4. Servizio e Offerta
1.4 Il Food Manager e la gestione dei cost
1.4.2 Food & Beverage Cost
La prima voce di costo e di ricavo che è oggetto di analisi nello svolgimento del controllo di gestione, soprattutto a causa del suo andamento dinamico correlato alla dinamicità delle vendite, è il cosiddetto food & beverage cost.
Nello specifico, con il termine food cost s’intende il “costo piatto” mentre con beverage cost il “costo bevande” (intese come cocktail nel settore bar) e quindi, in generale, il food & beverage cost è il “costo dei viveri”, ossia il costo totale delle materie prime, dei costi fissi e dei tempi di lavoro ad esse dedicati per la realizzazione di un pasto
Colui che detiene l’incarico della gestione del food & beverage cost è, come detto in precedenza34, il Food Manager.
Certo, ridurre la gestione aziendale alla mera gestione del F&B cost sarebbe scorretto, soprattutto posto che tale voce di costo conferisce una visione completa a livello settoriale ma parziale ai fini gestionali: essendo composto da due sole voci – la voce “cibo” e la voce “bevanda” – è in grado di rispondere alle esigenze aziendali che nascono da questa sola categoria e che, per di più, sono a loro volta composte da sotto voci non predefinite universalmente ma decise in autonomia da ogni attività e quindi differenti da realtà a realtà. Alcuni schemi prevedono, infatti, che alla voce “beverage” vengano associate le sotto voci inerenti alle bevande alcoliche, mentre alla voce “food” tutte le altre; diversamente, altri schemi si approcciano alla voce food & beverage senza apportare scissione ma solamente distinguendo ciò che si “mangia” da ciò che si “beve”.
Tale differenza di approccio nasce sia dall’obbligo di adesione alle normative di rappresentazione delle realtà aziendale nel Food & Beverage35, sia dalla necessità di individuazione delle voci di costo di competenza dei diversi responsabili gestionali e dei differenti campi semantici.
Ai fini di questo lavoro di tesi volto ad analizzare la problematica della perdita d’informazione, ho deciso di spendere le righe precedenti per far emergere l’importanza del precedente passaggio di catalogazione delle voci di costo perché solo grazie a quest’ultimo si
34 Si fa riferimento al Paragrafo 1.4.1.
35 Fonte: www.restaurant.org
sarà successivamente in grado di rispondere alle esigenze informative della realtà manageriale. Ciò detto ci saranno attività che catalogheranno nelle bevande solo le bevande a gradazione alcolica e altre, al contempo, che considereranno tutte le tipologie da consumare bevendo.
Ritornando alla trattazione d’inizio paragrafo, con il termine “costo totale delle materie prime” si fa riferimento alle voci di costo presenti nella distinta base del prodotto, la cui consultazione è imprescindibile per determinarne il costo finale.
Vi sono altre scuole di pensiero che nella voce “materie prime” non si limitano a includere solamente le voci di natura gastronomica impiegate per la realizzazione del piatto o del cocktail, ma includono anche voci di costo di altri generi diversi dall’alimentare ma comunque impiegati nella fase produttiva per l’ottenimento del risultato finale, quali detersivi, materiali per il packaging, tabacchi etc. In questa sezione adotteremo l’approccio della prima dottrina qui menzionata poiché più diffusa36.
La voce food & beverage cost può essere trattata in maniera unitaria, come vedremo in seguito, o separata, considerando voce food cost scissa dalla voce food beverage.
In questo secondo approccio la metodologia di calcolo è differente.
Si parte dalla consultazione della distinta base e ciò che si ottiene sommando il costo di ogni ingrediente individuato in essa moltiplicato per la quantità richiesta è il Food Cost Preventivo. Se, invece, si attua a posteriori una valutazione circa i consumi e le spese sostenute in un dato periodo di riferimento, si parla di Food Cost Consuntivo.
Questi due costi, pur differenziandosi per la natura delle informazioni contenute, devono coesistere: il costo a preventivo è necessario al fine di determinare quanto costerà all’azienda la messa in produzione di un determinato piatto; per contro, il costo a consuntivo costituisce un feedback quanto più oggettivo e sintetico utilizzato come indicatore di riferimento per la valutazione e l’eventuale correzione e miglioramento nella gestione aziendale. Tale distinzione tra consuntivo e preventivo è valida parimenti per la voce beverage.
36 Tale affermazione conclusiva è facilmente verificabile attraverso la consultazione di manuali di gestione dei
Il beverage cost è calcolato attraverso la formula qui di seguito apportata nel dettaglio:
Tabella 1.2: Calcolo del beverage cost37
La formula utilizzata per il food cost è similare alla precedente:
Tabella 1.3: Calcolo del food cost38
Entrambe le formule prevedono il calcolo dei costi a consuntivo presentando voci di costo del food e del beverage riferite al venduto.
