sopra i 74 anni la percentuale sale all’83%. In particolare in questa fascia d’età l’89% delle donne è isolata rispetto al 78% negli uomini. La perdita del ruolo sociale è spesso associata alla perdita economica dovuta al recepimento, il più delle volte, di una pensione molto bassa. Infatti, la sicurezza economica, intesa come una pensione dignitosa, potrebbe essere una parziale prevenzione dei disturbi di ansia, angoscia e depressione molto frequentemente registrabili tra gli anziani.

La predisposizione da parte dello Stato di strutture sociali di accoglienza, il potenziamento delle attività di volontariato e di assistenza agli anziani, potrebbero migliorare, se pure marginalmente, la condizione di isolamento del paziente anziano.

1.2. Modificazioni farmacocinetiche età-correlate

Con il progredire dell’età, c’è una progressiva perdita della funzionalità ottimale di molti organi e dei meccanismi di controllo omeostatico che causano una importante modificazione della farmacocinetica. Diversi studi11,12 hanno dimostrato che alcune alterazioni nel tratto gastro

intestinale dipendenti dall’età, sono potenzialmente in grado di modificare l’assorbimento dei farmaci. Tra queste, quelle più significative sono:

- il rallentamento della peristalsi e dello svuotamento gastrico; - l’aumento del pH gastrico;

- la riduzione della velocità di transito del colon e la riduzione della superficie intestinale complessiva di assorbimento;

- il ridotto afflusso di sangue nella regione splancnica.

Inoltre la riduzione dell’efficienza dei sistemi di trasporto attivo (riduzioni della concentrazione di albumina circolante) potrebbe influire sulla biodisponibilità di alcuni farmaci. Solitamente, considerando le modificazioni a carico del distretto gastro intestinale si preferisce, qualora possibile, utilizzare la via transdermica per minimizzare gli effetti collaterali a carico di tale apparato, anche se le modificazioni età correlate a carico della cute, potrebbero influire sull’assorbimento. La forma farmaceutica transdermica più utilizzata è il cerotto, tramite il quale vengono somministrati farmaci come i nitrati a lunga durata di azione nella terapia dell’angina pectoris.

Le modificazioni che interessano le funzionalità epatiche, hanno un effetto sul metabolismo di first pass e hanno un rilievo maggiore rispetto alle alterazioni a livello gastro intestinale. In età geriatrica, si assiste alla riduzione della perfusione ematica a livello epatico e alla riduzione della massa complessiva del fegato. Queste due situazioni, insieme, causano una alterazione nella biodisponibilità di alcuni farmaci, come ad esempio il propranololo. La biodisponibilità di questo farmaco risulta aumentata negli anziani13 in quanto tale molecola non subisce lo stesso effetto

di first-pass che subiva durante l’età adulta. Ci sono dei farmaci, invece, che vengono attivati con

11Beers M.H., M.D., Berkow R., M.D., et al. The Merck Manual of Geriatrics, Edizione italiana, Milano,

2000. [Traduzione basata sulla 3° ed. in lingua inglese].

12 Shi S. et al (2008). The clinical implications of ageing for rational drug therapy. [Eur J Clin Pharmacol 64: 183-99] 13 Tateishi T. et al. (1995) Influence of aging on the oxidative and conjugative metabolism of propranolol. [Int J Clin

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l’effetto di primo passaggio epatico e, a seguito delle modificazioni età correlate, hanno una biodisponibilità ridotta in età geriatrica. Un tipico esempio sono gli ACE inibitori14.

Si assiste anche alla riduzione della clearance epatica dei farmaci e le reazioni di metabolismo di fase 1 e cioè l’ossidazione, riduzione e idrolisi sono alterate maggiormente rispetto alle reazioni di fase 2, cioè la coniugazione.

Per quanto riguarda l’escrezione renale, essa viene notevolmente intaccata con l’avanzare dell’età; in particolare l’alterazione dipende dal grado di eliminazione renale dei farmaci e dalla presenza concomitante di più patologie. La massa e la lunghezza renale sembrano ridursi e a livello istologico sembrano comparire fenomeni di fibrosi e arteriosclerosi. Le alterazioni morfologiche implicano alterazioni funzionali e un metodo per valutarle è misurare la clearance di inulina, EDTA o creatinina. La valutazione dei livelli sierici di creatinina è un metodo poco affidabile per comprendere la funzionalità renale in quanto, diverse patologie età correlate, come il diabete mellito di tipo 2 e l’ipertensione arteriosa che potrebbero causare insufficienza renale, non sono correlate ad alterazioni dei livelli sierici di creatinina.

Le alterazioni funzionali a livello renale, incidono sulla farmacocinetica di molti farmaci idrosolubili aumentando di molto anche il rischio di reazioni avverse (ADRs); un metodo utile alla valutazione di tale rischio è quello della stima della velocità di filtrazione glomerulare (VFG). Grazie alla osservazione della VFG è dimostrato che l’insufficienza renale non manifesta (in cui i livelli di creatinina sono normali) rappresenta un fattore di rischio indipendente per reazioni avverse a farmaci idrosolubili e che tale rischio è di entità pari a quello legato alla insufficienza renale in cui i livelli di clearance di creatinina sono alterati. Tutto ciò pone l’accento sull’importanze della valutazione negli anziani della VFG in modo da ottimizzare i dosaggi e ridurre il rischio di ADR15.

