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La guerra delle Malvine/Falkland nella letteratura argentina: tre generazioni in conflitto

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Academic year: 2021

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La guerra delle Malvine/Falkland

nella letteratura argentina: tre generazioni in conflitto.

Università degli studi di Roma Tre

Dottorato in Studi Euro Americani - XXVIII ciclo

Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere

Coordinatrice: Prof.ssa Camilla Cattarulla

Relatore: Prof.ssa Ilaria Magnani

Dottoranda: Serena Ferraiolo

Matricola 17035

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Indice

Introduzione ... 4

Approccio teorico ... 9

Stato dell’arte ... 12

Prima parte: l’urgenza della genesi ... 26

La storia ... 27

Dal primo avvistamento al 1982 ... 27

Da Islas de Sanson a Islas Malvinas ... 27

L’arcipelago teatro di scontri ... 29

Le prime azioni per la rivendicazione del territorio ... 32

La guerra delle Malvine ... 36

Gli antefatti nel continente ... 36

Gli antefatti nelle isole ... 39

Il conflitto e la strategia diplomatica ... 41

Le ragioni del conflitto ... 43

La guerra delle Malvine: cosa succedeva in patria ... 50

La sinistra e il paradosso della guerra delle Malvine ... 54

Raúl Ricardo Alfonsín e la restaurazione della democrazia. ... 60

Genesi della denuncia tra società e letteratura: Los Pichiciegos ... 64

«La literatura está contando ahí algo completamente distinto» ... 68

Los Pichiciegos: discorsi preliminari ... 72

Los pichiciegos: il testo ... 77

Contaminazioni narrative: leggenda, cuento de fogón e incursioni letterarie ... 82

La leggenda ... 83

Los buques suicidantes ... 86

Cuentos de fogón ... 87

Le condizioni dei soldati: la guerra, la sopravvivenza, la paura ... 89

Tracce di realtà in Los pichiciegos ... 101

Ritorno in patria ... 106

(3)

La generazione Malvine e l’urgenza della denuncia ... 116

Menemismo ... 119

Desmalvinización ... 121

La memoria sociale e la questione Malvine ... 124

Letteratura e urgenza ... 128

Distanza ed esclusione: la guerra delle Malvine sullo sfondo ... 130

Esclusione dell’autore dalla vicenda della guerra ... 131

I casi di Banderas en los balcones, Las Islas e Sobrevivientes ... 134

Esclusione dei protagonisti dai centri delle vicende: anti-eroi delle Malvine ... 139

Il percorso di crescita dei personaggi ... 143

La guerra nella narrazione ... 149

Terza parte: memoria e denuncia ... 155

Da Menem al Kirchnerismo ... 156

Memoria e denuncia: la generazione Settanta – Ottanta ... 165

L’inclusione dell’autore nella vicenda della guerra ... 169

Federico Guillermo Lorenz: la costruzione di un’epica ... 170

Patricio Pron: decostruzione e riappropriazione del passato ... 179

Sebastián Basualdo: il linguaggio che ricostruisce il silenzio ... 187

Conclusioni ... 197

(4)

Introduzione

L’arcipelago delle Malvine costituisce un elemento di forte richiamo per la collettività argentina. Due momenti storici in particolare hanno contribuito a rafforzare il suo valore simbolico rappresentativo dell’identità nazionale, il primo coincide con il primo governo di Juan Domingo Perón (1946-1955), che si fa promotore di una politica nazionalista orientata a una maggiore coesione sociale; il secondo coincide con la sconfitta dell’esercito argentino durante la guerra contro la Gran Bretagna nel 1982.

La strumentalizzazione politica della guerra delle Malvine ha fatto sì che l’elemento simbolico rappresentato dalle isole stimolasse l’immaginario a dimostrazioni multiformi, tanto collettive quanto individuali, che si irradiano dal centro del potere per raggiungere, di pari passo con la distanza che coprono, obbiettivi che hanno in comune l’elemento del paradosso. Il conflitto è per la dittatura militare un’occasione che le garantisce il consenso popolare e un periodo di governo più esteso; la sconfitta costituisce un momento di profondo lutto nazionale legato alla perdita sia di uomini e mezzi, sia della speranza di ritrovare una coesione identitaria attraverso il recupero territoriale che invece si rivela essere il punto di partenza per la ricostruzione democratica della nazione.

Il presente lavoro si propone di analizzare una selezione di romanzi argentini che si sono occupati del conflitto delle Malvine e nasce dal desiderio di approfondire un tipo di produzione poco considerato dalla critica letteraria italiana che non ha contemplato lo scontro tra Argentina e Inghilterra come ultimo episodio della repressione militare, pur avendo dedicato interessanti ricerche alla letteratura che si è occupata della dittatura militare, della lotta al terrorismo o della figura dei

desaparecidos.

Anche all’interno del panorama argentino la critica ha prodotto con ritardo –tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta– i primi testi che analizzano la letteratura che si occupa del conflitto, che a partire dal 1982 dimostra la rilevanza

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dell’evento in particolare attraverso la pubblicazione di Los pichiciegos di Rodolfo Fogwill. Solo alla fine degli anni Novanta sorge un filone dedicato al conflitto, mentre nei primi anni Duemila la questione inizia a destare interesse anche in ambito accademico.

La letteratura sull’argomento è stata presente nell’ultimo trentennio con diverse prove, alcune di grande successo altre scarsamente ricordate tanto per la qualità della scrittura quanto per la difficoltà di attecchire nel panorama sociale in cui si inserivano. Immediatamente dopo il conflitto è stato dominante il silenzio legato alla paura di un ritorno delle Forze Armate al potere, che rendeva scomoda un tipo di narrazione dedicata sia alla figura del militare sia alla vergogna presente nella società che aveva appoggiato il recupero delle isole –e quindi l’impresa promossa dal governo militare.

La partecipazione attiva della società argentina alla vicenda del conflitto –si pensi agli oltre diecimila coscritti inviati a combattere e provenienti da tutto il territorio nazionale– mi ha spinto ad affrontare la letteratura sull’argomento in base alla relazione che gli autori intrecciano con le vicende e al loro desiderio di rappresentarle. Nati dall’urgenza della genesi, della denuncia e della memoria, i testi selezionati per l’analisi permettono di evidenziare la differenza di approccio adottato dagli autori negli anni, radicata nella differenza che le generazioni alle quali appartengono instaurano con il conflitto. Distinguo tre generazioni, la prima che comprende autori nati negli anni Quaranta e Cinquanta, la seconda che comprende i nati tra il ’56 e il ’66 e la terza, più vicina a noi, che include i nati tra gli anni Settanta e Ottanta.

La prima parte del lavoro denominata “l’urgenza della genesi” è dedicata a Los

pichiciegos di Rodolfo Fogwill (1982), considerato il capostipite della letteratura

sulla guerra delle Malvine, il primo romanzo che denuncia la necessità di raccontare il conflitto. L’autore compie l’operazione che darà vita al “mito letterario” della guerra delle Malvine creando un referente necessario per le generazioni successive.

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L’eroe epico, abitualmente protagonista della letteratura di guerra, si trasforma in un antieroe e le sue vicende sono raccontate dall’autore con un’ironia pungente. I protagonisti, dai tratti picareschi, diventano lo strumento per descrivere una guerra paradossale.

Nella seconda sezione, “l’urgenza della denuncia”, si analizza la generazione più prolifica sul conflitto attraverso i romanzi Banderas en los balcones di Daniel Ares (1994), Las Islas di Carlos Gamerro (1998) e Sobrevivientes di Fernando Monacelli (2012). La distanza temporale tra le pubblicazioni insieme al divario nelle scelte stilistiche e tematiche estendono gli orizzonti narrativi e consolidano gli elementi comuni dei romanzi, caratterizzandoli come tratti costitutivi del corredo genetico della letteratura del conflitto. Nei romanzi s’innesca un meccanismo di esclusione dei protagonisti dalle vicende che si identifica con quello degli autori dalle dinamiche della vita politica. Gli autori sono parte di una generazione presa di mira dal governo militare durante la repressione, la stessa –o molto prossima– a quella dei coscritti –classe 1962. Il loro obbiettivo è dare voce a una generazione dispersa, assorbendo e consolidando all’interno di questo filone letterario scelte stilistiche autonome. Si inseriscono in una genealogia letteraria per poter raccontare il conflitto secondo la propria esperienza che è, paradossalmente, quella di chi lo guarda da lontano.

