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I santuari ad corpus

1.1 Silano e Felicita

1.1.2. Fasi architettoniche del santuario ipogeo

Scavata nel primo piano della catacomba di Massimo, la basilica ipogea, dalla forma vagamente trapezoidale229 (fig. 4, tav. I A-B-C) e dall’orientamento N-S, presentava lungo l’intero lato meridionale un ampio scalone di dodici gradini230 (figg. 5, 6- Tav. II A-B-C), il quale affiancandosi alla scala originaria (fig. 7), che discende parallela al lato occidentale della basilica, facilitava il flusso di pellegrini che si recavano a pregare sulla tomba del martire Silano.

La parete nord (tav. III A-B-C), costituita dal tufo originario, presenta sul lato Ovest tre loculi sovrapposti231 (fig. 8), tamponati da mattoni moderni, ma in antico probabilmente coperti dall’intonaco che ricopriva l’intera basilichetta e sul quale venne realizzato l’affresco raffigurante Felicita e i suoi sette figli, le cui labili tracce rimaste sono visibile sul lato orientale della medesima parete232.

A eccezione della parete di fondo appena descritta, l’intero circuito perimetrale della basilica è costituito da murature realizzate in opera listata di buona fattura233, le quali, oltre ad ostruire gli accessi alle gallerie cimiteriali che si aprivano sul lato orientale del santuario, si addossano ad una struttura preesistente, realizzata anch’essa in opera listata. Tali preesistenze sono visibili, se pur a fatica a causa di una fitta grata non asportabile, da un’apertura realizzata nella parete orientale a poca distanza dallo scalone.

Lungo il lato occidentale (tav. IV A-B-C) e orientale (tav. V A-B-C) sporgono, rispetto al profilo delle murature perimetrali, due coppie di pilastri, sistemati in posizione non simmetrica, nella cui parte superiore234 è ancora in parte visibile lo spiccare dell’arco. La loro costruzione si rese probabilmente necessaria per contravvenire ad una serie di problemi statici legati verosimilmente o al sostegno di una

229 Metri 13,65 x 5,56 lato meridionale x 3,08 lato settentrionale.

230 Lo scalone venne in età moderna limitato ai primi quattro gradini del settore occidentale. Una pianta

conservata negli archivi della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra riporta l’assetto planimetrico prima dei lavori di restauro avvenuti nel 1908.

231 de Rossi 1884-1885, p. 153; Spera 1997, p. 208, nota 94. 232 Sulla descrizione della pittura vedi infra, pp. 117-118.

233de Rossi 1884-1885, pp. 171-172; Spera 1997, pp. 208-209. La muratura è caratterizzata da filari

struttura sovrastante235 e/o alla scarsa compattezza del banco tufaceo che metteva in pericolo la staticità della struttura236.

Leggermente più complessa, a causa dei pochi dati conservatesi, risulta essere la ricostruzione della suddivisione degli spazi interni a cui certamente sono da riferire le due coppie di colonne, delle quali sono ancora visibili le due basi della fila meridionale e una di quella settentrionale237 (fig. 9). E’ piuttosto probabile che la coppia di colonne meridionale, perfettamente in linea con i pilastri laterali, sostenesse un triplice arco, il quale messo in relazione con il livello ribassato della volta, nell’area compresa tra la grande scala e le due colonne, sembrerebbe far pensare ad una sorta di nartece antistante lo scalone d’accesso alla basilica ipogea.

Per quanto concerne le due colonne238di dimensioni inferiori e poste ad un livello superiore non è possibile stabilire a quale fase appartengano. L’assenza di una scavo del monumento, non fornisce, infatti, dati certi per un’ ipotesi ricostruttiva. Sulla base di quando è ancora visibile è solo possibile affermare, che queste non sembrerebbero potersi riferire ad una suddivisione in navate dell’ambiente e che forse vadano attribuite ad una fase distinta rispetto a quella che vide la messa in opera delle due colonne meridionali.

