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Forme di commercializzazione alternative

Nel documento L'agricoltura nella Calabria in cifre. 2012 (pagine 157-163)

la DiVerSificazione Delle azienDe agricole in calabria La proposta del nuovo Regolamento per

2 Forme di commercializzazione alternative

La crescita di pratiche di commercializza- zione dei prodotti agroalimentari rappre- senta un percorso alternativo che, sep- pur ancora non competitivo rispetto alla diffusione e alla dimensione delle filiere convenzionali, va considerato con grande attenzione per diversi motivi:

- adesione dei produttori e consumatori a queste forme alternative di commercia- lizzazione;

- attenta valutazione delle implicazioni economiche, sociali ed ambientali di queste forme di commercializzazione su produttori e consumatori;

- le filiere corte sono entrate a far parte degli obiettivi prioritari della nuova pro- grammazione 2014-2020.

Pur nella consapevolezza della inaffidabili- tà dei dati sulla dimensione del fenomeno,

spesso informale, si ritiene opportuno ri- flettere su queste pratiche che rappresen- tano un segnale chiaro di alcuni segmenti di produttori e consumatori della volontà di rivolgersi a modalità di scambio guidate da logiche differenti rispetto a quelle che dominano il mercato convenzionale. Si ri- tiene altresì utile cominciare a discutere e riflettere su queste pratiche, che vanno sotto il nome di filiere corte, per riempire di contenuto la nuova programmazione 2014-2020 che prevede tra gli obiettivi pri- oritari questo fenomeno.

La Regione Calabria ha emanato un’apposi- ta Legge Regionale (L.R. n. 29 del 14 agosto 2008) al fine di regolamentare la materia, recante norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli regionali anche a “chilometro zero”. La legge regio- nale è rivolta agli imprenditori agricoli, ai consumatori, ai servizi di ristorazione col- lettiva e agli agriturismi ed è tesa ad incen- tivare e promuovere il rapporto diretto tra produttore e consumatore, a diminuire il

prezzo finale del prodotto, a valorizzare la qualità e le tradizioni agricole locali, a dif- fondere modelli di agricoltura e consumo ecosostenibili. Inoltre, la Legge regionale favorisce l’allestimento di mercati locali e di aree attrezzate attraverso protocolli di intesa e convenzioni con Comuni ed altri enti locali e dispone che l’utilizzo di pro- dotti a “chilometro zero” costituisca titolo preferenziale per l’aggiudicazione di appal- ti pubblici.

Di seguito una breve analisi delle diverse forme di commercializzazione.

2.1 I Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) Un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale) è un gruppo di persone che acquista all’ingros- so prodotti alimentari o di uso comune, da ridistribuire fra loro. Un gruppo d’acquisto diventa solidale nel momento in cui decide di utilizzare il concetto di solidarietà come criterio guida nella scelta dei prodotti, bio- logici o ecologici, realizzati rispettando le condizioni di lavoro e provenienti da picco- li produttori locali per avere la possibilità

di conoscerli direttamente e per ridurre l’inquinamento e lo spreco di energia deri- vanti dal trasporto.

In generale, si tratta di relazioni che na- scono dalla volontà di ritrovare un diverso equilibrio tra qualità e prezzo, ma che fini- scono per andare oltre perché esprimono valori che hanno un forte contenuto di socialità e di ripensamento del modello di organizzazione della produzione e della società. Accanto a forme che dispongono di una vera e propria struttura organiz- zativa, si contano iniziative spontanee e spesso informali e per questo difficili da rilevare.

La Regione Calabria ha promulgato la L.R. n. 23 del 18 luglio 2011, recante “Norme per il sostegno dei gruppi di acquisto soli- dale (GAS) e per la promozione dei prodotti alimentari della filiera corta e di qualità”. Nei principi (art. 1) e nelle finalità (art. 2) della citata Legge, la Regione Calabria rico- nosce e valorizza il consumo critico, con- sapevole e responsabile quale strumento

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di promozione della salute e del benessere dei cittadini, nonché incentiva i produttori locali e la diffusione dei prodotti di qualità. L’art. 3 definisce i gruppi di acquisto soli- dale come soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attivi- tà di acquisto collettivo di beni e distribu- zione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderen- ti, con finalità etiche, di solidarietà socia- le e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita.