La terza sezione, “l’urgenza della memoria”, raccoglie lo sguardo della generazione successiva, che ha un rapporto mediato con il conflitto. L’esperienza della guerra di Federico Guillermo Lorenz, autore di Montoneros o la ballena blanca (2012), viene filtrata dal ricordo del rapporto epistolare che aveva instaurato con i soldati al fronte durante la sua infanzia. Sebastián Basualdo, autore di Cuando te vi caer (2008), entra in contatto con la Guerra delle Malvine attraverso i racconti del patrigno, ex combattente. Patricio Pron, autore di Una puta mierda (2007), sceglie come filtro il “mito letterario” di Rodolfo Fogwill che raccoglie come un’eredità e sulle sue orme fonda la propria narrazione. La generazione degli anni Settanta - Ottanta raccoglie

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da un lato l’elemento della marginalità sul quale si fonda la narrazione direttamente precedente e cerca di creare un ponte con quella che ha esperienza del conflitto o con il conflitto stesso attraverso la memoria, per colmare con il linguaggio il vuoto di quanto non è stato vissuto né detto.

Ampio spazio viene dedicato al modo in cui la storia e la società argentina dialogano con il conflitto, prestando particolare attenzione alla storia delle Malvine, alle posizioni della sinistra durante il conflitto e all’accoglienza che pubblico e critica hanno offerto ai testi selezionati nel momento della loro pubblicazione. Mentre gli studi svolti da ricercatori latinoamericani hanno il vantaggio di conoscere e comprendere la complessità delle dinamiche che coinvolgono il conflitto e di poter approfondire, forti di queste basi, tematiche più specifiche, il punto di vista esterno mi obbliga a muovermi con sguardo vergine che affronta la problematica nel suo complesso, ex novo. Attraverso questa prospettiva è possibile offrire una panoramica imprescindibile per la comprensione e l’analisi tanto delle vicende narrate quanto delle scelte stilistiche e tematiche di una dinamica che coinvolge valori di identità e appartenenza estremamente radicati all’interno dell’Argentina. Pertanto ogni sezione del presente lavoro è anticipata da un’introduzione storica e sociale che consenta al lettore di orientarsi nel contesto narrativo.

Nella prima parte intendo contestualizzare l’evento bellico e le posizioni controverse della società argentina attraverso un resoconto della storia dell’arcipelago dalla sua scoperta al 1982, affrontando di seguito il crollo della dittatura e l’instaurazione democratica. Per ricostruire l’atteggiamento della società nei confronti della guerra seguo il dibattito tra il Grupo de Discusión Socialista (GDS) –composto da venticinque intellettuali e politici argentini esiliati in Messico– favorevole alla guerra, e León Rozitchner –politologo in esilio a Caracas– che si definisce contrario, e afferma la sua teoria ponendola in contrasto con quanto dichiarato dal GDS. Il suo testo Malvinas. De la “guerra sucia” a la “guerra

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del GDS (1982). La seconda parte è dedicata agli anni Novanta caratterizzati dal governo neoliberista del presidente Carlos Saúl Menem e da una politica che intende seppellire il passato. Nella sezione si analizza il concetto controverso di

desmalvinización ponendo in dialogo le dichiarazioni del politologo francese Alain Rouquié, intervenuto a ridosso della sconfitta, con il punto di vista espresso tra gli anni Novanta e i Duemila dall’antropologa Rosana Guber, dalla sociologa Lucrecia Escudero –che incentra la sua ricerca sui giornali dell’epoca– e dallo storico e scrittore Federico Guillermo Lorenz –che racconta il punto di vista degli ex combattenti.

Gli anni Duemila e il percorso verso la ricostruzione di una memoria collettiva sono i protagonisti della terza parte del lavoro. In questi anni la questione Malvine viene coinvolta dalla politica di Stato come parte integrante del discorso sulle atrocità perpetrate dalla dittatura. I materiali utilizzati per elaborare l’analisi di questo periodo storico provengono principalmente da supporti multimediali quali i discorsi di Nestor Kirchner o le notizie dei quotidiani che permettono di monitorare il crescente interesse mediatico nei confronti della questione sia per quel che riguarda il recupero della memoria che per la richiesta della riapertura di un dialogo bilaterale. Queste campagne superano i confini nazionali coinvolgendo l’intera regione latinoamericana e acquistano portata globale attraverso social network come facebook e twitter. La contestualizzazione storica del periodo a noi più vicino è frutto, inoltre, della rielaborazione dei materiali raccolti durante i periodi di ricerca svolti a New York –all’interno della biblioteca della Columbia University– e a Buenos Aires, in strutture quali la Biblioteca Nacional de Buenos Aires, la Biblioteca dell’Universidad de Buenos Aires e l’Archivo General de la Naciόn o attraverso le interviste a Carlos Giordano, direttore del Centro de Ex Combatientes Islas Malvinas, al sottosegretario del Ministero dei diritti umani della provincia di Corrientes Pablo Andrés Vassel, a Federico Guillermo Lorenz, storico, ricercatore e attuale direttore del Museo Malvinas e Islas del Atlántico Sur, agli scrittori e critici letterari Martín Kohan e Sebastián Basualdo, al giornalista Andrew Graham Yhooll, allo scrittore, poeta e pittore malvinense James Peck e alla studiosa e critica

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letteraria Lara Segade, che hanno gentilmente accettato di offrirmi il loro punto di vista sulle vicende.

Approccio teorico

La critica letteraria a partire dalla fine degli anni Ottanta ha iniziato a destinare uno spazio di rilievo all’analisi della letteratura sul conflitto, elaborando teorie che offrono uno sguardo ampio sulla produzione con l’intenzione, sin dagli albori, di renderla autonoma e indipendente in un filone letterario. Si pensi ai lavori di analisi di Martín Kohan e Beatriz Sarlo che dopo aver dimostrato interesse nei confronti del testo di Fogwill ritornano sull’argomento affrontandolo attraverso diversi punti di vista. Le loro analisi sono frutto di una profonda conoscenza della materia sociale e culturale e degli strumenti letterari. Come loro, anche Carlos Gamerro, scrittore e critico letterario che si dedica all’argomento da entrambi i punti di vista, o Lara Segade e Julieta Vitullo che interverranno nel dibattito negli anni Duemila, utilizzano come punto di partenza per i propri discorsi critici Epos e romanzo (1976) di Michail Bachtin e Il narratore (1936) di Walter Benjamin. Entrambi coincidono nella definizione del romanzo come risultato del crollo dell’epica.

Michail Bachtin sostiene che il romanzo è il risultato del processo di distruzione della distanza epica, ovvero la distanza tra il presente della narrazione e il passato, in cui si colloca il mondo raffigurato dall’epica. L’annullamento della distanza con la materia narrata obbliga il narratore a relazionarsi con l’incompiutezza del presente, tempo in

fieri, e a familiarizzare con l’oggetto che rappresenta, danneggiando la sua

raffigurazione artistica. Eliminata la distanza che rende possibile esaltare le gesta del passato, il romanzo non può rappresentare le figure eroiche presenti nell’epica. Proprio perché gli autori hanno accesso a strumenti quali l’esperienza personale e l’invenzione creativa, nella rappresentazione della contingenza il valore dell’eroe si dissipa per trasformare i protagonisti in uomini comuni o in anti-eroi.

Anche secondo Walter Benjamin il declino della narrazione epica coincide con la nascita del romanzo e in particolare con il suo legame con la trasformazione della

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narrazione dalla forma orale a quella scritta che inizia in età moderna a diffondersi attraverso un nuovo strumento, il libro. «Il narratore prende ciò che narra dall’esperienza –dalla propria o da quella che gli è stata riferita–; e lo trasforma in esperienza di quelli che ascoltano la sua storia»1. Affida quindi al singolo individuo, nel suo isolamento, la paternità del romanzo. Anche l’esperienza a cui fa riferimento Benjamin cambia, perde la sua capacità di essere trasferita «di bocca in bocca»2, secondo la tradizione orale, e risulta centrale poiché venendo meno l’esperienza «comunicabile»3, quella che passando attraverso la narrazione è in grado quindi di trasferire verità e saggezza, anche «l’arte di narrare volge al tramonto perché vien meno il lato epico della verità, la saggezza»4. Per esemplificare il crollo insieme dell’epica e della possibilità di narrare utilizza l’esempio dei soldati di ritorno dalla prima guerra mondiale: «non si era notato, che, dopo la fine della guerra, la gente tornava dal fronte ammutolita, non più ricca, ma più povera di esperienza comunicabile?»5. La guerra, evento collettivo traumatico, rende particolarmente evidente la perdita di comunicabilità sostenuta dall’autore che a suo avviso si riversa nella produzione sul conflitto, posteriore di dieci anni, che in niente corrisponde a quell’esperienza incomunicabile e non trasferita da chi l’ha vissuta.

