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FEUERBACH E M ARX 57 zione dell’uomo, del lavoro: « Proprio soltanto nella trasformazione

del mondo oggettivo l ’uomo si mostra realmente come un essere g en erico . Questa produzione è la sua vita attiva come essere gene­ rico. Mediante essa la natura appare come la sua opera e la sua realtà. L ’oggetto del lavoro è quindi V o g g ettiva z io n e d ella vita d e l­ l ’uom o come essere g e n eric o, in quanto egli si raddoppia, non sol­ tanto come nella coscienza, intellettualmente, ma anche attivamen­ te, realmente, e si guarda quindi in un mondo da esso creato » 109. C ’è dunque nella produzione umana un intreccio di causalità e di finalismo: in quanto la produzione implica un rapporto con la na­ tura, che esiste al difuori della coscienza, essa è necessitata, cau­ sata; in quanto essa è oggettivazione dell’attività cosciente, con­ forme a scopo, del cervello del produttore, è attività libera, fina­ listica 110.

109. Ibidem, p. 79. In questo intreccio di natura ed uomo, di causalità e finalità, nella comprensione della produzione umana — e quindi del lavoro — come produzione insieme di cose e di rapporti sociali è la chiave del materialismo storico. Né — dirà M arx nei Grundrisse, in polemica con Proudhon — è questo il mistero da scoprire e spiegare (ma la storia del marxismo sembra contraddire la semplicità di questa spiegazione; cfr. L. Co llett i, Introduzione a Bern st ein,

I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, Bari 1968, pp. x x x e sgg.): « Le condizioni originarie della produzione ... non possono originariamente essere esse stesse prodotte, non possono essere risultati della produzione. Non è Yunità degli uomini viventi e attivi con le condizioni naturali inorganiche del loro ricambio materiale con la natura, e per conseguenza l ’appropriazione da parte loro della natura, che ha bisogno di una spiegazione o che è il risultato di un processo storico, ma la separazione di queste condizioni inorganiche del­ l ’esistenza umana da questa esistenza attiva, una separazione quale si pone com­ pletamente, per la prima volta, nel rapporto tra lavoro salariato e capitale ». Cfr. tr. it. di G . Brunetti in K. Marx, Forme economiche precapitalistiche, Roma 1967; Grundrisse, Dietz, Berlin 1953, p. 388.

Ancora nelle Glosse marginali al programma di Gotha (Lettera a W. Bracke del 5 maggio 18 7 5: cfr. Marx-Engels, Opere scelte, Roma 1966, p. 933), così si epri- me su questo rapporto natura-lavoro: « Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva) altrettanto quanto il lavoro, che, a sua volta, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza-lavoro umana ».

n o . I l carattere ideale-finalistico proprio dell’attività umana è così espresso da M arx (cfr. I l capitale, libro I, tr. it. cit., p. 212): « Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l’ape fa vergognare molti architetti con la costru­ zione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risul­ tato che era già presente al suo inizio nella idea del lavoratore, che quindi era

Beninteso non si tratta di due momenti cronologicamente o peggio, ontologicamente distinti: l ’« umanizzazione della natura » e la « naturalizzazione dell’uomo » è possibile solo per il costituirsi di una so cietà o com u n ità vera degli uomini.

Ciò si rivela anche ‘e contrario’ nella analisi dell’essere estra­ neo che s’impadronisce del lavoro e gode dei suoi frutti nella so­ cietà borghese: è un altro uomo estraneo all’operaio, l ’alienazione è l’autoalienazione dell’uomo. Ed ecco come Marx descrive la so­ cietà o comunità e la sua forma alienata nella società borghese in un passo degli A p p u n t i su Ja m e s M ill che precedono di poco la composizione dei M a n o s c ritti: « Entro la produzione stessa, lo sca m b io tanto dell’attività umana, come anche dei prodotti umani l’uno con l’altro è uguale alle a ttiv ità d e l g e n ere [Gattungstàtigkeit] e allo spirito del genere, la cui esistenza reale, cosciente e vera è l’attività so ciale e il godimento sociale. Poiché l ’essenza um ana è la v era com u nità degli uomini, manifestando la loro essenza gli uomi­ ni c re a n o, producono la com u nità umana, l’essenza sociale, che non è una potenza universale-astratta, contrapposta al singolo indivi­ duo, ma è l’essenza di ciascun individuo, la sua propria attività, la

