• Non ci sono risultati.

Modi diversi di concepire la matematica

3. La soluzione simbolica delle soluzioni porta l’attenzione sulla struttura della soluzione e quindi dell’equazione, portando alla luce relazioni tra i parametri dell’equazione e le sue soluzioni.

L’algebra rende visivi i processi della mente, per questo soddisfa a due desiderata:

• permette al matematico di ripercorrere i suoi passi e presentare una sintesi rigorosa;

• mostra al lettore, immaginato come uno studente, il cammino della scoperta (un lettore che vede come il risultato è stato raggiunto capisce meglio di uno che ce l’ha in forma di dimostrazione sintetica).

Dove i greci (secondo gli algebristi del XVI secolo) hanno spazzato via tutte le tracce dei loro percorsi di scoperta, allo scopo di mantenere l’eleganza, gli algebristi non solo le lasciano, ma le rendono centrali nei loro trattati.

Grazie all’introduzione del simbolismo, Viète si rende conto che l’inco- gnita non è necessariamente un numero o un segmento geometrico e che l’algebra ragiona intorno a “tipi” o specie: per questo contrappone l’algebra, la «logistica speciosa», al calcolo con i numeri, la «logistica numerosa».

Lo sviluppo dell’ars analytica passa attraverso il recupero e la successiva traduzione in veste algebrica dei testi del dominio dell’analisi. La fonte primaria di analisi geometrica è la Collezione di Pappo, come spiegato nel capitolo 1. Dal momento che la maggior parte delle opere citate da Pappo sono perdute, il primo compito che la nuova scuola di analisti deve affrontare è dunque la ricostruzione nel modo più fedele possibile dei testi perduti della matematica classica. Una volta che le opere che costituiscono il dominio dell’analisi siano state recuperate, il secondo compito è tradurne il contenuto geometrico nel linguaggio dell’ars analytica.

2.5

Modi diversi di concepire la matematica

All’epoca di Fermat non esiste ancora una disciplina unificata della matema- tica: fare matematica significa cose diverse per persone diverse. Di conse- guenza tra chi pratica matematica in quel periodo non c’è accordo su cosa sia “corretto” e cosa no. In quel periodo, infatti, non solo non esistono ancora matematici professionisti, ma non esistono nemmeno degli standard a cui gli amatori della materia possano attenersi.

30 CAPITOLO 2. LA MATEMATICA DEL XVII SECOLO

Alla fine del XVII secolo, la matematica comprende dunque un variegato insieme di correnti e gruppi di uomini. Queste persone non sempre vengono da un ambiente comune e spesso sono in disaccordo profondo su cosa sia o debba essere la matematica, sugli scopi e gli obiettivi che ci si dovrebbero porre nel suo studio, sui problemi da investigare.

Capitolo 3

Pierre de Fermat

Pierre de Fermat è francese: nasce in Linguadoca1, figlio di un ricco mercante

di cuoio nel 1601 e muore a Castres2 nel 1665. Per tutta la vita vive nella città di Tolosa3 dove svolge l’attività di magistrato, dedicandosi agli studi

matematici nel tempo libero.

Durante l’intero arco della sua vita, Fermat consegue una serie di risultati matematici che lo rendono una delle menti più brillanti del suo tempo e della storia della matematica.

Nei suoi studi spazia tra diversi campi della matematica. In geometria arriva, contemporaneamente a Cartesio (e in maniera indipendente), ai fon- damenti della geometria analitica ed elabora un metodo per la determinazione delle tangenti a una curva data. Getta le basi per la fondazione del calcolo delle probabilità e nei suoi studi di ottica enuncia il principio di Fermat del- la rifrazione4. Fonda la moderna teoria dei numeri ed enuncia un teorema

che lo renderà famoso: di tale risultato scrive solo l’enunciato, sostenendo che la dimostrazione è troppo lunga per poter stare nei margini dell’edizione dell’Aritmetica di Diofanto su cui ha appuntato il risultato. Il teorema, in effetti, sarà dimostrato solo nel 1995, Andrew Wiles, utilizzando strumenti che in effetti non erano noti all’epoca di Fermat.

1Una regione della Francia meridionale. Oggi corrisponde alle regioni francesi del Midi-

Pyrénées e della Languedoc-Roussiglion (confluite nella regione dell’Occitania nel 2016.

