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sua propria razionalità, bensì perché il fatto empirico ha, nella sua empirica esistenza, un significato altro da sé stesso. Il fatto, da cui si parte, non è inteso come tale, ma come risultato mistico.

Ciò ch’è reale diventa fenomeno, ma l’idea non ha per contenuto altro che questo fenomeno ».

Nel primo scambio, abbiamo l’ipostasi dell’Idea, quello che nella realtà è il predicato, il genere, viene posto come soggetto, mentre la specie, il particolare viene considerato come predicato, abbiamo perciò un « idealismo acritico ». Ma per un pensiero, come quello hegeliano (è proprio qui anzi la sua grandezza), che si ponga il problema della relazione tra pensiero ed essere, tra coscienza e mondo, c’è appunto l’esigenza di gettare un ponte tra la determinazione astratta, l’idea ge­ nerale, e l’oggetto particolare, il finito. Senonché tale ponte non può essere gettato che solo illusoriamente, restaurando surrettiziamente, « del tutto sotto mano » come dice Marx, i contenuti empirici che l’idealismo del primo scambio rifiutava; e così, paradossalmente, quel­ l ’idealismo si rovescia in un positivismo ugualmente acritico, il movi­ mento dell’idea avviene « proprio come è in realtà ». Mentre da un

lato la costituzione « è razionale in quanto i suoi momenti possono essere dissolti in quelli logico-astratti » e « Il pensiero non si regola secondo la natura dello Stato, bensì lo Stato secondo un pensiero pre­ disposto » 79, dall’altro lato « la maggior parte dei paragrafi potrebbero stare, parola per parola, nel codice civile prussiano » 80, Hegel è il filo-

79. Cfr. O .F.G., cit., p. 29.

80. Cfr. O .F.G., cit., p. 57. È questo un punto di estrema importanza, perché differenzia nettamente la critica marxiana dalla “ Sinistra,” ed anche da Feuerbach (cfr. §§ 2 e 3 di questo lavoro). Inoltre, va tenuto presente che è ancor oggi in voga una tesi come quella di E. Wb il (cfr. Hegel e lo Stato, in « Filosofia e poli­ tica », tr. it. di L. Morra, Firenze 1965) secondo cui la filosofìa del diritto di Hegel non avrebbe niente da spartire con lo Stato prussiano.

Più vicina all’interpretazione « sinistro-hegeliana » è invece la tesi di H. Mar­ c u s e (cfr. Ragione e rivoluzione, tr. it. di A. Izzo, Bologna 1966, p. 247): « Il vero torto di Hegel è ben più profondo di quello che consiste nella sua apologia della monarchia prussiana. Egli non è colpevole di servilismo ma di tradimento nei confronti delle sue più alte idee filosofiche ».

Fonte di questi errori interpretativi è appunto la mancata comprensione del nesso tra la critica marxiana deH’apriorismo della speculazione hegeliana in genere e la critica della filosofia del diritto; sul piano metodologico, ciò comporta l ’incom­ prensione del rapporto di funzionalità di pensiero ed essere, di scienza e vita. Perciò Marcuse, il filosofo del « negativo » e della « contestazione globale » finisce col ricadere in una posizione analoga a quella di Hegel : mentre « rivela una

sofo del « ciò che è » 81. Marx fornisce ancora molti altri esempi di questa assunzione viziosa, da parte di Hegel, del materiale em­ pirico, che resta inspiegato, indigerito: è il caso della nascita del monarca82, il caso della deduzione della burocrazia dalla co-

sensibilità assai.... larga ai fatti della presente civiltà borghese americana ed ame­ ricanizzata », come ha notato G . De ll a Volpe a proposito de L ’uomo a una dimen­ sione (cfr. Critica dell’ideologia contemporanea, cit., p. 69), non riesce poi a fornire che prospettive utopistiche, finendo così col dare, senza volerlo ... « il suo contri­ buto alla “ ideologia della società industriale avanzata” super borghese» (ibidem,

p. 72).

8 1. Tanto per riportare uno solo, ma estremamente significativo, dei tanti esempi di un’analoga critica svolta da Marx, si veda, a proposito del modo di trattare la « produzione » degli economisti classici, il seguente passo dell’Introdu­ zione alla critica dell’economia politica del '57 (tr. it. cit., p. 15 ): « La produzione deve piuttosto — si veda ad esempio Mill — essere rappresentata, a differenza della distribuzione ecc..., come inquadrata in leggi di natura eterne e indipendenti dalla storia, nella quale occasione rapporti borghesi vengono interpolati del tutto sottomano come inviolabili leggi di natura della società in abstracto ». Dove è chiaro come la scoperta del secondo scambio comporti una visione del rapporto scienza-storia, che va molto al di là, anche nella polemica anti-giusnaturalistica della tradizionale posizione « storicistica », posizione ancora tutta idealistica nella misura in cui all’evoluzionismo, alla continuità storica viene sacrificata la specificità del­ l ’oggetto d ’indagine.

