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Finanziamenti dei soci e società cooperative

Capitolo 2 Il problema dell’estensione della disciplina della postergazione ad

2.4. Finanziamenti dei soci e società cooperative

Mentre in dottrina ci si è frequentemente interrogati sull’applicabilità dell’art. 2467 c.c. alle s.p.a, non è stata allo stesso modo affrontata la questione dell’operatività di tale disciplina nei confronti delle società cooperative252.

251 M.MAUGERI, op. ult. cit., p. 148.

252 Cfr., per tutti, V.SANGIOVANNI, Finanziamenti dei soci e particolarità nelle società coope- rative, in Società, 2008, p. 1202 ss. Solo recentemente il tema è stato affrontato anche dalla giurisprudenza che, tuttavia, ha negato l’applicabilità della regola di cui all’art. 2467 c.c. alle società cooperative. Cfr. Trib. Treviso, 19 gennaio 2015, in www.ilcaso.it e, da ultimo, Cass., 20 maggio 2016, n. 10509, in www.ilsocietario.it, secondo cui «in difetto di un espresso ri- chiamo normativo, come pure di un'affinità di tipo sociale» sarebbe «illegittima l'applicazione della regola della postergazione, siccome ispirata dalla descritta ratio, anche alle cooperative, rette da taluni principi estranei se non contrapposti a quelli imperanti nelle società lucrative -

Poiché tra le norme dedicate alla società cooperativa non figurano disposizioni espresse in materia di finanziamenti né richiami espliciti all’art. 2467 c.c., il punto di partenza della riflessione è costituito dall’art. 2519 c.c., che stabilisce quali sono le norme applicabili a tale tipo societario.

La predetta norma, infatti, dispone che «alle società cooperative, per quanto

non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni». E tuttavia «l’atto costitutivo può

prevedere che trovino applicazione, in quanto compatibili, le norme sulla società a responsabilità limitata nelle cooperative con un numero di soci cooperatori inferiori a venti ovvero con un attivo dello stato patrimoniale non superiore ad un milione di euro».

A determinate condizioni, dunque, è possibile applicare alle società cooperative che rispettano determinati limiti dimensionali le norme dettate per le s.r.l. Dal momento che nell’ambito delle società cooperative non si rinvengono disposizioni che vietano ai soci di effettuare finanziamenti a favore della società, si pongono anche in tale contesto alcune delle problematiche sollevate dall’art. 2467 c.c.

Il problema dell’applicabilità di tale norma alle società cooperative sarà affrontato, innanzitutto, verificandone la compatibilità con i principi organizzativi e strutturali propri di questo tipo sociale, in particolare con la strutturale sottocapitalizzazione e con lo scopo mutualistico.

Sotto il primo profilo, si rileva come, nonostante con la riforma del diritto societario il legislatore abbia ampliato le possibilità e le modalità di concedere finanziamenti alle società cooperative, il prestito sociale rimanga la forma maggiormente diffusa. Si tratta di un istituto che non è specificatamente

come quello dello scopo mutualistico (art. 2511 c.c.), della variabilità dei soci e del capitale (artt. 2511 e 2524 c.c.), della parità di peso del voto tra i soci (art. 2538 c.c., comma 2) e del tetto massimo alla partecipazione sociale (art. 2525 c.c.): principi tutti, concorrenti a contenere, se non sminuire, l'influenza del singolo socio sulle scelte gestionali dell'impresa».

disciplinato nel codice civile, ma che viene regolato da una normativa prevalentemente di natura fiscale253e di rango secondario254.

Ai fini della presente trattazione, pertanto, ci si chiede se il prestito sociale debba farsi rientrare nella più generale categoria dei finanziamenti dei soci di cui all’art. 2467 c.c.