La letteratura sul conflitto non può quindi prescindere, per essere identificata all’interno di un filone narrativo a parte, dal confronto con l’epica, con la rappresentazione dell’eroe e con il concetto di esperienza, ed è impossibile prescindere dai lavori di Michail Bachtin e di Walter Benjamin per affrontare l’analisi della letteratura sulle Malvine. È però mio interesse adottare in primo luogo come punto di riferimento metodologico il corpus critico sviluppato in Argentina sull’argomento.

1

Benjamin W., Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nikolaj Leskov, Einaudi, Torino, 2011, pag. 19.

2

Benjamin, Op. cit., pag. 9. 3

Benjamin, Op. cit., pag. 4. 4

Benjamin, Op. cit., pag. 16. 5

(11)

Mentre i contributi di Kohan, Sarlo, Gamerro, Piglia, Saer e altri propongono analisi puntuali, il saggio En busca de dos décadas perdidas: la novela latinoamericana de

los años 70 y 80 di María Eugenia Mudrovcic (1993) fornisce uno spunto per

riflettere sul contesto letterario del Ventesimo Secolo all’interno del quale sarà possibile inserire il discorso sulla letteratura del conflitto. Intendo utilizzare la ricerca di Luciana Irene Sastre La palabra (im) propia: narración de la juventud en

la Argentina de poscrisis (2013) come punto di partenza per l’analisi dei testi

appartenenti alla generazione più vicina a noi, sui quali non è stato ancora affrontato un lavoro critico.

Exequiel Svetliza, autore del saggio Escribir Malvinas según pasan las

generaciones, si è rivelato fondamentale nel momento in cui cercavo di

comprendere attraverso quale prospettiva e quale approccio affrontare il lavoro. La difficoltà di delimitare i contenuti e i confini delle generazioni che si occupano del conflitto spinge ad adottare la categoria della mancha temática teorizzata dal critico letterario argentino David Boris Viñas6. L’autore sostiene che una letteratura nazionale possiede nuclei traumatici che ritornano, che come delle macchie contagiano le opere vicine tanto per argomenti trattati quanto per il momento in cui vengono sviluppate, riproducendo un aspetto della società. Viñas fondava l’analisi di un testo su due punti: diacronia e sincronia; la prima costituisce l’aspetto dei fatti considerati secondo la loro successione cronologica, nella seconda invece risiedono i fatti considerati in un dato momento, avulsi dal contesto o dalla loro evoluzione nel tempo. Alla diacronia si associano concetti quali densidad e mancha temática, ovvero uno spazio «que significa –que irradia– por impregnaciόn y contagio»7, uno spazio di significati che agiscono per contiguità, liquidi, impregnabili. Si tratta pertanto di temi che si estendono longitudinalmente per trovare la dimensione della

6

Viñas, David, Literatura argentina y realidad política, Buenos Aires, CEAL, 1994. Analizzato in Rosa N., “Viñas: las trasformaciones de unas crítica”, in Los fulgores del simulacro, Santa Fe, Cuadernos de Extensión Universitaria, Universidad Nacional del Litoral, 1987; AA.VV., Políticas de

la crítica: historia de la crítica literaria en la Argentina, Editorial Biblios, Buenos Aires, 1999.

7

Svetliza E., “Escribir Malvinas según pasan las generaciones”, in Jornaleras n. 2 anno 2, pag. 108 disponibile online: http://issuu.com/jornalerosdigital/docs/06-escribir_malvinas_exequiel_svetl

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storia, offrono una panoramica la cui analisi permette di identificare dei valori costanti. La sincronia costituisce invece il punto di intersezione; l’incrocio delle coordinate permette di trasformare le ipotesi fondate sulle costanti diacroniche in fatti scientificamente provati.

Muovendoci in questo breve segmento di letteratura argentina che attraversa tre decenni e tre generazioni possiamo immaginare il tema “Malvine” come una macchia che si espande per contagio, che si intensifica in momenti salienti della storia –quali ricorrenze e anniversari del conflitto, anni a ridosso dei quali si può notare una concentrazione di pubblicazioni e riedizioni– ma che si estende su un piano generazionale.

Il lavoro in oggetto, pertanto, si prefigge diversi obiettivi che scorrono su binari alternati. Alla base vi è l’intenzione di rintracciare l’elemento di denuncia che rende necessarie le narrazioni e che, a seconda del contesto storico nel quale si inseriscono, si relazionano con l’elemento della genesi, dell’urgenza e della memoria, che danno il titolo alle tre parti del progetto.

Stato dell’arte

“Questione Malvine” è la definizione più comunemente utilizzata in Argentina per definire l’insieme dei fenomeni relazionati con l’arcipelago. Dal punto di vista storico non fa riferimento esclusivamente al momento determinante del conflitto che coinvolse l’Argentina e l’Inghilterra nel 1982 ma comprende eventi che vanno dall’epoca della conquista ai nostri giorni. Allo stesso modo, la prospettiva sociale a cui la definizione fa riferimento abbraccia sia la posizione nei confronti del confitto sia il più generico interesse all’annessione territoriale delle Malvine. Mentre dal punto di vista politico e diplomatico ci si riferisce principalmente alla questione territoriale –e alla guerra come a un episodio–, dal punto di vista letterario quando si parla di “questione Malvine” ci si riferisce esclusivamente alla guerra e alle conseguenze sociali. Il conflitto dimostra la sua centralità rispetto alla produzione, tanto storico-politica quanto culturale o letteraria, motore di un decisivo incremento

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e un’ulteriore espansione di settori d’interesse che sfociano anche in ambiti inesplorati, come quello delle scienze ambientali.

Tra gli studi antropologici di maggior rilievo troviamo Guerra de Malvinas, de

traumas y monumentos, la construcción de la Identidad de un grupo de Ex Combatientes8 a cura di Domingo Matías Sayago, frutto di una ricerca dottorale

pubblicata nel 2012 sulle comunità di ex combattenti. Il lavoro suddivide gli studi sul conflitto, prodotti principalmente da autori argentini dal 1982 al 2007, in storici, diplomatici, bellici, politici e testimoniali. Considera “storici” gli studi scritti e pubblicati dopo il 1982, che in alcuni casi si occupano anche del segmento di storia anteriore al conflitto9; “diplomatici” i testi che manifestano la preoccupazione delle autorità argentine riguardo alle strategie diplomatiche adottate10; “bellici” racconti e descrizioni degli eventi direttamente legati alla guerra del 198211; “politici” i saggi

8

Sayago D. M., Guerra de Malvinas, de traumas y monumentos, la construcción de la Identidad de

un grupo de Ex Combatientes, Venado Tuerto, 2013.

9

Riporto di seguito anno di pubblicazione, autore e titolo degli studi su cui si fonda il lavoro di D. M. Sayago per evidenziare l’assenza di un vero e proprio momento di silenzio e disinteresse sulla questione Malvine. Si può identificare con il termine desmalvinización il silenzio che la società e il governo applicano alla vicenda. Per un discorso più approfondito rimando al capitolo

Desmalvinización nella seconda parte del presente lavoro.

Storici:

1982, Schönfeld M., La guerra austral.

1985, Moro R. O., Historia del conflicto del Atlático Sur (la guerra inaudita). 1992, Piñeiro A. A., Historia de la guerra de las Malvinas.

1992, Razoux P., La guerra de las Malvinas.

1998, Solari Yrigoyen H., Malvinas: lo que no cuentan los igleses (1833-1982). 10

Diplomatici:

1989, Boron A., Faúndez J., Malvinas hoy, herencia de un conflicto. 1993, Vieyra F., Segunda cronología legal anotada sobre Malvinas.

1994, Bologna A. B., El conflicto de Malvinas en la política exterior argentina. 1998, Cisneros A., Escudé C., La diplomacia de Malvinas (1945-1989).

1999, Gil S., Las Islas Malvinas y la política exterior argentina durante los anos ‘90: acerca de su

fundamento teόrico y de la concepciόn de una política de Estado.

2000, Calle F., Merke F., La cuestiόn Malvinas desde la Teoría de las Relaciones Internacionales. 2002, Vázquez J. C., Política exterior hacia Malvinas 1989-1995.

