CAPITOLO II: Casi campione
II.10- Viterbo, Museo Civico
Il Museo Civico di Viterbo fu fondato nel 1912 all’interno della chiesa di Santa Maria della Verità che era stata sconsacrata nel 1872 con l’abolizione dell’ordine monastico dei Premostratensi e riallestito nel 1955 a causa dei danneggiamenti subìti durante la seconda guerra mondiale.
L’edificio fu costruito nel XII secolo e nel XV secolo vennero eseguiti alcuni lavori di ampliamento, che nel 1872 a causa della soppressione degli ordini monastici diviene proprietà del comune Viterbo, destinata ad accogliere una raccolta civica che durante il Settecento era stata esposta all’interno dell’Archivio Pubblico69.
La facciata della chiesa, ricostruita dopo la seconda guerra mondiale, presenta una cortina in lastre di peperino con un portale cinquecentesco, sul quale svetta una lunetta fra due statue in pietra.
La pianta si caratterizza per la sua forma a croce latina, volte con archi a sesto acuto sottolineano l’unione fra la navata principale (sul cui pavimento si trova una pietra tombale) e quella laterale e lungo le pareti sono presenti vari altari di stili diversi; il transetto di sinistra conserva degli affreschi frammentari mentre su quello di destra si trova un affresco della Vergine Maria con il bambino.
La parete destra della navata centrale è collegata alla cappella Mazzatosta, chiusa da una cancellata in ferro del XV secolo; gli affreschi eseguiti da Lorenzo da Viterbo trattano temi legati alla vita di Cristo – il più famoso è relativo al matrimonio della Vergine - sono stati danneggiati durante l’ultima guerra e sapientemente restaurati. L’interesse nei confronti dell’archeologia nel viterbese cominciò a manifestarsi dalla fine del XV secolo, con la scoperta del sarcofago della Cipollara e la sua collocazione all’interno del Palazzo dei Priori e grazie alle copie delle iscrizioni realizzate da Annio da Viterbo; nei secoli successivi l’orizzonte della ricerca si ampliò e fra le fonti letterarie più importanti bisogna annoverare il Veterum Etruscorum monumenta in Viterbiensi territorio reperta, scritto da Feliciano Bussi negli anni 1737-1738.
All'inizio del XX secolo l'archeologo autodidatta Luigi Rossi Danielli effettuò una serie di scavi tra Viterbo, l'antica città di Ferentum e la necropoli di Musarna, con risultati tali da portare alla creazione di una Collezione che da egli prese il nome e costituì uno dei nuclei più importanti all'interno del museo, specialmente in materia
di archeologia funeraria70, aggiungendosi ai 1300 pezzi scoperti durante gli scavi di XVIII secolo.
L’antica Ferentum fu oggetto degli scavi più fruttuosi, specialmente per quanto riguarda la necropoli etrusca, il Teatro e le Terme d’età romana.
Nel 1903 Rossi Danielli rinvenne a Poggio Montano, presso Vetralla, cinquantanove tombe ed inserì nella sua Collezione i corredi degli edifici XXXV, XXXVI, XL, XLI, XLII e LII71.
Un grande numero di materiali fu classificato in base alla provenienza incerta, come vasellame di bucchero, etrusco-corinzio, a figure nere e a figure rosse, preziosi testimoni della diffusione di modelli vascolari e decorativi greci nel Viterbese.
Il percorso museale comincia con i sarcofagi in nenfro (IV-III secolo a.C.) ubicati nel chiostro e nella prima sala si trovano fibule di bronzo, ceramiche etrusco-corinzie, terrecotte votive e gioielli provenienti dalle necropoli del territorio, insieme a due sarcofagi provenienti da Tuscania e Sorrina.
Importante è la riproduzione della cosiddetta tomba della “Donna con i sandali”, la cui storia viene ampiamente descritta attraverso un apparato didattico.
