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Nell’articolo Nuevas funciones para el espacio imaginario su A sus plantas rendido

un León di Osvaldo Soriano, Alicia Llarena identifica in invenciones, testimonio e parodia le tre forme letterarie proprie del discorso rioplatense del periodo a cavallo

tra dittatura e democrazia. Le invenciones, sostiene l’autrice, rifuggono la mimesi e si avventurano nel terreno dell’immaginazione; la parodia costruisce un discorso che include un linguaggio estraneo, diverso, all’interno del proprio; la testimonianza è in grado di evocare una particolare relazione con la verità. A partire dagli anni sessanta la testimonianza diventa il genere privilegiato in Argentina e Uruguay. Il coinvolgimento del testimone in prima persona ha reso possibile il consolidamento di un’estetica politicizzata. La parodia nasce spontaneamente dalla necessità di utilizzare l’ironia e la critica di contro alla censura esercitata dalla repressione politica e di travestire riflessioni politiche e ideologiche. Il complesso legame tra circostanze storico-politiche e scelte retoriche nella scrittura ha generato una serie di contaminazioni tra le forme letterarie dei decenni successivi.

Il romanzo politico degli anni Settanta che emerge dalla convergenza di avanguardia estetica e avanguardia politica ha ideologizzato il genere narrativo e al contempo ha permesso al codice narrativo di muoversi in direzione di ambiti non letterari: «mientras la novela de los años ‘60 educó el gusto hacia la imaginación,

(...) a partir de los ‘70 se tiende a reforzar el polo de credibilidad en lo narrado con estrategias enfáticas y hasta estridentes»146.

Gli autori hanno dovuto riappropriarsi di terreni che la censura li aveva costretti ad abbandonare, ovvero quelli relativi alla condizione della società, obbligandoli a decostruire il discorso sul reale. Con questo mutamento di esigenze narrative, i testi non tendono alla verosimiglianza ma si allontanano dal contesto reale, per rendere il racconto astratto, liberatorio. Il discorso assume l’estetica leggera di una narrazione che lo rende capace di raccogliere un immediato consenso, pur celando un diverso messaggio, ovvero il desiderio dell’autore non di utilizzare la letteratura come strumento che mostra se stessa ma come strumento che, per contrasto, permette di vedere.

Dagli anni Settanta in poi i generi della parodia e della testimonianza, valendosi come strumenti di ironia, violenza e irrealtà, entrano a far parte della cifra letteraria consolidandosi per rimanere fino ai nostri giorni. Mentre il romanzo negli anni Ottanta raccoglie l’intenzione di dare un senso collettivo all’orrore degli anni della dittatura e della guerra attraverso l’intersezione del piano individuale con quello storico e sociale, negli anni Novanta, definiti dall’antropologo francese Marc Augé

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È interessante riprodurre l’intera citazione in quanto ricostruisce sinteticamente le relazioni tra letteratura e verità, offrendo una carrellata dei generi letterari che caratterizzano la produzione argentina: «La novela política –dice– establece nuevos contratos de lectura enfatizado el uso del documento historiográfico, social o periodístico. Ello explica la importancia de los marcos o umbrales de enunciados como espacios preferidos para hacer explícitas las relaciones con la verdad. A veces el contrato se establece desde el título, que busca la afiliación genérica a partir del rótulo, El caso Satanowski (1973) de Rodolfo Walsh, El caso Banchero (1973) y Uchuraccay,

testimonio de una masacre (1983) de Guillermo Thorndike, La novela de Perón (1986) de Tomás

Eloy Martínez, Tejas verdes: diariode un campo de concentración chileno (1979) de Hernán Valdés, o Vida y tiempos de Juan Cabezón de Castilla (1985) de Homero Aridjis. Otra veces el pacto de persuasión de refrenda en los preliminares de la novela, y en este espacio de negociación de sentido deben incluirse las fotografías que "citan" la tragedia en La noche de Tlatelolco (1971), o en Nada, nadie. Las voces del temblor (1988) de Poniatowska. O contratos de lectura lingüísticamente explícitos como aparecen en No habrá más pena ni olvido (1980) de Osvaldo Soriano, en La aventura de Miguel Litin clandestino en Chile (1986) de García Márquez, en Aquí

se habla de combatientes y bandidos (1975) de Raúl González de Cascorro, y es el caso del texto

que firma "V. L." (Vicente Leñero) al comienzo de Los periodistas (1978), y en el que explicita que la novela surge de un hecho verídico que quiere denunciar, y que "es el tema de la novela. Subrayo

desde un principio el término: novela" (p. 449).