La tematica althusseriana, se per un verso è felicemente orientata in polemica verso questo tipo di storicismo filo-hegeliano — ciò che faceva salutare con soddi­ sfazione le sue posizioni, nel 1963, da Della Volpe (cfr. prefazione a Umanesimo positivo ed emancipazione marxista, cit.) — dall’altro non coglie l’importanza della critica marxiana del duplice scambio (non a caso la Critica del '43 è tra i testi meno richiamati, sia nel Ver Marx che in Leggere il Capitale). Perciò, è potuto passare dalla ortodossia « diamat », rimproveratagli da Me r le a u-Ponty ne Le avventure della dialettica (tr. it. di A. Bcnomi che comprende pure Umanesimo e terrore, Milano 1963, p. 446) alle attuali posizioni « strutturaliste »; per lo stesso motivo può inserire Colletti nel filone dello « storicismo »; su ciò si veda avanti, nota 97.

82. Cfr. il commento al § 280 hegeliano (O .F.G ., cit., pp. 44-47), in cui dalla « volontà dello Stato » viene dedotta l ’immediata individualità (e la sua determinazione naturale) del monarca. « Hegel — dice M arx — non ha dimostrato che ciò che parla da sé: che la soggettività esiste soltanto come un individuo

corporeo, e che, s’intende, all’individuo corporeo si appartiene la nascita natu­ rale ... A lla cima dello Stato deciderebbe dunque, in luogo della ragione, la mera

physis ... Hegel ha dimostrato che il monarca deve nascere, di che nessuno dubita, ma non ha dimostrato che è la nascita che fa il monarca ». Nella nota hegeliana: « Questo passaggio dal concetto della pura autodeterminazione all’immediatezza del­ l’essere e quindi alla naturalità è di natura puramente speculativa; la sua conoscenza appartiene dunque alla logica filosofica », Hegel si abbandona, — continua M arx — « al piacere di aver dimostrato l’irrazionale come assolutamente razionale ». « Certo, — commenta M arx — il puro speculativo non è che dalla pura autodetermina­ zione, da un’astrazione, si salti nella pura naturalità (l’accidente della nascita), nel-

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scienza pubblica83, e tutti gli altri numerosi casi in cui al più « puro spiritualismo » fa da pendant il più « crasso materialismo ». Il procedimento è sempre lo stesso: a proposito del potere ministe­ riale {§ 284) ad esempio, Hegel non fa altro che descriverci « empiri­ camente » quello che è stabilito negli Stati costituzionali, aggiungen­ dovi soltanto, come elemento filosofico, di « fare di questo “ fatto em­ pirico” , l’essere [Existenz] il predicato del “ momento della particola­

rità nel potere sovrano” ». « L ’elemento speculativo è dunque molto

scarso. All’incontro lo sviluppo dipende in particolare da motivi del tutto empirici, cioè motivi empirici molto astratti, molto cattivi... La dimostrazione di Hegel è concludente, se si parte dai presupposti co­ stituzionali; ma Hegel non ha dimostrato questi presupposti con Vana­

lisi di essi nella loro rappresentazione fondamentale. In questa confu­ sione risiede tutta la acrisia della filosofia hegeliana del diritto » 84.

Non è difficile, giunti a questo punto, vedere come Marx rivolga ad Hegel una critica, per quanto concerne l’astrazione, che va oltre Feuerbach e che, pur partendo dall’utilizzazione di uno strumento tipi­ camente feuerbachiano, la critica dello scambio soggetto-predicato, ne trae poi le conseguenze più radicali fino a differenziarsi sostanzialmen-

l’altro estremo, car les extrèmes se touchent. Lo speculativo consiste in ciò: che è presunto un « passaggio del concetto » e che si spaccia l ’assoluta contraddizione come identità, la massima inconseguenza come conseguenza.

Si può considerar una confessione positiva di Hegel che col monarca eredita­ rio, al posto della ragione autodeterminantesi, l’astratta determinazione naturale si presenta non per quel che essa è, cioè determinazione naturale, ma come suprema determinazione dello Stato, e che questo è il punto positivo in cui la monarchia non può più salvare l ’apparenza di essere l’organizzazione della volontà nazionale ».