già presente idealmente ». V a però tenuto presente che questo passo è inserito nel capitolo dedicato a « Il processo lavorativo », cioè « l ’attività finalistica per la produ­ zione dei valori d’uso ... condizione generale del ricambio organico fra uomo e natura ... come egualmente a tutte le forme di società della vita umana » (op. cit.,

p. 218). Ma se non si vuole, alla maniera di Hegel e degli economisti volgari — ma noi potremmo aggiungere anche di Feuerbach — « che per l’unità ... vada poi dimenticata la differenza essenziale » (cfr. Introduzione del 18 5 7 alla Critica del­ l’economia politica, tr. it. di L. Colletti, Roma 1954, p. 12 ), bisogna precisare che, nella forma capitalistica della produzione, « il processo lavorativo si presenta solo come mezzo del processo di valorizzazione» (cfr. Il capitale cit., p. 6 21), cioè di quel processo che, attraverso il prolungamento del processo lavorativo (prolunga­ mento di cui non viene corrisposto alcun equivalente al lavoratore) tende a va­ lorizzare il capitale stesso.

L ’appiattimento del processo di valorizzazione a processo lavorativo, che com­ porta peraltro gravissime difficoltà nell’indicazione di un’ipotesi rivoluzionaria — di qui la fuga nell’utopia — , una volta che si è in tal modo eternizzato il modo di produzione borghese, percorre tutta l’opera giovanile di Lu k à c s, Storia e coscienza di classe (cfr. tr. it. di G . Piana, Milano 1967). Strettamente connesso a questo appiattimento è l ’altro, del valore di scambio a valore d’uso, e, del resto, la stessa confusione, così hegeliana, tra alienazione ed oggettivazione, su cui cfr. L. Co ll e t t i,

Due diagnosi dell’alienazione, in Paese-sera libri del 4 marzo 1966 ed il recente volume di G . Bedesch i su Alienazione e feticismo nel pensiero di Marx, Bari 1969.

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sua propria vita, il suo proprio spirito, la sua propria ricchezza. Non dalla riflessione ha origine cioè quella vera com u nità; anzi, essa appare prodotta dal b iso gn o e dall 'ego ism o degli individui, dalla immedata manifestazione della loro stessa esistenza. Non di­ pende dagli uomini che questa comunità sia o non sia; ma finché l’uomo si riconosce come uomo, finché non ha organizzato umana­

mente il mondo, questa comunità appare sotto la forma àzW estra- niazione. Perché il suo so g g etto , l’uomo, è un essere estraniato a sé stesso. E gli uomini so n o questo essere estraniato non astratta- mente, ma come individui reali, viventi, particolari. Come sono gli uomini, così è l’essenza umana. È dunque tutta una cosa: se l'u o m o è estraniato a sé stesso, la società di questo uomo estraniato è la caricatura della reale com unità, della sua vita generica; e dunque la sua attività appare a lui come tormento, la sua propria creazione come potenza estranea, la sua ricchezza come miseria; il vin c o lo so ­ stanziale [Wesenband] che lo lega all’altro uomo appare a lui come un vincolo causale [unwesentliches Band] e invece la separazione dall’altro uomo come la sua vera esistenza; la sua vita appare come sacrificio della vita, la realizzazione della sua natura come priva­ zione della natura, la sua produzione come produzione della sua nullità e il suo potere sull’oggetto come potere dell’oggetto su di lui; da signore che era del suo prodotto appare come servo di que­ sto prodotto » 111. Uomo come ente generico, lavoro, società non

i n . Cfr. M EW , Ergànzungs. Band, I, p. 4 5 1; tr. it. di M. Tronti in K . Marx, Scritti inediti di economia politica, cit., pp. 13-14 .