Modificazioni età correlate della farmacocinetica16: tabella riassuntiva

Assorbimento Aumento pH gastrico

Rallentamento svuotamento gastrico Riduzione flusso ematico splancnico Riduzione della superficie di assorbimento Riduzione della motilità gastrointestinale

Distribuzione Aumento massa grassa

Riduzione massa magra

Riduzione acqua corporea totale

Riduzione delle concentrazioni circolanti di albumina

Incremento dell’α1-glicoproteina acida

Metabolismo Riduzione del flusso ematico epatico e della

massa epatica

Escrezione Riduzione del flusso ematico renale

Riduzione della velocità di filtrazione glomerulare

14 Davies RO et al. (1984) An overview of the clinical pharmacology of enalapril. [Br J Clin Pharmacol 18: 215S-229S] 15 Corsonello A. et al. (2005b) Gruppo Italiano di Farmacovigilanza nell’Anziano (GIFA) Investigators. Conclealed

renal insufficiency and adverse drug reactions in elderly hospitalized patients. [Arch Intern Med 165: 790-5]

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Le modificazioni farmacocinetiche che si riscontrano durante l’invecchiamento, portano ad adottare dei particolari accorgimenti nel trattamento dei diversi disturbi che possono colpire il paziente anziano. Le varie classi di farmaci utilizzate in terapia subiscono delle modificazioni17:

- DIURETICI: l’uso va sempre accompagnato da particolari cautele. Questi farmaci sono eliminati essenzialmente a livello renale e essendo ridotta la funzionalità glomerulare e tubulare a livello del rene senile, i diuretici dovranno essere utilizzati in modo leggermente più energico nel paziente anziano. Tali farmaci sono attivi dopo essere stati filtrati dal glomerulo e vanno ad agire nel tubulo renale; affinchè il bersaglio venga raggiunto in quantità sufficienti si dovrebbe aumentare la posologia.

- DIGOSSINA: prevalentemente viene escreta a livello urinario. La dose va personalizzata in funzione della funzionalità renale del singolo paziente al fine di evitare sovradosaggio o sottotrattamento.

- NITRODERIVATI: sono farmaci che subiscono un importante metabolismo di first-pass e ciò, negli anziani, in cui con l’invecchiamento compare una riduzione nel metabolismo di primo passaggio epatico, si traduce in livelli ematici più elevati a parità di dosaggio. - ACE-INIBITORI: in questa classe di farmaci, quelli eliminati per via renale (enalalapril e

lisinopril), hanno un effetto maggiore.

- CALCIO ANTAGONISTI: come per i nitroderivati, l’effetto di primo passaggio epatico è notevole; negli anziani bisogna stare attenti alla posologia in quanto in questi pazienti il metabolismo di first-pass è ridotto e risulta aumentata la biodisponibilità.

- β-BLOCCANTI: a seconda della liposolubilità si comportano in modo diverso. I farmaci liposolubili, nel trattamento cronico, non presentano particolari differenze di farmacocinetica negli anziani rispetto agli adulti; i composti idrosolubili (atenololo e acebutolo) la clearance renale è ridotta e pertanto l’emivita è prolungata.

- ANTIASMATICI: sono farmaci in cui alterazioni della farmacocinetica sono significative e difficili da prevedere nell’anziano. Si consiglia pertanto una personalizzazione della dose e una istruzione chiara sull’utilizzo di antiasmatici sottoforma di spray, essendo presente tra gli anziani una conclamata difficoltà nell’uso di tali forme farmaceutiche.

- ANTI H2: tali farmaci molto spesso utilizzati eccessivamente nel paziente anziano. Il ridotto metabolismo di primo passaggio epatico della ranitidina ne aumenta le concentrazioni plasmatiche e la biodisponibilità. Le reazioni avverse come bradicardia, confusione mentale e disorientamento, sono piuttosto rare, ma sono segnalate esclusivamente dal paziente anziano. Per scongiurare del tutto gli effetti di tossicità si dovrebbero somministrare dosi adeguate di tali farmaci al paziente anziano e bisognerebbe valutare al meglio l’utilizzo come prevenzione di danni a livello gastrico causati da FANS.

- FANS: la maggior parte dei FANS si lega alle proteine plasmatiche per essere distribuito e viene metabolizzato a livello epatico. I dati di farmacocinetica nell’anziano non rivelano particolari differenze rispetto alla farmacocinetica di questi farmaci nei giovani. In ogni caso, nei pazienti anziani si consigli l’uso di un dosaggio ridotto a causa della maggiore sensibilità ai FANS di questa classe di pazienti. Si dovrebbe favorire l’utilizzo degli inibitori selettivi della COX2, meno gastrolesivi, agendo a livello della ciclossigenasi indotta e non

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a livello di quella costitutiva (COX1) responsabile della secrezione di muco e della protezione della parete gastrica. A livello cardiaco però la COX2 risulta espressa in modo costitutivo e la sua inibizione potrebbe acuire le problematiche già presenti a carico di tale distretto.

- BENZODIAZEPINE: aumenta il volume di distribuzione e conseguentemente l’emivita risulta prolungata.

- ANTIPSICOTICI: si ha una marcata riduzione del metabolismo dei neurolettici (aloperidolo) e pertanto le dosi vanno ridotte dal 40 al 70%, in modo da evitare tossicità. In questi farmaci attivi a livello del SNC intervengono anche modificazioni farmacodinamiche che portano a rivedere i dosaggi.

- ANTIDEPRESSIVI: la clearance epatica degli antidepressivi triciclici è ridotta. I valori delle concentrazioni plasmatiche totali aumentano, anche perché aumentano le concentrazioni di alfaglicoproteine acide, alle quali questi farmaci si legano per la distribuzione. Di conseguenza le dosi devono essere riviste per gli anziani. Inoltre per il trattamento dei pazienti anziani, sono preferiti gli antidepressivi inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) andando a minimizzare gli effetti collaterali quali agitazione e confusione.

- LEVODOPA E INIBITORI DELLA DECARBOSSILASI: nell’anziano la biodisponibilità è maggiore perché associata all’invecchiamento c’è una diminuzione delle reazioni di decarbossilazione. I valori farmacocinetici variano in funzione della presenza di cibo nello stomaco, specialmente nel caso di alimenti ricchi di proteine, a causa della competizione tra levodopa e aminoacidi della dieta per i meccanismi di trasporto degli aminoacidi aromatici.

- ANTIBIOTICI:

- Penicilline: sono eliminate dal rene, ma grazie all’elevato indice terapeutico non richiedono aggiustamenti di dosaggio eccetto nei casi in cui il paziente sia in grave insufficienza renale.

- Cefalosporine: i composti che vengono eliminati per via renale (cefuroxima e ceftriaxone) vengono somministrati all’anziano con posologia ridotta.

