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FEUERBA CH E M ARX 75 positivo che qui, nella sua logica speculativa, Hegel ha portato a com­

pimento sta in ciò che i c o n cetti d e te rm in a ti, le fo rm e fisse e univer­ sali del pensiero sono, nella loro indipendenza dalla natura e dallo spi­ rito, un risultato necessario dell’estraniazione universale dell’essere umano, e quindi anche dell’umano pensiero, onde Hegel li ha esposti e riassunti come momenti del processo di astrazione » 141. Marx, in altri termini, riconosce ad Hegel di aver individuato la funzione del­ l’elemento teoretico, del pensiero, all’interno della dialettica indivi­ duo-genere-natura; soltanto che l ’aver inteso, o meglio ipostatizzato, il soggetto dell’intero movimento come l ’autocoscienza, l’aver inteso perciò l’intero processo come so ltan to teoretico, lo porta ad escludere ogni contenuto concreto, reale e di fatto ad assumerlo, questo conte­ nuto, acriticamente, non mediandolo. Ora, cosa vuol dire tutto questo se non che Marx riconosce che Hegel ha descritto molto bene il « pro­

cesso d e l conoscere » e però nello stesso tempo denuncia il limite di aver assorbito, e in sostanza anche annullato, all’interno di questo « il processo al conoscere »? In questo senso, si può vedere un rovescia­ mento rispetto alla critica feuerbachiana: questa infatti riteneva l’as- solutizzazione del « processo d e l conoscere » hegeliano la causa della circolarità e della sistematicità, ricavandone l’identificazione di teo­ logia e filosofia, di astrazione e di alienazione. Siccome poi per Feuer­ bach, al contrario di Hegel, l’alienazione aveva valore soltanto nega­ tivo in quanto punto di partenza era l’uomo reale, coi se n si, invece che l ’autocoscienza, ogni astrazione era da rifiutare, non soltanto quel­ la non determinata, non funzionale all’oggetto, come per Marx.

1 4 1 . Ib id e m , pp. 182-183. Nel manoscritto a fianco di questo passo si tro­ vano due segni di Marx, cfr. M EW , cit., p. 585.

Quest’affermazione è da collegare con la lettera di Marx ad Engels del 14 gen­ naio 1858 (cfr. Marx-Engels, Carteggio, tr. cit., I l i , p. 15 3 : « Quanto al metodo

del lavoro mi ha reso un grandissimo servizio il fatto che “ by mere accident” ... mi ero riveduto la L ogica di Hegel »), con la lettera a Kugelmann del 6 marzo 1868 (cfr. tr. it. in K . Marx, L ettere a K ugelm ann, Roma 1930, p. 67: « La dialettica di Hegel è la forma fondamentale di ogni dialettica, ma soltanto dopo l ’eliminazione della sua forma mistica, ed è appunto questo che distingue il mio metodo ».) e con l’affermazione sul « nocciolo razionale » e la « scorza mistica » del citato Poscritto

alla seconda edizione tedesca de « Il capitale ».

Dunque, quello che M arx ha in comune con Hegel è ciò che uno storicista odierno o comunque un sostenitore della continuità Hegel-Marx neppure sospette­ rebbe: il metodo sì, ma non la dialettica con le sue leggi (troppo) generali, bensì il metodo come «m odo di esposizione» [Darstellungwesen],

7. Le T e s i su F e u erb a c h si presentano come la conclusione del­ l’elaborazione critica marxiana della C ritic a e dei M a n o s c ritti: esse portano alle estreme conseguenze, e soprattutto con chiarezza, il di­ stacco dalle posizioni feuerbachiane. Nello stesso tempo, specificano meglio il rapporto tra la critica della società borghese, cui rinvia ne­ cessariamente la critica delle posizioni idealistiche ed in generale aprio­ ristiche, ed il luogo nel quale tale critica si realizza effettivamente, che è poi il rapporto tra teoria e prassi.