Ancora prima, nella Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione,

pubblicata negli Annali franco-tedeschi (cfr. tr. it. di A. Chiarloni e R . Panzieri, Milano 1963, p. 123), Marx aveva così espresso l ’essenza umana come sociale, strin­ gendola insieme con la critica del secondo scambio: «...Yuomo non è un essere astratto, isolato dal mondo. L ’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, proprio perché essi sono un mondo capovolto ». Infine, nelle « Tesi », contro Feuerbach, l’es­ senza umana viene definita come « l’insieme dei rapporti sociali » (IV Tesi). Questa continuità fra le formulazioni marxiane dei Manoscritti, delle Tesi e dell’Ideologia tedesca costituisce implicitamente una confutazione della periodizzazione althusse- riana ed in genere delle tesi dell’idealismo del M arx dei Manoscritti. Tutte queste letture trascurano il fatto che « l ’estraneazione dell’essenza umana nel lavoro alienato è qui [nei Manoscritti] considerata come un fatto storico, non come una categoria esistenziale; la degradazione degli uomini, a bestie, non è giudicata in relazione

sono dunque dei principi a priori presupposti all’indagine o anche trascendentali etici di tipo kantiano, come lo erano pure la « na­ tura » e l ’« uomo » di Feuerbach; del resto la capitale critica mar­ xiana dello « stato originario », legata alla critica di ogni apriori­ smo come ipostatizzazione, aveva già investito radicalmente tutte queste forme: esse in realtà non fanno che presupporre in forma ideale o storica, fattuale, proprio ciò che avrebbero dovuto razio­ nalmente spiegare, il legame tra l’individuo singolo e gli individui. Nel caso di Marx, a partire dall’analisi di una situazione reale, quella appunto del lavoro alienato nella società borghese, sono stati ricavati come funzioni, come enti logici, variabili nel corso delle modificazioni della storia umana, come il « comune » di tutte que­ ste stesse situazioni.

Diversa l ’analisi, non può che risultare diversa anche la tera­ pia: mentre a Feuerbach non riesce di andare oltre la prospettiva

politico-sociale dell’« eguagliamento ideale [astratto!] del genere» (di qui V im passe cui andranno incontro i « veri socialisti », K. Griin in testa, che a Feuerbach si ispirano), per Marx si propone invece la prospettiva del comuniSmo, mediante quella che, a partire dalle “ Tesi” , chiamerà la « revolutionàre Praxis ». Infatti, una volta colto che la proprietà privata, che a prima vista si presenta come la causa del lavoro alienato, è in realtà « il prodotto, la conseguenza neces­

saria del la v o ro a lien a to , del rapporto di estraneità che si stabi­ lisce tra l ’operaio, da un lato, e la natura e lui stesso dall’altro » 112, la prospettiva del com uniSm o è la « soppressione p o s itiv a della p r o ­ p rie tà p r iv a ta intesa come a u to estra n ia z io n e d e ll’ u o m o , e quindi come reale a p p ro p ria z io n e dell’essenza dell’uomo mediante l’uomo e per l’uomo; perciò come ritorno dell’uomo per sé, dell’uomo come essere so cia le, cioè umano, ritorno completo, fatto cosciente, ma-

a un modello ideale di umanità, cioè moralisticamente e antropologicamente [come in Hegel e in Feuerbach, seppure in maniera diversa], bensì è un’espressione che semplicemente rispecchia la contraddizione tra i molteplici bisogni, desideri e diritti, prodotti mediante l ’attività sociale, e la situazione di una parte delFumanità » (cfr. A . Mazzone, art. cit., p. 536).

Una lettura corretta, che eviti questi errori, dei Manoscritti è peraltro svolta da G . Della Volpe in ha libertà comunista; essa è presupposta da questo lavoro.

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