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La finanza esterna nel concordato preventivo

Capitolo 3 I finanziamenti dei soci nelle procedure concorsuali

3.2. Finanziamenti dei soci e concordato preventivo

3.2.1. La finanza esterna nel concordato preventivo

Sempre con riferimento al concordato preventivo si ritiene opportuno dedicare qualche breve riflessione alle risorse che non provengono dal patrimonio del debitore.

Attraverso la proposta concordataria, infatti, quest’ultimo può offrire ai creditori non solo tutto o parte del proprio patrimonio, ma anche risorse che provengono da terzi.

Si tratta della c.d. “finanza esterna”321 che, sempre più frequentemente, viene utilizzata nell’ambito delle proposte di concordato sia perché rende tali proposte maggiormente appetibili per i creditori (che, in caso di fallimento, potranno far valere le loro pretese anche su beni estranei al patrimonio del debitore), sia – in una prospettiva di continuità aziendale – perché apporta risorse utili a mantenere

320 In questo senso, M.MAUGERI, op. ult. cit., p. 1297; R.CALDERAZZI, op. ult. cit.p. 235. 321 Sulla nozione di finanza esterna, cfr. Cass., 8 giugno 2012, n. 9373, in Fallimento, 2012, p.

1409 ss., secondo cui sarebbe tale ogni apporto del terzo che «risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società debitrice, non comportando né un incremento dell’attivo, sul quale i creditori privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo».

l’azienda operativa, ad esempio consentendo di pagare, anche solo parzialmente, i creditori chirografari.

In questa sede ci si limiterà a verificare se sussistono e quali siano i limiti che questo tipo di risorse incontrano nell’ambito del concordato preventivo, o meglio quale sia la relazione tra la finanza esterna e le cause legittime di prelazione che determinano un ordine nel soddisfacimento delle pretese dei creditori.

Si ritiene che i limiti cui soggiace il patrimonio del debitore non possano essere invocati nei confronti dei beni provenienti da terzi che, in quanto estranei ad esso, non concorrono a formare la garanzia generica delle pretese dei creditori. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui la finanza esterna fosse destinata a soddisfare le pretese dei creditori postergati o solamente di alcuni creditori chirografari, gli altri chirografari o i creditori privilegiati non potrebbero invocare la violazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione trattandosi di risorse provenienti da terzi e, dunque, non destinate al ceto creditorio322.

Secondo una parte della dottrina, invero, la finanza esterna, pur non dovendo rispettare gli stessi limiti di distribuzione cui soggiace il patrimonio del debitore, dovrebbe comunque sottostare ad altri, sebbene meno intensi, vincoli come l’obbligo di soddisfare i creditori di rango superiore in misura almeno uguale ai creditori di rango inferiore323.

Ciò, al fine di non alterare i delicati equilibri che stanno alla base delle regole di soddisfacimento delle pretese dei creditori in sede concorsuale.

Tuttavia, si rileva come sia difficile applicare alla finanza esterna anche questo vincolo “debole” in quanto volto a regolare il potenziale conflitto tra tutti quei

322 F.GUERRERA, Le soluzioni negoziali, in AA.VV., Diritto fallimentare. Manuale breve,

Milano, 2013, p. 155.

323 G.TERRANOVA, Problemi di diritto concorsuale, Torino, 2011; L.A.BOTTAI, Trattamento dei creditori privilegiati, nuova finanza e rapporto fra classi e privilegi, in Fallimento, 2010, p. 87 secondo il quale le risorse aggiuntive dovrebbero «essere destinate in maggior misura alle classi di creditori privilegiati generali non interamente soddisfatti e solo in minima parte ai chirografari».

creditori che vantano pretese nei confronti dello stesso patrimonio (quello del debitore comune) stabilendo un preciso ordine gerarchico di soddisfacimento sullo stesso.

Al di fuori di quel determinato patrimonio, dunque, la regola cesserebbe di svolgere la propria funzione consentendo così di distribuire le risorse provenienti da terzi anche in deroga all’ordine delle cause legittime di prelazione.

Tale discrezionalità nell’attribuzione della finanza esterna è riscontrabile non solo nel modo in cui le risorse sono distribuite tra i creditori di rango diverso, ma anche nel modo in cui le stesse sono attribuite ai creditori dello stesso rango (c. d. principio della par condicio creditorum).

Anche sotto questo profilo si giunge alla medesima conclusione della piena legittimità di distribuire, nell’ambito del concordato, la finanza esterna in favore di alcuni soltanto dei creditori, senza che ciò configuri un pregiudizio per gli altri creditori appartenenti alla medesima classe.

Le precedenti considerazioni, tuttavia, non escludono la necessità che vengano comunque garantiti l’omogeneità degli interessi dei creditori che appartengono alla stessa classe e la genuinità nell’esercizio del diritto di voto, allo scopo di evitare distorsioni nell’operatività del principio maggioritario all’interno della stessa classe.

Infatti, l’assenza di vincoli all’utilizzo della finanza esterna non significa che ciò non produca effetti nell’ambito procedimentale del concordato, non solo relativamente alla suddivisione in classi dei votanti, ma anche per quanto concerne la legittimazione al voto.

Il tutto deriverebbe dall’applicazione del principio, ribadito in ambito concordatario, che impone di garantire la par condicio creditorum tra i creditori che appartengono alla medesima classe324.

324 Cfr. per tutti, A.JORIO, Commento all’art. 160, in La legge fallimentare dopo la riforma (a

Infatti, mentre è possibile «prevedere trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse»325, non si può trattare in modo diverso i creditori che appartengono alla medesima classe.

Tale obbligo di trattare allo stesso modo i creditori che rientrano nella medesima classe non opera solo con riferimento alle risorse che provengono dal patrimonio del debitore, ma anche quando taluni creditori vengono soddisfatti attraverso l’utilizzo di risorse provenienti da terzi.

Infatti, si tratta di una regola che non costituisce la proiezione del principio della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c. – che, come più sopra detto, non può trovare applicazione nei confronti delle risorse che provengono dai terzi – ma che deriva dal diverso principio volto a salvaguardare il rispetto della maggioranza nell’ambito della stessa classe.