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Sebastián Basualdo: il linguaggio che ricostruisce il silenzio

Cuando te vi caer, è l’opera prima di Sebastián Basualdo, scrittore, giornalista per Página 12, direttore della rivista letteraria Los Inútiles e insegnante di latino e

letteratura. È uno dei giovani autori argentini di successo a cavallo tra il percorso accademico e la sua natura di outsider, legato alla scrittura metropolitana dei quartieri della periferia. Come nel caso di Lorenz e Pron, anche per Basualdo la guerra delle Malvine è parte del suo corredo genetico d’individuo e di scrittore. La sua opera prima, che è insieme romanzo familiare, costumbrista e di iniziazione, descrive la vita di una famiglia in un quartiere periferico, Villa del Parque, di una

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Buenos Aires degli anni Novanta ed è il primo romanzo sulle Malvine che si dedica a ricostruire la figura dell’ex combattente nel dopoguerra. Sebastián Basualdo aveva quattro anni quando scoppiò il conflitto, il racconto sulle Malvine è obbligatoriamente filtrato da una ricostruzione personale e a posteriori degli eventi. In un’intervista rilasciata a Silvia Freira di Página 12 a pochi giorni dall’uscita della prima edizione del libro racconta:

Generacionalmente me pasó, como al personaje, que también tomé conciencia de todo lo que había pasado después. Era muy chico cuando terminó la guerra, pero me parece que como generación quedamos marcados. Lo que me sorprendió muchísimo mientras escribía la novela es no haberme encontrado con nadie que confesara abiertamente haber estado de acuerdo con la guerra, cuando se llenaron dos plazas: una a favor y otra en contra248.

Consapevolezza l’autore e consapevolezza della società procedono di pari passo. L’opera di Basualdo muove dalla necessità di indagare il silenzio di una società nel suo procedere lasciava al margine la figura dell’ex combattente.

Il romanzo è la storia di Lautaro Nogán che all’età di 28 anni, che corrisponde all’età dell’autore al momento della scrittura, recupera il diario della sua adolescenza einizia a scrivere il romanzo. Il protagonista ricostruisce, attraverso una cronaca intimista in prima persona, la sua adolescenza e quella della società argentina, che ne costituisce lo sfondo, badando a riempire i vuoti che la storia raccontata dagli adulti aveva lasciato. Il romanzo si apre con Lautaro adolescente che vede sua madre salire in macchina con uno sconosciuto, scoprendo così il tradimento del compagno, Francisco Montoya, personale eroe del ragazzo. Attraverso flashback e flashforward l’autore racconta quasi simultaneamente gli anni dell’infanzia del protagonista, come antefatto che spiega lo stupore e la delusione che provoca quel tradimento, e gli incontri con la sorella di Francisco che in età matura lo aiuta a ricostruire gli eventi e a scoprire la verità. Sua madre infatti

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Friera S., “De regreso a la guerra de Malvinas”, Página 12, 7 dicembre 2008, disponibile online: http://www.pagina12.com.ar/diario/suplementos/espectaculos/4-12214-2008-12-07.html

creato nel bambino l’illusione di crescere con un eroe di guerra, ex combattente delle Malvine, che riportava come prova della sua presenza nel conflitto una cicatrice di guerra. Scopriremo verso la fine del romanzo che era invece stata provocata da un incidente grottesco che aveva avuto luogo al ritorno dalla guerra e aveva coinvolto la sorella e il suo futuro marito, scoperti in intimità. Intorno alla cicatrice, al diploma e alla medaglia al valore incorniciati e appesi alla parete di casa, il bambino aveva costruito un mondo e un’aspirazione: arruolarsi nella Marina Militare. La bugia della madre nasceva dalla necessità di far accettare Francisco come padre a Lautaro in sostituzione di quello biologico che lentamente era sparito dalla sua vita. Gran parte dell’attenzione si concentra sulle figure maschili, disegnando un universo vulnerabile e in decadenza. Il ruolo di Francisco –che si era arruolato nella marina militare e si trovava durante il conflitto a bordo della portaerei Veinticinco de Mayo– è centrale nella formazione di Lautaro oltre a essere l’anello di congiunzione con la sua ossessione per la guerra delle Malvine. Man mano che la narrazione prosegue vediamo emergere dalle azioni di Francisco i sintomi di uno stress post traumatico che lo porterà al fallimento lavorativo e sentimentale e al suicidio.