2.2 I Farmers Market

I Farmers Market sono mercati ‘senza mercanti’, che accorciano la filiera in quanto permettono l’incontro diretto tra produttore e consumatore, e luoghi di con- vivialità, dove è possibile fermarsi, parlare, consumare un pasto e un bicchiere di vino in compagnia. In questa tipologia di mer- cati, fare la spesa non è più solo un atto “funzionale” ed alienante, ma un tempo

riconquistato al piacere e alla socialità. Gli obiettivi perseguiti dai Farmers’ Market possono riassumersi nei seguenti: - vendere i prodotti su scala locale; - riscoprire il rapporto con il proprio terri-

torio (tipicità);

- aprire anche alle “agricolture di fatto”: piccolissimi produttori, come chi coltiva per l’autoconsumo, ma periodicamente ha delle eccedenze da vendere;

- utilizzare tecniche biologiche di coltiva- zione dei prodotti;

- rispettare le stagionalità: i mercati con- tadini permettono di ritrovare immedia- tamente il senso delle stagioni, in quanto il prodotto coltivato fuori stagione richie- de consumi eccessivi di energia a causa del trasporto.

La L.R. n. 29 del 14 agosto 2008, art. 6, comma 3, recita che i Comuni nell’ambito del proprio territorio destinano aree per la realizzazione di Farmers’ Market. 2.3 Il progetto Campagna Amica e Slow Food

Si ritiene utile presentare quanto emerso da una nostra indagine che ha riguardato i seguenti punti vendita organizzati diretta- mente dai produttori:

- mercati, punti e botteghe attivati nell’ambito del progetto Campagna Ami- ca della Coldiretti (www.coldiretti.it); - mercati attivati da Slow Food (www.mer-

catidellaterra.it)

2.3.1 Il progetto Campagna Amica Il mercato di Campagna Amica è un merca- to degli agricoltori, cioè un mercato in cui i produttori agricoli vendono direttamente ai consumatori i propri prodotti. I merca- ti degli agricoltori possono essere gestiti direttamente da Comuni, organizzazioni professionali agricole, associazioni, ecc. Generalmente si svolgono periodicamente (uno o più giorni a settimana o al mese). I produttori agricoli che fanno capo a Col- diretti, e che aderiscono al Progetto Cam- pagna Amica, hanno scelto di uniformarsi ad un regolamento disciplinare volontario che prevede:

- che i produttori interessati ai mercati agricoli (Farmer’s Market) si associno per la realizzazione delle attività di ven- dita;

- che la vendita avvenga con un preciso con- trollo dei prezzi praticati (meno 30% sui prezzi giornalieri rilevati dal sistema SMS consumatori www.smsconsumatori.it); - che l’associazione per la gestione del

mercato controlli i requisiti di ciascun produttore.

Quando tutto questo viene applicato i pro- duttori possono utilizzare l’insegna “Mer- cato di Campagna Amica” ed i consumatori possono trovare all’ingresso del mercato la tabella con i prezzi praticati.

2.3.2 Il progetto Slow Food

Con la creazione dei Mercati della Terra in tutto il mondo, Slow Food sviluppa una rete attraverso la quale informazioni e risorse sono condivise, con la trasmissione di sto- rie ed esperienze per imparare gli uni dagli altri e dimostrare con i fatti quali sono i principi di Slow Food - una rete che lavora

dal livello locale a quello internazionale. Ciascun Mercato della Terra è una rete di per sé: di istituzioni, associazioni, cittadi- ni, ristoratori e produttori che collaborano nel creare e gestire il mercato. Gli obiettivi del mercato arrivano a includere la crea- zione di gruppi d’acquisto e il coinvolgi- mento delle mense collettive e scolastiche locali.

Le condotte di Slow Food, cioè le sedi locali, diffondono la filosofia Slow Food nel mondo e la rendono realtà. A seconda delle proprie inclinazioni e della propria immaginazione, ciascuna condotta organizza una serie di eventi che vanno dalle semplici cene e degustazioni, dove i soci si riuniscono per condividere la gioia quotidiana del cibo, alle visite ai produttori ed alle fattorie loca- li, alle conferenze e discussioni, ai festival cinematografici, ai corsi di educazione del gusto per bambini e adulti, alla promozione dei Mercati della Terra e ai gruppi d’acqui- sto solidali, e a molti altri eventi e progetti volti a far conoscere i cibi e i produttori

locali. I convivium creano reti fra tutti co- loro che sono interessati a una gastrono- mia per cui mangiare è un atto agricolo e produrre un atto gastronomico.

In Italia i Presìdi Slow Food sono identifi- cati dal marchio “Presidio Slow Food” che viene riportato sulle etichette dei prodotti al fine di identificarli meglio sul mercato.

