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Il trasferimento delle collezioni in edifici museali nuovi

La maggior parte dei musei archeologici analizzati nel capitolo precedente rappresenta una realtà molto particolare rispetto al panorama europeo del XX secolo, basato sulla ricerca e la progettazione di nuovi edifici in cui trasferire le collezioni. Durante la seconda guerra mondiale molti musei in Italia e in Europa sono stati danneggiati e gli anni Cinquanta hanno rappresentato un periodo dedicato al restauro e ai cambiamenti radicali in materia di museografia, ciò che Antonella Huber ha definito l’epoca della calce e del mattone95.

In Francia gli studi museografici hanno avuto come risultato l’elaborazione di nuovi allestimenti caratterizzati dalla rivisitazione dello spazio interno, in unione con le ricerche effettuate circa l’importanza dell’illuminazione naturale e l’utilizzo di nuovi materiali per la sistemazione degli oggetti.

Un ruolo di primo piano è stato conferito al vetro, già utilizzato durante il XIX secolo per la costruzione di edifici come il Crystal Palace di Londra e, in campo museografico, ritenuto il mezzo migliore non solo per garantire la protezione delle collezioni esposte, ma anche per favorire la migliore visuale possibile da parte dei visitatori dei musei96.

Nel corso dei decenni successivi è cambiato anche il rapporto con il pubblico, considerato un elemento imprescindibile nel processo museologico e pertanto i nuovi allestimenti museali sono stati studiati al fine di renderlo un fruitore attivo delle collezioni.

In questo modo è venuta meno la tendenza alla disposizione paratattica degli oggetti che aveva caratterizzato la museologia di fine XVIII e di XIX secolo, in favore di nuovi sistemi organizzativi per creare un quadro informativo coerente circa le collezioni, il periodo storico ad esse sotteso e le dinamiche che hanno portato alla cessazione degli scopi per cui ogni singolo oggetto era stato creato ed utilizzato. La presenza di locali adibiti allo studio e alla ricerca permettono alle figure professionali coinvolte nella vita del museo di proseguire il loro lavoro e progressivamente di sciogliere le questioni irrisolte.

L’evoluzione museologica dei casi campione analizzati nel capitolo precedente nella maggior parte dei casi ha confermato come un edificio ecclesiastico possa rivelarsi

95 Cfr. Huber, 1997, p. 77 96 Cfr. Accardi, 2008, p. e108

adatto a diventare una sede museale, pur rappresentando un limite fisico per l’incremento del contenuto.

Un esempio francese di collezioni museali trasferite da un edificio ecclesiastico ad un altro appositamente costruito è il nuovo Musée Départmental Arles Antique, fondato nel 1995 per trovare una nuova sistemazione alle collezioni che erano state tolte dalla chiesa di Sainte-Anne durante gli anni Trenta del secolo scorso e depositate in magazzini all’interno della città di Arles.

Nel 1983 il comune di Arles ha bandito un concorso per la costruzione della nuova sede museale, che è stato vinto dall’architetto peruviano Henri Ciriani.

Egli ha progettato un edificio dalla struttura triangolare al fine di ripartire in aree diverse le tre funzioni richieste al museo: la conservazione e presentazione delle collezioni, la ricerca e l’accoglienza dei visitatori.

La struttura presenta all’esterno tre colori dominanti: il rosso, il blu e il verde, una rievocazione delle decorazioni utilizzate per i monumenti antichi mentre all’interno viene utilizzato un criterio coerente dal punto di vista cronologico e tematico per l’allestimento delle collezioni.

Il museo presenta un alto tasso di crescita del contenuto a partire dal 2007, grazie alle scoperte effettuate negli scavi presso il molo della Gabelle ad Arles. Il CNR e la Compagnie National du Rhône iniziano una collaborazione per ampliare l’allestimento del museo e trovare degli spazi nuovi per sistemare le collezioni in previsione del 2013, anno in cui Marsiglia viene nominata Capitale Europea della Cultura.

Gli scavi hanno avuto come risultato il recupero di vasellame gettato nel fiume in quantità paragonabile ai cocci che a Roma hanno formato il monte Testaccio97 e gli studiosi hanno potuto stabilire con certezza che il Rodano fosse utilizzato come principale collettore per i rifiuti cittadini così come il Tevere ed altri importanti bacini idrici.