Ai piedi della parete settentrionale rimangono pochi resti di quello che doveva essere la tomba-altare (figg. 10-11), e che al momento della scoperta venne così descritta dal de Rossi: “Il vano dei quattro muriccioli, sui quali fu collocata la mensa

quadrilunga, era interamente vuoto e privo di reliquie asportate in antico. V’era rimasta soltanto una lastra di marmo adoperata come rivestimento del loculo interno; la quale aveva prima servito ad un altro loculo nel cimitero, come dimostra il seguente titolo in lettere non belle del secolo in circa terzo. La faccia scritta era nascosta ed applicata alla parte de muricciolo”239.

234 L’inizio dell’arcata è particolarmente visibile nel pilone meridionale del lato destro. 235 de Rossi 1884.1885, p. 172.

236 Spera 1997, p. 209, nota 99. La scelta da parte dei fruitori del cimitero di proseguire gli scavi a livelli

più bassi fa, infatti, supporre che il banco tufaceo del primo livello non fosse dei più resistenti.

237 de Rossi 1884-1885, p. 172; Spera 1997, p. 209.

238 Solo la base del lato occidentale è ancora conservata in situ. Della base orientale, invece, rimane

visibile solamente il massetto realizzato in opera laterizia sul qual poggiava.

L’altare, come evidenziato dal de Rossi240, non risulta essere in linea con l’asse della basilica, ma è leggermente spostato verso est. La mancata assialità, riscontrabile in altri contesti cultuali, si rese quasi certamente necessaria allo scopo di far coincidere l’altare con il luogo dove in origine era la tomba del martire241.

Il corpo di Silano, infatti, come già indicato in precedenza242, fu probabilmente riposto in uno dei loculi bassi che si trovavano sulla parete meridionale della galleria A1, in seguito abbattuta per la creazione della basilichetta. L’abbattimento non riguardò però il loculo del martire che non solo venne salvaguardato, ma fu rivestito esternamente in muratura, così da rafforzare le pareti tufacee indebolite dallo sconvolgimento strutturale circostante, ed intermente da lastre di marmo di riuso.

Alcuni interventi murari posteriori, a quelli fin ora citati, sono chiaramente distinguibili nel tessuto murario del santuario e delle gallerie ad esso limitrofe. Nell’angolo nord-est, dove si apre la galleria retrosanctos A3 (A8 Spera), il cui rivestimento murario è realizzato in soli tufelli, sono, infatti, evidenti reintegrazioni caratterizzate dalla messa in opera di pezzi di travertino, di grandi e piccoli blocchi di tufo e di mattoni243 (fig.12).

All’opera listata originaria venne, invece, poggiato, sul lato ovest della parete di fondo, un pilastro di grandi dimensioni, la cui realizzazione è caratterizzata da grandi blocchi di tufo tra i quali si rintracciano anche laterizi frammentari e piccoli tufelli (fig. 13).

Per meglio comprendere le diverse fasi architettonico-decorative del santuario, necessita precisare che la realizzazione dell’imponente pilastro fu certamente posteriore all’intonacatura della parete settentrionale244, poiché, nell’angolo nord-ovest sono

240 de Rossi 1884-1885, p. 172.

241 Tale esigenza è, infatti, a titolo esplicativo, riscontrabile nella basilica di S. Alessandro al settimo

miglio della via Nomentana (cfr. Ficocchi Nicolai 2002), nella basilica dei ss. Marcellino e Pietro sulla via Labicana (cfr. Guyon 1987), in quella s. Ippolito sulla via Tiburtina (cfr. Bertoniére 1985) e in quella di S.Tecla (Fasola 1970, pp.193-288).

242 Vedi supra, pp. 65-67. 243 Spera 1997, p. 209.

244 Su tutta la superficie della basilica sono riscontrabili resti di intonaco riferibili a due distinte fasi

decorative: la prima, caratterizzata da un intonaco bianco, è ancora visibile sul lato occidentale; la seconda, invece, caratterizzata dalla raffigurazione di Felicita e dei sette figli, occupa la parete settentrionale.

visibili tracce di scialbatura, realizzata per uniformare il nuovo sostegno alle pareti adiacenti in precedenza intonacate245 (fig. 14).