2014, Mermet R., La lección de Malvinas y la negociación de la deuda externa argentina. 11

Bellici:

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dedicati alla rivendicazione da parte argentina delle isole e all’analisi delle cause che portarono allo scontro armato12; “testimoniali” i racconti dei protagonisti del conflitto, dei giornalisti e degli antropologi che si sono posti come mediatori delle narrazioni13.

1983, Ejercito Argentino, Informe Oficial del Ejército Argentino. Conflicto Malvinas. Desarrollo

de los acontecimientos.

1984, Mottino H. R., La artilleria argentina en Malvinas.

1985, Aguiar F. R., Operaciones terrestres en las Islas Malvinas. 1986, Ruiz Moreno I. J., Comandos en acción. El ejercito en Malvinas.

1988, Informe Rattelbach –pubblicazione parziale all’interno di El drama de Malvinas. 1990, Jofre O., Aguiar F., Malvinas. La defensa de Puerto Argentino.

1990, Matassi F. P., La batalla aerea de nuestras Islas Mavinas.

1991, OFMLVIM, Desembarco. Cronología de las Operaciones del cuerpo de Infantería de

Marina en el conflicto del Atlántico Sur/82.

1992, Bramley V., Viaje al infierno. Escenas de una batalla en la guerra de Malvinas.

1992, Bonzo H., 1093 tripulantes del Crucero ARA Belgrano. Testimonio y homenaje de su

comandante.

1992, Matassi F. P., Malvinas. La batalla aérea.

1992, Ceballo E., Buroni J., La medicina en la guerra de Malvinas.

1994, Piaggi I. A., El combate de Goose Green. Diario de guerra del comandante de las tropas

argentinas en la más encarnizada batalla de Malvinas.

1994, Matassi F. P., Probado en combate.

1996, Robacio C., Hernández J., Desde el frente. Batallón de Infantería de Marina N°5. 1997, Speranza G., Cittadini F., Malvinas 1982. Partes de guerra.

1998, Mayorga H., No vencidos. Relato de las operaciones navales en el conflicto del Atlántico

Sur.

12

Politici

1982, Roth R., Después de Malvinas ¿qué? 1982, Foulkes H., Malvinas. Una causa nacional.

1982, Foulkes H., Los kelpers en las Malvinas y en la Patagonia. 1984, Ceron S., Malvinas ¿gesta heroica o derrota vergonzosa? 1984, Hastings M., Jenkins S., Batalla por Malvinas.

1987, Carlos Busser, Malvinas, la guerra inconclusa

1988, Bloomer Reeve C., Integración y desarrollo de las Islas Malvinas: el esfuerzo argentino

hasta 1982.

1989, Borón A., Faundez J., Malvinas hoy, herencia de un conflicto. 1992, Burns Maranón J., La tierra que perdió sus heroes.

1992, Freedman L., Gamba V., Senales de guerra. El conflicto de las Islas Malvinas de 1982. 1992, Del Carril B., La cuestión de las Malvinas.

1992, Olivera López A. M., Malvinas. La clave del enigma. 1993, Costa Méndez N., Malvinas. Esta es la historia. 1996, Solanas Pacheco J., Malvinas ¿Y ahora... qué?

1998, Menéndez M. I., La comunidad imaginada en la guerra de Malvinas. 2002, Terragno R., Falklands/Malvinas.

2002, Verbistky H., Malvinas: la última batalla de la tercera guerra mundial.

13

Testimoniali

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Seguendo la linea cronologica delle pubblicazioni, tracciata dall’autore all’interno del primo capitolo del volume risulta che gli addetti ai lavori dimostrano un interesse costante sia sulla “questione Malvine” sia sullo scontro, al quale viene dedicato un numero maggiore di testi, tutti pubblicati tra il 1982 e il 2007.

Domingo Matías Sayago costruisce la sua analisi avvalendosi del supporto di sette testi, classificati secondo le categorie identificate in precedenza. Sceglie come riferimento storico Malvinas. Su historia en historias di Arnoldo Canclini (2000, Planeta), che copre l’arco temporale che va dalla scoperta delle isole al termine del conflitto. Come riferimento diplomatico utilizza Malvinas, la trama secreta di Cardoso O. R., Kirschbaum R., Van der Kooy E., le cui ripetute edizioni –1983, 1992, 2007 e 2012– fanno riflettere sul vivace e non sopito interesse per il tema. Utilizza la narrazione di Martín Balza in Malvinas. Gesta e incompetencia (2003) per comprendere le dinamiche del conflitto. Martín Balza era tenente colonnello del gruppo di artiglieria 3 nelle Malvine. Al termine del conflitto raggiunse il più alto incarico all’interno dell’esercito e divenne famoso per aver condannato pubblicamente le repressioni illegali operate dalle forze armate. Sceglie Las

Malvinas: de la guerra “sucia” a la guerra “limpia” di Leon Rozitchner, scritto

durante l’esilio in Messico nel 1982 e pubblicato nel 1985 e nel 2005, come supporto per un’analisi sociale e politica sia del conflitto che della società argentina, insieme a Sal en las heridas. Las Malvinas en la cultura argentina contemporanea

1982, Bustos D., El otro frente de la guerra. Los padres de Malvinas.

1983, Túrolo C., Malvinas. Testimonio de su gobernador.

1984, Kon D., Los chicos de la guerra. Hablan los soldados que estuvieron en Malvinas.

(Segnalo l’errore di compilazione: la prima edizione del volume, pubblicato dalla casa editrice Galerna, è datata 13 agosto 1982).

1985, Túrolo C., Así lucharon. 1986, Balza M., Relatos de soldados.

1987, Mansilla J. A., Malvinas, hambre y coraje. Diario de un soldado.

1993, Esteban E., Iluminados por el fuego. Confesiones de un soldado que combatió en Malvinas. 1997, Tamis S., Iparaguirre A., De Misiones a Malvinas.

1998, Mendoza R. O., Malvinas. Los sueños estafados. 2000, Fereyra N. E., Hemos regresado.

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di Vicente Palermo (2007) in cui l’autore ripercorre gli eventi e l’evoluzione politica della nazione a partire dal conflitto. Tra i testi di testimonianza ne utilizza tre pubblicati a ridosso degli anni Duemila: La guerra por Malvinas di Federico Lorenz (2006), ¿Por qué Malvinas? De la causa nacional a la guerra absurda (2001) e De chicos a veteranos. Memorias argentinas de la guerra de Malvinas (2004) di Rosana Guber. Si tratta di due voci di assoluta rilevanza all’interno del panorama degli studi storici, sociali e antropologici sul conflitto però a mio avviso non trattano la testimonianza bensì operano una critica storica interpretando gli umori della società. L’autore definisce attraverso la selezione dei testi un corpus di riferimento dal quale mi è stato impossibile prescindere per comprendere la vicenda oggetto di studio.

Nel marzo del 2012 Natasha Niebieskikwiat, giornalista del “Clarín” specializzata in politica internazionale, pubblica Lágrimas de hielo. Torturas y violaciones a los

derechos humanos en la guerra de Malvinas. Secondo le parole della stessa autrice,

si tratta di «una extensa crónica donde los ex combatientes que sufrieron [esos] abusos brindan su testimonio»14, una denuncia corale che segue le orme di

Corrientes en Malvinas: Memoria, Verdad, Justicia y Soberanía di Pablo Andrés

Vassel15, sottosegretario del Ministero dei diritti umani di Corrientes nel 2007 che ha raccolto testimonianze di ex coscritti sugli abusi che dichiarano di aver subito16. I testi dimostrano la volontà di denunciare le violenze che restano impunite e includere la questione Malvine all’interno delle politiche di recupero della memoria. Negli anni dal 2004 al 2015, segnati da una continuità presidenziale di Nestor Kirchner prima e Cristina Kirchner poi, il sostegno e la difesa dei diritti umani e della memoria sono all’ordine del giorno nell’agenda politica di Stato. Sono gli anni in cui si conta il maggior numero di condanne dei responsabili della politica di

14

Niebieskikwiat N., Lágrimas de hielo. Torturas y violaciones a los derechos humanos en la

guerra de Malvinas, Kapelusz, Norma Editorial, Buenos Aires, 2012, p. 19.

15

Vassel P. A., Memoria, Verdad Justicia y Soberanía. Corrientes en Malvinas, Ediciones al Margen, La Plata, 2007.

16

Un ulteriore contributo alla causa di P. A. Vassel viene offerto dalla declassificazione dei documenti relativi al conflitto a partire da settembre 2015.