2Comune della Linguadoca, a circa 70 km da Tolosa, dove Fermat studia. 3Sede del Parlamento territoriale di Tolosa, istituito nel 1420 dal deflino Carlo. 4Il percorso fra due punti preso da un raggio di luce è quello che è attraversato nel

minor tempo.

32 CAPITOLO 3. PIERRE DE FERMAT

3.1

La carriera da magistrato

Fermat studia legge all’Università di Tolosa. Dopo una pausa dagli studi trascorsa a Bordeaux, passa all’Università di Orléans, dove si laurea in diritto nel 1631. Nel frattempo compra la carica di Conseiller au Parlament de Toulouse e di Commissaire aux Requêtes du Palais5 dalla vedova di un tal

Pierre de Carrière, prendendone il posto. Dunque, poco dopo la laurea, fa il suo ingresso al Parlamento di Tolosa.

Nel 1648 viene incaricato di presiedere una riunione della Chambre de l’Édit6. È nello stesso anno che accade un fatto degno di menzione: come

portavoce del Parlamento di Tolosa, presenta al Cancelliere Pierre Séguier un memoriale in cui spiega che il Parlamento ha stabilito di bloccare la ri- scossione delle tasse nell’Aquitania, regione sotto l’autorità del Parlamento di Bordeaux. Lo scopo dell’editto è «mantenere la calma» nella popolazione, a cui è richiesto di versare imposte sempre più alte e che è poco propensa a pagare, dopo la diffusione della notizia che il Re ha accordato notevoli sgravi fiscali. Non sappiamo nulla sulle reazioni alle proposte di Fermat, né sul per- ché Fermat si occupi di questioni che vanno oltre la competenza territoriale del Parlamento di Tolosa. Nel 1652 Fermat entra a far parte della Corte Criminale, arrivando ai vertici delle istituzioni.

Nonostante i suoi avanzamenti di carriera, pare che Fermat non mostri grandi abilità. Si ipotizza che la moria causata dalle pestilenze del periodo aiuti la sua carriera: in istituzioni in cui le promozioni dipendono dall’anzia- nità, l’età è un vantaggio quando è necessario sostituire funzionari decimati dalla peste.

3.2

La matematica

Non c’è dubbio che Fermat sia una delle menti matematiche più brillanti della sua epoca e della storia della matematica. Non si può, d’altra parte, negare che sia anche una delle personalità più peculiari che abbia visto la matematica moderna.

Passa quasi tutta la sua vita nella città di Tolosa e mantiene un contatto solamente epistolare con la comunità matematica parigina. Promette spesso di passare un periodo a Parigi per unirsi alla comunità e dare gli ultimi ritoc- chi alle sue scoperte, ma non lo farà mai. La riluttanza, anzi, per meglio dire il totale rifiuto a pubblicare le sue opere, il suo stile sintetico, l’indifferenza

5La Chambre des Requêtes è la più bassa tra le camere del Parlamento.

6La Chambre de l’Édit di Castres è una delle commissioni previste dall’Editto di Nantes

3.2. LA MATEMATICA 33

verso i dettagli e le dimostrazioni formali, il gusto nel lanciare sfide ai colle- ghi tratteggiano un personaggio fuori dagli schemi della comunità scientifica dell’epoca.

Le parole conclusive dell’Isagoge rivelano i principi della nuova scuola al- gebrica e analitica: secondo Fermat, la matematica è un’arte in evoluzione e la crescita della matematica rivela la crescita del pensiero. La matemati- ca non serve soltanto a risolvere problemi, ma anche a mostrare i processi nascosti della mente.