Il primo calcolo da effettuare è riferito alla denominazione “scorte”, iniziali e finali39, conteggiate nel magazzino.
37 Fonte: www.chefmate.it
Si parte dal conteggio dei bene ivi presenti e si passa al conteggio degli stessi in termini contabili, ossia imputando a ciascun bene il prezzo associato. Nonostante apparentemente non presenti grosse difficoltà di calcolo ma solo spendita di tempo, questa procedura si basa su una forte componente soggettiva da parte dell’individuo posto a svolgerla, tendenzialmente il Manager, perché è a sua discrezione la scelta della metodologia da adottare. Nel settore Food & Beverage si è soliti ricorrere alla metodologia prevista dallo schema procedurale del FIFO (First In First Out)40. Questo avviene laddove le realtà non si avvalgono di un sistema gestionale professionale in grado di registrare e memorizzare tutti i beni che entrano in magazzino con i relativi prezzi, così da facilitare l’operatore nel procedimento di risalita ad ognuno di essi per la valorizzazione del magazzino stesso. Il metodo FIFO, infatti, per quanto diffuso, viene ritenuto un metodo approssimativo: le scorte, per di più beni alimentari nel settore di nostra competenza, sono deteriorabili e di conseguenza i “first in” ai quali viene data precedenza nell’utilizzo non detengono sempre la qualità richiesta per l’impiego nelle lavorazioni.
La voce immediatamente seguente è la voce “acquisti”.
Il processo di acquisizione è un processo semplice e lineare, che vede come unico passaggio critico il passaggio del “controllo di qualità” nel quale è necessario prestare attenzione alla conformità della bolla di accompagnamento41 con l’ordine effettuato, onde evitare, tra le diverse conseguenze, lo stoccaggio di beni già contabilizzati tra le scorte.
Successivamente, degna di nota è le voce “valore del vitto del personale”, di specifica competenza del food cost.
Le realtà presenti nel settore F&B, date le caratteristiche del settore stesso, quali stagionalità del lavoro, breve permanenza del personale nonché fasce orarie di svolgimento delle attività, sono solite, per scelta propria o per esigenza, fornire ai propri dipendenti servizi di alloggio e di vitto. Essendo di nostro interesse solo quest’ultimo, tralasceremo in questa sede l’alloggio. Durante lo svolgimento del proprio lavoro, quindi, al personale è data la possibilità di consumare dei pasti il loco scegliendo alcuni piatti proposti nel menù. Si specifica “alcuni” poiché “alcuni” possono essere consumati gratuitamente, “altri” attraverso il pagamento
39 Nel campo degli studi economici si è soliti dedurre che le scorte finali siano di dimensioni pari alle scorte
iniziali del periodo successivo.
40 Santesso E. e Sòstero U., “Il bilancio: principi generali, struttura e regole di valutazione”.
agevolato da formule di scontistica42. Si evince che queste voci non costituiscono costi relativi al lavoro ma relativi a benefit conferiti al personale a scopi motivazionale e di job satisfaction43, ragione per cui sono sottratti dal calcolo del food cost e al contempo sommati nel procedimento di calcolo del costo del lavoro44. Si fa riferimento al food e non al beverage poiché, come in precedenza precisato45, nell’approccio da noi utilizzato si assume che la contabilizzazione del beverage preveda esclusivamente voci di bevande a gradazione alcoliche che, per deducibili ragioni, non sono somministrate al personale durante gli orari di lavoro.
Al medesimo principio fanno riferimento le voci di costo “consumato” e “trasferito al reparto”, presenti in ambedue le formule, food (Tabella n.1 ) e beverage (Tabella n.2).
Con il termine “consumato” ci si riferisce al consumo di bevande e di alimenti offerti alla clientela a scopo promozionale, se riferito a un nuovo prodotto, o di fidelizzazione, e quindi contabilizzati nella funzione di marketing. Il costo del bene “trasferito” si riferisce, invece, all’eventualità che un reparto – ad esempio il reparto cucina – abbia bisogno per la propria preparazione di materie prime appartenenti ad altri reparti – ad esempio il reparto pizzeria –.
A tale scopo è consigliato avvalersi di soluzioni software in grado di agevolare il procedimento d’imputazione di costi da una funzione a un'altra e di attuarlo in tempo reale. A prescindere, comunque, da questa casistica specifica, una soluzione gestionale è fondamentale per il governo dei costi e al contempo per il loro monitoraggio, rendendo
42 S’intende, ovviamente, in termini generali. Ogni realtà è assestante dalle altre e la scelta dell’offerta di servizi
di consumo è a discrezione di ognuna.