Nell’estate del 2011 è stato inoltre scoperto presso la riva destra del Rodano il relitto di una barca a fondo piatto lunga 31 m denominata Arles-Rhône 3 che trasportava una grande quantità di vasellame e che pertanto ha richiesto una serie di lavori di restauro e di analisi dendrocronologiche per stabilire una datazione intorno alla metà del I secolo d.C.

Così è stato necessario creare un allestimento completamente nuovo, per distinguere le diverse sezioni del museo: le collezioni che nei secoli precedenti erano state musealizzate nella chiesa di Sainte-Anne sono oggi presenti negli spazi dedicati alle esposizioni permanenti per illustrare la nascita della colonia arelate.

I materiali scoperti negli scavi del 2007, legati alle attività commerciali via fiume, sono presenti in una sezione a sé, mentre il relitto Arles-Rhône 3 occupa un’intera ala costruita nel 2013 dall’architetto Jean-François Herélle che utilizza gli stessi materiali di Ciriani.

La musealizzazione del relitto98 sopra una pedana al centro della sala ad esso dedicata ha lo scopo di ricostruirne la storia e le metodologie antiche di navigazione grazie all’esposizione dell’attrezzatura di bordo funzionale all’equipaggio.

I lavori di Ciriani e di Herélle rappresentano alcuni importanti esempi di sviluppo della museografia in Francia. Essa si è basata su un rapporto di continuità con le metodologie che fra il XIX e il XX secolo hanno subito l’influenza delle teorie elaborate dallo studioso svedese Arthur Immanuel Azelius. Egli ritenne che l’allestimento di un museo dovesse nascere in funzione di una rievocazione del passato il più fedele possibile con lo scopo di attrarre un pubblico eterogeneo e sensibilizzarlo in merito al patrimonio culturale locale99, senza dimenticare i problemi legati alla gestione e alla valorizzazione.

Lo studioso Accardi utilizza il termine preséntation per veicolare una nozione di museologia legata alle grandi Esposizioni Universali del XIX secolo che hanno continuato ad essere un punto di riferimento per la realtà francese anche nel corso del Novecento.

Il museo diviene un mezzo per coinvolgere attivamente la cittadinanza all’interno delle dinamiche culturali dello Stato, creando percorsi educativi in base alle singole fasce d’età.

I cambiamenti che avvengono all’interno dei musei condizionano anche il significato ideologico alla base della loro nascita: durante la Rivoluzione francese e l’età napoleonica le collezioni di arte e di antichità rappresentavano un importante perno della propaganda politica (spesso in funzione anti inglese100) ed era dunque necessario che le sedi fossero ricavate all’interno di edifici altrettanto prestigiosi.

98 Cfr. Margnes, 2013, p. 61 99 Cfr. Accardi, 2006, p. 17 100 Cfr. Schubert, 2004, pp. 22-30

Per ciò che concerne la Spagna, un esempio di trasferimento delle collezioni antiche da un edificio ecclesiastico ad una nuova sede museale è rappresentato dal Museo Nacional de l'arte romano di Mérida (Extremadura), che era stata una delle città più importanti della penisola iberica durante la dominazione romana. Esso fu fondato nel 1838 all'interno della chiesa di Santa Clara - la cui sconsacrazione si deve alla desamortizaciòn operata da Mendizàbal – per accogliere una ricca collezione formata da statue ed epigrafi, per un totale di 557 pezzi che divennero circa 3000 nel 1929. Negli anni successivi furono effettuate importanti campagne di scavo nell'area cittadina e subito maturò la consapevolezza di come la chiesa di Santa Clara non fosse il luogo ideale per la sistemazione di una collezione destinata a crescere sempre di più. Il Real Decreto del 7 luglio 1975 emanato in occasione del duemilacinquennale della fondazione dell'antica Emerita Augusta stabilì la necessità di creare un nuovo edificio da adibire a sede museale.

Nel 1979 l'architetto Rafael Moneo Vallés presentò il progetto e i lavori, cominciati l'anno successivo, durarono fino all'inaugurazione nel 1986.

Il risultato è un edificio ubicato vicino all'anfiteatro cittadino e rispecchia alcune caratteristiche dell'architettura romana: lo spazio interno viene scandito da una serie di archi in mattoni svettanti101 che imitano il modello della basilica.

