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2.4 La nascita dell’algebra

2.4.3 François Viète

François Viète (1540-1603) è la figura centrale del periodo di transizione della matematica dal Rinascimento all’epoca moderna: nella sua opera è evidente il mescolarsi dei due fattori di cui parlavamo in precedenza, il recupero della matematica classica greca e lo sviluppo del calcolo algebrico avvenuto durante Medioevo e Rinascimento. Il merito di Viète è aver unito nel suo lavoro la matematica classica greca e i risultati della scuola d’abaco, introducendo da una parte un livello d’astrazione diverso da quello della matematica greca, legando la costruzione di grandezze geometriche a operazioni aritmetiche, e ponendo, dall’altra, la matematica a un livello di generalità più alto rispetto alla cultura dell’abaco.

Viète, ispirato dalla lettura di Pappo e Diofanto inventa uno strumento completamente nuovo, l’ars analytica. La grande innovazione di Viète è introdurre lettere per indicare i coefficienti un calcolo simbolico letterale e nell’applicare questo nuovo strumento ai problemi di geometrica. I problemi di geoemetria che Viète tratta tuttavia sono tutti di tipo determinato, in cui

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si richiede di trovare uno o due punti che soddisfano certe condizioni, anche se Viète applica la sua ars anche allo studio di Diofanto, affrontando anche equazioni indeterminate in più incognite.

2.4.3.1 L’ars analytica

Nel 1591 Viète pubblica a Tours In artem analyticem isagoge, il primo di una serie di trattati contenenti un nuovo sistema di algebra simbolica Questo nuovo sistema si chiama ars analytica ed è una sorta di traduzione in termini algebrici delle tecniche analitiche dei geometri greci.

Viète identifica l’analisi geometrica greca con l’algebra. La sua interpreta- zione è dovuta a un motivo preciso: l’algebra lega una o più quantità incognite con quantità note attraverso un’equazione e opera su tale equazione come se tutte le quantità fossero ugualmente note. L’obiettivo è esprimere le quantità ignote come combinazione tramite operazioni aritmetiche delle quantità note. In problemi in cui compare una quantità ignota, invece di procedere da ciò che è noto a ciò che è da dimostrare, si parte dall’assunzione che l’incognita sia data e se ne deduce una conclusione necessaria, dalla quale è possibile determinare l’incognita. Secondo Viète, questo procedimento corrisponde a ciò che i greci hanno descritto come analisi.

Esempio 2.4.2. In termini moderni, se vogliamo risolvere l’equazione: x2− 3x + 2 = 0,

procediamo assumendo che esista un valore di x che soddisfa l’equazione. Da questa assuzione traiamo la condizione necessaria che:

(x − 2)(x − 1) = 0 ⇒ x = 2 oppure x = 1. Pertanto x è necessariamente 2 o 1.

Per poter affermare che uno di questi valori o entrambi soddisfano l’equa- zione è necessario rifare il ragionamento in senso inverso, cioè svolgere la dimostrazione sintetica, in questo caso sostituendo i valori nell’equazione e mostrare che soddisfano l’uguaglianza.

In artem analyticem isagoge si apre con una discussione sull’analisi che riprende la distinzione tra analisi e sintesi esposta da Pappo all’inizio del Libro VII e descrive i tipi di analisi7.

Est veritatis inquirendam via quaedam in Mathematics, quam Platus primus invenisse dicitur, à Theone nominata Analysis, et

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ab eodem definita, Adsumptio quaesiti tanquam concessi per con- sequentia ad verum concessum. Ut contrà Synthesis, Adsumptio concessi per consequentia ad quaesiti finem et comprehensionem. Et quanquam veteres duplicem tantùm proposuerunt Analysin ζη- τητιχιω o ποριςιχιω, ad quas definitio Theonis maximè pertinet, consituti tamen etiam tertiam specieme, quae dicatur ρηπχηηεξη- γηπχη, consentaneum est, ut sit Zetetice quâ invenitur aequalitas proportione magnitudinis, de quâ quaeritur, cum iis quae data sun. Poristice, quâ de aequalitate vel proportione ordinati Theorematis veritas examinatur. Exegetice, quâ ex ordinata aequalitate vel pro- portione ipsa de qua quaeritur exhibetur maginitudo. Atque adeò tota ars Analytice triplex illud sici vendicans officium definiatur, Doctrina bene inveniendi in Mathematicis8.