83. Cfr. commento al § 301 (O .F.G ., pp. 73-80): « ... È caratteristico che Hegel, che ha tanto grande rispetto per lo spirito dello Stato, lo spirito etico e la coscienza dello Stato, lo disprezzi espressamente allorché esso spirito gli si presenti in forma reale, empirica.

È questo l ’enigma del misticismo. La stessa astrazione fantastica, che ritrova la coscienza dello Stato neil’inadeguata forma della burocrazia, di una gerarchia del sapere, e che acriticamente prende questa inadeguata esistenza per reale esistenza

pienamente valida, la stessa mistica astrazione concede imperturbabile che lo spirito reale, empirico dello Stato, la coscienza pubblica, sia un mero pot-pourri di “ pen­ sieri e vedute di molti” . Come essa sostituisce alla burocrazia un ente estraneo, così lascia al vero ente l’inadeguata forma del fenomeno. Hegel idealizza la buro­ crazia e empiricizza la coscienza pubblica. Hegel può trattare la coscienza reale bene à part, appunto perché ha trattato la coscienza à part come coscienza pubblica ».

te, nelle conclusioni, dallo stesso Feuerbach. Infatti, laddove Feuer­ bach, proprio per aver ravvisato nel procedimento hegeliano soltanto uno scambio, cioè soltanto l’ipostasi dell’Idea e per aver denunciato il v u o to di soggetto in questo processo di astrazione, aveva concluso che bisognava scartare ogni processo di astrazione come mistificante e che occorreva piuttosto procedere, all’inverso, dalla rappresentazione al­

l ’intuizione; Marx invece, scoprendo che quel soggetto, l ’Idea che anche per lui è il frutto di un’ipostasi, non è vuoto, bensì pieno di un contenuto per di più non mediato, di una empiria cattiva, non media­ ta, indigerita, enuncia anche un tipo di astrazione che corregga gli er­ rori di quella hegeliana e si presenti come il rovesciamento di essa. Marx, in altri termini, non vede nell’astrazione tout court la causa dell’ipostatizzazione compiuta da Hegel, come era stato invece per Feuerbach, ma accusa l ’astrazione hegeliana di essere non scientifica, non concreta, indeterminata, ricavandone da parte sua una astrazione scien tifica , con creta, d eterm in ata. Si veda ad esempio questo chiaris­ simo brano del commento marxiano al § 304 hegeliano: « L ’errore principale di Hegel consiste in ciò: ch’egli assume la c o n tra d d iz io n e d e l fe n o m e n o come u n ità n e ll’essenza, n e ll’id e a , laddove essa contrad­ dizione ha la sua ragione in qualcosa di più profondo, cioè in una sostan ziale c o n tra d d iz io n e...

La critica volgare cade in opposto, d o g m a tico errore. Così essa critica, ad esempio la costituzione: attira l’attenzione sull’antitesi dei poteri etc., trova dunque delle contraddizioni. Questo è ancora della critica dogmatica, che lo tta col suo oggetto, all’incirca come una volta si eliminava il dogma della Santa Trinità per la contraddizione di uno e tre. La vera critica, invece, mostra l’intima genesi della Santa Trinità nel cervello umano. Descrive il suo atto di nascita. Così la critica vera­ mente filosofica dell’odierna costituzione dello Stato non indica sol­ tanto le sussistenti contraddizioni, ma le sp ieg a , ne comprende la gene­ si, la necessità. Le prende nel suo p e c u lia re significato. Ma questo c o m p re n d e re non consiste, come Hegel crede, nel riconoscere ovunque le determinazioni del concetto puro [logischen Begriffs], bensì nel concepire la logica specifica dell’oggetto specifico » 85. Di contro al