Mudrovcic M. E., “En busca de dos décadas perdidas: la novela latinoamericana de los años 70 y 80”, in Revista Iberoamericana, nº 164-165, giugno-dicembre 1993, Pittsburg, pag.448

come gli anni della “surmodernità”147, il mercato, che cancella la memoria del

fruitore, ha trivializzato la tragedia e le impone regole di consumo.

Lo scenario di questi anni in Argentina ricompone insieme la guerra, le dittature, il disgregamento sociale, ma tutto ciò resta sullo sfondo, sembra non influire sulla quotidianità dell’individuo, imbrigliato in un presente in rapida corsa verso il futuro. I referenti storici appaiono sotto forma di caricatura, svuotati del loro significato, bidimensionali. L’individuo degli anni Novanta è più che mai influenzato dalla storia collettiva ma ha perso i punti di riferimento che lo identificano con una società che si mostra altamente instabile.

Distanza ed esclusione: la guerra delle Malvine sullo sfondo

La guerra delle Malvine s’inserisce nella produzione letteraria argentina di questi anni esattamente come sfondo bidimensionale sul quale si muovono gli eventi e le peripezie dei protagonisti. La distanza dal teatro dell’azione si configura come prerogativa delle narrazioni sul conflitto, consolidando la scelta di raccontarla da prospettive e posizioni marginali seguendo il percorso tracciato da Rodolfo Fogwill in Los Pichiciegos.

Nel caso di El desertor di Marcelo Eckhardt, di Partes de guerra, Malvinas 1982, di Fernando Cittadini e Graciela Speranza e di Trasfondo di Patricia Ratto, la guerra emerge dallo sfondo per costituire il nucleo centrale della narrazione ma la prospettiva da cui viene raccontata si riconferma esterna e marginale: in El desertor i protagonisti sono sulle isole ma fuggono dall’epicentro degli scontri in quanto disertori; Partes de guerra è la rielaborazione delle testimonianze di ex combattenti che raccontano la loro esperienza sul conflitto, anche loro lontani dallo scontro e da una prospettiva privilegiata, quella di sopravvissuti; in Trasfondo la storia si svolge a bordo di un sottomarino che ha però perso la possibilità di comunicare sia con il

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Marc Augé considera il cambiamento della percezione del tempo prodotto dalla molteplicità di eventi e dall’accelerazione della storia come la prima caratteristica dell’era surmoderna, successiva a quella post-moderna: «Nowadays the recent past – 'the sixties', 'the seventies', now 'the eighties'– becomes history as soon as it has been lived. History is on our heels...». Augé M., Non-Places.

continente che con le isole, la guerra si consuma altrove, all’insaputa dell’equipaggio.

La distanza e l’esclusione costituiscono i pilastri portanti per la costruzione letteraria della memoria del conflitto. La loro presenza, più o meno ingombrante a seconda dei casi, viene espressa principalmente dalla voce narrante ma non incide sulo sviluppo della trama. Nel caso di El tercer cuerpo di Martín Caparrós, Agua

electrizada di Carlos Eduardo Feiling, La Flor Azteca di Gustavo Nielsen, Guerra conyugal di Edgardo Russo, Martín Kohan con Dos veces junio, Ciencias morales, Segunda vida, la guerra no siempre te convierte en un héroe di Guillermo Orsi, la

guerra è l’evento che innesca la narrazione delle vicende na resta sullo sfondo: in El

tercer cuerpo, le figure degli ex combattenti emergono in quartieri malfamati e

locali poco raccomandabili, la guerra compare sotto forma di documenti segreti ritrovati dal protagonista/improvvisato detective; in Agua electrizada compare identificata nella figura di un ex combattente morto suicida e nei riferimenti che troviamo all’interno del suo diario; Segunda vida racconta le vicende di un gruppo di ex combattenti che sceglie una vita al limite della legalità; il protagonista di La

Flor Azteca riesce a eludere il servizio di leva mentre il suo migliore amico partirà

per la guerra ma riuscirà a non essere imbarcato sul Belgrano. In Guerra conyugal,

Dos veces junio e Ciencias morales la guerra s’infiltra nella storia attraverso

rimandi metaforici e simbolici.