- Aminoglicosidi: si tratta di farmaci con tossicità significativa a cui l’anziano è sensibile e le concentrazioni circolanti dipendono dalla funzionalità renale. Il dosaggio va accuratamente calcolato.

- Eritromicina: emivita e biodisponibilità sono maggiori nell’anziano piuttosto che

nei giovani e pertanto sono sconsigliati dosaggi elevati.

1.3. Modificazioni farmacodinamiche età-correlate

Per farmacodinamica si intende l’insieme degli effetti biochimici e fisiologici che variano a seguito dell’introduzione di un farmaco nell’organismo; si parla cioè di meccanismo di azione del farmaco. Con l’avanzare dell’età, la farmacodinamica si modifica in maniera significativa, pur essendo variabile da un farmaco ad un altro, in quanto interessa l’interazione farmaco recettore, i meccanismi di trasmissione post recettoriale del segnale o i meccanismi omeostatici. 18 Nella

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seguente tabella vengono analizzati i cambiamenti farmacodinamici più frequenti negli anziani rispetto ad alcuni farmaci:

Tabella: Modificazioni farmacodinamiche nell’anziano di alcuni farmaci19

Farmaco Effetto farmacodinamico Modificazione età correlata Benzodiazepine Effetti sul SNC, sedazione, problemi posturali Aumento

Diltiazem Effetto antipertensivo acuto e cronico Aumento Effetto acuto di allungamento del tratto PR Diminuzione

Furosemide Picco di risposta diuretica Diminuzione

Morfina Effetti analgesici Aumento

Depressione respiratoria Invariato

Verapamil Effetto antipertensivo acuto Aumento

Warfarin Effetto anticoagulante Aumento

Per quanto riguarda i farmaci attivi sul sistema nervoso centrale (SNC), i pazienti anziani spesso presentano una risposta esagerata a tali farmaci e ciò dipende solo in parte dal declino funzionale del SNC legato all’invecchiamento. Nella pratica, si osserva un incremento della sensibilità farmacodinamica nell’utilizzo di benzodiazepine e tali modificazioni farmacodinamiche in età geriatrica sono importanti da considerare dal punto di vista clinico, a maggior ragione se relazioniamo l’uso di benzodiazepine con l’incidenza di cadute e/o fratture in tali pazienti.2021

Anche la perdita di una postura perfetta a causa dell’invecchiamento generalizzato potrà incidere con la perdita di equilibrio durante il trattamento con benzodiazepine. L’uso di tali farmaci, molto spesso è accompagnato da reazioni “paradosso”; il paziente, soprattutto quello anziano, manifesta irrequietezza, agitazione, irritabilità, aggressività, delirio, collera, incubi, allucinazioni, psicosi e alterazioni del comportamento. In questi casi è necessario interrompere il trattamento in modo adeguato e attuare una nuova strategia terapeutica.

Gli effetti anticolinergici dei farmaci sono maggiormente visibili sui pazienti anziani e pertanto gli antidepressivi triciclici determinano molto spesso effetti quali agitazione, confusione, delirio con una conseguente e necessaria interruzione della terapia. Per questo motivo gli antidepressivi di elezione per la terapia sui pazienti anziani sono gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI o antidepressivi di nuova generazione), i quali, impedendo la normale ricaptazione ed eliminazione fisiologica della serotonina, sono in grado di contrastare l'eventuale deficit di questo neurotrasmettitore, riequilibrando, dal punto di vista strettamente organico, i disturbi generati dalla sua eventuale carenza. Tali farmaci inoltre, non creando dipendenza, vengono preferiti agli ansiolitici nella cura del disturbo d’ansia generalizzato (GAD). In molti casi pur in assenza di assuefazione e di dipendenza, la terapia con SSRI va prolungata nel tempo fino a diventare una vera e propria terapia di mantenimento.

Per quanto concerne farmaci utilizzati in anestesia come anestetici oppiacei, bloccanti neuromuscolari e loro antagonisti, con l’avanzare dell’età la farmacodinamica risulta modificata.

19 Tabella: modificazioni farmacodinamiche nell’anziano riferite ad alcuni farmaci. Modificata da [Shi, 2008] 20 Schwab M. et al. (2000) Psychotropic drug use, falls and hip fracture in the elderly. [Aging (Milano) 12: 234-9] 21 Passaro A. et al (2000) Benzodiazepines with different half life and falling in a hospidalized population: The GIFA

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Negli anestetici (Propofol in particolare) la sensibilità farmacodinamica risulta aumentata mentre i bloccanti neuromuscolari non subiscono così tanto tali modificazioni. Il dosaggio degli oppiacei negli anziani rispetto ai giovani è diminuito, avendo una sensibilità del 50% maggiore alla azione di tali molecole.22

Se si guarda ai farmaci attivi sul sistema cardiovascolare, si riscontrano importanti modifiche età correlate per quanto concerne la farmacodinamica. Durante la fase di invecchiamento che colpisce i pazienti anziani, l’effetto più marcato che si riscontra parlando di farmaci attivi a livello del distretto cardiocircolatorio, è una riduzione degli effetti dei farmaci beta-adrenergici. La motivazione più plausibile alla base della diminuzione della sensibilità dei recettori beta-adrenergici, è una modificazione strutturale di tali recettori con la alterazione del meccanismo di accoppiamento con la proteina G di tipo S, da cui consegue una alterata trasduzione del segnale e down-regulation recettoriale. Fondamentalmente la ridotta sensibilità recettoriale non è da considerare come una mancanza di rischio per i pazienti anziani anzi, il necessario utilizzo di dosi di farmaco maggiori per potenziarne gli effetti può essere alla base di eventuali eventi avversi, aumentando il rischio che essi si verifichino.23

Risulta pressochè invariata la farmacodinamica degli agenti alfa-adrenergici, ACE inibitori e calcio-antagonisti non-diidropirimidinici. È stato rilevato un lieve aumento della sensibilità dei pazienti anziani naÏve alle diidropriridine risultato però transitorio. Per quanto riguarda i diuretici, la riduzione che si osserva nella risposta natriuretica è dovuta a modificazioni della farmacocinetica piuttosto che della farmacodinamica.

