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5.1. Notula oleorum

E’ possibile tramite questo documento157 rintracciare notizie topografiche utili, ma il suo valore principale non è tanto quello topografico, ma quello storico. In esso infatti, sono certamente menzionati i martiri e i santi che riscuotevano maggiore venerazione a Roma nel VI secolo. Questa affermazione è avvalorata proprio dai pittacea da noi presi in esame, riguardanti il gruppo agiografico di Felicita e dei suoi sette figli.

Pittacium VIII

sancta Felic[itas cum septem filios su]os sanctus Bonifatius sanctus Hermis

sanctus [Pr]otus sanctus[--- sanctus M]aximilianus sanctus Crispus [sanctus Her]culanus [ --- sancta Ba]silla.

Pittacium IX

[sedes ub]i p[rius] sedi[t sanctus Petrus et oleo

[--- sanctus Al]exander [san]ctus Martialis sanctus [Mar]cell[us]

[--- sanct]i Silvestri sancti Felic[is] sancti Fi[l]ippi et a[lio rum mult]orum sanctorum

157Si tratta di una list degli oli dei martiri sepolti a Roma, raccolti da un certo Giovanni, incaricato dalla

regina Teodolinda, come indicato nella sua parte finale: “ quas olea sancta tenporibus domni Gregorii papae

adduxit Iohannis, indignus et peccator, domnae Theodelindae reginae, de Roma”. Il raccoglitore riportò su

Pittacium X

sancti Seva[sti]ani sanctus Eu[tycius sanctus Q]uirin[u]s

sanctus Valerianus [sanctus Tibur]tius sanctus Maxim[u]s sanctus Orba[nu]s sanctus Ia[nua]rius

Notula

[sanctae Feli]citatis cum septem filios s]uos sancti Bon[ni]f[a]ti sancti Hermitis sancti Proti sancti Iacynti sancti Maximiliani sanctus Crispus sanctus Herculanus sanctus Bauso sancta Basilla

Oleo de s[i]de ubi prius sedit sanctus Petrus

Sancti Vitalis Sancti Alexandri Sanctus Martialis Sanctus Marcellus Sancti Silvestri Sancti Felicis

Sancti Filippi et aliorum multorum sanctorum

Sancti Sevastiani Sancti Eutycii Sancti Quirini Sancti Valeriani Sancti Tiburtii Sancti Maximi Sancti Orba[ni] Sancti Ianuarii

Nei pittacea analizzati e nella corrispondente sezione della notula vengono in un certo modo confusi i martiri della Salaria Vetus e della Salaria Nuova. A questa ultima appartiene il sepolcro della martire Felicita. Il raccoglitore Giovanni, probabilmente tratto in inganno dalla pittura murale, raffigurante Felicita tra i suoi sette figli, ha creduto che tutti gli otto martiri fossero sepolti insieme nella basilica di Felicita158.

Malgrado l’errore il documento riveste una discreta importanza poiché dimostra che nel VI secolo il culto della martire Felicita e dei suoi sette figli era ancora assai diffuso sia a livello ufficiale che popolare159.

5.2. Itinerari altomedievali

Le tombe apostoliche e i sepolcri dei martiri disseminati nel suburbio della città di Roma, fin dalla più alta antichità, furono meta di fedeli provenienti da ogni parte del mondo.

Numerose sono le fonti letterarie, già nel IV secolo, che ci attestano l’abitudine da parte dei fedeli di recarsi a pregare sulle tombe dei martiri. Eusebio di Cesarea, nella Teofania, scritta intorno al 333, ricorda le “miriadi di anime accorrenti da ogni parte dell’Impero “ al sepolcro di Pietro, divenuto sede di “un grande santuario e tempio di Dio”160. Girolamo, intorno al 365, mette in evidenza come contemporaneamente alle celebrazioni ufficiali si andasse delineando la tendenza a visitare sistematicamente le cripte dei martiri161. Prudenzio, nell’inno dedicato al martire Ippolito, fa menzione dei peregrini, che, nei primissimi anni del V secolo, si recavano a Roma per venerare il suo sepolcro nel giorno dell’anniversario della morte162.

E’ però durante il VI e VII secolo che il fenomeno del pellegrinaggio ai santuari romani assume proporzioni macroscopiche sia nell’ottica delle trasformazioni monumentali dei santuari, sia in relazione alle modalità e alla consistenza della frequentazione, la quale accentua i caratteri di “internazionalità”163.

E’ infatti in questo periodo che nascono delle vere e proprie guide per i pellegrini, gli

itineraria, i quali bene illustrano le dinamiche del fenomeno devozionale, documentando

tutti gli spostamenti necessari per la visita dei santuari martiriali, arricchiti da indicazioni topografiche precise e riscontrabili nei contesti meglio conosciuti.

