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Federico Guillermo Lorenz: la costruzione di un’epica

Federico Guillermo Lorenz ha dimostrato una vera e propria ossessione nei confronti della guerra delle Malvine che risale alla sua adolescenza, quando, durante il conflitto, insieme ad altri ragazzi, avviò una corrispondenza con i soldati nelle Malvine. Durante la sua carriera accademica –è ricercatore sia del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas di Buenos Aires sia del Centre of Latin American Studies della Cambridge University– si è dedicato alla storia argentina, in

particolare alla violenza politica, al terrorismo di Stato e alla guerra delle Malvine, tema su cui è l’autore più prolifico. Tra le sue pubblicazioni si annoverano

Combates por la memoria. Huellas de la dictadura en la Historia (2007), Fantasmas de Malvinas. Un libro de viajes (2008), Malvinas. Una guerra argentina (2009), Las guerras por Malvinas 1982-2012 e Montoneros o la ballena blanca (2012), Unas islas demasiado famosas. Malvinas, historia y política (2013)

e Todo lo que necesitan saber sobre Malvinas (2014), senza considerare articoli213 e prefazioni che accompagnano numerose edizioni sia di testi di testimonianza che di finzione. Nel gennaio scorso è stato nominato direttore del Museo Malvinas y Islas de Atlántico Sur.

Il suo incessante lavoro per comprendere e ricostruire le dinamiche del conflitto l’ha portato a oscillare dalla storia alla finzione, Montoneros o la ballena blanca risulta il ponderato rimescolamento dei due generi. Il romanzo, forma per lui meno usuale, gli permette di evadere dai rigidi confini imposti dalla storia per inserire le suggestioni che ha avuto modo di raccogliere negli anni di ricerca. Abbiamo già riportato il punto di vista di Martín Kon in relazione all’analisi della letteratura prodotta dalla generazione a lui anteriore e da quella a cui appartiene. L’autore identifica come anti-eroi i protagonisti della letteratura fin qui prodotta e come farsesco e picaresco il terreno stilistico sul quale si muovono le narrazioni. Emblema del paradosso che scaturisce dalla realtà del conflitto e dalla natura anti- epica delle gesta che predominano nelle vicende narrate, i protagonisti coincidono con quanto sostenuto da Bachtin sulle conseguenze del crollo dell’epica, che si verifica con l’approssimazione al tempo presente o a quello futuro delle vicende. Nel caso specifico della narrazione della guerra delle Malvine, secondo Kohan anti- epica è lo strumento attraverso il quale la letteratura riesce a distinguersi dalla narrazione trionfalista della propaganda e da quella vittimista delle testimonianze. Con Montoneros o la ballena blanca Lorenz vuole dimostrare, invece, che è

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Per un approfondimento è possibile visitare la pagina delle pubblicazioni del sito dell’Instituto de Historia Argentina y Americana “Dr. Emilio Ravignani”:

possibile costruire un’epica «que no necesariamente pase por la idea de una “gesta nacional”, sino valores que arman comunidad entre los hombres en guerra»214. L’opera riesce negli obbiettivi che si prefigge, ovvero quelli di raccontare la figura del combattente attraverso protagonisti saldi nei valori di lealtà e disposti a dare la vita per la causa che condividono con i propri compagni. Per fare ciò pone al centro del romanzo, che narra l’impresa del recupero dell’arcipelago, un gruppo di Montoneros, sovversivi che nell’immaginario collettivo argentino rappresentano inequivocabilmente il simbolo dell’ideale democratico. In loro i valori di fedeltà nei confronti della patria e alla democrazia si fondono per dare vita a una lotta che corrisponde a quella per una giusta causa, una causa nazionale e popolare insieme, che si pone in contrasto con la violenta repressione della libertà perpetrata dal governo militare negli anni Settanta - Ottanta. Coinvolgendo i Montoneros Lorenz effettua un’operazione unica nel suo genere, poiché riunisce due elementi d’impatto della storia recente –la dittatura e la conquista delle isole– e ricollega l’episodio della guerra alla questione storico politica più estesa del terrorismo di Stato.