Dunque con l’avanzare dell’età, per pazienti con più di 65 anni, c’è un incremento della sensibilità farmacodinamica verso alcune classi di farmaci e di ciò è necessario tenere in considerazione nella pratica clinica.

22 Bowie M.W. et al (2007) Pharmacodynamics in older adults: a review. [Am J Geriatr Pharmacoter 5: 263-303] 23 Connolly M.J., Crowley JJ, Charan NB, Nielson CP, Vestal, RE (1995) [Chest 108: 401-6]

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Capitolo 2. Patologie maggiormente riscontrabili nell’anziano e relative terapie

Nelle persone più anziane coesistono in media sei patologie, sebbene un medico di base possa non essere a conoscenza della metà di esse. Una patologia a carico di un sistema ne indebolisce un altro, comportando il deterioramento di entrambi e portando a infermità, dipendenza e, se non si interviene in modo tempestivo, morte. La presenza di più patologie è aggravata, il più delle volte, dalla perdita del ruolo sociale, dalla vulnerabilità emotiva e dalla povertà.

Le patologie che più frequentemente si verificano nel paziente anziano, sono croniche con una incidenza notevole di patologie cardiovascolari, diabete, disturbi psichici e neurologici, patologie a carico dell’apparato respiratorio e a livello muscoloscheletrico.

2.1. Patologie del distretto cardiovascolare

Ancora oggi le cardiopatie rappresentano la prima causa di morte nei pazienti anziani e sono al terzo posto tra le patologie croniche che conducono il paziente a disabilità. Intervenendo con tecniche sempre più efficaci di prevenzione, diagnosi precoce e di trattamento farmacologico, si migliora sempre più la vita degli anziani e al contempo si tengono sotto controllo i costi della spesa sanitaria24. Proprio l’elevata incidenza di questa patologia tra gli anziani, porta, insieme ad

altre cause, ad un aumento nella spesa farmaceutica italiana nella quale il 23,5% è destinato a farmaci attivi a livello cardiovascolare25.

Con l’età si ha una riduzione della responsività miocardica e vascolare alla stimolazione β-adrenergica, che riduce la capacità del sistema cardiovascolare di rispondere alle aumentate richieste di lavoro. Il rilassamento delle fibre della muscolatura cardiaca e un aumento del collagene interstiziale intramiocardico, provoca una maggiore rigidità a livello cardiaco. Il rilasciamento miocardico si prolunga causando una minore efficienza nella sua funzione di pompa. A carico dei vasi sanguigni intervengono modificazioni come la perdita dell’elasticità delle pareti, indipendentemente o meno dalla presenza di aterosclerosi.

IPERTENSIONE

L’ipertensione arteriosa è definita come una pressione arteriosa sistolica > 140 mm Hg o una pressione diastolica >/= 90 mmHg, indipendentemente dall’età.

L’aumento della pressione arteriosa sistolica a più di 160 mm Hg aumenta il rischio di mortalità cardiovascolare da 2 a 5 volte, il rischio di ictus di 2½ volte e di mortalità globale di 1½ volta, soprattutto in fase acuta. La pressione diastolica maggiore di 105 mmHg, invece, aumenta il rischio di mortalità di 3-4 volte rispetto a pazienti anziani con una pressione diastolica inferiore a 75 mmHg.

Nei pazienti anziani ipertesi, come in quelli più giovani, prima di iniziare una terapia è fondamentale tenere presente anche della presenza di fattori di rischio, del danno agli organi

24 McKay CR, et al. Executive summary: pivotal research in cardiovascular syndromes in the elderly. [Am J Geriatr

Cardiol 2000; 9:243-50]

25 Relazione sullo stato di salute del paese, 2000 [Ministero della Salute, Direzione Generale del Sistema

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bersaglio e di malattie cardiovascolari concomitanti. Inoltre, negli anziani, è più facile che si verifichino le reazioni avverse associate al trattamento farmacologico.

La terapia farmacologica è composta da:

- Diuretico: è la terapia iniziale negli individui di tutte le età. Negli anziani, i diuretici tiazidici, sono un primo ragionevole passo terapeutico per l’ipertensione, ma effetti tossici quali iperkaliemia, iperglicemia e iperuricemia, sono da tenere in considerazione durante la terapia del paziente anziano vista la maggiore incidenza, in età avanzata, di aritmie, diabete non insulino-dipendente e gotta. Si dovrebbe pertanto ricorrere a dosaggi bassi con effetto antipertensivo piuttosto che dosaggi elevati con effetto marcatamente diuretico. I diuretici dell’ansa non sono farmaci di prima scelta nel trattamento dell’anziano.

- ACE-inibitore: può causare ipotensione anche quando si assumono basse dosi iniziali. Nell’anziano si ha la riduzione della biodisponibilità di tali farmaci, dovuta ad una modificazione negativa a carico dei meccanismi di attivazione (effetto di first-pass ridotto). Questi farmaci sono considerati utili negli anziani nel controllo dell’ipertensione quando sono presenti anche insufficienza cardiaca e diabete.

- β-bloccante: L’utilizzo di questa famiglia di farmaci in geriatria è limitata a causa di una riduzione della sensibilità dell’anziano a gli agonisti e antagonisti dei recettori beta-adrenergici; inoltre, le controindicazioni all’uso di beta-bloccanti in presenza di BPCO (esposizione all’aumento del rischio di broncospasmo), diabete mellito, arteriopatie periferiche e insufficienza cardiaca, sono più frequenti nell’anziano che nel paziente adulto. Ciò suggerisce che i β-bloccanti possono non essere una buona scelta negli anziani, soprattutto quando non cardioselettivi; metoproloro e atenololo (cardioselettivi), sono i farmaci consigliati nel trattamento dell’ipertensione e se risultasse presente anche insufficienza cardiaca, potrebbe essere utile anche il carvedilolo.