Se questa scoperta avesse preceduto i due libri dei Luoghi piani da noi da poco restaurati, le costruzioni dei teoremi dei luoghi sarebbero risultate molto più eleganti.Tuttavia, non ci lamentiamo di questo testo, per quanto precoce e immaturo. Vi è in effetti per la scienza un certo interesse a non privare la posterità di lavori ancora informi di spirito; l’opera, dapprima semplice e grezza, si fortifica e cresce con nuove invenzioni. È importante per lo stesso studio poter contemplare pienamente i progressi nascosti dello spirito e lo sviluppo spontaneo dell’arte. (OF.I pag. 103)

3.2.1

La formazione

Non abbiamo notizie riguardo la formazione matematica di Fermat. Abbia- mo accennato in precedenza che verso la fine degli anni Venti prende una pausa dagli studi giuridici, passando qualche anno nella città di Bordeaux. È possibile che in quel periodo si siano intensificate le sue ricerche in ambito matematico: là infatti conosce e stringe amicizia con Ètienne d’Espagnet7,

nella cui biblioteca sono custoditi alcuni manoscritti di François Viète, il padre dell’algebra moderna. Grazie ai favori di d’Espagnet, Fermat studia i lavori di Viète. In quegli anni alcuni discepoli di Viète lavorano a un’edizione degli scritti del maestro8. Tra questi c’è anche Jean de Beaugrand9, che nel 1631 a Parigi pubblica insieme a padre Marin Mersenne10 alcune opere di

Viète.

7Ètienne d’Espagnet è figlio di Jean, magistrato francese amico di Viète.

8Solo nel 1646 gli scritti di Viète sono finalmente pubblicati da Frans Van Schooten

(1615-1660).

9Jean de Beaugrand (1596-1640) è un matematico francese, membro dell’accademia

di padre Mersenne. Si dice che de Beaugrand sia stato un allievo di Viète, ma siccome questo è morto nel 1603, l’unica possibilità è che l’educazione ricevuta da Beaugrand si sia limitata ai primissimi anni.

10Padre Marin Mersenne (1588-1648) è un teologo, filosofo e matematico francese. Ha

un’estesa corrispondenza con le personalità scientifiche e matematiche dell’epoca, tra cui Fermat e Descartes.

34 CAPITOLO 3. PIERRE DE FERMAT

Sembra che de Beaugrand entri in contatto epistolare con Fermat intorno al 1630. De Beaugrand è di qualche anno più grande di Fermat ed è possibile che ne sia stato una sorta di maestro e protettore: Fermat invia a lui per primo molti dei suoi lavori. D’altra parte de Beaugrand spesso si fa promo- tore delle ricerche di Fermat. Nel 1638 tuttavia iniziano a emergere i primi contrasti. In particolare, è a causa di de Beaugrand che scoppia la polemica tra Fermat e Descartes11.

Aiutato dalla sua ottima padronanza delle lingue classiche, Fermat inizia a studiare i testi dei matematici greci e a provare la ricostruzione razionale di alcuni dei testi che Pappo ha elencato nel libro VII della Collezione. Sempre in quel periodo pare che Fermat entri in possesso dell’Aritmetica di Diofanto, in una traduzione latina (proprio quella copia sui cui margini, pochi anni dopo, non troverà lo spazio sufficiente a scrivere la dimostrazione della sua congettura).

Di ritorno a Tolosa nel 1631, Fermat conosce Pierre de Carcavi12, con-

sigliere del Paralmento di Tolosa dal 1631 al 1634. Con de Carcavi Fermat condivide gli obblighi di parlamentare ma, soprattutto, la passione per la matematica. Nel 1636 de Carcavi viene chiamato a Parigi e diventa Biblio- thécaire du Roi. A Parigi, de Carcavi entra in contatto con la comunità di matematici raccolta da padre Mersenne. Grazie alla mediazione di Carcavi, nell’aprile 1636 Fermat inizia un carteggio con Mersenne e gli altri esponenti di quel circolo di studiosi e matematici, impegnati a discutere le più dispa- rate questioni matematiche, sfidandosi vicendevolmente, secondo il canone della disputa rinascimentale. Fermat partecipa attivamente a queste discus- sioni, di solito sollevando un problema di cui sostiene di avere la soluzione, e sfidando il destinatario a trovare la propria, per confrontarla con la sua.

3.2.2

Le influenze

Il lavoro di Fermat è molto influenzato dall’opera del matematico francese François Viète, di cui abbiamo parlato nel paragrafo 2.4.3. Fermat aderisce al suo programma di ricerca e ne assimila il formalismo e gli strumenti analitici che usa per tutta la sua ricerca. È nella tradizione viètiana di recupero e traduzione dell’analisi greca nella nuova ars analytica che si inserisce la restituizione di Fermat dei Luoghi piani di Apollonio.