Già nella prima te si142 la posizione di Feuerbach viene indivi­ duata come « naturalismo »: il suo difetto capitale è di concepire « l’oggetto [Gegenstand], la realtà, la sensibilità... solo sotto la for­ ma dell’o b b ietto [objekts] o d e ll’in tu iz io n e; ma non come a ttiv ità

um ana se n sib ile , p rassi ». A ll’opposto l’idealismo ha sviluppato sol­ tanto il lato soggettivo, trascurando perciò la distinzione tra pensiero ed oggetto. Il naturalismo porta Feuerbach ad intendere il mondo della produzione come soltanto « oggettivo », a non riconoscere il ca­ rattere ideale-finalistico (conforme a scopo; realizzazione dell’idea) del lavoro e perciò Feuerbach « ne L ’essenza d e l C ristia n e sim o, consi­

dera come veramente umano soltanto l’atteggiamento teoretico, men­ tre la prassi è concepita e fissata solo nel suo modo di apparire sor­ didamente giudaico » 143. A ll’opposto, l’idealismo non riconosce il ca­ rattere di causalità del lavoro in quanto rapporto con la natura e con

14 2. Le T esi su F eu erbach erano originariamente degli appunti redatti da Marx nel febbraio 1845 in vista della redazione dell 'Id eo lo g ia tedesca; furono pub­ blicati per la prima volta nel 1888 da Engels in appendice al suo L. Feu erbach. In questa occasione, Engels ne dette però una redazione in più punti diversa dal­ l ’originale, allo scopo di renderle più comprensibili. Le due redazioni si trovano in M EW , Bd. 3, Berlin 1962, pp. 5-7 (l’originale marxiano) e pp. 533-535 (la reda­ zione di Engels): per rendere conto dell’importanza delle differenze, segnalo la sostituzione, nella Tesi I I I , alla determinazione « revolu tion àre Praxis » marxiana, del­ l ’indeterminata « um valzende Praxis » engelsiana. Purtroppo le versioni italiane han­ no sempre preso a modello il testo engelsiano, anche perché il manoscritto è stato pubblicato parecchio più tardi, nel 1926; M. R o ss i, nel suo cit. M arx e la dialettica hegeliana, voi. I I ha finalmente condotto la traduzione sull’originale, e questa stessa traduzione è stata poi accolta nel cit. Marx-Engels, O pere scelte. D i questa traduzione mi servirò nel testo.

14 3. Anche qui mi pare chiaro che M arx si riferisce al passo sopra citato (cfr. sopra § 6, p. 96) de L ’essenza d e l C ristianesim o, dove Feuerbach appunto con­ trapponeva schematicamente azione e contemplazione. A questo proposito, è strano che si veda Feuerbach come « filosofò della prassi » insieme a M arx, come fa

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gli oggetti al di fuori del pensiero, riducendolo così alla semplice at­ tività della coscienza.

« Feuerbach, non soddisfatto dell’'astratto pensiero, vuole Vin­

tuizione; ma egli non concepisce la sensibilità come attività pratica

umana-sensibile » — ribadisce Marx nella V Tesi, riprendendo in tal modo quella nozione di unità-distinzione di pensiero ed essere che già nei Manoscritti — e proprio, abbiamo visto, in polemica con Feuer­ bach — era stata individuata. La prassi, l’attività pratico-sensibile di cui si parla qui non è immediatamente la « prassi rivoluzionaria » (che si presenta come la forma specifica oggi di trasformare il mondo), ma la traduzione, in termini di rapporto uomo-natura o meglio socie- cà-natura, delPunità-distinzione di pensiero ed essere 144.

Feuerbach, dal canto suo, e proprio per essersi attaccato alla sola intuizione in contrapposizione all’idealismo, creando così un’in- colmabile terra di nessuno tra pensiero ed essere e quindi anche tra teoria e prassi, non riesce ad andare al di là dell’« intuizione dei sin­ goli individui e della società borghese » (IX Tesi). La stessa inter­ soggettività, il rapporto io-tu, l’amore, concetti tutti di estrema im­ portanza nel pensiero feuerbachiano, rimandano ad una posizione sostanzialmente individualista, si presentano anzi come l’ennesima e certo non ultima riproposta del concetto cristiano-borghese (in so­ stanza platonico 145) di « persona ». L ’isolamento reale degli individui

C. Camporesi nella Prefazione a H. Marcuse, Critica della società repressiva, M i­ lano 1968. È però significativo che a questo giudizio si accompagni l ’apologià del pensiero marcusiano.