Esclusione dell’autore dalla vicenda della guerra

La produzione letteraria argentina degli anni Ottanta e la fioritura del genere letterario della testimonianza come espressione massima di una presa di coscienza sociale e della liberazione dalla censura della dittatura, aveva spostato sul genere in questione la responsabilità di raccontare le vicende garantendo l’aderenza alla realtà. Juan José Saer interviene nel dibattito sull’autorevolezza del genere e sulla subordinazione della finzione tanto a questo quanto a generi quali la memorialistica e la biografia:

En cuanto a la dependencia jerárquica entre verdad y ficciόn, según la cual la primera poseería una positividad mayor que la segunda, es desde luego, en el plano que nos interesa, una mera fantasía moral. Aun con la mejor buena voluntad, aceptando esa jerarquía y atribuyendo a la verdad el campo de la realidad objetiva y a la ficciόn la dudosa expresiόn de lo subjetivo, persistirá siempre el problema principal, es decir la indeterminaciόn de que sufren no la ficciόn subjetiva, relegada al terreno de lo inútil y caprichoso, sino la supuesta verdad objetiva y los géneros que pretenden representarla. Puesto que autobiografía, biografía, y todo lo que puede entrar en la categoría de non-

fiction, la multitud de géneros que vuelven la espalda a la ficciόn, han decidido

representar la supuesta verdad objetiva, son ellos quienes deben suministrar las pruebas de su eficacia148.

A suo avviso non è possibile affrontare la scelta di un genere letterario sulla base dell’aderenza a concetti quali la realtà e la verità. Il paradosso della finzione, spiega Saer, sta nel ricorrere al falso per aumentare la propria credibilità. Il suo compito non è quello di romanzare la realtà ma di raccontare il mondo.

La ficción se mantiene a distancia tanto de los profetas de lo verdadero como de los eufóricos del falso. Su identidad total con lo que trata podría tal vez resumirse en la frase de Goethe [...] “La Novela es una epopeya subjetiva en la que el autor pide permiso para tratar el universo a su manera; el único problema es saber si tiene o no una manera; el resto viene por añadidura”.149

Applicando la teoria che Saer utilizza per affrontare l’analisi delle categorie letterarie al caso specifico delle narrazioni del conflitto, possiamo quindi affermare che lo stesso accade quando un autore, che non ne è stato testimone diretto del conflitto, lo racconta. Carlos Gamerro nelle sue interviste a ex combattenti, studio preliminare al romanzo Las Islas, riscontra tra se stesso nei panni dello scrittore-narratore e gli ex combattenti nei panni di testimoni-

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Saer J. J., “El concepto de ficciόn” in Punto de vista, anno XIV n° 40 luglio-settembre 1991, Buenos Aires, pag. 4.

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protagonisti una differenza che si fonda nella scelta del mezzo espressivo. Gli ex combattenti per rendere comunicabile la propria esperienza non hanno bisogno del linguaggio:

Ellos no necesitan hacer real esa experiencia mediante el lenguaje. Yo, que no estuve allí, yo, el que nada ve y el que nada siente ante esas pobres palabras en que destila todo lo que vieron y vivieron, me veo obligado a construir esa experiencia con las palabras; debo hacerla verdadera para mí, primero, y si lo logro, hay una buena probabilidad de que logre hacerla verdadera para mis lectores; y quizá, quién sabe, verdadera, de modos nuevos, incluso para ellos, los que estuvieron150.

La parola è l’inevitabile mediazione con la realtà di chi non la consce direttamente e serve a colmare tale ignoranza. Quindi indirettamente l’esclusione dell’autore è propedeutica alla comprensione della necessità dell’ilusiόn per ricreare una realtà difficile persino da immaginare. La finzione narrativa è, secondo Gamerro, il solo mezzo che permette all’autore, posto ai margini della vicenda, di entrare nel vivo e ricostruire un mondo che avvicini il lettore.

Ese fue mi primer descubrimiento, obvio tal vez, pero una de esas verdades que sólo valen si uno las descubre por su cuenta: que la pobreza de la experiencia puede ser suplida por la riqueza de la imaginación y, sobre todo, por el trabajo de la escritura, que no siempre el que ha tenido la experiencia será el que mejor la cuente151.

La generazione Malvine sente l’urgenza di raccontare il conflitto dal punto di vista di chi non è partito per la guerra, non ha rischiato la propria pelle, ma avrebbe potuto. In comunione con le vittime, i sopravvissuti all’orrore infiltrano il tema nelle narrazioni, lo riportano poco a poco alla luce e all’attenzione della società.

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Gamerro, “Tierra de la memoria”, cit. 151

Offrono alla guerra e alla società la possibilità di un riscatto attraverso l’immaginazione. Possono farlo con gli strumenti che hanno a disposizione: la propria esperienza, le informazioni che passivamente hanno ricevuto, quelle che hanno ricostruito, quelle che hanno potuto apprendere, confrontandosi con le narrazioni precedenti del conflitto. Risulta evidente che questa generazione intende parlare da sé, e per farlo deve evitare di filtrare la vicenda attraverso la testimonianza.