L’autore oltre a rappresentare il disagio degli ex combattenti dimenticati al rientro dal conflitto e ostacolati dalla società nel loro reinserimento e a manifestare attraverso la figura di Francisco i disagi psicologici dello stress postraumatico –la rabbia, la violenza, l’ossessione per le armi e per il cibo– mette in evidenza il dibattito che si era sviluppato intorno ai militari a bordo della portaerei, sulla quale non è chiara la partecipazione alla guerra. I soldati che hanno preso parte al conflitto applicano dele distinzioni in categoria relative al ruolo che hanno avuto durante gli scontri. Vengono denominati ex combattenti gli uomini che hanno preso attivamente parte al conflitto, raggiungendo le isole, mentre vengono identificati come veterani sia i militari di carriera che parteciparono allo scontro, sia i civili che si arruolarono e che, preparati alla guerra e inviati al sud del paese, non arrivarono all’epicentro del conflitto. Francisco si trova a bordo della portaerei che era stata coinvolta nell’operazione di attacco alle isole insieme all’incrociatore General

Belgrano, interrotta per questioni logistiche legate alle difficoltà climatiche e a un malfunzionamento della catapulta a bordo della Veinticinco de Mayo. Per questa ragione Francisco si trova nella difficile posizione di essere considerato veterani e non ex combattente e pertanto non si vede riconosciuto né dal punto di vista sociale né militare la partecipazione all’evento che aveva segnato la sua vita.

Lautaro ventottenne racconta le prime manifestazioni di violenza da parte di Francisco e per sfuggirvi si arruola nella marina militare. La madre di Lautaro, Cora, abbandona entrambi, costringendo suo figlio, al ritorno, a trasferirsi nella casa della nonna, dove aveva trascorso l’infanzia, e a inizia la sua personale ricerca della verità che lo aiuta a decostruire il racconto di finzione nel quale era cresciuto.

La scrittura muove da uno stimolo più profondo, simile a quello innescato dall’esperienza della menzogna che condiziona la scrittura di Pron, ovvero quello di riempire il silenzio con il linguaggio. Afferma l’autore: «en la novela aparecen algunos componentes autobiográficos como el barrio Villa del Parque, donde me crié, y esta cuestión del decir y no decir, de la construcción de la realidad a través del lenguaje, qué realidad se construye cuando no se dice nada, cuando hay silencio»249.

Basualdo risponde alla necessità della sua generazione di appropriarsi del passato di una guerra non vissuta, attraverso la ricostruzione storica della figura dell’ex combattente di cui indaga la vita e l’animo. Francisco, lontano dall’epica o dall’anti-epica, si profila come un individuo segnato dalla vicenda della guerra. Il suo fallimento lavorativo, sentimentale e sociale dipende da eventi storici ben determinati e non dalla mancanza di valori. Basualdo pone l’accento sul lenguaje, che si contrappone al silenzio di una desmalvinización sociale, come elemento capace, con la sua presenza, di significare le vicende. Attraverso il racconto tanto della guerra quanto del trauma, o della figura dell’ex combattente collocato nel contesto del dopoguerra, si può svelare la menzogna di cui tanto la società quanto il protagonista sono vittime. «Con la construcción del mismo lenguaje se va

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cambiando la realidad»250, sostiene l’autore a proposito del romanzo. La parola scritta filtra la consapevolezza e la trasformazione del protagonista: «al pensarse cuando era chico, cuando era adolescente, descubre que había un montón de palabras que no entendía, como “postizo” o “ínfula”, que le parecía como un pájaro exótico; palabras que al ignorarlas por completo no las podía pensar. Cuanto más lenguaje tenés, más capacidad de pensamiento adquirís»251. Per riflettere sul dopoguerra, periodo in cui la generazione a cui appartiene è cresciuta ignorando sia il conflitto che gli strumenti per affrontarlo, è necessario recuperare la rappresentazione delle vicende. Tramite Cuando te vi caer l’autore può ridisegnare il panorama sociale che nascondeva la figura dell’ex combattente durante il periodo di consolidamento democratico.