- Bloccanti adrenergici: quelli ad azione periferica, sono generalmente considerati una cattiva scelta nella terapia del paziente anziano iperteso, causando numerosi effetti collaterali come: ipotensione ortostatica, bradicardia e diarrea. Gli α1-selettivi sono farmaci che agiscono andando a produrre vasodilatazione sia a livello dei vasi di capacitanza che a livello dei vasi di resistenza e pertanto provocano un effetto di ipotensione marcata sia in posizione eretta che in posizione supina. Inoltre, provocano ritenzione idrica e salina se non somministrati insieme ad un diuretico; dando un effetto positivo sulla iperplasia prostatica benigna, sono utilizzati nell’uomo anziano che affetto da tale patologia oltre che da ipertensione.

- Antagonisti dei canali al calcio: sono efficaci, sicuri e sono particolarmente utili nel caso in cui il paziente anziano abbia una situazione di angina aterosclerotica; il problema associato all’utilizzo di questa classe di farmaci è che devono essere ben dosati altrimenti si registrerebbe come effetto tossico una estensione del loro effetto terapeutico. - Antagonisti dei recettori dell’angiotensina II: sono in diffuso impiego nella terapia

dell’ipertensione nell’anziano. I sartani hanno una azione di inibizione dei recettori della angiotensina 2 a livello vascolare.

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Considerando il quadro completo della ipertensione negli anziani e le varie patologie che potrebbero coesistere, i farmaci più adatti alla terapia di tali pazienti sono: ACE inibitori, Calcio antagonisti e antagonisti dei recettori dell’angiotensina 2. L’aderenza alla terapia, inoltre, è risultata essere migliore in queste tre famiglie di farmaci piuttosto che nei beta-bloccanti e nei diuretici.26

La terapia dell’ipertensione può essere messa in atto o con un approccio terapeutico graduale, preferendo una efficace monoterapia e aggiungendo un secondo farmaco quando non è presente una risposta efficace. Gran parte dei pazienti ipertesi richiede un regime di politerapia in modo da minimizzare gli effetti secondari di ciascun farmaco.

Negli anziani, durante l’utilizzo di farmaci antipertensivi è più facile che si verifichi ipotensione ortostatica rispetto ai giovani. L’ipotensione, se inserita in un contesto di fragilità del sistema muscoloscheletrico, può facilmente portare a cadute che potrebbero causare fratture, riducendo ulteriormente la mobilità già compromessa dall’età.

Tutti i pazienti ipertesi devono continuare a tempo indeterminato la terapia dopo il controllo della pressione arteriosa, perché è probabile che essa aumenti se la terapia viene interrotta. Si può provare a scalare la terapia gradualmente, ma se la pressione arteriosa aumenta, la terapia deve essere nuovamente aumentata.

ATEROSCLEROSI

“Disturbo che colpisce le medie e grandi arterie, in cui depositi di lipidi e tessuto connettivo (placche aterosclerotiche) riducono od ostruiscono il flusso ematico.”

L’aterosclerosi (chiamata complessivamente malattia cardiovascolare aterosclerotica o CAD) comprende la malattia coronarica, la malattia cerebrovascolare e la malattia vascolare periferica. Sebbene l’aterosclerosi contribuisca significativamente a determinare invalidità e morte in ogni gruppo di età, la sua gravità è più alta negli anziani.

I fattori di rischio che predispongono all’aterosclerosi sono: l’ipertensione, alterati livelli dei lipidi ematici e cioè un alto livello di colesterolo totale o di lipoproteine a bassa densità (LDL) e bassi livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL). Il trattamento di tale patologia comprende la restrizione di grassi nella dieta, il controllo del peso corporeo, l’esercizio e la terapia farmacologica ipolipidemizzante.

In questo tipo di terapia farmacologica, sono utilizzati farmaci utili nei disordini metabolici delle lipoproteine, responsabili del trasporto del colesterolo in circolo e della deposizione di esso a livello vascolare, predisponendo all’aterosclerosi.

Resine che legano gli acidi biliari (colestiramina): nel paziente geriatrico, come in quello adulto, questi farmaci sono in grado di ridurre il rischio di CAD. Essi interrompono il normale circolo enteroepatico degli acidi biliari e aumentano in maniera indiretta il catabolismo epatico del LDL-C, stimolando gli epatociti a sintetizzare un maggior numero di recettori per le LDL.

Le resine devono essere somministrate in piccole dosi, soprattutto negli anziani, e hanno come effetto collaterale la stipsi, che viene solitamente evitata aumentando l’apporto alimentare di fibre oppure utilizzando emollienti delle feci.

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Questi farmaci possono accentuare gli effetti del warfarin, o se somministrati a breve distanza di tempo l’uno dall’altro possono anche legare il warfarin. In corso di terapia con anticoagulanti cumarinici, le resine vanno usate con cautela o evitate del tutto. Le resine non devono essere somministrate contemporaneamente agli ormoni tiroidei esogeni, agli ormoni sessuali, al prednisone o alla digossina, tutte sostanze che possono essere legate dal farmaco nell’intestino tenue. Questi farmaci devono essere somministrati con almeno 2 h di anticipo rispetto alla prima dose di resina della giornata.

- L’acido nicotinico (niacina): inibisce la secrezione di VLDL da parte del fegato, riducendo così i livelli di VLDL-C e LDL-C. Nei pazienti affetti da CAD, esso riduce l’incidenza di infarto miocardico ricorrente e la mortalità. L’effetto collaterale di eruzione cutanea può essere migliorato dall’assunzione di aspirina, 80-325 mg 30-60 min prima di assumere l’acido nicotinico, ma nell’anziano l’aspirina può provocare a sua volta effetti collaterali a livello gastro intestinale. Le formulazioni di acido nicotinico a rilascio rapido, sono da preferire a quelle a rilascio prolungato, poiché con queste ultime l’epatotossicità sembra essere più frequente e più grave. Se possibile, l’acido nicotinico non va utilizzato in associazione con una statina, perché aumenta il rischio di miosite e di epatotossicità.