In questo caso, tuttavia, i balconi che secondo i canoni romani affacciano sull'aula basilicale vengono sostituiti da passerelle che creano spazi espositivi e propri mentre una struttura sotterranea simile ad una cripta consente l'accesso agli scavi archeologici grazie alla presenza di una passerella anch'essa costruita con materiali metallici.

La nuova sede del Museo nacionàl de arte romano presenta una sintesi armoniosa fra materiali conosciuti in epoca antica, come il mattone, e quelli utilizzati nell'edilizia contemporanea quali il cemento e il ferro.

In merito alla musealizzazione delle collezioni, sono state adottate soluzioni che si differenziano in base alla tipologia: le epigrafi sono affisse alle strutture ad arco, ciascuna dotata di un apparato didattico-informativo.

La statuaria di grandi dimensioni collocata al pianoterra presenta sostegni in acciaio collegati a basi di pietra mentre sculture come le teste-ritratto sono poste su pilastri in metallo verniciato di grigio. I mosaici sono affissi alle pareti grazie all'utilizzo di perni in acciaio e in modo tale da poter incontrare lo sguardo dei visitatori.

La luce naturale è la principale fonte di illuminazione per quanto riguarda gli spazi espositivi al pianterreno, mentre le collezioni esposte sui livelli superiori presentano un sistema formato con gruppi di tre lampadine che riflettono direttamente sugli oggetti.

I casi francesi e spagnoli analizzati dimostrano come durante il XX secolo e soprattutto nel corso del XXI si affermi la concezione del museo archeologico quale entità viva e in continua espansione, principalmente grazie ai progressi compiuti in materia di scavo. Pertanto la crescita delle collezioni pone il problema di creare un allestimento che sia in grado di adeguarvisi e non sempre un edificio ecclesiastico – per quanto pregevole - possiede le caratteristiche idonee. Cancellare la storia intrinseca di chiese, conventi, monasteri attraverso degli interventi architettonici mirati è un errore grave e irreversibile ed è possibile scongiurarlo solamente con il reperimento di nuove sedi museali.

Arles, il musée bleu. Foto su gentile concessione della Prof. Donati

Arles, Musée Dèpartmental Arles Antique. L'allestimento. Foto su gentile concessione della Prof. Donati

Arles, Musée Dèpartmental Arles Antique. L'allestimento della mostra temporanea “Le luxe dans

Mérida, Museo naciònal de arte romano: l'allestimento delle sculture. Fonte: http://www.pinterest.com

Mérida. Museo naciònal de arte romano: le collezioni al pianterreno. Fonte: http://www.tripadvisor.com

CONCLUSIONI: Riflessioni sul rapporto binario fra contenitore e contenuto

L’analisi dei musei archeologici istituiti all’interno di edifici ecclesiastici sconsacrati in Francia, Spagna e Italia permette di sviluppare alcune riflessioni in merito al rapporto fra il contenitore (la chiesa, il convento, il monastero) e il contenuto (epigrafi, vasellame e sculture).

La scelta di un edificio ricco di storia da adibire a sede museale ha come naturale conseguenza la salvaguardia del patrimonio culturale di una nazione a partire dai suoi beni immobili, cosa che nel caso dell’Italia contribuisce a darle un ruolo di rilievo nel panorama internazionale per quanto riguarda la varietà e la qualità.

In base a ciò che è stato scritto nei capitoli precedenti, l’ingresso delle antichità all’interno degli edifici ecclesiastici è avvenuto a partire dall’età alto medioevale grazie a due importanti fenomeni culturali quali sono la tesaurizzazione e il reimpiego, in unione con uno sguardo del tutto nuovo nei confronti della cultura pagana creatosi durante il Rinascimento: il tempo delli dei falsi e bugiardi non viene più osservato come un periodo di debolezza dovuto alla non conoscenza del messaggio cristiano, bensì come il segno di un passato glorioso da prendere come esempio per la cultura e la produzione artistica contemporanea sotto hoc signo rappresentato dal Cattolicesimo.