11La disputa tra Fermat e Descartes ha luogo tra il 1637 e l’inizio del 1638. Ne parleremo

nel paragrafo3.2.3.

12Pierre de Carcavi (1603-1684), segretario della biblioteca reale sotto Luigi XIV e

3.2. LA MATEMATICA 35

Fermat eredita da Viète un sistema algebrico piuttosto sofisticato, che include una teoria delle equazioni e un programma di ricerca. Ma il sistema elaborato da Viète non è privo di inconvenienti.

Il concetto di numero che ha Viète è limitato e lo costringe a considerare solo parametri positivi, cosa che provoca una proliferazione di casi parti- colari di equazioni canoniche e di tecniche risolutive che, con nomi diversi, presentano sostanzialmente la stessa tecnica.

Fermat è consapevole di questi limiti e, sebbene riconosca l’essenziale unità dei metodi di Viète, nei suoi lavori non altera o abbandona questa terminologia. La scelta di aderire alla notazione di Viète pone Fermat in svantaggio rispetto al rivale Descartes, che ha uno stile di esposizione più chiaro e semplice. Anche quando la padronanza di Fermat sulla teoria del- le equazioni uguaglia o supera quella di Descartes, l’uso della notazione e della terminologia dell’ars analytica impedisce ad altri, abituati al model- lo cartesiano, di apprezzare i suoi risultati e ne diminuisce la possibilità di diffusione.

L’aderenza di Fermat al programma di Viète spiega anche l’apparente pigrizia di Fermat nel dare i tocchi finali alle sue dimostrazioni, chiudendo spesso con un laconico «et facilis est compositio»: la sintesi è facile, e pertanto omissibile. Gli scritti di Viète forniscono, secondo Fermat, una sufficiente giustificazione dei metodi da lui usati. Infatti, per Viète, le fondamenta dell’ars analytica risiedono nell’invertibilità di uguaglianze e sostituzioni, dunque l’algebra da sola è sufficiente a garantire la correttezza di un risultato. Poiché tutte queste inferenze sono bicondizionali, basta rovesciare l’ordine per ottenere la sintesi. L’ars analytica non solo fornisce la soluzione di un problema, ma anche la costruzione con cui ottenerla.

3.2.3

La produzione matematica

La professione di Fermat non è la matematica, ma la magistratura: Fermat si dedica alla matematica nel tempo libero che la sua attività politica e amministrativa gli consentono.

Fermat inizia a produrre i primi risultati già intorno al 1629: secondo quanto scrive nella sua corrispondenza, è in quel periodo che ha una prima versione del recupero dei Luoghi piani di Apollonio.

I primi lavori compiuti di Fermat riguardano la geometria: nel 1636 con- clude il recupero dei Luoghi piani Apollonio (Apollonii Pergaei libri duo de locis planis restituti13) e prepara l’Ad locos planos et solidos isagoge14,

13OF.I, pag. 3 14OF.I, pag. 91

36 CAPITOLO 3. PIERRE DE FERMAT

che contiene il nuovo approccio algebrico allo studio delle curve e inizia a occuparsi di teoria dei numeri, studiando l’Aritmetica di Diofanto.

È inoltre in quello stesso periodo che dichiara di aver elaborato un me- todo per la determinazione di massimi e minimi che può essere applicato al problema delle tangenti e allo studio dei baricentri. Solo nel 1637, in seguito alle pressioni dei colleghi, stende una memoria che contiene la spiegazione di questo metodo (Methodus ad disquirendam maximam et minimam et de tangentibus linearum curvarum15). In quello stesso anno spedisce la memo-

ria, la ricostruzione dei Luoghi piani e l’Isagoge a Parigi. Nello stesso periodo prova a estendere i risultati ottenuti nell’Isagoge a figure tridimensionali e scrive Ad locos ad superficiem isagoge16, che invia a Carcavi nel 1643.

La fama di Fermat si estende e arriva in Italia (a Torricelli, Ricci, Cavalieri e Galileo) e in Olanda (a Franz Van Schooten). Tuttavia l’abitudine di Fermat di mandare i propri risultati un pezzo alla volta e in forma di sfida comincia presto ad annoiare alcuni dei matematici con cui è in contatto. Spesso hanno l’impressione che Fermat ignori regolarmente le loro richieste di maggiori dettagli: lo accusano di porre problemi impossibili. Fermat replica fornendo le sue soluzioni, ma non il modo in cui vi è giunto, il che non aiuta a distendere la situazione. C’è un’incomprensione di fondo in questi scambi tesi: Fermat cerca dai suoi corrispondenti nuovi problemi e nuove risposte a problemi già risolti ma il poco aiuto ricevuto dai colleghi rende faticoso a Fermat afferrare la novità dei propri risultati.