La prima scena del romanzo colloca il lettore nel mese di giugno del 1982, che coincide con la resa dell’Argentina durante la guerra delle Malvine, davanti allo scontro tra un ufficiale e un soldato entrambi argentini che, interrotti nella lotta, vengono fatti prigionieri dall’esercito nemico. L’episodio si pone in apertura come anticipazione della conclusione del romanzo che assume una struttura circolare. Il protagonista, che compare nelle vesti del soldato nella prima scena, è Ismael, un ex militante dei Montoneros che in seguito al numero di perdite subite e all’abbandono della cellula da parte di molti compagni, decide di ritirarsi insieme alla sua compagna Cuca, in quel momento incinta. Dopo diversi anni, nel 1979, il General, che era al comando della cellula dei Montoneros di San Fernando, decide di rimettere in piedi la cellula e di riprendere la lotta per ragioni politiche ma soprattutto personali: vendicare i compagni, mettere in scacco la dittatura e uccidere Romualdes, crudele repressore e acerrimo nemico del suo gruppo, che compare

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Gigena D., “5 libros para leer la guerra de Malvinas” in La nación, 30 marzo 2016, disponibile online: http://www.lanacion.com.ar/1884466-5-libros-para-leer-la-guerra-de-malvinas

nell’episodio che apre il romanzo nelle vesti dell’ufficiale argentino. La strategia proposta dal General è quella di intraprendere un’azione di risonanza nazionale che, terminata con successo, avrebbe permesso alla popolazione argentina di identificarsi tanto nelle gesta quanto nella posizione politica dei Montoneros. Il potere militare avrebbe di conseguenza perso terreno e l’impresa avrebbe raggiunto il suo obbiettivo, il crollo della dittatura militare. Riunita e ricostruita la cellula, anche grazie alle nuove leve, si pensa di attaccare il Cile e iniziare una guerra per il possesso del canale di Beagle, sventata qualche anno prima grazie all’intervento pacificatore di Papa Giovanni Paolo II. Percepito il disinteresse nazionale che non avrebbe quindi portato l’esito grandioso al quale aspiravano, decidono di raggiungere le Malvine e infiltrarsi nell’esercito argentino per riconquistare le isole.

La letteratura argentina ha atteso circa venticinque anni dal termine del conflitto perché i romanzi sulle Malvine affrontassero la narrazione dal fronte e raccontassero le battaglie. La guerra limpia nel caso di Montoneros o la ballena

blanca è centrale e presente nelle vicende dei protagonisti ma viene preceduta dalla guerra sucia, raccontata dal protagonista come un elemento del passato recente.

Ismael rinsalda quel legame tra i due eventi storici che hanno segnato il paese e diventa insieme ai suoi compagni anello di congiunzione tra i due episodi più sanguinosi della dittatura argentina. Paradossalmente gli scontri armati e le scene di battaglia che occupano la maggior parte del testo sono quelle che avvengono a Buenos Aires tra i Montoneros e i generali della dittatura. La loro organizzazione era fortemente gerarchizzata, e prende in prestito le suddivisioni dal linguaggio militare. Ci sono eserciti schierati, campi di battaglia e terre di nessuno nel lessico che l’autore sceglie in riferimento a entrambe le guerre. I ranghi della milicia dei Montoneros si suddividono in generales, coroneles e soldatos. Seguono le reclute identificate con il termine colimba215, lo stesso usato nell’esercito, il gruppo fa capo a un generale chiamato, appunto General, simbolo della totale fusione del ruolo con l’individuo che lo ricopre. La guerriglia urbana è descritta dalla pianificazione all’attacco e prende il nome di guerra: «Cuando los de la Triple A mataba a alguien

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del territorio, a veces podíamos devolverles el golpe, aunque la mayoría de las veces apenas llegábamos a tiempo para consolar a los padres y hacernos cargo de los hijos. Daba mucha bronca pero era la guerra»216. Nulla di tutto ciò lascia immaginare una distinzione tra le due guerre.