La scelta di un edificio ecclesiastico da adibire a sede museale comporta il recupero e la tutela di pezzi di storia importanti per le comunità su cui essi sorgono, seppure attraverso tempi e modalità differenti nei singoli Stati europei presi in esame.

In Francia il legame con la Chiesa Cattolica si è tagliato in modo assai brusco durante gli anni della Rivoluzione, senza che sia mai avvenuta una vera riconciliazione; pertanto la confisca degli edifici ecclesiastici è motivata più da un desiderio di sottomettere il clero alle nuove istanze politiche che non di tutela del patrimonio immobiliare locale.

L’allestimento del vecchio Musée de l’Arles Antique rappresenta da un lato una pallida imitazione di modelli ostensori del passato e dall’altro una certa impreparazione di fondo per quanto riguarda le metodologie relative alla costruzione di un apparato didattico: il popolo non è ancora pronto per osservare un museo in senso critico perché non sono maturi i tempi per la nascita del museo archeologico quale centro di studio e ricerca.

La presenza di una collezione così ricca e così poco organizzata dal punto di vista museologico e museografico non consente ai visitatori di sviluppare un quadro di osservazione completo e le uniche sensazioni desumibili all’interno del Musée de l’Arles Antique si legano principalmente all’estetica degli oggetti. Non esiste dunque alcun rapporto binario fra il contenitore e il contenuto; la chiesa di Sainte-Anne non è stata in grado di fronteggiare l’aumento delle antichità rinvenute nel corso degli scavi archeologici effettuati nel territorio arelate e di conseguenza la chiusura dell’edificio programmata nel 1939 quale precauzione anti-bellica si è rivelata definitiva.

Il progetto dell’architetto Ciriani ha dunque saputo soddisfare al meglio le esigenze di conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico.

La sconsacrazione del convento delle suore Augustine a Tolosa è anch’esso motivato dalla politica di diminuzione del potere clericale, ma il progetto per l’istituzione museale era decisamente più delineato, attraverso il lavoro di importanti architetti come Viollet-Le-Duc e Darcy, coinvolti anche nel recupero di materiali antichi dall’interno di altre chiese per creare una collezione unitaria. La scelta di allestire i capitelli e le epigrafi utilizzando supporti metallici di colore rosso denota la creazione di un contrasto fra l’oggetto esposto e il criterio di ostensione così come una ricerca di armonia cromatica con l’interno dell’edificio: il rapporto di binarietà si crea spontaneamente proprio tramite l’effetto coloristico.

La cappella del castello di Saint-Germain-en-Laye costituisce una piccola parte dell’intero complesso museale e la presenza di epigrafi, rilievi e materiali antichi sistemati fra le colonne della struttura dà origine ad una relazione perfettamente armoniosa fra il sacro e il profano, mentre per quanto riguarda il Musée du Moyen- Age Thèrmes de Cluny sembra possibile cogliere un ritorno alle origini dell’edificio museale per ciò che riguarda l’allestimento delle antichità nel frigidarium, mentre gli oggetti d’arte medioevale trovano un ottimo equilibrio con la piccola statuaria nella cappella.

Il Musée Lapidaire de Saint-Pierre a Vienne nasce per mantenere le antichità sul territorio e tutelare una delle più importanti chiese paleocristiane di Francia, il suo allestimento – come nel caso del vecchio Musée de l’Arles Antique – sfrutta tutto lo spazio disponibile, ma la sua singolarità è data dalla decisione di creare un piccolo apparato didattico per fornire le informazioni basilari sulle collezioni e l’assenza di un criterio gerarchico in materia ostensoria.

Il rapporto binario fra il contenitore e il contenuto nasce grazie al sapiente utilizzo degli spazi e alle armonie e i contrasti cromatici con le collezioni, specialmente per quanto riguarda la musealizzazione delle anfore di grandi dimensioni, il cui colore rosso vivacizza la neutralità della pietra.

L’istituzione dei casi campione spagnoli ha denotato l’esigenza di tutelare gli edifici ecclesiastici sconsacrati in quanto simbolo della storia locale e la necessità di trovare un luogo idoneo per l’accoglienza di antichità ed opere d’arte rinvenute sul territorio, ricreando un percorso dall’età pre e protostorica fino alla dominazione islamica. Gli scavi condotti all’interno del Museu Arqueològic de Eivissa i Formentera hanno permesso di cogliere numerose informazioni sulla sequenza stratigrafica dell’edificio e di conseguenza della cittadina di Dalt Vila, creando in maniera praticamente spontanea un rapporto binario fra il contenitore e il suo contenuto.