La risposta affermativa a tale quesito deriverebbe dal fatto che in entrambe le ipotesi il rapporto che si instaura tra il socio e la società rientrerebbe nella categoria del contratto di mutuo255 con la conseguente applicabilità della regola della postergazione anche al prestito sociale concesso in un momento in cui la società si trovava in una situazione di eccessivo squilibrio patrimoniale. Anzi, si tratterebbe proprio dello strumento che viene utilizzato tipicamente per superare la situazione di sottocapitalizzazione caratteristica delle società cooperative. Bisogna dare atto, tuttavia, di una recente pronuncia giurisprudenziale256 secondo cui non sarebbe possibile assimilare il prestito sociale cooperativo ai finanziamenti dei soci di cui all’art. 2467 c.c..

Secondo i giudici di merito, infatti «la disciplina normativa del prestito sociale cooperativo è molto più orientata alla tutela del socio prestatore, come si può ricavare dai limiti di prestito, legati al rapporto con il patrimonio sociale, o dalla previsione di schemi di garanzia che assicurino il rimborso ai soci almeno di una determinata percentuale (cfr. Istruz. Banca d’Italia, capo 2, sez. V); inoltre, il

253 F.MONTANARI, Il finanziamento dei soci nelle società cooperative: profili tributari, in Riv. Dir. Trib., 2009, I, p. 437 ss.

254La Banca d’Italia è intervenuta in materia in virtù dell’art. 11 del T.U.B. e, dunque, in tema

di raccolta del risparmio «consistente nell’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso». Ne consegue la necessità di verificare, innanzitutto, se i finanziamenti dei soci alla società cooperativa ai sensi dell’art. 2467 c.c. possano o meno rientrare nella nozione di raccolta del risparmio. Infatti, solamente qualora si ritenesse che i finanziamenti societari configurino raccolta del risparmio, si dovrebbero applicare i limiti derivanti dal diritto bancario.

255 G.MALUSÀ, Il prestito sociale nelle cooperative, Milano, 2003, p. 14. 256 Trib. Treviso, 19 gennaio 2015, cit.

prestito sociale cooperativo può riguardare una grande quantità di soggetti i quali non hanno poteri tali da incidere sulla gestione sociale».

Quando ci si ponga in questa prospettiva, dunque, al prestito sociale mancherebbe il presupposto soggettivo dell’art. 2467 c.c., ovvero la posizione di insider del socio finanziatore che giustifica l’applicabilità della regola della postergazione.

A sostegno di tali considerazioni, inoltre, i giudici mettono in luce le diverse finalità che muovono il socio cooperatore rispetto a quelle del socio finanziatore di s.r.l.: il primo concede un prestito mosso da esigenze di risparmio o investimento; il secondo, invece, effettua un finanziamento per assicurare alla società nuovi mezzi finanziari in modo da garantire il perseguimento dell’oggetto sociale.

Quanto allo scopo mutualistico, il problema è quello di verificare la sua eventuale inconciliabilità con la regola della postergazione del finanziamento concesso dal socio cooperatore.

Invero, per rispondere negativamente al quesito basterà rilevare come lo scopo mutualistico si riferisca alla società cooperativa astrattamente intesa e non al singolo socio, che può essere spinto da molteplici motivi, anche speculativi, a concedere finanziamenti alla società.

Posto che il presupposto soggettivo di cui all’art. 2467 c.c. – fondato sulla particolare posizione ricoperta dal socio all’interno della società – sembra fare riferimento più all’interesse individuale dello stesso che a quello tipico del socio cooperatore, ne consegue l’irrilevanza della causa mutualistica della società cooperativa ai fini dell’applicabilità della regola della postergazione.

Bisogna dare atto, inoltre, di come il problema dell’applicabilità dell’art. 2467 c.c. alle società cooperative debba essere analizzato anche alla luce delle nuove “Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche” che la Banca d’Italia ha pubblicato il 9 novembre 2016 e che sono

entrate in vigore il 1° gennaio 2017 sostituendo il Capitolo 2 del Titolo IX della Circolare n. 229 del 21 aprile 1999257.