- Gli inibitori della HMG-CoA reduttasi (statine): bloccano la biosintesi intracellulare del colesterolo e costringono le cellule a sintetizzare un maggior numero di recettori per le LDL, aumentando così il catabolismo del colesterolo LDL. Le statine comprendono l’atorvastatina, la cerivastatina, la lovastatina e la simvastatina. Al di là del solo effetto ipocolesterolemizzante, si sono dimostrate utili nella prevenzione della cardiopatia ischemica nel paziente anziano; il loro effetto farmacologico antischemico può definirsi “complesso” agendo oltre che sull’equilibrio lipidico, sulla disfunzione endoteliale, sull’emoregolazione, sull’ossido nitrico, sulla stabilità della placca ateromasica e sul cosiddetto rimodellamento miocardico ed arterioso. Vista l’alta incidenza di patologie nell’anziano, tra le quali è presente anche l’insufficienza renale cronica, bisogna fare particolare attenzione alla scelta di statine efficaci e ben tollerate a livello renale come l’atorvastatina.27

Gli effetti sfavorevoli sono relativamente rari e generalmente transitori, ma poiché vi può essere un aumento degli enzimi epatici (particolarmente delle transaminasi), prima del trattamento è bene eseguire i test di funzionalità epatica ripetuti dopo l’inizio della terapia o dopo l’aumento del dosaggio e successivamente ogni 6 mesi. Non provocano stipsi, punto a favore per il trattamento degli anziani. Se, a seguito del trattamento con statine, la trigliceridemia rimane elevata, il paziente anziano deve essere trattato con gemfibrozil, per evitare che l’evento aterosclerotico si ripresenti.

- Il gemfibrozil: aumenta l’idrolisi dei VLDL-TG e la sintesi di HDL-C e di apolipoproteina A-I. questo risulta essere il farmaco di elezione nei pazienti anziani affetti da ipertrigliceridemia e ipoalfalipoproteinemia. Questo farmaco riduce i livelli di LDL-C e di TG e in associazione con statine può essere necessario per i pazienti ad alto rischio di CAD che mostrano segni evidenti di aterosclerosi.

27Musumeci G. et al (2010) La malattia cardiovascolare nell’anziano: strategie di prevenzione e trattamento. [G Ital

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Poiché nei pazienti in terapia combinata con gemfibrozil e statine è stata descritta la comparsa di miopatia, rabdomiolisi, mioglobinuria e danno renale, si raccomanda di riservare questa terapia alla prevenzione secondaria di CAD, non utilizzarla se i pazienti hanno un valore di clearance della creatinina molto basso (anziani), poiché aumenta il rischio di miopatia.

ANGINA PECTORIS

“È una sindrome clinica causata da ischemia miocardica caratterizzata da dispnea, oppressione o dolore e scatenata tipicamente dall’esercizio; è risolta dal riposo o dalla nitroglicerina sublinguale.”

Il dolore anginoso ha maggiori probabilità di essere interpretato diversamente, come ad esempio dovuto a malattia articolare, vista l’elevata incidenza di tali patologie a livello muscoloscheletrico nel paziente anziano.

Per quanto concerne la terapia farmacologica:

- I nitrati: prevengono e risolvono l’angina. La nitroglicerina, in compresse sublinguali o spray sublinguale è il farmaco usato più comunemente per risolvere un attacco acuto di angina avendo un effetto immediato e di breve durata, mentre i nitrati a lunga durata d’azione aiutano a prevenire gli episodi ricorrenti di angina. Frequentemente sono utilizzati: l’isosorbide dinitrato, l’isosorbide mononitrato e la nitroglicerina come cerotto cutaneo (particolarmente indicata nei pazienti anziani frequentemente sottoposti a politerapia per via orale). Gli anziani sono più sensibili degli adulti all’ipotensione posturale a causa di: ipovolemia, uso concomitante di vasodilatatori, eventuale presenza di valvole venose danneggiate e un riflesso barocettivo danneggiato. Si evidenziano altri effetti collaterali quali: sincope e riduzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso; è quindi consigliabile evitare cambi di posizione frequenti e controllare la pressione arteriosa, oltre a istruire in paziente circa la modalità di assunzione del farmaco sublinguale (da seduti).

- I β-bloccanti: sono efficaci nel prevenire l’ischemia miocardica da sforzo. Negli anziani si preferisce utilizzare il metoprololo e l’atenololo che, essendo cardioselettivi, hanno una probabilità minore di provocare broncospasmo in pazienti affetti da BPCO; si preferisce utilizzare farmaci idrofili (atenololo) con minori effetti collaterali a livello centrale. - Il calcio antagonisti non diidropiridinici come verapamil e diltiazem, sono utilizzati

quando i nitrati e i β-bloccanti sono controindicati e, pur avendo un profilo di tollerabilità favorevole, espongono il paziente al rischio di effetti collaterali; il rallentamento della conduzione atrio-ventricolare avviene in modo analogo nei giovani e negli anziani, ma la riduzione della frequenza cardiaca può risultare più marcata nei soggetti anziani. I calcio antagonisti diidropiridinici come amlodipina o felodipina sono utili nei pazienti con insufficienza cardiaca. Agiscono prevalentemente a livello arterioso e i possibili effetti collaterali possono essere: cefalea, edemi e tachicardia.

INFARTO MIOCARDICO

“Necrosi miocardica ischemica di solito deriva da una improvvisa riduzione del flusso ematico coronarico in un segmento miocardico.”

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Un MI (infarto miocardico) acuto, clinicamente riconosciuto o non riconosciuto, si verifica nel 35% delle persone anziane e il 60% delle ospedalizzazioni dovute a MI acuto si verifica in persone oltre i 65 anni. Il problema maggiore in questa categoria di pazienti è quello di tendere a ritardare maggiormente la ricerca di assistenza medica dopo l’inizio del dolore toracico o di altri sintomi di presentazione dell’MI.

La terapia farmacologica dell’anziano, non differisce in modo sostanziale da quella del paziente più giovane28, nonostante l’età avanzata condizioni negativamente la risposta a terapie che nel

giovane si sono dimostrate molto efficaci. Per alcuni farmaci, la posologia andrà opportunamente ridotta in relazione alle modificazioni farmacocinetiche e /o farmacodinamiche associate all’invecchiamento.