Il tema delle uccisioni dei militanti e della restituzione del loro corpo ai familiari permette all’autore di dimostrare i valori di lealtà e fratellanza che possiedono i suoi eroi. La riappropriazione del corpo e la necessità di offrirgli degna sepoltura è senza dubbio un topos letterario ed epico che risale agli albori della letteratura e si rispecchia nella necessità dimostrata dalla società argentina di dare degna sepoltura ai corpi, diventata durante e dopo la repressione di Stato un’urgenza che si manifesta nelle azioni dei movimenti per i diritti umani che continuano nell’incessante ricerca dei corpi dei desaparecidos. L’autore pone l’accento tanto sulla necessità quanto sull’urgenza del gesto, attraverso le parole dei protagonisti che evidenziano la brutalità degli espedienti adottati dal Proceso de Reorganización Nacional per privare le famiglie del diritto di rendere omaggio alle vittime: «El padre nos contó tiempo después que tenía un tiro en la frente y que parecía reírse. Tuvo que pagar para que le devolvieran el cuerpo del hijo»217.

Federico Lorenz struttura la narrazione sulla base dell’alternanza tra la storia che racconta e i documenti politici dell’epoca che inserisce a testimonianza della verosimiglianza delle sue narrazioni. Il romanzo attinge dalla storia per riprodurre elementi di finzione, ma la formazione storica dell’autore gli permette di distaccarsi dalla realtà dei fatti solo per quel che concerne la trama. I singoli eventi sono invece una riproduzione in chiave epica e avventurosa di vicende realmente accadute. Assume particolare rilievo il frammento del comunicato ai Montoneros da parte del Secretariato Político Nacional del 15 settembre 1976 dal quale, attraverso il tono e l’importanza che viene data al rispetto dei valori che li spingono alla lotta, è

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Lorenz F., Montoneros o la ballena blanca, Tusquets, Buenos Aires, 2012, pag. 31. 217

possibile ricostruire il valore eroico degli uomini che lo componevano. Ne riporto un estratto:

Debemos ir despacio. El tiempo juega a nuestro favor. Sin arriesgar más de lo necesario. Golpeando en cientos de lugares, permanentemente. […] Los otros, la mayoría, los que nos dieron con su muerte un ejemplo de coraje, no murieron en vano. […] Es necesario dar pequeños combates y ganarlos todos. […]. Miles de acciones para que el enemigo tenga que desperderse en miles de lugares. Miles de acciones para que sepan que se enfrentan con todo el pueblo. Que cada compañero de cada ciudad en el Norte, Centro, en Buenos Aires o en el Sur, que cada obrero en su fábrica, cada ama de casa, cada empleado, cada studiante, cada campesino, se sienta unido a nosotros en esta lucha y sea miembro orgulloso de las Milicias Montoneras. Compañeros, a cumplir con nuestro deber218.

La fedeltà alla causa dei Montoneros si riflette nelle parole dell’autore che attraverso il protagonista manifesta la delusione nell’accettare la sconfitta della guerra contro il Proceso per mantenere salva la vita: «Eran días de desasosiego, signados por la certeza de que nos habíamos preparado para morir, pero no para la derrota»219 in contrapposizione netta con i disertori che popolano la letteratura sulla guerra delle Malvine. La delusione sopita diventa nell’animo di Ismael una forza rigeneratrice che porta energia a una nuova lotta. Il protagonista non sembra attraversare un cambiamento. Nel momento in cui l’esercito dei Montoneros perde terreno e adesioni, costretto dalle circostanze, si abbandona a una vita ordinaria con la compagna. Richiamato alla lotta armata la sua scelta appare spontanea, come se fosse parte della sua stessa natura. La necessità di una presa di coscienza di Ismael si manifesta attraverso il dialogo con il General:

-¿Qué hicimos junto a miles? Elidur esa respuesta es un engaño. Podemos olvidarnos de los que cayeron, ignorar a los que buscan, pero ni siquiera eso es

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Lorenz, Op. cit., pag. 49. 219

lo más importante. La gran pregunta es: ¿qué es, Ismael, lo que no podemos dejar de ser?