Si tratta di Disposizioni emanate in attuazione dell’art. 11 del TUB e della deliberazione del CICR del 19 luglio 2005 e volte al rafforzamento dei presidi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche.

In particolare, la sezione V delle predette Disposizioni sancisce – discostandosi così dall’art. 2521 c.c. – che la facoltà di raccogliere il risparmio presso i soci debba essere prevista nello statuto.

La stessa dicotomia normativa (tra la legge e le Istruzioni della Banca d’Italia) si rinviene con riferimento alla questione relativa alle eventuali limitazioni quantitative ai finanziamenti che possono essere erogati. Infatti, mentre nella disciplina codicistica le società cooperative non trovano alcun limite quantitativo alla possibilità di indebitarsi con i propri soci, la Banca d’Italia stabilisce – per le cooperative con più di 50 soci – un tetto massimo: l’ammontare complessivo dei prestiti sociali non deve superare il limite del triplo del patrimonio che, tuttavia, può essere superato in presenza di determinate condizioni (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle Disposizioni). In secondo luogo, nell’affrontare il problema relativo alla nozione di «squilibrio

dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto», bisogna tener presente che, poiché nelle società cooperative il capitale sociale non è determinato in un ammontare prestabilito (art. 2524, co. 1, c.c.), può risultare difficile calcolare tale rapporto.

Uno strumento di orientamento suggerito dalla giurisprudenza potrebbe essere quello stabilito dall’art. 2545-quinquies c.c., secondo cui «possono essere

distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni ovvero assegnate ai soci le riserve disponibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto».

257 La Banca d’Italia è intervenuta in materia in virtù dell’art. 11 del T.U.B. e, dunque, in tema

Tuttavia, occorre notare che tale definizione di squilibrio è inserita in un contesto diverso da quello dei finanziamenti dei soci e si potrebbe ritenere che essa rilevi ai soli fini indicati espressamente in tale disposizione258.

In terzo luogo, ci si chiede se il socio cooperatore che finanzia la società debba o meno possedere una certa percentuale di capitale sociale benché l’art. 2467 c.c. non operi distinzioni in relazione alla soglia di capitale detenuta259.

Come ricordato in altre occasioni, nell’ambito delle s.r.l., la presenza di una disposizione severa come quella contenuta nell’art. 2467 c.c. è giustificata dal fatto che i soci dispongono di ampi vantaggi informativi rispetto ai creditori sociali. Il legislatore, infatti, presume che, a prescindere dalla quota posseduta e dal ruolo effettivo assunto all’interno della società, ogni socio di s.r.l. è un socio imprenditore in grado di conoscere gli aspetti inerenti la gestione e l’amministrazione della società.

Poiché nelle società cooperative il diritto di informazione dei soci è regolato in modo particolare, ci si chiede se sia o meno opportuno – ai fini dell’applicazione della regola della postergazione – operare la medesima presunzione di conoscibilità nei confronti del socio cooperatore.

Ponendosi in questa prospettiva, va allora detto che, quando la cooperativa riveste la forma di s.r.l., in virtù del richiamo di cui all’art. 2519, co. 2, c.c. troverebbe applicazione l’art. 2476, co. 2 c.c. – che, come visto, configura in capo al socio ampi diritti di informazione e ispezione circa la gestione e amministrazione della società – e, dunque, anche il socio di cooperativa disporrebbe di tali ampi diritti di controllo260.

258V.SANGIOVANNI, op. ult. cit., p. 1206.

259 Sulla base delle predette Disposizioni dettate dalla Banca d’Italia per le società diverse dalle

cooperative (in cui è prevista la possibilità di raccogliere risparmio «esclusivamente presso i soci che detengano una partecipazione di almeno il 2 per cento del capitale sociale risultante dall’ultimo bilancio approvato e siano iscritti nel libro dei soci almeno tre mesi»), si deve ritenere ex negativo che nelle società cooperative ciascun socio possa effettuare finanziamenti utili alla società, a prescindere dalla quota di partecipazione di cui è titolare.