Tra i farmaci utilizzati per la terapia farmacologica abbiamo:

- Aspirina (ASA) La somministrazione di aspirina per via orale, alla dose di 160-325 mg/die deve essere iniziata il prima possibile (entro 24 ore) in tutti i pazienti con IM acuto, eccetto in caso di allergia o di ulcera peptica in fase attiva (in caso di allergia ad ASA, possono essere utilizzati altri antiaggreganti piastrinici come dipiridamolo e ticlopidina). L’efficacia dell’acidoacetilsalicilico in pazienti ultrasessantacinquenni, è provata da uno studio29 secondo il quale la mortalità a seguito di IMA è ridotta globalmente del 22% dal trattamento con ASA ed è minore in coloro che hanno assunto ASA rispetto ai non trattati. Nonostante ciò, circa un terzo dei pazienti anziani con IMA, pur non presentando controindicazioni al trattamento con ASA, non riceve il farmaco nei due giorni successivi al ricovero e tale terapia viene adottata con minore frequenza con l’aumentare dell’età. Dopo infarto miocardico acuto, si deve intraprendere una terapia cronica con ASA a basse dosi.

- β-bloccanti Sono indicati in tutti i pazienti entro 12 ore dall’inizio dei sintomi, purchè non siano presenti controindicazioni; l’uso a lungo termine di propranololo, timololo e metoprololo riduce le frequenze di MI ricorrente e di morte cardiaca improvvisa più nei pazienti anziani che in quelli giovani.

- ACE-inibitori: molti studi30 hanno dimostrato chiaramente che l’utilizzo dovrebbe essere

esteso a tutti i pazienti con IMA che non presentano controindicazioni (pressione sistolica < 100 mmHg, insufficienza renale clinicamente rilevante, allergia nota). Nell’anziano, la terapia con ACE-inibitori dovrebbe essere iniziata con dosi più basse, per evitare il rischio di ipotensione e continuata anche dopo la dimissione a seguito di IMA. Questa famiglia di farmaci, portano a riduzione del rischio di morte e di insufficienza cardiaca grave a seguito di infarto miocardico, maggiormente nei pazienti anziani che in quelli giovani.

- Calcio-antagonisti: Sebbene i bloccanti dei canali al calcio siano generalmente ben tollerati nel paziente anziano, l’utilizzo di questi farmaci durante un infarto miocardico acuto non è raccomandato perché non sono stati riscontrati notevoli benefici. Solo in

28 Marini M. et al, (2001) Linee guida per il trattamento dell’infarto miocardico acuto nell’anziano. [GIORN GERONT

2001; 49: 13-31].

29 Krumholz HM et al. (1995) Aspirin in the treatment of acute myocardial infarction in elderly Medicare

beneficiaries. Patterns of use and outcomes [Circulation 1995; 92:2841-7].

30 Maggioni AP. et al, (1999) How to use ACE-inhibitors, beta- blockers, and newer therapies in AMI. [Am Heart J

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pazienti con controindicazioni all’utilizzo dei beta-bloccanti, il verapamil e il diltiazem possono essere utilizzati per ridurre la frequenza ventricolare.

TROMBOSI VENOSA PERIFERICA

“Presenza di un trombo in una vena profonda”.

L’incidenza di tale patologia aumenta con l’età ed è molto frequente negli anziani in quanto, l’immobilizzazione e la vita sedentaria, possono portare a stasi venosa e predisporre alla trombosi. Ogni condizione che aumenta l’ematocrito aumenta la viscosità ematica e comporta una più alta incidenza di trombosi; le cause comuni di elevato ematocrito negli anziani sono: la disidratazione, le patologie polmonari, il fumo e la policitemia.

La terapia farmacologica nella trombosi venosa profonda ha l’obiettivo di prevenire l’embolia polmonare e l’insufficienza venosa cronica.

- Eparina: per ovviare all’inconveniente della trombocitopenia, può essere usata l’eparina a basso peso molecolare, somministrata in dose fissa che non richiede monitoraggio ematico. Questo tipo di formulazione può essere utilizzata nel trattamento di pazienti che siano mentalmente competenti e non soffrano di malattie cardiopolmonari. Gli effetti dell’eparina nel paziente anziano non sono diversi da quelli riscontrati nel paziente adulto.

- Warfarin: gli anziani sono più sensibili al warfarin rispetto ai pazienti più giovani e pertanto i dosaggi sono inferiori. Nella terapia con warfarin, il tempo di protrombina deve essere controllato frequentemente e mantenuto stabile.

La terapia a lungo termine con warfarin è generalmente controindicata nei pazienti con età maggiore di 80 anni e nei pazienti più fragili con età maggiore di 70 anni poiché molti di loro, a causa di disturbi artritici o neurologici, cadono frequentemente e potrebbero manifestare emorragie.

Questo farmaco subisce innumerevoli interazioni con altri farmaci, con prodotti erboristici e con diversi cibi (soprattutto quelli ricchi in vitamina K) e pertanto bisogna monitorare frequentemente lo stile di vita e i farmaci da banco o preparati erboristici in uso nel paziente anziano, scongiurando reazioni avverse a volte anche gravi.

- Fibrinolitici: nei pazienti con grave trombosi della vena iliaco-femorale ed edema massivo, che sono a rischio alto di insufficienza venosa cronica, bisogna considerare la terapia con fibrinolitici quali: streptochinasi, urochinasi, attivatore del plasminogeno tissutale. Il rischio di sanguinamento è più alto con questi farmaci ed aumenta notevolmente con l’età, infatti più il paziente è anziano, maggiore è il rischio di sanguinamento.

INSUFFICIENZA CARDIACA

“Condizione in cui la gittata cardiaca è insufficiente a soddisfare le richieste fisiologiche”

Questa patologia è frequente nelle persone con età > 65 anni e la sua prevalenza aumenta esponenzialmente dopo i 70 anni di età. Purtroppo, nei trials clinici la percentuale di pazienti anziani arruolata è scarsa, nonostante nella pratica clinica la maggior parte dei pazienti affetti da

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tale patologia siano anziani. Pertanto, sono necessari ulteriori studi sul trattamento dell’insufficienza cardiaca in questa categoria di pazienti.31

Tabella 5: classificazione NYHA dell’insufficienza cardiaca32

Classe NYHA Sintomi

I Nessuna limitazione, una normale attività fisica non provoca senso di fatica inadeguato, affanno e palpitazioni.