144. In un appunto che si trova vicino alle « Tesi » (cfr. M EW , cit., p. 536; tr. it. di G . Bedeschi in A p p u n ti p er una storia delle interpretazioni d ella « F en o ­ menologia dello spirito d i H eg el » apparso su G io rn a le critico d ella filosofia ita­ liana, fase. IV , ott.-dic. 1967, p. 376, nota I), M arx dice tra l’altro: « 3. Sop­ pressione dell’alienazione identificata con la soppressione dell 'oggettività (un lato soprattutto sviluppato da Feuerbach). 4. La tua soppressione dell’oggetto rappresen­ tato, dell’oggetto come oggetto della coscienza, identificata con la soppressione

teale oggettiva, di azione sensibile distinta dal pensiero, di prassi e attività reale.

(Ancora da sviluppare) ». Il punto 4 mi sembra particolarmente interessante per la definizione della specificità della praxis ed in questo senso il riferimento all’unità- distinzione di pensiero ed essere è del tutto evidente.

145. Una critica puntuale delle varie forme in cui la « persona » cristiano­ borghese si è presentata nella storia del pensiero occidentale si trova nei primi due capitoli di G. Della Volpe, L ibertà com unista, cit.

nella società borghese, dovuto al fatto che in questo tipo di società vi è una insanabile contraddizione tra socialità della produzione (sempre più accentuata con il progredire della industria) e appropria­ zione privata, individuale appunto, del profitto, questo isolamento viene riprodotto dal materialismo intuitivo così come è, a livello di pensiero, senza che se ne possa poi proporre altra alternativa che appunto quella di pensiero (« l ’eguagliamento ideale del genere » nella formulazione feuerbachiana). È appena il caso di notare come in questi risultati materialismo intuitivo ed idealismo coincidono quasi completamente; ed è naturale perché l ’errore, anche se di segno opposto, è della stessa natura, un cattivo uso dell’astrazione. Così Feuerbach non è in grado, e con lui ogni tipo di materialismo intui­ tivo, di cogliere il rapporto natura-società: « In simili casi... Feuer­ bach — è detto nell’Ideologia tedesca — non parla mai del mon­ do umano, ma ogni volta si rifugia nella natura esterna, e proprio in quella natura che non è stata ancora sottomessa al dominio degli uomini »146.

146. Cfr. Id e o lo g ia tedesca, cit., p. 35. Ancora nel 1830, sulla N e u e R h ei- nesche Z eitu n g , M arx riprende la critica di questa posizione sulla natura: « Il culto della natura si limita [in Daum er], lo si vede, alle passeggiate domenicali di un provinciale, che mostra il suo puerile stupor di vedere il cuculo deporre le sue uova in nidi estranei, di constatare che le lacrime hanno la funzione di umettare la superficie dell’occhio, etc. e che finisce per declamare ai suoi fanciulli coi sacri brividi « l ’ode alla primavera » di Klopstock. Delle scienze moderne della natura che, in connessione con l’industria moderna rovesciano [revolutioniert] l ’intera na­ tura e pongono un termine, insieme ad altre puerilità, all’atteggiamento infantile dell’uomo di fronte alla natura, di tutto questo naturalmente non vi è parola ... D ’altronde sarebbe auspicabile che l ’inerzia di questa economia contadina bavarese — terreno su cui crescono ugualmente i preti e i Daumer — sia finalmente rove­ sciata una buona volta con il moderno modo di coltivazione e con le macchine moderne ». Cfr. recensione al libro di Daumer, L a religion e d e l ’ére n ou velle,

tr. fr. in Marx-Engels, S u r la religion, Paris i960, p. 94. A . Schmidt, nel suo buon lavoro sul D e r B e g riff d er N a tu r in d er L e h e r von M arx, Frank, a M . 1962, pp. 1 1 1 - 1 1 2 (ora anche in tr. it., Bari 1969) riporta questo passo come testi­ monianza dell’« abbandono definitivo marxiano di ogni culto romanticheggiante feuerbachiano, sia dell’“ uomo” , sia della “ natura” ». Ora, se il giudizio generale, cioè che nel passo non si possa assolutamente scorgere un’interpretazione antropolo­ gica o romanticheggiante della natura, mi trova d ’accordo, nutro i miei dubbi sulla periodizzazione che è sottesa a quel «d efin itivo». Tanto più che prima (ib id e m ,

p. 109) Schmidt sostiene che « è fuor di dubbio che M arx, soprattutto nei

M anoscritti parigini, si lasci guidare non tanto dalla critica ad Hegel di Feuerbach, quanto dal punto di vista dell’allora feuerbachiano Engels » e parla anche di

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