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platonismo della logica hegeliana Marx (fa valere una genuina istanza aristotelica: « Hegel dà un’esistenza indipendente ai predicati, agli obietti, ma astraendoli dal loro soggetto, ch’è realmente indipendente. Dopo, il reale soggetto appare come risultato loro, mentre, invece, bisogna partire dal reale soggetto e considerare il suo obicttivarsi. La mistica sostanza diventa, dunque, il reale soggetto, e il reale soggetto appare come qualcosa d’altro, come un momento della mistica sostan­ za. Proprio in quanto Hegel prende le mosse dai predicati della deter­ minazione generale, invece che dall’ente reale ( u7rox£Ìg.£vov , soggetto) e ci ha da essere tuttavia un supporto di queste determinazioni, la mi­ stica idea diventa questo supporto. È il dualismo per cui Hegel non considera l’universale come l’effettiva essenza del reale-finito, cioè dell’esistente e determinato; ossia non considera l ’ente reale come il vero so gg etto dell’infinito » 86. E si capisce che tale esigenza assume un eccezionale vigore in forza della comprensione del secondo scambio proprio della speculazione hegeliana così come di ogni apriorismo: in­ fatti soltanto questa comprensione consente a Marx di scoprire che l’astrazione non avviene solo nella mente di Hegel, ma è un’astrazione legata (e non potrebbe non esserlo) alla realtà stessa. Così, l’acrisia, il misticismo di Hegel « è altrettanto l’enigma delle moderne costituzio­ ni ( xoct’£^oxt]v di quelle per stati) che il mistero della filosofia hege­ liana, della filosofia del diritto e della religione, prima di tutto 87, poi­ ché « L ’astrazione dello S tato com e tale appartiene solamente al tempo moderno, perché l’astrazione della vita privata appartiene solamente al tempo moderno. L ’astrazione dello S ta to p o litic o è un prodotto moderno » 88. È negli stati moderni, non soltanto nella testa del filo­ sofo speculativo Hegel, che « la realtà co scien te, v e ra c e, degli affari g e n era li è soltanto form ale, o so ltan to il fo rm a le è rea le affare gen era-

86. C fr. O .F.G., cit., pp. 34-35. De ll a Vo lpe (cfr., soprattutto Logica come scienza positiva, cit. e Critica dell’ideologia contemporanea, cit., p. 34, n. 1) ha più volte richiamato l’attenzione sull’analogia tra questa critica di Marx ad Hegel e la critica aristotelica della diairesi platonica. D i più, M. R o ssi (cfr.

Marx e la dialettica hegeliana, I I , pp. 66-73) ha additato, fornendone ampia do­ cumentazione, in Trendelenburg la « fonte » della « critica aristotelica » marxiana ad Hegel.

87. Cfr. O .F.G ., cit., p. 97. 88. Cfr. O .F.G ., cit., p. 43.

le ». Dunque « Non è da biasimare Hegel perché egli descrive l ’essere

dello Stato moderno tal qual è, ma perché spaccia ciò che è come la

essenza dello Stato. Che il razionale è reale, ciò è precisamente in contraddizione con la realtà irrazionale che dovunque è il contrario

di quel che esprime ed esprime il contrario di quel che è » 89. Non è la concezione hegeliana a mantenere separate — dice Marx — la vita civile e la vita politica: essa è semplicemente la rappresentazione di

una separazione realmente esistente » 90. Nq\YIdeologia tedesca91

questo rapporto viene così generalizzato: « Se nell’intera ideologia gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscu­ ra, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, pro­ prio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico ».

Ora se colleghiamo questi risultati con frequenti analoghe espres­ sioni, contenute nel Capitale e nelle Teorie sul plusvalore a pro­ posito del capitale e dell’economia politica, possiamo cogliere la continuità della critica marxiana, il vero « filo rosso » di tutta la sua opera, proprio nel rilievo di questo rapporto tra realtà e pensiero. Così come la separazione tra vita civile e vita politica non avveniva solo nel­ la testa di Hegel, ma questa testa non faceva che riprodurre, a livello di rappresentazione, una separazione realmente esistente, allo stesso

89. D a questo punto di vista mi pare almeno discutibile i!affermazione di De ll a Volpe (cfr. Rousseau e Marx, Roma 1964, p. 15 3 ) dell’« infecondità conosci­ tiva » del metodo hegeliano: l ’accusa di M arx sembra piuttosto riguardare la gene­ ricità (l’« idea dello Stato »), in cui l ’oggetto specifico, lo Stato moderno viene risolto. Vero è che tale risultato, questa genericità, è proprio il frutto della impo­ stazione « aprioristica » hegeliana, ma non va dimenticato che, con il secondo scam­ bio, M arx ha appunto scoperto che la filosofia hegeliana si risolve in una tauto­ logia del reale, nella filosofia del « ciò che è ». Rimane peraltro da spiegare, da parte del Della V olpe (e non mi risulta che l’abbia fatto mai) perché M arx defi­ nisca, tanto nelYIntroduzione del '57 che in alcuni passi de II capitale, l’economia politica del X V I I I secolo — per la quale, come si vedrà nell’analisi dei Mano­ scritti, vale lo stesso tipo di critica fatto ad Hegel — una scienza. M a si tratta di una questione troppo importante, senz’altro da riprendere.

Sul carattere della dialettica hegeliana di ideologia funzionale al sistema socio- economico borghese, « sistema in sé ideologico, che ha in sé l ’esigenza dell’ideo­ logia », si veda l ’analisi di M . Cacciari, Dialettica e tradizione, in Contropiano,

n. 1 , specie pp. 13 3 sgg.