II Lieve limitazione dell’attività fisica, il paziente non presenta sintomi a riposo ma l’esercizio fisico provoca un senso di fatica eccessivo, palpitazioni, affanno.

III Marcata limitazione dell’attività fisica, il paziente non presenta i sintomi a riposo, ma li avverte non appena intraprende una minima attività fisica.

IV Grave limitazione dell’attività fisica, i sintomi di scompenso cardiaco sono presenti anche a riposo.

Il trattamento deve essere mirato alla riduzione dei sintomi, al miglioramento della qualità della vita e alla prevenzione delle esacerbazioni acute e delle ospedalizzazioni.

La terapia farmacologica negli anziani è iniziata a dosi basse e aumentate gradualmente, fino a ottenere la dose di mantenimento; inoltre, la terapia deve essere individualizzata, poiché i pazienti anziani spesso hanno una riserva fisiologica limitata e problemi medici concomitanti. Nella maggior parte dei trial clinici,

I farmaci maggiormente utilizzati negli anziani sono:

- ACE inibitore: si somministra inizialmente in pazienti con scompenso cardiaco senza edemi significativi e con sintomi solo lievi, e in alcuni casi può essere il solo farmaco richiesto, ma se sono presenti sovraccarico di volume ed edema, la terapia va iniziata con un diuretico, poi sospeso prima di iniziare la terapia con ACE inibitore. L’effetto collaterale più fastidioso è la tosse secca che compare prevalentemente nei pazienti anziani e nelle donne. Pazienti molto anziani, con pressione sistolica di base < 100 mmHg, con deplezione di volume dovuta a diuresi eccessiva e con iponatremia, possono manifestare ipotensione a seguito di somministrazione delle prime dosi di ACEinibitore.

- Diuretici: i diuretici sono da utilizzare con cautela nei pazienti con scompenso cardiaco da moderato a grave che presentano sovraccarico di sodio e volume. Questi farmaci sono utilizzati in EV a seguito di un evento acuto (edema polmonare o pressione arteriosa aumentata) e, una volta ridotta la sintomatologia associata a tale evento, si deve utilizzare una dose più bassa in modo da mantenere il paziente in uno stato di euvolemia. Molti anziani hanno una dose-soglia di risposta ai diuretici, al disotto della quale si ha diuresi minima. Una dose singola al mattino, più alta della dose-soglia, può essere utile per

31 Frigerio M. et al (2000) Linee guida “insufficienza cardiaca”. [A.O. “Ospedale Niguarda Ca’ Granda” - Milano]. 32 Tabella 5: classificazione NYHA (New York Heart Association): classificazione dello scompenso cardiaco (o

insufficienza cardiaca) che ne identifica 4 classi funzionali delle attività che il paziente, in base allo stadio della patologia, è in grado di svolgere. [http://www.geriatria.unimo.it/scompenso%20cuore.htm].

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mantenere la diuresi; negli anziani, si devono evitare dosi ripetute di diuretico durante il giorno, in modo da non aggravare l’incontinenza urinaria che colpisce molti di essi. - Digossina o altri digitalici: la terapia con digitalici è importante nell’insufficienza cardiaca

sintomatica in quanto la digossina può alleviare i sintomi e ridurre incidenza di esacerbazioni dello scompenso cardiaco. La digossina ha effetti tossici particolarmente rischiosi per la popolazione geriatrica in quanto aumenta la tendenza a sviluppare aritmie a seguito della presenza di ipokaliemia, ipomagnesiemia, ipossiemia (a seguito di affezioni polmonari) e aterosclerosi a livello delle coronarie. Nonostante ciò è indicata per risolvere i sintomi dello scompenso cardiaco che persistono anche a seguito di terapia con ACE-inibitori e diuretici, di solito nei pazienti con scompenso cardiaco classe NYHA III o IV. Nei soggetti anziani l’emivita della digossina può aumentare del 50% o più e pertanto risulta complesso stabilire il dosaggio esatto della digossina, considerando anche la funzionalità renale compromessa in questa classe di pazienti.

- Bloccanti dei recettori dell’angiotensina II: questi farmaci antagonizzano direttamente l’angiotensina II a livello dei recettori di membrana. Sono una alternativa razionale agli ACEinibitori quando il paziente anziano non riesce a tollerare la tosse; inoltre, in uno studio33 effettuato nei pazienti anziani sull’utilizzo del losartan, si è visto come questo

farmaco migliori la tolleranza per l’esercizio e la qualità della vita, riducendo la pressione arteriosa durante uno sforzo in pazienti con disfunzione diastolica.

2.2. Diabete

Con l’avanzare dell’età aumentano progressivamente l’incidenza del diabete mellito e la diminuzione della tolleranza al glucosio o IGT (Imparied Glucose Tolerance). IGT o prediabete è una patologia che precede il diabete di tipo 2, in cui la glicemia risulta essere maggiore del normale, ma non è così alta da permettere al medico di diagnosticare il diabete. Ciò che la distingue dal diabete è la reversibilità della condizione a seguito della limitazione delle calorie e dei grassi, con l’aumento di esercizio fisico e la perdita di peso. È fondamentale tenere sotto controllo la condizione di prediabete, in modo da scongiurare il comparire del diabete vero e proprio, che esporrebbe il paziente anziano ad un rischio cardiovascolare di circa tre volte superiore rispetto ad un paziente in cui il diabete non è presente.

Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia metabolica caratterizzata da elevati livelli di glicemia, riduzione della secrezione insulinica e incremento della resistenza insulinica. Si differenzia dal diabete mellito di tipo 1 in cui vi è una carenza assoluta di insulina a causa della distruzione delle isole del Langherans del pancreas. Secondo gli annali AMD 2008 il 61.9% della popolazione diabetica di tipo 2, ha una età superiore a 65 anni, con un incremento dal 2004 del 3%34. Quindi

il diabete nell’anziano rappresenta un grosso problema dal punto di vista della gestione sanitaria, con particolare riguardo all’attuazione della terapia e ai costi. Linee Guida internazionali così

33 The Merck manual of geriatrics

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