La storia esula dalla guerra in quanto tale, è raccontata da una prospettiva lontana, nel tempo e nello spazio, assumendo il punto di vista del protagonista e dei dati forniti dal depositario della vicenda –Francisco– attraverso le parole di questi e di Lautaro, che ripete pedissequamente quelle narrazioni ai suoi compagni di scuola. Anche Francisco, mentendo sulla sua esperienza in relazione al conflitto, diventa complice della menzogna inventata da Cora, pertanto ricostruendo il ruolo che questa ha nella vita di Lautaro, possiamo rintracciare nella ricostruzione della storia personale e nazionale attraverso la parola detta, o scritta, il percorso che va dall’incoscienza alla consapevolezza, nella generazione di cui Basualdo si fa portavoce. La relazione tra i due personaggi si trasforma nel corso del racconto. Dapprima Francisco ci viene presentato come l’eroe di guerra che affascina con i racconti delle sue gesta un Lautaro poco più che bambino: «debía imaginar una guerra y el regreso triunfal de un Héroe con una herida en el brazo izquierdo»252. Si scoprirà però che il piccolo è in realtà soggiogato dalle macchinazioni di una donna che stava inventando in eroe per sradicare dall’immaginario del bambino la figura del padre biologico. Cora trama alle spalle di Lautaro e costruisce intorno a lui una realtà fondata sulla menzogna e sul silenzio che da adulto riesce a riempire di

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Friera S., “De regreso a la guerra de Malvinas”, cit. 251

Friera S., “De regreso a la guerra de Malvinas”, cit. 252

contenuti: «“Fracisco será tu padre postizo” me dirá mi madre una mañana de mudanza y silencio»253. Postizo, una parola per Lautaro priva di significato che aveva il suono sordo di una martellata, ne acquista durante la sua adolescenza, con l’accettazione di Francisco come padre e come eroe: «Ahora tenía trece años y la palabra postizo se había desprendido definitivamente del árbol de mi vida como una fruta madura. Ya no quedaba ni la sombra de aquella dualidad tan complicada. Francisco era, sencillamente, mi padre»254. La presa di coscienza del cambiamento, la significazione de termine, l’eliminazione dal vocabolario affettivo del protagonista, si scontra con l’insinuazione del dubbio sull’eroismo di Francisco tanto nel protagonista quanto nel lettore. L’episodio scatenante avviene a scuola, durante un mese di aprile in cui l’insegnate affronta l’argomento della guerra delle Malvine. Quando Lautaro pieno d’orgoglio racconta che suo padre è un ex combattente che era a bordo della portaerei Veinticinco de Mayo e che aveva riportato una ferita di guerra, l’insegnate lo deride, incalza con domande storiche alle quali l’adolescente non riesce a rispondere e ne spegne l’entusiasmo. L’insegnate viene in seguito avvicinato dai genitori di Lautaro e, complice a sua volta dell’inganno, porgerà a Lautaro le sue scuse spiegandogli che l’episodio era stato frutto di un malinteso. Mentre nel lettore si insinua il dubbio che a Francisco si debba abbinare l’aggettivo postizo, sia nel suo ruolo di padre che di eroe, il protagonista soprassiede sulla vicenda e la relazione con la figura maschile presente nella sua vita si rinsalda. Riflettendo su quel periodo della sua vita da una prospettiva più lontana, quella del ventottenne che racconta la storia, Lautaro si domanda quanto potesse comprendere le vicende delle Malvine che raccontava al suo compagno di scuola Mauricio. Dalla sua risposta risulta emerge il grado di fiducia che nutriva per Francisco: «No lo sé; pero lo que sí sé es que creía ciegamente en todo, y por eso era capaz de repetirlo»255. L’episodio con il quale Basualdo apre la narrazione, con un protagonista quindicenne che scopre il

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Basualdo, Op. cit., pag. 45. 254

Basualdo, Op. cit., pag. 57. 255

tradimento di Francisco da parte della madre, ritorna come metafora della menzogna nel suo percorso di crescita.