90. Cfr. O .F.G ., cit., p. 93. 9 1. Cfr. tr. it. cit., p. 13 .

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modo l ’economia politica borghese (anche quella non esclusivamente « apologetica ») non separa nella sua testa economia e politica, econo­ mia e sociologia, ma non fa che rappresentare una separazione real­ mente esistente. Le merci stesse sono « cose sensibilmente sovrasensi- bili » in quanto la forma delle merci, « come in uno specchio, restitui­ sce agli uomini l’immagine dei caratteri sociali del loro proprio lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, come proprietà sociali naturali di quelle cose » 92. Così pure, è nella forma generale della produzione capitalistica stessa che il rapporto mezzi di produzione-lavoratori per cui « i m ezzi d i p r o d u z io n e, le con­

dizioni reali di lavoro... non appaiono sussunti sotto l ’operaio, ma questo appare sussunto sotto di esso », « questo rapporto, nella sua semplicità, è un capovolgimento, una personificazone della cosa ed una cosificazione della persona » 93. Ancora, nel paragrafo I I fe tic c io d e l cap itale del I I I volume delle T h e o rie n , Marx dice: « La m ateria­ lizzazione, il ro v e sc ia m e n to, la fo llia completa del capitale come capi­ tale produttore di interesse — in cui tuttavia non appare in forma tangibile che l ’intima natura della produzione capitalistica, la sua fol­ lia — è il capitale come produttore di « interesse composto », in cui

92. Il capitale, I, cit., p. 104, ma è da vedere al riguardo l ’intero paragrafo 4.

Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano.

93. Teorie sul plusvalore, tr. it. di G . Giorgetti, Roma 19 6 1, p. 586. Un discorso a parte meriterebbe a questo riguardo l’espressione «lavoro astratto»: è solo nella società capitalistica, fondata sulla vendita di forza-lavoro e quindi sulla dicotomia capitale—forza-lavoro, che tale espressione « diviene per la prima volta praticamente vera » (cfr. K. Marx, Introduzione alla critica dell’economia politica,

tr. it. cit., p. 44). Infatti soltanto nella società capitalistica, mediante l’« indiffe­ renza verso un lavoro determinato » (di questa indifferenza è strumento, paradossal­ mente, proprio la divisione del lavoro), il lavoro è divenuto « non solo nella categoria, ma anche nella realtà, il mezzo per creare in generale la ricchezza, ed esso ha cessato di concrescere con l ’individuo come sua destinazione particolare » (loc. cit.). Risiede proprio in ciò il limite storico che impedì ad Aristotele di scor­ gere in che cosa consista il rapporto di eguaglianza tra le merci (la teoria del valore), pur avendo egli correttamente scoperto « un rapporto d ’eguaglianza nella

espressione di valore delle merci »: la società greca, fondata sul lavoro servile, non conosceva « l’eguaglianza e la validità eguale di tutti i lavori » (cfr. Il Capitale, I, cit., p. 92); soltanto nella società borghese, invece, « La sfera della circolazione — come dice M arx (cfr. Il capitale, I, cit., p. 208) — ossia dello scambio delle merci, nella quale si attua la vendita e la compera della forza di lavoro, è di fatto un vero Eden dei diritti innati dell’uomo » e dunque anche le « robinsonate » degli economisti borghesi hanno un fondamento reale.

esso appare come un Moloch che tutto vuol divorare come se tutto gli fosse dovuto, ma che per un fato misterioso non vede mai soddisfatti, vede sempre attraversati i suoi legittimi appetiti derivanti dalla sua stessa natura » 94.

In conclusione, attraverso la comprensione del secondo scambio, della necessità cioè per ogni idealismo di tradire la propria iniziale pretesa di trascendere il finito introducendo, ma soltanto surrettizia­ mente e perciò acriticamente, senza alcuna mediazione razionale, pro­ prio quei contenuti empirici che si volevano scartare, attraverso questi comprensione Marx approda alla formulazione di una nuova metodo­

logia scientifica, dialettico-materialistica. Da un lato ricava che di

fatto la materia, l’essere non possono essere assorbiti nel pensiero, di

qui la necessità di affermare che questa materia, l’essere esistono al di

fuori di noi, non sono assorbibili nel pensiero: è quello che Della V ol­

pe ha definito il « postulato o assioma critico della materia ». Dall’altro lato, scorge però che questa distinzione non è separazione assoluta, ma che non si dà pensiero che non sia in qualche modo (acriticamente