Viète altera il significato dei termini classici di analisi dei teoremi e analisi dei problemi, che chiama rispettivamente «zetetica» e «poristica». Secondo quanto scrive:

• attraverso la zetetica si trova l’equazione o il rapporto che lega ciò che è da trovare con ciò che è dato, cioè la zetetica è la procedura con cui un problema si traduce in un’equazione algebrica;

• attraverso la poristica si esamina la verità del teorema sull’equazione o sul rapporto, cioè la poristica è la procedura con cui la validità di un’equazione è confermata.

Inoltre aggiunge un terzo tipo di analisi, quella «exegetice9», in cui «ex ordi-

nata aequalitate vel proportione ipsa de qua quaeritur exhibetur maginitudo10»,

8C’è in matematica una via per indagare, dopo che si è arrivati alla verità, cosa c’è

stato prima, inventato da Platone e chiamata Analisi da Teone e da lui definita come «l’assunzione di ciò che è cercato come se fosse assunto [arrivo] attraverso le conseguenze a qualcosa che ammesso come vero. Opposta a essa c’è la Sintesi, «l’assunzione di qualcosa che è ammesso e l’arrivo attraverso le conseguenze allo scopo e alla comprensione della cosa cercata. E sebbene gli Antichi abbiano proposto soltanto due forme di analisi, «zetetica» e «poristica», ai quali si applica nella maggior parte dei casi la definizione di Teone, ho fondato un terzo tipo, chiamato «rhetica» o «exegetica». Come è conforme, la «zetetica» è quella attraverso cui si trova l’uguaglianza o il rapporto della grandezza cercata con [le grandezze] che sono date. Poristica è quella attraverso cui è esaminata la verità di un teorema stabilito che concerne l’uguaglianza o il rapporto. Exegetica è quella attraverso cui la grandezza cercata è derivata dall’uguaglianza o dal rapporto stabilito. E pertanto la triplice arte dell’analisi che adempie a questo ruolo dovrebbe essere definita come la dottrina del trovare bene in matematica.

9exegetica

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cioè la procedura con cui si risolve l’equazione ricavata tramite la ze- tetica. Questa frase descrive a parola esattamente il procedimento algebrico di soluzione di un’equazione: l’analisi è diventata algebra.

Si può intravedere un parallelo con i tipi di analisi citati da Pappo: l’ana- lisi «zetetica» (la procedura di traduzione di un problema in un’equazione) potrebbe corrispondere all’analisi teorematica, l’analisi «poristica» (la proce- dura con cui si conferma la validità di un’equazione) potrebbe corrisponedere all’analisi di problemi.

Pappo Viète Analisi

teorematica zetetica di teoremi problematica poristica di problemi

- exegetica che risolve l’equazione Figura 2.1: L’analisi di Pappo e l’analisi di Viète

Per questa corrispondenza con l’analisi e sintesi dei greci, Viète chiama il ragionamento ars analytica.

Il progresso nel campo dell’algebra di gran lunga più significativo è l’introdu- zione di un migliore simbolismo. A questo proposito, una delle innovazioni fondamentali dovute a Viète è l’introduzione di una forma totalmente nuova di simbolismo, che ricorre a una convenzione semplice: le grandezze incogni- te sono indicate con le vocali e quelle note o date con le consonanti. Per la prima volta nella storia dell’algebra si ha la distinzione tra parametro e incognita11.

La scelta di questo simbolismo permette a Viète di allontanarsi dallo stile espositivo verbale e legato a esempi, portando a tre importanti conseguenze. 1. La più immediata è la possibilità di trattare i dati del problema come

parametri e quindi di trattare il problema come generale.

2. Usare i parametri impedisce di eseguire effettivamente i calcoli, come si farebbe con i numeri, e pone l’attenzione sulla procedura con cui si ottiene la soluzione, più che sul risultato stesso. Si intuisce che al posto dei parametri possono essere sostituiti non solo numeri, ma anche altre quantità per le quali sono definite le operazioni combinatorie (per esempio le grandezze geometriche).

11Nonostante questo importante passo, l’algebra di Viète è ancora più sincopata che

simbolica: a parte usare i simboli per addizione e sottrazione e distinguere tra parametri e incognite, usa ancora espressioni verbali e abbreviazioni. Per esempio, la terza potenza dell’incognita A non è indicata né con A3 né con AAA, ma con A cubus.