“Si Francisco se entera, nos mata”. Así retomé la segunda parte del diario, el día que nació el miedo, poco más de una semana después de aquel sábado fatídico en el que descubrí que mi madre lo engañaba. Recuerdo cómo a través de esta rara mezcla de admiración, lástima y temor que comencé a sentir por Francisco, no tardó en desprendese un sentimiento hacia mi madre mucho más difícil de poner en palabras256.

Le trame ordite da Cora obbligano anche il figlio, suo malgrado, a cadere nella rete dei “non detti”: «Si la odiaba si realmente llegaría a odiar lo que hacía, nada lograría evitar que de todos modos me convirtiera en su cómplice: callándome»257. A partire da questo episodio legato tanto alle vicende esterne alle dinamiche familiari quanto al senso di colpa che alberga nel protagonista, cambia la percezione della figura di Francisco che, riaffiorato lo stress post traumatico, apparire tanto a Lautaro quanto al lettore un individuo turbato, rabbioso e violento. Il fraintendimento del protagonista che interpreta l’atteggiamento come un definitivo crollo della fiducia alla base del rapporto tra i due, ne provoca l’allontanamento definitivo.

La questione del ritorno in patria degli ex combattenti e dello stress post traumatico di Francisco sono elementi che, in netta contrapposizione con l’atteggiamento della società, emergono con nitidezza nelle parole dell’autore che sostituisce lo schema basato su silenzi e i non detti che condizionano le relazioni interpersonali, con un racconto nitido della realtà della guerra e del dopoguerra con l’intento di denunciare la reazione della società. Vediamo poco a poco Francisco diventare violento, trascorrere notti insonni: «la soledad ya se había acentuado en Francisco sobre la base de un humor recalcitrante y esquivo», in totale disaccordo con la figura

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Basualdo, Op. cit., pag. 115. 257

amorevole e accogliente che si presenta sulle pagine sin dall’inizio della storia. Attraverso le parole del protagonista l’autore manifesta il suo dissenso nei confronti di una società che aveva sentito il bisogno di dimenticare, che non aveva pensato a fornire assistenza psicologica ai combattenti e che non aveva neppure trasformato la solidarietà manifestata durante il conflitto in un’accoglienza degna nei confronti di civili o militari che avevano rischiato la vita per la patria: «Me pregunto por qué no se colmó una plaza para recibirlos, por qué se pensó que una pensión vitalicia alcanzaría para cubrir toda una vida destrozada»258. Rintracciamo l’emarginazione dell’ex combattente nelle parole di Francisco adolescente: «un día Francisco llegó a preguntarse en voz alta y como si me lo consultara si el hecho de haber manifestado en sus tarjetas que era un veterano de guerra no le habría impedido obtener clientes. Creo que cometí un error– dijo. La gente piensa que los veteranos de guerra estamos todos locos»259. Solo dalla distanza di Lautaro ventottenne che affronta il racconto della sua storia familiare può comprendere le bugie e l’inganno tanto di sua madre quanto dell’Argentina, e il cambiamento dell’atteggiamento di Francisco, che si avvia verso il declino e lo porta al suicidio: «Ahora comprendo lo importante que hubiera sido para él no tener un solo minuto de descanso. Si hubiera tenido trabajo, no habría tenido tiempo para pensar»260.

Sebastián Basualdo ha dichiarato di aver riprodotto in Cuando te vi caer la sua esperienza personale, la relazione con figure familiari difficili e con il quartiere periferico di Villa del Parque. Ciò nonostante rinuncia, all’interno del testo, ad affermare la coincidenza tra la figura del narratore e del protagonista –scisso in due momenti diversi della sua vita– con quella dell’autore, rispondendo ai criteri della “finzione autobiografica”.

Philippe Lejeune definisce autobiografico il «racconto retrospettivo in prosa che una persona reale fa della propria esistenza, quando mette l'accento sulla sua vita

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Basualdo, Op. cit., pag. 63. 259

Basualdo, Op. cit., pp. 62-63. 260

individuale, in particolare sulla storia della sua personalità»261 che fonda sul patto autobiografico che si instaura tra lettore e autore.