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repressione di Stato durante gli anni della dittatura. Contestualmente “Memoria, Justicia y Verdad”, slogan e bandiera delle associazioni delle Madres e Abuelas de Plaza de Mayo, vede l’aggiunta della parola “Soberanía”: la questione Malvine diventa una priorità governativa nazionale. Se l’instaurazione della democrazia con il presidente Raúl Ricardo Alfonsín (1983–1989) aveva costituito uno spartiacque nella storia della nazione, il primo governo Kirchner determina un nuovo inizio per le politiche della memoria, riaccendendo i riflettori sulla vicenda delle Malvine e sulla necessità di un recupero della memoria. Non è un caso che i due testi sopra citati, a cavallo tra giornalismo, denuncia e documentazione legale, vengano pubblicati in questi anni, come conseguenza di un’apertura al dialogo da parte degli ex combattenti e di una disposizione all’ascolto da parte della collettività17

. Bisogna ricordare che per molti anni l’Argentina è stata soggetta a un fenomeno detto di

desmalvinización, durante il quale la questione Malvine è stata vittima di un silenzio

che ha coinvolto l’intera società e che ha lasciato ai margini i coscritti che, per la loro partecipazione alla guerra durante il periodo di leva venivano identificati nel Paese come militari, pertanto responsabili sia della repressione che della guerra.

Se si parla di desmalvinización in relazione al sentimento e alla necessità di dimenticare manifestata tanto dal governo quanto dalla popolazione, bisogna sottolineare invece la continuità di pubblicazioni sull’argomento, già evidente nella selezione dei testi operata da D. M. Sayago. Le prime testimonianze di ex combattenti vengono registrate e pubblicate a ridosso del conflitto nei testi Los

chicos de la guerra di Daniel Kon e Malvinas: relatos de soldados del generale

Martín Balza –entrambi del 1983. Negli anni successivi il percorso che intraprende la letteratura –i romanzi, i racconti brevi, le opere di finzione– si differenzia da quello delle testimonianze –narrazioni dei testimoni del conflitto, tanto tra i generali quanto tra i coscritti, si fa portavoce del bisogno della società di nascondere, esprimere o denunciare, a seconda del processo sociale in corso, mantenendosi

17

L’uscita del film Iluminados por el fuego (2005), diretto da Tristán Bauer sulla base dell’omonimo libro di Edgardo Esteban, pubblicato nella sua prima edizione nel 1993, costituisce uno degli eventi mediatici che inaugurano un nuovo periodo di dialogo sull’argomento.

(18)

costante nella produzione. Al contrario la testimonianza appare più forte in due momenti: a ridosso della fine del conflitto e a partire dal 2004, ovvero dallo sviluppo delle politiche della memoria.

Il periodo di desmalvinización ha mostrato come conseguenza diretta un silenzio sociale sulla vicenda provocato da un’autocensura collettiva che contrastava il recupero della memoria perpetrata dai Centri degli ex combattenti a partire dal termine del conflitto. Le testimonianze18 si distribuiscono pertanto in modo cronologicamente disomogeneo e nascono spesso dallo stimolo di un mediatore. La necessità di testimoniare si muove di pari passo con un’urgenza collettiva che nelle narrazioni più recenti si esprime sotto forma di voce corale e che emerge in momenti specifici quali il decimo e il venticinquesimo anniversario del conflitto. Nonostante le testimonianze, in quanto tali, fondino la propria autenticità sul patto di verità stipulato con il mediatore prima e con il lettore poi, è difficile stabilire, in seguito ad anni di silenzio interrotti da una repentina sovrastimolazione della memoria, il grado di autenticità dei racconti dei testimoni. Adottando questi margini

18

Qui di seguito i testi di testimonianza di maggior rilevanza pubblicati dal 1982 al 2015. 1982, Kon D., Los chicos de la guerra.

1982, Kasanzew N., Malvinas a sangre y fuego.

1983, Túrolo C. M., Malvinas. Testimonio de su gobernador.

1984, Mafe Huertas S., Romero Briasco J., Malvinas. Testigo de batallas. 1985, Terzano D., 5.000 adioses a Puerto Argentino.

1985, Túrolo C. M., Así lucharon.

1987, Manzilla A. J., Malvinas, hambre y coraje: el diario de un soldado.

1991, Bilton M., Kosminsky P., Hablando claro: testimonios inéditos sobre la guerra de las

Malvinas.

1992, Ceballos E. M., Buroni J. R., La medicina en la guerra de Malvinas. 1998, Solari Yrigoyen H., Malvinas: lo que no cuentan los ingleses (1833-1982). 1999, Balza M. A., Así peleamos Malvinas: testimonios de veteranos del Ejército. 2003, Balza M. A., Malvinas. Gesta e incompetencia.

2005, Speranza G., Cittadini F., Partes de guerra, Malvinas 1982. 2005, Esteban E., Malvinas, diario del regreso. Iluminados por el fuego.

2007, Graham-Yooll A., Buenos Aires, otoño 1982. La Guerra de las Malvinas según las crónicas

de un corresponsal inglés.

2007, Clarke G., Ghisiglieri J., Sarno A., Palabras de honor.

2007, Vassel P. A., Corrientes en Malvinas: Memoria, verdad, justicia y soberanía.

2011, Savage M. A., Viaje al pasado. 2012, Ayala J., Malvinas, la primera línea.

2012, Giordano C., Lino S., Gratti A. L., Castaño M. M., Guidone C., Narrar y escuchar Malvinas,

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risulta complesso utilizzarle come documento storico ufficiale sul quale fondare la ricostruzione degli eventi. Sono al contrario documenti preziosi per delineare i contorni della vicenda e ricostruire il senso di inadeguatezza vissuto dalla società argentina durante questi anni.

Nel 2007, in occasione del venticinquesimo anniversario del conflitto, una tappa rilevante che trovava terreno fertile per la rifioritura dell’argomento, il Centro de Ex Combatientes Islas Malvinas (CECIM) di La Plata ha raccolto e pubblicato

Palabras de honor, la trascrizione di dieci interviste a ex combattenti. L’operazione

si pone tre obiettivi: rompere il silenzio, riappropriarsi del passato e garantire un futuro migliore a se stessi. «Conocer la verdad»19 e condividere la conoscenza non sono gli obbiettivi ma i mezzi tramite i quali ricostruire le loro vicende. All’interno del volume non si fa menzione, però, degli strumenti utilizzati per la ricostruzione storica rendendo le fonti inattendibili dal punto di vista storiografico. La loro «palabra de honor» funge da garanzia. Il testo, come altre operazioni di scrittura e di raccolta della memoria dei testimoni in prima linea nel conflitto, stringe un patto con il lettore ma non con la storia, che viene ricostruita attraverso l’espressione di memorie collettive che lasciano trapelare la necessità di un racconto del conflitto. Proprio in seguito all’operazione di recupero degli ex coscritti operata dal CECIM le esperienze appaiono fuse insieme, risulta impossibile distinguere l’esperienza di ogni singolo combattente da quelle dei propri compagni, come se condividerne la narrazione fosse equivalso ad appropriarsene, spostando sempre oltre il confine tra esperienza e verità.

Beatris Sarlo alla fine del saggio Tiempo pasado (2005) che si occupa dell’influenza del passato, in forma di memoria, all’interno del presente dell’Argentina, riflette sui limiti della testimonianza, in relazione al terrorismo di stato, in quanto narrazione in prima persona. A suo avviso la prima persona è contemporaneamente indispensabile per testimoniare –l’autrice si riferisce in particolare alla violenza del terrorismo di

19

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Stato– ma controversa perché riporta informazioni che non verrebbero alla luce in altro modo, quindi, «de todas las materias con las que puede componerse una historia, los relatos en primera persona son los que piden, a la vez, mayor confianza y se presentan menos abiertamente a la comparación con otras fuentes»20. L’autrice confida nella letteratura: «diría que encontré en la literatura (tan hostil a que se establezcan sobre ella límites de verdad) las imágenes más precisas del horror del pasado reciente y de su textura de ideas y experiencias»21. Il rapporto idiosincrasico tra letteratura e verità non permette di risolvere i problemi sollevati dall’autrice, ma di constatare che la distanza con l’esperienza permette al narratore di affrontare le vicende con una prospettiva esterna che consente, a suo avviso, di «apoderarse de la pesadilla y no sólo de padecerla»22.

Possiamo considerare queste le ragioni che permettono alla narrativa sul conflitto delle Malvine di seguire un percorso diverso. Alcuni dati relativi agli anni di pubblicazione dei testi aiutano a delineare un primo approccio della società letteraria e del suo pubblico al tema del conflitto.