-¿Por qué me dice esto? –pregunté al fin–. ¿Por qué tanto después?

-Porque tenemos muertos que llorar, que vengar... o que olvidar. Pero más que nada, porque sé que no podemos ir en contra de nosotros mismos220.

Alle parole di incitamento segue la reazione del protagonista che accoglie l’invito a presentarsi alla riunione con il nuovo gruppo. Dapprima incerto: «me costaba hacerme la idea de que estaba allí. Pensaba qué le iba a contar a Cuca, pero sobre todo me preguntaba por qué había ido»221. Poi accoglie il cambiamento come qualcosa di inevitabile: «Yo me sentía incómodo por una idea que se había formado en mi cabeza. Y esa idea era la certeza de que, propusiera lo que propusiere el General, yo le iba a decir que sí»222.

La guerra delle Malvine compare sul finale, mentre buona parte del corpo centrale della narrazione si trasforma in un testo di letteratura di viaggio in cui i nostri protagonisti affrontano mirabolanti imprese per raggiungere la “terra promessa” che rimanda alla dinamica della ricerca affrontata nella produzione sul conflitto della precedente generazione Il loro approdo sulle isole ha l’aspetto glorioso di una vittoria e di una conquista: «Por fin llegaba el momento que habíamos esperado. La possibilidad de coronar nuestros sueños, de concretar las esperanzas en nuestras fuerzas o morir en el intento. Todos éramos conscientes de la trascendencia de la situación: en una vieja cascara de nuez223, un grupo de combatientes salía a dar batalla contra su enemigo y contra sus proprios fantasmas»224. Si profila uno scontro su più fronti, quello contro il nemico esterno, l’esercito inglese, e quello contro il nemico del passato, interno, i generali dell’esercito argentino. Ormai vicini alla meta l’autore enfatizza gli elementi simbolici dell’Argentina: «Ese viento, esa

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Lorenz. Op. cit., pag. 101. 221

Lorenz. Op. cit., pag. 104. 222

Lorenz. Op. cit., pag. 108. 223

La «cascara de nuez» al quale fa riferimento l’autore è il sottomarino all’interno del quale raggiungono le isole.

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bandera indómita tan a gusto entre sus ráfagas, representaban la Patria y nuestra voluntad de hacerla más grande y justa»225. Il sottotesto che si nasconde nell’esaltazione della patria è nuovamente quello del paradosso sociale. I Montoneros sono sulle isole per due scopi: vendicare il proprio esercito decimato da Romualdes e rivendicare un territorio che a loro avviso spetta di diritto all’Argentina. La descrizione sembra spingere i protagonisti nel tranello della dittatura militare e del loro entusiastico patriottismo. Le prese in prestito dalla propaganda militare –una Patria grande y justa– esprimono un sentimento che sembra assomigliare a quello che aveva spinto molti giovani ad arruolarsi, ignari del modo in cui la guerra sarebbe stata condotta.