In tal caso, sembrano esserci le medesime esigenze di tutela che si rinvengono nell’ambito delle s.r.l. con la conseguente applicabilità delle regole di cui all’art. 2467 c.c.

Quando, invece, la cooperativa è costituita in forma di s.p.a., i diritti di controllo e, dunque, i vantaggi informativi che l’art. 2545-bis c.c. attribuisce ai soci di cooperativa sono di ampiezza inferiore rispetto a quelli riconosciuti al socio di s.r.l.

Pertanto, uno dei motivi che giustificano l’art. 2467 c.c. sembrerebbe vacillare, con la conseguenza che l’art. 2467 c.c. non potrebbe trovare applicazione rispetto alla cooperativa s.p.a..

Inoltre, bisogna considerare quanto già prospettato, id est che la regola della postergazione è applicabile solamente nei confronti delle società per azioni a ristretta base azionaria dove il socio finanziatore coincide con l’azionista di controllo.

Le società cooperative che adottano tale tipo societario, invece, presentano una compagine sociale allargata in cui i soci sono portatori di interessi eterogenei. In tale contesto, il ruolo rivestito dal singolo socio all’interno della società non si dimostra in grado di influenzarne le scelte gestionali, in primo luogo a causa dei limiti di possesso azionario indicati dall’art. 2525 c.c. che, anche ove fossero superati nelle ipotesi contemplate dagli artt. 2545-quinquies e 2545-sexies, in termini di peso all’interno dell’assemblea sarebbero comunque destinati a scontrarsi con il principio del voto capitario espresso dall’art. 2538 c.c.

Un ulteriore problema attiene al contenuto normativo di maggior rilievo dell’art. 2467 c.c., cioè quello relativo alla postergazione, in particolari condizioni, del soddisfacimento dei soci finanziatori rispetto agli altri creditori sociali.

Per effetto del richiamo alle disposizioni sulla s.r.l. operato dall’art. 2519, co. 2, c.c., si ritiene che tale principio operi anche nei confronti delle società cooperative.

Tuttavia, di fronte ad un apparente conflitto tra la legge e le Disposizioni della Banca d’Italia più sopra richiamate, ci si chiede in che termini la regola della postergazione trovi applicazione nell’ambito di questo tipo societario.

La sezione V delle predette Disposizioni, infatti, disciplina anche gli schemi di garanzia dei prestiti sociali i quali devono prevedere «il rimborso dei prestiti

effettuati dai soci in una misura almeno pari al 30 per cento».

Si tratta di una disposizione che sembra privilegiare i soci di cooperativa rispetto ai soci di s.r.l. a danno dei creditori sociali.

Questo apparente conflitto tra la legge e le Disposizioni della Banca d’Italia si potrebbe risolvere considerando che, in ipotesi di insolvenza della società cooperativa, non è il curatore del fallimento a dover garantire il 30% ai soci della stessa, ma sono gli schemi di garanzia a dover produrre tale risultato.

Alla luce delle precedenti considerazioni, dunque, sembra potersi concludere che, dal punto di vista della normativa di rango primario, la regola della postergazione possa trovare applicazione anche nei confronti delle società cooperative in virtù del richiamo operato dall’art. 2519, co. 2, c.c.

Dal punto di vista della normativa di carattere secondario, invece, ci si limita in questa sede a dare atto di come le Disposizioni dettate dalla Banca d’Italia prevedano, per questo tipo societario, delle particolarità che, sebbene per alcuni aspetti sembrano privilegiare i soci di cooperativa rispetto a quelli di s.r.l., devono essere interpretate – così come l’art. 2467 c.c. – alla luce di un contesto normativo, introdotto dalla riforma del diritto societario, il quale si caratterizza per aver ampliato e sviluppato le possibilità di raccolta attraverso cui le società ricercano fonti di finanziamento alternative al credito bancario.