Rodolfo Fogwill, con la pubblicazione di Los pichiciegos (1982) è il primo autore che narra il conflitto in forma di romanzo, anticipando altre opere successive e dando vita al “mito letterario” della guerra delle Malvine. Seguono 5.000 adioses a

Puerto Argentino di Daniel Terzano (1985) e A sus plantas rendido un león di

Osvaldo Soriano (1986). Durante il decennio successivo la produzione risulterà intensificarsi anche in relazione alle celebrazioni del primo decennale del conflitto. Vengono pubblicati nel 1990 El tercer cuerpo di Martín Caparrós e nel 1992 El

desertor di Marcelo Eckhardt e Agua electrizada di Carlos Eduardo Feiling23.

20

Sarlo B., Tiempo pasado. Cultura de la memoria y giro subjetivo. Una discusión, Siglo veintiuno, Buenos Aires, 2005, pag. 162.

21

Sarlo, Op. cit., pag. 163. 22

Sarlo, Op. cit., pag. 166. 23

Gli studi di Adrián Melo e Marcelo Raffin pubblicati in Obsesiones y fantasmas de la Argentina,

el antisemitismo, Evita, los desaparecidos y Malvinas en la ficción literaria, Ciencia Sociales,

Editores del Puerto, Buenos Aires, 2005 e quelli di Lara Segade sotto forma di tesi dottorale dal titolo La guerra en cuestión: relatos de Malvinas en la cultura argentina (1982-2012) annoverano

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Seguono Banderas en los balcones di Daniel Ares (1994), La Flor Azteca di Gustavo Nielsen (1997) e Las Islas di Carlos Gamerro (1998) –che peraltro colloca le vicende narrate nell’anno 1992. Durante gli anni dal 2000 a oggi aumentano non solo le pubblicazioni ma anche le riedizioni di testi. Edgardo Russo pubblica

Guerra conyugal nel 2000, seguono Martín Kohan con Dos veces junio (2002), Partes de guerra, Malvinas 1982, di Fernando Cittadini e Graciela Speranza (2005), Los viajes de Penélope: la história del barco más viejo de Malvinas di Roberto

Herrscher, Ciencias morales di Martín Kohan e Una puta mierda di Patricio Pron (2007), Cuando te vi caer e Fiel di Sebastián Basualdo (rispettivamente 2008 e 2010), Segunda vida, la guerra no siempre te convierte en un héroe di Guillermo Orsi (2011), Montoneros o la ballena blanca di Federico Guillermo Lorenz,

Sobrevivientes di Fernando Monacelli e Trasfondo di Patricia Ratto, pubblicati nel

2012, in occasione del trentesimo anniversario del conflitto.

I casi di riedizioni sono diversi: Dos veces junio compare nel 2005 in edizione tascabile, El desertor ricompare nel 2009 con un’interessante prefazione dell’autore e l’aggiunta di una serie di racconti frutto del confronto e delle interviste a ex combattenti. Nel 2012 la casa editrice Alfaguara pubblica un’antologia di testi editi24 e inediti dal titolo Las Otras Islas, con un’interessante introduzione di Edgardo Esteban. Nello stesso anno vengono ripubblicati Cuando te vi caer, per il quale l’unica variazione risulta essere l’immagine di copertina, e Las Islas, che invece riporta interventi all’interno del testo illustrati dall’autore nella prefazione.

di Feiling, Los cuatros elementos (Norma editorial, Buenos Aires, 2007), che raccoglie l’opera completa dell’autore, sottolinea l’importanza del testo all’interno della sua produzione come prova letteraria che si misura con la conquista del genere poliziesco, con il quale Feiling non si era ancora misurato. Le Malvine sono presenti nel testo nella figura di Juan Carlos, militare ed ex combattente di cui il protagonista e narratore, il professore di letteratura Tony Hope, apprende della morte in circostanze sospette.

24

I racconti editi presenti all’interno dell’antologia:

Marcelo Birmajer, “La penitencia”, in Compañero desconocido, Alfaguara, Buenos Aires, 2005; Liliana Bodoc, “El puente de arena”, in Amigos por el viento, Alfaguara, Buenos Aires, 2008; Juan Forn, “Memorándum Almazán”, in Nadar de noche, Planeta, Buenos Aires, 1991;

Eduardo Sacheri, “Me van a tener que disculpar”, in Esperándolo a Tito y otros cuentos de fútbol, Galerna, Buenos Aires, 2000;

Esteban Valentino, “No dejes que una bomba dañe el clavel de la bandeja”, in Nuevos cuentos

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Nel 2013 compare una terza edizione di Dos veces junio. Nel 2014 Patricio Pron pubblica a Madrid Nosotros caminamos en sueños, una riedizione ragionata del precedente Una puta mierda.

Le date di pubblicazione permettono di dimostrare la costante attenzione di tre generazioni di scrittori, del pubblico al quale si dirigono e una particolare sensibilità delle case editrici, soprattutto in occasioni specifiche come possono esserlo il decimo e trentesimo anniversario del conflitto.

La critica letteraria argentina ha offerto una lettura della rappresentazione del conflitto all’interno della produzione letteraria nazionale a partire dalla fine degli anni Ottanta. I primi articoli di rilievo risultano essere Política, ideología y

figuración literaria di Beatriz Sarlo (in Ficción y política. La narrativa argentina durante el proceso militar, 1987) e Transhumantes de neblina, no las hemos de encontrar (De cómo la literatura cuenta la guerra de Malvinas) a firma di Martín

Kohan, Oscar Blanco e Adriana Imperatore (“Espacios de crítica y producción”, 1993) insieme al testo El fin de una épica (“Punto de vista. Revista de cultura”, 1999) di Martín Kohan.

L’autore continua negli anni ad analizzare il dualismo epica/picaresca all’interno della produzione legata alla guerra delle Malvine, che culmina con il saggio El País

de las guerras (2014). Risulta indicativo che l’attenzione della critica letteraria si

sia soffermata nuovamente sull’argomento tanto per il periodo in cui si sviluppa quanto perché funge da termometro della società e dei suoi interessi.

Le ricerche di Julieta Vitullo e Lara Segade costituiscono due ulteriori punti di vista sulla vicenda letteraria delle Malvinas, e si inseriscono all’interno del dibattito rispettivamente nel 2012 –Islas imaginadas, la guerra de Malvinas en la literatura

y en el cine argentino– e nel 2014 –La guerra en cuestión, relatos de Malvinas en la cultura argentina, tesis doctoral. Le due tesi dottorali, la prima discussa presso la

Rutgers University –New Jersey– e la seconda presso l’Universidad de Buenos Aires hanno, tra gli altri, il merito di ricostruire un corpus letterario e

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cinematografico nel caso di Julieta Vitullo, letterario e testimoniale nel caso di Lara Segade, prodotti dal 1982 al 2012. L’obiettivo comune è portare alla luce l’importanza dell’evento storico e la sua rappresentazione nelle coscienze, siano esse degli intellettuali o della collettività. Sarà interessante estendere, nel presente lavoro, la riflessione fino al 201525.

Nell’ottica di uno studio della letteratura argentina in relazione al conflitto e non di uno studio dedicato al conflitto anglo-argentino, il presente lavoro non si baserà su testi inglesi né includerà il punto di vista di altre nazioni, siano esse latinoamericane o europee. Ho ritenuto comunque opportuno tenere in considerazione gli studi italiani sull’argomento, piuttosto esigui e principalmente dedicati a questioni di carattere politico-economico o di diritto internazionale. È il caso di Il conflitto delle

Falkland/Malvinas: un’analisi sistemica di Roberto Sala R. (F. Angeli, Milano,

1996), di Crisi Falkland – Malvinas e organizzazione internazionale, a cura di Laura Forlati e Francisco Leita (Università di Ferrara, Cedam, Padova, 1985) e di

Le isole del purgatorio. Il conflitto delle Falkland-Malvinas: una storia argentina

di Fabio Gallina (Ombre Corte, Napoli, 2011).

Il mondo editoriale italiano, attento principalmente ai grandi classici della letteratura ispanoamericana, ha dimostrato interesse nei confronti dei testi che si intende analizzare in questo lavoro, in casi specifici: con la traduzione di A sus

plantas rendido un león di Osvaldo Soriano (Prima traduzione nel 1988 per Rizzoli,

seconda pubblicazione nel 1995 per Einaudi), la pubblicazione nel 2007 di La

matematica del gol (Fandango libri) e la traduzione di Los pichiciegos di Rodolfo

Fogwill (2011).