43 Per un’analisi approfondita si veda il paragrafo 1.3 “La componente umana”.
44 In letteratura economica il costo del lavoro coincide con i costi sostenuti dall’azienda per le esigenze e/o per
la soddisfazione del personale. Gli autori Costa G. e M. Giannecchini in “Risorse Umane” precisano che il costo
del lavoro “comprende gli elementi di costo che entrano nel calcolo della retribuzione del lavoratore: costi retributivi fissi (stipendio, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive); costi retributivi variabili (indennità, reperibilità, trasferte, straordinario); contributi (Inps, Inail, Cassa integrazione guadagni); trattamento di fine rapporto; ferie; premio di risultato e benefit. […] Dato un certo salario, l’impresa esercita il suo calcolo di convenienza sul costo del lavoro, mentre il lavoratore lo esercita sulla retribuzione netta. […] L’impresa rapporta il costo del lavoro con la sua produttività, il lavoratore rapporta la retribuzione netta ai suoi bisogni economici e sociale e allo sforzo lavorativo richiesto.
agevole risalire alle cause di consumo di prodotti e quindi al reparto di provenienza o, se differente, al reparto di competenza.
Adottando, invece, l’approccio di considerazione del food & beverage come aggregazione di elementi non scindibili, il metodo di calcolo cambia poiché ai fini della sua determinazione si adotta una percentuale già predefinita e data dal rapporto tra il costo e il valore delle vendite a budget. È un approccio di tipo preventivo e impiegato per determinare:
- Food cost percentage: la percentuale d’incidenza del costo del cibo sul totale delle vendite, ossia:
𝐹𝑜𝑜𝑑 𝑐𝑜𝑠𝑡 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑛𝑡𝑎𝑔𝑒 =!"#$%! !""#!""# !"#$ 𝑥 100
- Beverage cost percentage: la percentuale d’incidenza del costo delle bevande sul totale delle vendite, ossia:
𝐵𝑒𝑣𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑡 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑛𝑡𝑎𝑔𝑒 =!"#$%! !"#"$%&"!"#"$%&" !"#$ 𝑥 100
La metodologia del calcolo in percentage è d’indubbia semplicità e intuibilità ma al contempo molto superficiale. Una gestione aziendale, affinchè sia efficace, necessita di un controllo meticoloso e dettagliato dei costi e dei ricavi e non può prescindere dalla conoscenza dell’imputazione di ognuno al proprio reparto di appartenenza.
Per contro, il calcolo in percentuale talvolta risulta essere la soluzione più idonea, grazie alla visione integrata che consente di possedere nel monitoraggio di un nuovo progetto o programma operativo.
Più complesso è invece il calcolo effettuato per determinare il prezzo di vendita. La variabile critica da considerare in questa casistica è il grado di lavorazione del piatto, ossia il grado di complessità richiesto per l’esecuzione di quest’ultimo e il tempo necessario a portarlo a termine.
Può essere utilizzato come moltiplicatore da applicare al costo delle materie prime, posto che debba essere suddiviso in differenti fasce di valore, da un minimo di 1,5 a un massimo di 6, a seconda della difficoltà ad esso associata.
Una volta effettuato questo calcolo, al fine di determinare il prezzo di vendita di un piatto è necessario tenere in considerazione il costo della manodopera, che La Federazione Italiana Cuochi ha recentemente decretato essere all’incirca 0,2065 € al minuto.
Al fine di semplificare la spiegazione proporrò un esempio46: Piatto: Zuppa di Cipolla
Costo materia prima: 0,50€ Grado di lavorazione: 3,3 0,50 x 3,3 = 1,65 €
Costi fissi imputati al piatto: supponendo un totale di CF di periodo pari a 19.646 € e un numero piatti venduti nel medesimo periodo pari a 9.400 €, si otterrà un valore pari a
18.500 : 9400 = 2,09 €
Costo manodopera al minuto: 0,2065 Tempo di lavorazione a porzione: 5’ Percentuale di ricarico: 30%
Zuppa di Cipolle 1,65 + 2,09 + 1,032 + 30% = 5,89 €
Prezzo di vendita: 6 € (arrotondato per eccesso).
Come si evince, il processo di determinazione dei costi del food, del beverage e del food & beverage presuppone l’esistenza di una buona base di informazioni e di una buona gestione delle stesse, che non può essere realizzata senza l’ausilio di un sistema di controllo volto al supporto del manager.
Tale è la ragione per cui si ricorre all’utilizzo di software ERP47, soluzioni in grado di facilitare i processi di acquisizione e memorizzazione di informazioni.
46 Fonte: www.chefmate.it