Tre sono gli itinerari più importanti, noti con il nome di Notitia ecclesiarum urbis

romae, De locis sanctis martyrum e Itinerario Malmesburiense, compilati nel periodo

compreso tra il pontificato di Onorio I ( 625-638 ) e la metà circa del VII secolo. Queste

160 Euseb.Caes., Theoph., IV, 7 = GCS, III/2, p. 175.

161 Hier., in Ezech.,XII, 40, 245, in P.L. XXV, p. 375: “Dum essem Romae puer, et liberalibus studiis

erudirer, solebam cum caeteris eiusdem aetatis et propositi, diebus Dominicis, sepulcra apostolorum et martyrum circuire; crebroque cryptas ingredi, quae in terrarum profunda defossae, ex utraque parte ingredentium per parietes habent corpora sepultorum, et ita obscura sunt omnia, ut propemodum illud propheticum compleatur: ‹‹ Descendant ad infernum viventes ››: et raro desuper lumen admissum, horrorem temperet tenebrarum [...] rursumque pedetemptim acceditur et caeca nocte circumdatis illud Virgilianum proponitur ‹‹ Horror ubique animos, simul ipsa silentia terrent››”.

162 Prud., Prist., XI, 191-192,199-208.

guide offrivano ai visitatori un elenco completo degli oltre quaranta santuari martiriali disseminati nel suburbio romano, elencandoli in ordine topografico sulla base delle via consolari.

La Notitia Ecclesiarum, datata alla fine del terzo decennio del VII secolo 164, è il solo documento che in ogni sua parte descrive un itinerario vero e proprio, un percorso materiale eseguito lungo la viabilità e i diverticoli secondari. Il De locis sanctis

martyrum, datato tra il 648 e il 683165, e l’Itinerario Malmesburiense, datato tra il 648 e il 682166, contengono di norma solo un semplice elenco, topograficamente ordinato, dei santuari situati lungo le vie consolari, secondo una sequenza che inizia di volta in volta dalle porte urbane e procede verso la campagna. Solo di rado, anche il Malmesburiense, come la Notitia Ecclesiarum, descrive un vero e proprio iter lungo la viabilità secondaria, contribuendo a definire i percorsi compiuti dai pellegrini.

Un’ ultimo documento che deve essere preso in esame è l’itinerario contenuto nel codice 326167.

164 La datazione si basa principalmente sul grande risalto che il compilatore del documento dà ai lavori di

costruzione svolti da papa Onorio I (625-638). In particolar modo tra le chiese menzionate dal redattore della Notitia compare la basilica dedicata a S. Valentino, che sappiamo dal Liber Pontificalis esser stata dedicata da papa Teodoro (642-649). Si può quindi supporre che al momento della redazione del documento la costruzione della basilica fosse appena iniziata. Inoltre si è certi che il documento non sia posteriore al 648 poiché non viene fatta menzione della traslazione dei corpi di Primo e Feliciano nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo al Celio avvenuta in quell’anno.

165 La datazione di questo documento è basata sul dato che il compilatore sia a conoscenza del trasferimento

della testa di s. Anastasia alle Tre Fontane avvenuta nel 648-649, ed ignori, invece, la traslazione nella chiesa intramuraria di S. Balbina delle reliquie di Simplicio, Faustina e Beatrice, avvenuta sotto il pontificato di Leone II (682-683).

166 La datazione del documento è data dalla conoscenza del redattore della traslazione di Primo e Feliciano

nella chiasa del Celio avvenuta nel 648, ed ignora invece la traslazione nella chiesa di s. Balbina dei martiri di Generosa Simplicio, Faustina e Beatrice, avvenuta sotto il pontificato di Leone II (682-683).

167 de Rossi 1864-1877, vol. I, p. 154; Lanciani 1891, coll. 445-446; Huelsen,1907, pp. 382-384; Valentini-

Zucchetti 1942, pp.155-162. All’interno del codice sono riportati due distinti itinerari. Il primo, frammentario è legato alla silloge epigrafica ed è datato al VII secolo, contemporaneo quindi degli altri itinerari sopra menzionati. Il secondo, datato al IX secolo, che riporta 13 percorsi, quasi tutti urbani, sembrerebbe essere la sintesi del primo itinerario frammentario. La compilazione dell’itinerario ha come termine ante quem la fondazione della città Leoniana, poiché essa non compare nella descrizione, e come termine post quem il 789-790 poiché le diaconie di s. Sergio e Bacco sono ricordate restaurate.

L’autore, a contrario di quelli degli itinerari precedentemente menzionati, deve aver redatto la guida non sulla base di un percorso reale, ma “a tavolino”, servendosi di una pianta di Roma. Ciò sembrerebbe confermato dal fatto che gli edifici che egli indica a destra o a sinistra di un determinato asse viario, non fiancheggiano sempre materialmente la via, ma in alcuni casi sono talmente lontani che solo attraverso la visione di una pianta di Roma potevano essere ricollegati ad un preciso asse viario. Questa sinteticità ed approssimazione delle notizie rendono questo documento di limitata utilità per la ricostruzione topografica della distribuzione dei santuari nel suburbio, rimanendo comunque una fonte utile in quanto chiarisce quali fossero i santuari ancora in uso tra la fine dell’VIII e gli inizi del IX secolo.

Dall’incrocio delle informazioni fornite da questi documenti è possibile ricucire il quadro della “ topografia martiriale ”: una topografia caratterizzata da una eccezionale densità di presenze, che conferisce al suburbio un carattere di sacralità quale mai assunto nei secoli più antichi168.

Seguono i passi degli itinerari sopra indicati, relativi alle sepolture di Felicita e dei suoi sette figli: