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CAPITOLO II: Casi campione

II.12- Ferrara, il Lapidario Civico

Il Lapidario Civico di Ferrara viene fondato nel 1981 con due obiettivi: riutilizzare la chiesa sconsacrata di Santa Libera e trovare una sede adeguata per l’ accoglienza della raccolta di epigrafi romane rinvenute sul territorio a partire dagli scavi del 1711 inizialmente di proprietà del marchese Ercole Bevilacqua.

L’edificio fu costruito nel XV secolo e fu utilizzato come sede dai frati agostiniani di Sant’Andrea fino al 1556; nel XVII secolo l'Università degli Studi di Ferrara e il marchese Ercole Bevilacqua collaborarono per adibire la raccolta a collezione e renderla accessibile al pubblico.

Essa fu arricchita grazie a donazioni come quelle di Gerolamo Baruffaldi e Giuseppe Antenore Scalabrini e nel 1774 molti pezzi tornarono a Ferrara dal mantovano e dal territorio faentino, insieme alle sculture della Porta dei Mesi, rappresentative dell’epoca medioevale.

Nel 1906 il direttore della biblioteca universitaria Giuseppe Agnelli81 propose di trasferire le collezioni all'interno di una sede più idonea e nel 1922 esse furono portate a Palazzo Paradiso.

Nel 1929 una parte dei sarcofagi fu collocata nel giardino del Palazzo dei Diamanti e il resto rimase all'interno dei magazzini fino al secondo dopoguerra.

Le collezioni furono allestite senza alcuna organizzazione di tipo sistematico e senza alcun apparato didattico-informativo; l'approccio adottato si caratterizzò su una serie di scelte funzionali all'esaltazione del bello.

Nel 1979 avviene la sconsacrazione della chiesa di Santa Libera – costruita nel XV secolo – che viene scelta come nuova sede museale in seguito al suo recupero da parte del comune di Ferrara nel 1981, grazie all'inserimento di perni in acciaio nei punti più danneggiati delle pareti82 in senso perpendicolare rispetto alle fratture. Il nuovo allestimento tiene conto del rapporto con l'antico che la città di Ferrara aveva sviluppato durante l'epoca estense contribuì ad approfondire il ruolo di Roma nel Delta del Po fra la prima metà del I secolo d.C. e il III secolo d.C., attraverso la suddivisione fra i materiali rinvenuti.

La collezione del Lapidario Civico di Ferrara offre importanti informazioni sull’influenza dei romani nel territorio del Delta del Po, specialmente fra la prima

81 Cfr. Visser Travagli, 1983, p. 366 82 Cfr. Visser Travagli, 1983, p. 27

metà del I secolo d.C. e il III secolo d.C.; a differenza di città come Bologna o Ravenna, Ferrara non presenta monumenti databili all’età repubblicana83.

Gli oggetti reimpiegati provengono da contesti rurali non lontani dalla sede del Ducato Estense, e in linea generale i ritrovamenti più importanti si concentrano nelle zone direttamente a contatto con la rete fluviale.

Gli scavi di XVIII e XIX secolo hanno favorito la comprensione delle strutture abitative e del rapporto che la popolazione aveva con la regolazione delle acque. In merito alla composizione della società romana nel ferrarese, le iscrizioni funerarie offrono importanti informazioni legate alle cariche pubbliche rivestite dai personaggi ivi sepolti: gran parte di essi sono servi e liberti imperiali.

Questi ultimi hanno raggiunto un’ottima posizione economica, tale da potersi permettere dei cippi funerari di qualità: un esempio è quello a forma d’altare di un certo Fronto oppure la stele dedicata ad Atilia Primitiua.

Un rilievo di C. Ingenuuius Helius offre una rappresentazione del dio Silvano dal sapore etrusco: un giovane dedito all’agricoltura.

In altri casi, il defunto viene rappresentato mentre svolge il lavoro che gli ha permesso di dare una svolta alla propria esistenza, come la stele dei liberti Trebius Anteros e Prima, di professione tabularii.

enuti nella città estense e quelli reimpiegati, ai quali fu dedicato un intero settore. L’allestimento museale all’interno dell’ex chiesa di Santa Libera è stato preceduto da un accurato lavoro di restauro, pulizia ed inventario dei materiali, esposti ai danni dell’umidità. Per colmare le lacune più gravi sono stati inseriti perni d’acciaio in senso perpendicolare alla frattura84, coperti da resina acrilica caricata con polveri di marmo.

Il riordino delle collezioni ha avuto lo scopo di inquadrare topograficamente l’influenza esercitata da Roma nel ferrarese, a partire dalla distinzione fra il materiale rinvenuto nella città, collocato dentro l’ex chiesa di santa Libera, dotata di un settore interamente dedicato alle antichità di reimpiego e quello proveniente da realtà come Bergamo, Pesaro e la stessa Roma, all’interno di Palazzo Schifanoia.

Il percorso museale comincia con le collezioni donate da soggetti privati come Bevilacqua e Rinaldo d'Este, seguono i pezzi rinvenuti nel corso degli scavi archeologici presso il Delta del Po e del territorio ravennate.

83 Cfr. Visser Travagli, 1993, p. 19 84 Cfr. Visser Travagli, 1983, p. 27

La metodologia ostensoria varia in rapporto alla diversità degli oggetti: le stele e le lastre sono fissate da un sistema di morsetti scorrevoli su perni per favorire la visuale; soltanto i sarcofagi e i cippi di mole maggiore richiedono l'utilizzo di basi e pedane apposite85.

La protezione di cippi ed are è garantita da supporti in conglomerato di ghiaia e cemento, mentre i sarcofagi sono visibili su tutti e quattro i lati grazie a basi di cemento armato.

Le collezioni vengono illuminate da sistemi dotati di lamelle frangiluce, applicati a travi reticolari in ferro verniciato, al fine di favorire la lettura dei testi epigrafici.

Ferrara, la chiesa di Santa Libera. Fonte: http://commons.wikimedia.org

Ferrara, Lapidario Civico. L’allestimento. http://www.commons.wikimedia.org

Ferrara., Lapidario Civico. Il sarcofago degli Aurelii. Fonte: http://www.artecultura.fe.it

Ferrara, Lapidario Civico. La musealizzazione delle epigrafi. Fonte: http:// www.commons.wikimedia.org

Ferrara, Lapidario Civico. L’allestimento. Fonte: http://commons.wikimedia.org