La seconda sala ospita la Collezione Rossi Danielli; la terza sala tratta i corredi funebri rinvenuti a Musarna e la quarta è dedicata alla tomba Salci di Ferento. La quinta ed ultima sala presenta materiali relativi alla Ferento d’età romana, con capitelli e materiali architettonici.
Il secondo piano è interamente dedicato alle collezioni di arte medioevale e un ruolo importante è rivestito dalla pinacoteca, i cui quadri più celebri sono la Pietà e la Flagellazione di Sebastiano del Piombo.
Lo scopo del percorso museale è quello di fornire in ordine cronologico un resoconto della storia del territorio viterbese, a partire dall’epoca etrusca fino al Medioevo e al tempo stesso tracciare i progressi compiuti in materia di metodologia della ricerca archeologica grazie al lavoro di Luigi Rossi Danielli.
L'allestimento museale72, curato dall’architetto Franco Minissi in collaborazione con la studiosa del CNR Adriana Emiliozzi, ha conosciuto due fasi importanti, rispettivamente nel biennio 1954/1955 e nell’anno 1989 per valorizzare le collezioni nel miglior modo possibile.
70 Per il catalogo della Collezione Rossi Danielli, cfr. Emiliozzi, 1974 71 Cfr. Emiliozzi, 197, p. 29
Nel primo caso si pose la necessità di un completo restauro dell’edificio e in seguito Minissi sistemò la collezione archeologica nel piano inferiore e nel chiostro della chiesa, mentre le opere d’arte medioevale occuparono il piano superiore. Lo scopo di tale divisione fu dettato dalla necessità di rispettare le specifiche esigenze per la conservazione delle tele, molto più delicate rispetto agli esemplari epigrafici e scultorei e pertanto bisognose di un ambiente più asciutto.
Nel 1989 avviene il rinnovamento dell’allestimento museale, principalmente per apportare alcune migliorie alle condizioni micro climatiche dei locali e per creare un nuovo percorso dotato di spazi per consentire ai visitatori di scegliere gli itinerari e compiere delle soste durante l’osservazione degli oggetti esposti.
Il vasellame è protetto all’interno di teche completamente in vetro che poggiano su basi in pietra e sono suddivise internamente in due o tre ripiani, ogni oggetto è affiancato da un cartellino identificativo.
L’apparato didattico consiste in una serie di pannelli fissati alle capriate del soffitto e collegati al pavimento grazie all’utilizzo di raccordi molto sottili; la stabilità della statuaria è garantita da profilati in metallo verniciati di bianco, mentre l’illuminazione è organizzata in modo da non entrare direttamente a contatto con gli oggetti.
I sarcofagi presentano basi metalliche dai colori scuri, sono disposti sia all’interno dell’edificio ecclesiastico sia nel chiostro con un andamento paratattico molto simile al Musée des Augustins di Tolosa. Essi sono appoggiati lungo le pareti, illuminati da un sistema di luci che si adeguano al percorso dell’allestimento; nel 1994 vengono suddivisi in base alla località di rinvenimento73.
Il progetto di Minissi ha rappresentato una vera e propria evoluzione in campo museografico, attraverso un ripensamento dello spazio funzionale ad agevolare il percorso dei visitatori e la suddivisione delle collezioni in base alle diverse aree territoriali secondo un criterio che sarà adottato nella riorganizzazione del Civico Museo di Ozieri negli anni Duemiladieci.
Un altro importante cambiamento è dato dall’utilizzo di materiali più moderni come il plexiglas che convive con il vetro e il legno per creare una soluzione armoniosa fra il contenitore e il contenuto.
Viterbo, la chiesa di Santa Maria della Verità. Fonte: http://www.viterboinrete.it
Viterbo, l’ingresso del Museo Civico. Fonte: http://viterbo.artecitta.it
Viterbo, Museo Civico. L’allestimento dei sarcofagi. Fonte: http://www.visitlazio.com
Viterbo, Museo Civico. L’allestimento del vasellame. Fonte: http://www.viterboartecitta.it