L’autore si vede costretto a rettificare quanto scritto in Autobíographie en France (1971) in cui afferma:

Come distinguere l'autobiografia dal romanzo autobiografico? Bisogna confessarlo, se si resta sul piano dell'analisi interna al testo, non c'è nessuna differenza. Il romanzo può imitare, e spesso lo ha fatto, tutti i procedi-menti che l'autobiografia usa per convincerci dell'autenticità del suo racconto262.

In Le Pacte autobiographique (1975) sostiene che quanto è affermato in precedenza

risulta rispondente al vero finché ci si limita a considerare il testo escludendo i paratesti: la pagina del titolo. Nel patto con il lettore, invece, entrano in gioco tutti gli elementi di un testo e quindi attraverso la copertina, «col nome dell'autore, si dispone di un criterio testuale generale, l'identità del nome (autore-narratore-personaggio). Il patto autobiografico è l'affermazione di questa identità nel testo, che rimanda, in ultima istanza, al nome dell'autore in copertina»263.

Il lettore infatti, a suo avviso, nell’approccio a un testo si comporterà diversamente da quanto richiesto dall’autore: «se l'identità non è affermata (come nel caso della finzione), il lettore cercherà di trovare delle somiglianze, malgrado l'autore; se è affermata (come nel caso dell'autobiografia), sarà portato a cercare le differenze (errori, deformazioni, ecc.). Di fronte ad un racconto apparentemente autobiografico, il lettore tende a trasformarsi in segugio, cioè a cercare le tracce di rottura del contratto (qualunque esso sia). Da qui nasce il mito del romanzo «più vero» dell'autobiografia: si trova sempre più vero e più profondo quel che si è creduto scoprire attraverso il testo, malgrado l'autore»264.

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Lejeune P., Il patto autobiografico, Bologna, Il Mulino, 1986, pag. 11. 262

Lejeune, Op. cit., pag. 11. 263Lejeune, Op. cit., pag. 12. 264

Nel caso di Sebastián Basualdo, che si tratti di romanzo autobiografico o finzione autobiografica, l’autore di pone davanti a tre figure che detengono la narrazione da tre momenti storici e di consapevolezza diversi.

Da un alto abbiamo il diario di Lautaro adolescente che racconta le impressioni nel momento stesso in cui gli eventi hanno luogo. Dall’altro abbiamo Lautaro ventottenne che riscrive la sua storia attraverso la lettura del diario e la ricostruzione degli eventi tramite le interviste alla sorella di Francisco, e infine Basualdo, che assembla la vicenda con uno sguardo più distante e consapevole.

La consapevolezza del conflitto e l’appropriazione generazionale dell’evento storico della guerra delle Malvine viene filtrato, come accade in Lorez e Pron, dalla parola scritta. Mentre i primi due raggiungono l’appartenenza attraverso il confronto e la decostruzione di antecedenti letterari, Basualdo intende decostruire e ricostruire una vicenda privata, attraverso un’analisi introspettiva e psicologica che si erge a simbolo del vissuto della collettività.

Conclusioni

Abbiamo già avuto modo di sottolineare all’interno dell’introduzione quelli che potrebbero essere considerati i limiti nell’analisi della letteratura sul conflitto delle Malvine. La difficoltà di mettere in relazione la produzione sul conflitto con quella più prolifica ed estesa afferente al decennio della dittatura militare, di cui la guerra è l’episodio culminante, e il silenzio sociale che ha segnato le vicende storiche sono senza dubbio gli ostacoli più evidenti che non hanno consentito, fino a quersto momento, di includere i testi fin qui trattati all’interno di un filone letterario. All’interno di questo lavoro ho cercato di evidenziare un’evoluzione delle forme, del linguaggio e delle tematiche attraverso le quali la guerra delle Malvine viene rappresentata dalle tre generazioni “in conflitto”, quella che comprende gli autori nati tra il ’40 e il ‘50, quella che racchiude le classi dal ’56 al ’66 e quella più vicina a noi, che comprende autori nati tra il ’70 e l’80.

Contrariamente all’opinione diffusa, abbiamo avuto modo di dimostrare che la guerra delle Malvine ha una rappresentazione letteraria a partire dal 1982 e fino al 2015, che attraversa brevi periodi di interruzione e si oppone al silenzio sociale che,