3 Agricoltura sociale

L’agricoltura sociale, che declina il para- digma della multifunzionalità, rappresenta una tematica molto complessa per vari motivi:

• permette di raggiungere diversi obiettivi sia a livello aziendale che territoriale (nuo- ve opportunità occupazionali, nuove forme di competitività aziendale e territoriale, nuove governance più rappresentative, nuove forme di welfare, qualità della vita, sviluppo sostenibile e solidale, inclusione sociale);

• racchiude diverse forme di attività a valere su diversi settori (ambiente, sanità, servizi sociali, educazione e formazione);

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• comprende diversi beneficiari (imprese agricole, società agricole, cooperative sociali di tipo B) e diversi destinatari (territorio, anziani, donne, bambini, sco- laresche, soggetti con svantaggi fisici e sociali);

• richiede un aumento della densità delle relazioni tra soggetti (ASL, distretti sco- lastici, Enti di ricerca, Enti locali, opera- tori socio-sanitari, Associazioni, ecc.). In Calabria non si sono ancora sviluppate appieno esperienze di aziende agricole che declinano la multifunzionalità con le at- tività di carattere sociale. Ma dando uno sguardo a quello che succede in Europa, o in altre parti del nostro paese, il mondo dell’agricoltura sociale è un’opportunità per affrontare la competitività aziendale valorizzando le risorse interne e connet- tendo le attività produttive al territorio. Seppur con modalità ed intensità diverse, spesso informali, non assimilabili ad altre aree del paese, si rileva, negli ultimi anni, una crescita delle aziende agricole che pra-

ticano agricoltura sociale. Sull’entità del fenomeno non esistono dati ufficiali, tutta- via, in Calabria, le aziende che praticano agricoltura sociale, ancora poco nota e conosciuta ai più, sono poche, spesso invi- sibili alle statistiche ufficiali e alle politiche di sviluppo e incapaci di creare relazioni formali e codificate con le istituzioni e il territorio.

Le aziende agricole che praticano agricol- tura sociale presentano un discreto dina- mismo ed innovazione, seppur ancora pun- tiforme, frammentato e disorganico, circa la produzione di beni pubblici in campo sociale. La peculiarità calabrese dell’agri- coltura sociale muove, da un lato, da forti spinte ideali che caratterizzano il rapporto tra agricoltura, società e natura nel privi- legiare la sostenibilità economica, sociale ed ambientale, nonché per facilitare le attività terapeutiche o d’inclusione socio- lavorativa mediante l’uso dell’agricoltu- ra, e, dall’altro è indubbiamente il frutto imitativo dell’emergere di queste pratiche

innovative e concrete in altre aree, quali la Toscana.

Anche in Calabria le aziende agricole pre- sentano un’attività che comprende una serie di pratiche virtuose caratterizzate da una predominanza delle attività ad alta intensità di lavoro e tendenzialmente rivolte all’utilizzo di metodi di produzione biologica, al ricorso alla filiera corta e/o a rapporti di reti informali di commercializ- zazione, alla tutela dell’ambiente, accanto a percorsi di riabilitazione e cura per per- sone con disabilità con l’ausilio di onotera- pia, al reinserimento sociale di disabili e/o fasce deboli e/o svantaggiate a basso po- tere contrattuale e a rischio di emargina- zione, alle esperienze nelle terre confiscate alla mafia, al turismo verde, a laboratori di animazione, al superamento della frattura tra contesti rurali ed urbani fino all’inte- grazione tra settori (agricoltura, ambien- te, servizi socio-sanitari, formazione). Sempre più aziende stanno sviluppando forme produttive alternative di diversifica-

zione e multifunzionalità dell’attività agri- cola con lo sforzo di recuperare un modo diverso di “fare agricoltura” e di “fare società”.

Recentemente diverse aziende, spesso agrituristiche, hanno caratterizzato la loro formula di offerta con attività di- dattiche rivolte preferibilmente ai ra- gazzi delle scuole elementari e medie, la c.d. fattoria didattica. Questa forma di diversificazione delle attività aziendali ha portato alla riscoperta, soprattutto nelle giovani generazioni, delle tradizio-

ni e dei prodotti locali.

Accanto a tali scelte soggettive e/o imi- tative, un ruolo certamente non indif- ferente è stato svolto dalla produzione legislativa che ha dato vita ad un pro- fondo ripensamento dell’intervento pub- blico comunitario, nazionale e regiona- le. I presupposti dell’agricoltura sociale sono rintracciabili nel decreto legisla- tivo n. 228/2001 (la cosiddetta Legge di orientamento per l’agricoltura che ha aggiornato i requisiti dell’imprendi- tore agricolo), nel regolamento comu-

nitario sullo sviluppo rurale del 2005, e dal successivo riconoscimento di tale attività nel Piano Strategico Nazionale e nel Piano di Sviluppo Rurale 2007- 2013 della Regione Calabria (azione 2, recante “Creazione e consolidamento di imprese agricole multifunzionali in- novative quali fattorie sociali, fattorie didattiche, fattorie creative e eco-fatto- rie”, – Misura 311 – Asse 3), nonché dalla L.R. n. 14 del 30 aprile 2009 che disciplina, tra gli altri, anche l’esercizio di tale pratica in Calabria.

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