Le isole, una volta raggiunte, non sono il luogo inospitale descritto nelle opere precedenti. Si noti in particolare la descrizione che Lorenz fa della neve: «la placidez de esos copos al caer era chocante frente a este estruendo»226. La neve cade soffice e ricopre con un manto il suolo: «a la mañana, salimos y vimos que una capa de nieve, fina como azúcar impalpabile, cubría todo»227. La natura armoniosa e benevola si contrappone ai rumori di fondo della battaglia e insieme a una rappresentazione realistica dell’elemento naturale. Ricordiamo che nell’incipit di

Los pichiciegos di Rodolfo Fogwill lascia spazio a un’immagine totalmente

contrapposta, giallognola e fangosa, che cade perpendicolarmente e s’infiltra negli indumenti dei soldati portando acqua e freddo. Contrapporre la propria narrazione negando il punto di vista di Fogwill, antecedente letterario impossibile da ignorare, è per l’autore lo strumento per affermare la propria intenzione di capovolgere l’approccio narrativo di Fogwill per dedicarsi a una ricostruzione epica delle gesta dei suoi protagonisti. Ciò nonostante, l’opera di Lorenz non prescinde dall’elemento ludico. L’intera impresa, sebbene mossa da valori esemplari, inserisce elementi che spingono il lettore a sorridere, come nel caso delle descrizioni delle trincee, degli attacchi dei nemici, della risposta al fuoco che si allontanano dalla realtà e lasciano

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Lorenz. Op. cit., pag. 246. 226

Lorenz. Op. cit., pag. 302. 227

trasparire un senso di inadeguatezza dei soldati che non si sposa però con una interpretazione vittimista del conflitto:

La secuencia se repitió durante todo el día. Salían los disparos secos: -¡Fuego! ¡Fuego!

- ¡Bum! ¡Bum! ¡Bum! - ¡Iiiiiiiiijaaaaaaa!

Los cañones humeaban, elevados en su máximo ángulo de tiro, rientra los soldato iban y venían, corrigiendo el tiro y cargando las piezas.

-¡Cargue! -¡Cargue!

-¡Listo! ¡Ráfaga! ¡Péguele! ¡Péguele! -¡Vamos, carga, vamos!

-¡Fuego! ¡Fuego! -¡Bum! ¡Bum! ¡Bum!228.

Estremamente toccanti e auliche sono, invece, le descrizioni del valore dei compagni che perdono la vita in battaglia. Il loro legame con la patria viene ribadito in punto di morte:

- Ismael… Por favor… […] Cantame… la marcha…

Y mientras perdíamos las islas, acosté a Gari como a un santo sobre la turba, le acomodé el casco debajo de la cabeza y, arrodillado para acercar mi boca a su oído, le canté nuestro himno de guerra, de dolor, de victoria, y me costaba cantar porque ahora sí no podía parar de llorar229.

Il protagonista che perde il compagno in battaglia si accascia al suo fianco, mentre i bombardamenti continuano, per accompagnarlo verso la morte ricordandogli per cosa aveva lottato. Il canto di Ismael è strozzato, in niente assomiglia a Quiquito, il pichiciego di Fogwill del quale si racconta che dopo

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Lorenz. Op. cit., pag. 308. 229

aver trovato nel nascondiglio tutti i compagni morti per una fuga di gas dalla stufa –una morte lontana dall’idea di immolarsi per la patria– «lloró un poco»230.

L’immagine violenta che apre e chiude la storia circolare nella quale l’autore contiene la storia argentina del secolo scorso, è uno scontro tra Ismael e la sua

Ballena blanca. La presenza sulle isole di Romualdes, il torturatore che aveva

sterminato tutti i suoi compagni nel’76 e negli anni successivi, viene infatti annunciata dall’autore dal profetico avvistamento di un capodoglio poche settimane prima dello sbarco del gruppo sulle isole, identificando l’ufficiale con il nemico giurato e l’anatema del protagonista.

Finalmente solo davanti a Romualdes, Ismael lo affronta e lo scontro termina come una sfida a duello in cui entrambi si feriscono a vicenda ma nessuno uccide l’altro. Sappiamo sin dal primo capitolo che, infatti, entrambi salvano le loro vite grazie all’intervento dell’esercito inglese che li fa prigionieri dopo la resa. Sappiamo sin dall’inizio che il protagonista e narratore Ismael, ferito alla mascella, non potendo parlare, dà vita alla scrittura del racconto circolare e senza fine di due guerre e di due sconfitte.