Tale rapporto è stato preservato grazie ai numerosi interventi di restauro e grazie anche alle tipologie di allestimento museale che via via sono state adottate.

Anche gli altri due casi campione – il Museu Arqueològico de Asturias e il Museu de Santa Cruz – sottolineano l’importanza del legame fra l’edificio, le collezioni e il territorio, la loro storia e gli sviluppi della civiltà umana attraverso i secoli.

All’interno di questa analisi l’Italia rappresenta un caso particolare, non solo per la straordinaria varietà delle collezioni archeologiche ma anche per le cause che hanno portato all’istituzione di sedi museali all’interno di edifici sconsacrati.

Un rapporto binario ben saldo fra il contenitore e il contenuto è rappresentato dalla Basilica di San Marco, sede del Tesoro e collettrice di un’ampia collezione di antichità ed opere d’arte medioevale. Nonostante i momenti storici molto difficili, come il Trattato di Campoformio o le due guerre mondiali, questo rapporto è sempre rimasto saldo, niente e nessuno è riuscito a rovinare uno dei simboli più importanti di Venezia e dell’influenza che avuto nel corso dei secoli.

La nascita del Museo Civico di Viterbo può essere considerata come il frutto di una scelta pragmatica, dettata dalle esigenze di tutela di un edificio ecclesiastico sconsacrato, destinato alla rovina e di una collezione assai significativa per gli studi in materia di etruscologia: il viterbese costituiva un punto di contatto molto importante fra la Toscana e il Lazio e lo sviluppo di fiorenti insediamenti era pressoché favorito.

In questo caso, il rapporto di binarietà è nato in seguito alle scelte museografiche, le quali nel corso degli anni sono state in grado di trovare a ciascun pezzo la migliore collocazione.

Per quanto riguarda il Museo dell’Opera del Duomo e il Camposanto Monumentale, è possibile osservare una linea di continuità con il fenomeno del reimpiego di materiali antichi del XII secolo, che oltre ad essere rimasti vicini ai principali edifici ecclesiastici di Pisa hanno trovato una sistemazione adeguata, grazie all’impegno e alla passione di importanti personalità attive nel campo dell’antiquaria e dell’archeologia.

Nel caso del Lapidario Civico di Ferrara, lo sviluppo di un rapporto binario fra il contenitore e il contenuto risale agli anni Ottanta del secolo scorso: inizialmente le collezioni erano state sistemate all’interno di un edificio aperto al pubblico ma connesso con la famiglia d’Este e la scelta di spostarle nella chiesa di Santa Libera ha portato alla creazione di un unicum nel panorama cittadino.

Nel Civico Museo di Ozieri non è presente quel senso di binarietà riscontrato negli altri casi campione, al contrario l’edificio ecclesiastico è considerato un fattore di limitazione per la crescita delle collezioni e l’eventuale esecuzione di lavori funzionali all’ampliamento comporterebbero uno stravolgimento completo della storia religiosa territoriale.

Il Museo della Città di Brescia presenta una situazione totalmente gli antipodi rispetto al caso sardo: la dominazione longobarda con la sua politica edilizia si è posta in un filone di continuità con il piano urbanistico romano e la scoperta delle domus all’interno del monastero dà vita ad un contesto ideale per la musealizzazione archeologica e per l’accoglienza delle collezioni di antichità che fino agli anni Novanta erano custodite in una sede diversa. Il sacro e il profano tornano a vivere insieme, strettamente legati l’uno all’altro.

Il caso campione più recente, ovvero la Gipsoteca di Arte Antica a Pisa, è nato a partire da motivazioni di natura economica, grazie all’affitto conveniente della chiesa di San Paolo all’Orto ma attraverso l’allestimento è stato possibile creare una situazione armoniosa che ha restituito una nuova funzione all’edificio e al tempo stesso una sistemazione adeguata delle collezioni.

Altri esempi di utilizzo degli edifici ecclesiastici per la musealizzazione archeologica si possono individuare per ciò che riguarda l'Antiquarium del parco archeologico di