25

Si pensi alla costruzione e inaugurazione del Museo Malvinas e Islas del Atlántico Sur (giugno 2014), all’Istituzione di programmi e finanziamenti che incentivano la ricerca, quali Malvinas en la

Universidad (dal 2013 al 2015), alla declassificazione dei documenti di stato (settembre 2015), alla

pubblicazione di testi (Dos veces junio in edizione tascabile, El país de las guerras e Cuerpo a

tierra di Martín Kohan, rispettivamente del 2013, 2014 e 2015; Nosotros caminamos en sueños di

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A sus plantas rendido un león di Osvaldo Soriano, pubblicato in Argentina nel

1986, approda in Italia dopo soli due anni con il titolo La resa del leone. Osvaldo Soriano è uno dei pochi autori argentini tradotto in Italia a partire dagli anni Settanta e che continua a suscitare la curiosità e l’attenzione di un pubblico sempre nuovo. Il romanzo è una pungente allegoria, picaresca e umoristica, della politica argentina e internazionale, dei giochi di potere e del rapporto con le ideologie, che si colloca nell’immaginario stato africano del Bongwutsi durante il conflitto delle Malvine.

Il gol di mano segnato da Diego Armando Maradona alla squadra inglese durante i mondiali di calcio svoltisi in Messico nel 1986 rappresenta nell’immaginario collettivo argentino il segno della rivincita e si riflette all’interno delle finzioni letterarie grazie al suo potere allusivo. La raccolta di racconti La matematica del gol include il documentario Con la mano di Dio del regista italiano Umberto Nigri, che fa riferimento all’episodio e, insieme, riproduce le testimonianze di familiari dei coscritti, dell’ex combattente argentino Miguel Savage, del poliziotto malvinense Terry Peck che ha combattuto al fianco degli inglesi, e della sua famiglia.

Nel 2011 compare la prima traduzione in italiano di Los pichiciegos di Rodolfo Fogwill, pubblicato da Edizioni Sur con il titolo Scene da una battaglia sotterranea. A corredo, all’interno del blog della casa editrice, un approfondimento sul conflitto e sugli autori argentini che hanno contribuito ad arricchire questo filone narrativo. La critica letteraria italiana che si occupa della produzione argentina sembra escludere la questione Malvine. Oltre all’interesse rivolto alle opere letterarie di autori ormai considerati canonici anche oltreoceano, la produzione letteraria argentina sembra suscitare interesse quando si lega alle vicende che coprono l’arco temporale dal peronismo alla dittatura. Le Malvine sono vittime della stessa

desmalvinización subita in America, considerate un “a parte” e non l’ultima

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l’articolo della critica letteraria Ilaria Magnani, La consegna dell’oblio26, che

s’inserisce all’interno del dibattito sul ruolo svolto dalla letteratura argentina in relazione al conflitto delle Malvine e fonda le sue argomentazioni sui testi citati di Rosana Guber e Martín Kohan –tra gli altri– in relazione all’analisi del rapporto tra epos e romanzo di bachtiniana memoria. In un panorama in cui la questione Malvine resta in appendice, l’autrice propone la centralità dell’argomento proprio come accade contestualmente in Argentina.

26L’articolo compare all’interno degli atti del convegno del Centro Studi Americanistici “Circolo Amerindiano” di Salerno El olvido está lleno de memoria (Mario Benedetti), svoltosi a Salerno nel maggio 2013.

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La storia

Dal primo avvistamento al 1982

I primi avvistamenti dell’arcipelago delle Malvine risalgono al periodo delle grandi esplorazioni, tra il XV e il XVI secolo. Spagna e Portogallo prima e Inghilterra e Francia poi, navigarono verso oriente alla ricerca di nuove terre e nuove vie per il commercio. I navigatori al servizio dei re di Spagna e Portogallo furono i primi a imbattersi nelle isole e, probabilmente, il primo europeo a scorgere l’arcipelago fu, nel 1501 Amerigo Vespucci. Altri avvistamenti seguirono poi nel 1520–21, nel 1525, nel 1534 e nel 1539. Le esplorazioni non registrarono la presenza di insediamenti indigeni, si trattava di isole disabitate.

Da Islas de Sanson a Islas Malvinas

«Di altri paesi si dice quante volte hanno cambiato governo; queste isole finora hanno cambiato solo il nome»27. Stupisce l’attualità del commento di Samuel Johnson che risale al 1771. Nonostante l’arcipelago a oggi sia ufficialmente riconosciuto con la denominazione “Falkland Island”, generalmente si include tra parentesi la versione in spagnolo “Islas Malvinas”, eppure il dibattito risulta ancora aperto28. Al di là della disputa territoriale e del valore simbolico che acquisisce una definizione quando si sostituisce all’altra, sembra crearsi un equivoco nel momento in cui le definizioni vengono utilizzate come se una fosse la traduzione dell’altra, legando la scelta terminologica esclusivamente alla lingua in uso. Nel caso del francese come dell’italiano il nome “Malvinas” subisce una trasformazione – rispettivamente Malouines e Malvine– mentre la versione inglese resta immutata. Senza dubbio, come vedremo più avanti, la scelta in lingua francese si lega alla

27

Johnson S., Riflessioni sugli ultimi fatti relativi alle isole Falkland (1771), Adelphi, Milano, 1982, pag. 34.

28

Il 3 novembre 2014 il deputato del Frente Renovador Alberto Assef definì “colonialista” l’utilizzo del nome “Falkland Islands” in riferimento all’arcipelago nel videogioco Call for duty:

Advances Welfare (Activision e Square Enix). Ha pertanto richiesto il ritiro dal commercio del

videogioco fino all’inserimento del nome argentino delle isole accanto a quello inglese. http://www.lanoticia1.com/noticia/buscan-prohibir-la-venta-del-juego-call-duty-que-llama-falklands-las-malvinas-59720.html (3/11/2014).

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storia di un insediamento, mentre è interessante notare che la lingua italiana ha assorbito una variazione spagnola pur restando estranea alla vicenda politica.

Lo storico Roberto Sala29 nella sua opera relativa al conflitto delle Malvine, che rappresenta lo studio italiano di maggior rilevanza sul tema, focalizza l’attenzione unicamente sullo scontro e sulle azioni politiche e diplomatiche che coinvolgono fino al 1996 Argentina e Inghilterra. La sua ricostruzione degli eventi evidenzia una scansione della storia dell’arcipelago attraverso l’alternanza dei nomi che gli vengono attribuiti.

Islas de Sanson e Islas de los Patos sono i primi nomi che incontriamo, attribuiti all’avvistamento dell’arcipelago, nel 1520, di Esteban Gómes appartenente alla flotta spagnola. Essi hanno rappresentato nella cartografia dell’epoca le isole, allora semplici stazioni di sosta durante i viaggi verso Oriente. I primi nomi inglesi che si attribuiscono sono Davi’s Land, in onore dell’esploratore John Davis che le avvistò nel 1592 e Hawkins’ Maiden Land, assegnato dal corsaro Richard Hawkins nel 1594. Nel 1598 compare sulle mappe il nome Isole Sebald, dai due navigatori olandesi Verhagen e Sebald de Wert.

Nel 1690 appare per la prima volta il nome Falkland. Il capitano John Strong, sbarcando sull’arcipelago e dichiarando di non aver trovato traccia di popolazioni indigene, diede il nome Pepys Island alla parte occidentale dell’arcipelago, da Samuel Pepys, segretario dell’ammiraglio, e Falkland Island a quella orientale, in onore del Lord Tesoriere della Royal Navy Lucius Carey visconte di Falkland. Nel 1748 l’ammiraglio inglese George Anson, dimostrando l’importanza strategica delle isole ai fini commerciali, raccomandò di «creare un insediamento nelle isole Pepys e Falkland, considerandolo necessario al successo delle future spedizioni contro la costa del Cile, e di tale utilità e importanza che avrebbe portato in pace diversi vantaggi, e in guerra avrebbe [resi] padroni del Mare del Sud»30.

29

Sala R., Il conflitto delle Falkland/Malvinas: un’analisi sistemica, Franco Angeli, Milano, 1996. 30

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Il nome francese Îles Malouines compare verso la fine del XVII secolo. Tra il Seicento e il Settecento, infatti, i pescatori francesi di Port Saint Malo approdavano regolarmente sulle isole con le loro baleniere per trovare riparo dalle tempeste. Nel 1764 l’esploratore francese Louis-Antoine de Bouganville insediò una colonia insieme con i pescatori di Saint Malo a Port Sanlouis, nell’isola orientale dell’arcipelago.

La posizione delle isole acquisisce un valore strategico talmente importante per il commercio da innescare le prime dispute territoriali: nel 1764 le Malouines vennero dichiarate di proprietà del re di Francia Luigi XV per poi passare, l’anno seguente, nelle mani della corona inglese nella persona del Re Giorgio III, che rivendicò il diritto di prima scoperta e di insediamento. Il re di Spagna Carlo III, in virtù della prossimità territoriale, rivendicò a sua volta la sovranità all’alleato Luigi XV, il quale acconsentì alla richiesta. Nel 1770 cinque navi e millecinquecento soldati sgomberarono la piccola guarnigione britannica: le isole presero per la prima volta il nome di Malvinas. La controffensiva britannica venne scongiurata attraverso un accordo segreto che prevedeva la cessione di Port Egmont all’Inghilterra fino al 1774. In questa occasione inoltre la corona spagnola si appellò all’articolo otto della pace di Utrecht che le garantiva il possesso esclusivo dei continenti americani e delle isole adiacenti, un articolo al quale l’Argentina ricorre nelle odierne dispute diplomatiche.

L’arcipelago teatro di scontri

Il trattato di San Lorenzo –conosciuto anche come “Tratado de amistad, límites y navegación o tratado Pinckney”– che la corona spagnola firmò con gli Stati Uniti nel 1795 per garantire la pace con questi ultimi e regolare i flussi commerciali nelle aree confinanti, è uno dei documenti che continua a impugnare l’Argentina durante le trattative diplomatiche per l’annessione delle isole. Già dal 1776 Carlo III aveva istituito il vicereame del Río de la Plata che comprendeva l’attuale Argentina, Bolivia, Uruguay, Paraguay e Malvine. Con l’occupazione della Spagna da parte di

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Napoleone, nel 1811, Carlo III perse il possesso dell’arcipelago che per nove anni restò disabitato. Dopo quattro anni di trattative per annetterle ai territori del vicereame le isole ne attesero altri nove per dichiararsi indipendenti. Il 10 giugno 1829 il comandante argentino Luis Elías Vernet diventò il primo governatore delle Malvinas, rimase in carica però pochi anni. Per tutelare il commercio argentino promulgò una legge che proibiva caccia e pesca sul suolo dell’arcipelago e nelle acque territoriali circostanti, diretta in primo luogo alle navi statunitensi. Nel 1831 Vernet decise di requisirne tre, ree di violazioni continue, e la conseguenza fu disastrosa: Washington inviò la USS Lexington, una nave da guerra, che mise a ferro e fuoco l’isola dichiarandola terra di nessuno, cedendo il passo alla Gran Bretagna che nel dicembre 1832 sbarcò a Port Egmont e prese possesso delle isole.

Nonostante la questione costituisse per l’Argentina una ferita aperta, il governo di Juan Manuel de Rosas (1829–1832 e 1835–1852) non intraprese azioni significative poiché era di primario interesse rendere inaccessibili i mari americani alla potenza francese da tempo intenzionata a fondare una colonia nel territorio rioplatense. L’egemonia commerciale inglese sui mari era quindi per il suo governo una tutela e un deterrente anche nei confronti di altre nazioni europee in espansione territoriale verso il “Nuovo Mondo”. La Gran Bretagna rafforzava, inoltre, la propria presenza sul territorio attraverso investimenti diretti sul suolo rio platense, come la costruzione di linee ferroviarie.

Rosana Guber riporta in ¿Por qué Malvinas? De la causa nacional a la guerra

absurda (2001) stralci di un’interessante lettera del comandante della marina

argentina Augusto Laserre pubblicata in un articolo di José Hernández del novembre del 1869 sul quotidiano “El Río de la Plata”, del quale era fondatore, proprietario e redattore. Il documento è utile per comprendere il dualismo tra il desiderio governativo e strategico di possedere le isole e il territorio marittimo circostante e l’attenzione che la popolazione rioplatense aveva dedicato all’arcipelago. José Hernández evidenzia l’interesse manifestato dalla popolazione, o in questo caso dall’inteligenzia argentina, nei confronti della rivendicazione della

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sovranità sulle isole durante quegli anni di silenzio. Secondo quando riferito da Hernández il comandante, incaricato di informare una compagnia assicurativa del naufragio di una nave mercantile italiana a sud delle isole, affermava di essere entrato in contatto con «curiosidades ignoradas por la generalidad de nuestros lectores acerca de la población, usos, costumbres, industria, comercio y demás, relativo a aquellas islas, cuya situación geográfica les da una grandísima importancia»31. Nel riportare l’aneddoto era intenzione di Hernández di risvegliare l’interesse della popolazione sul territorio e sulla questione sopita o, peggio ancora, «nada conocida por la mayoría de sus legítimos dueños» derivato a suo avviso dalla «negligencia de nuestros gobiernos que han ido dejando pasar el tiempo sin acordarse de tal reclamación pendiente»32.

Per via della sua posizione strategica l’arcipelago è stato teatro di scontri anche durante entrambi i conflitti mondiali tra Inghilterra e Germania pur non essendo in questo caso oggetto di contesa. In entrambi i casi, la flotta tedesca aveva navigato raggiungendo l’Oceano Atlantico per attaccare la potenza nemica. Nel dicembre del 1914 la flotta tedesca dell’ammiraglio Maximilian von Spee fu distrutta da quella inglese, mentre nel 1939 gli incrociatori britannici utilizzarono le isole come punto d’appoggio e spinsero la corazzata tedesca Graf von Spee all’autoaffondamento a largo di Montevideo. Gli episodi, oltre a confermare la potenza della flotta inglese, costituiscono un ulteriore dimostrazione dell’importanza strategica dell’arcipelago.

In quegli stessi anni gli Stati Uniti, rafforzata la loro potenza dalla conclusione delle guerre mondiali, iniziavano a guadagnare terreno e sostituirsi come potenza egemonica all’Inghilterra che iniziava a perdere terreno. In Argentina il generale Juan Domingo Perón durante i suoi dieci anni (1946–1955) di politica nazionalista e giustizialista mosse passi significativi in direzione di un rovesciamento del dominio

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Hernández J., Las Islas Malvinas, Buenos Aires, Joaquín Gil, 1952, p. 15; in Guber R., ¿Por qué

Malvinas? De la causa nacional a la guerra absurda, Fondo de cultura económica, Buenos Aires,

2001, pp.66-67. 32

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economico inglese, affermato attraverso la “Declaración de independencia económica argentina”, il 9 luglio 1947 a San Miguel de Tucumán, in occasione del centotrentunesimo anniversario dell’indipendenza dalla corona spagnola. L’Argentina riuscì a liberarsi dal dominio economico inglese attraverso il riscatto delle linee ferroviarie e altri servizi voluti e costruiti dall’Inghilterra, in cambio dell’annullamento del debito che quest’ultima aveva contratto con l’Argentina durante i conflitti, pari a circa centoventisei milioni di sterline. Superato il primo scoglio e liberata la nazione dalla sudditanza agli interessi inglesi, il generale riportò all’attenzione pubblica la questione Malvine. Nel momento storico in cui il paese si avviava ad accentuare il valore dei simboli nella costruzione dell’identità nazionale, lo slogan «Las Malvinas son argentinas» entrò a far parte del vocabolario politico dell’epoca. Le isole fecero il loro ingresso nei programmi di insegnamento scolastico e la storia della loro usurpazione si consolidò all’interno della coscienza sociale con uno sguardo vittimista che ne sottolineava la perdita. Seguirono anni di attenti dialoghi diplomatici tra le due nazioni, a partire dal 16 dicembre 1965, data in cui venne approvata –con l’astensione dell’Inghilterra– la risoluzione 2065 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite secondo la quale si riconosceva l’esistenza di una disputa per la sovranità sulle Isole Malvine e che inseriva il tema all’interno di una situazione coloniale che si invitava a risolvere in quanto la risoluzione 1514 (XV) condannava ogni forma di colonialismo.

Le prime azioni per la rivendicazione del territorio

Durante i diciassette anni che vanno dalla risoluzione dell’ONU allo scoppio del conflitto, Argentina e Inghilterra hanno portato avanti intense trattative diplomatiche. La posizione argentina a difesa delle isole e in favore del piano di decolonizzazione si dichiarava interessata innanzitutto a tutelare gli interessi materiali della popolazione delle Malvine. Sebbene l’usupazione inglese del 1832 fosse considerata illegittima, la popolazione locale non ha mai sollevato dubbi riguardo al desiderio di rimanere territorio inglese. Solo nel 2014 viene indetto un

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