Tra il 1637 e il 1638 Fermat viene, suo malgrado, coinvolto in una delle dispute più famose della storia della matematica: la disputa con Descartes a proposito del metodo dei massimi e dei minimi. Il contrasto nasce da una critica di Fermat alla Diottrica di Descartes, che provoca un’aspra reazione del suo autore, soprattutto a causa del fatto che Fermat ha avuto accesso a delle bozze del lavoro, prima della pubblicazione. La situazione peggiora quando, appena prima della pubblicazione del Discorso del metodo, Descar- tes si imbatte nell’Isagoge e nel metodo dei massimi e minimi: Descartes non perde occasione di rendere la critica all’avversario e accusa Fermat di presentare metodi non generali che si adattano solo a risultati specifici e di essere niente di più che un risolutore di problemi, non certo un matematico17.

Tra la fine degli anni 1630 e l’inizio degli anni 1640 Fermat si dedica alla ricerca nell’ambito della teoria delle equazioni, conducendo un’indagine approfondita sul legame tra le procedure di riduzione algebrica e i metodi di risoluzione grafica delle equazioni. Questa indagine porta a trasformare

15OF.I, pag. 133 16OF.I, pag. 111

17Su cosa significasse essere un matematico all’epoca di Descartes e Fermat si veda il

3.3. LO STILE MATEMATICO 37

una breve appendice all’Isagoge in un trattato, la Dissertatio tripartita18, il cui argomento è la classificazione di curve ed equazioni. Sempre in quegli anni, Fermat arriva a un trattamento sistematico delle equazioni “singole” e “doppie” impiegate da Diofanto nell’Aritmetica.

Nel 1643 l’attività matematica di Fermat subisce un rallentamento a causa degli impegni amministrativi che lo assorbiranno negli anni successivi e lavora in un quasi totale isolamento. Non si ferma però del tutto la sua ricerca, che prosegue con la teoria dei numeri, la sua disciplina preferita. Sono di questo periodo molte delle sue osservazioni su Diofanto, appuntate sulla sua copia dell’Aritmetica.

Nel 1654 Fermat intraprende per un breve periodo un serrato scambio epistolare con Blaise Pascal, che la maggioranza degli studiosi ritiene ponga le fondamenta del calcolo delle probabilità. Continua a proporre le sue sfide ai matematici europei, specialmente inglesi, ma spesso le proposte di soluzione vengono mandate indietro da Fermat perché non soddisfano i suoi criteri, generando così malcoltenti e dispute. Nessuno dei suoi interlocutori condivide con Fermat l’entusiasmo per la teoria dei numeri.

La corrispondenza degli ultimi anni riguarda principalmente l’ottica: nel 1662 invia due testi, Analysis ad refractionem e Synthesis ad refractionem, e sarà l’ultima lettera di argomento scientifico del matematico.

3.3

Lo stile matematico

Il comportamento di Fermat come matematico è curioso: rifiuta costante- mente a rivedere e pubblicare i suoi risultati e non permette di farli uscire a stampa con il suo nome, pone molte enfasi sulla risoluzione dei problemi, manca di attenzione ai dettagli, quasi non fornisce prove, non rispetterà mai la promessa di approfondire o dare una forma conclusiva ai suoi lavori e ha uno stile di presentazione a dir poco laconico19. Pubblicare sarebbe come trasformare un rifugio in un altro campo di battaglia, significherebbe essere obblicati a dare il tocco finale a dei risultati che hanno ormai perso il loro interesse e senso della sfida, gareggiare con gli altri matematici davanti a un largo pubblico.

18De solutione problematum geometricarum per curvas simplicissimas et unicuique

problematum generi proprie convenientes dissertatio tripartita, OFI, pag. da 118 a 131.

19Nei capitoli seguenti citeremo diversi passaggi in cui Fermat svicola sui dettagli e omet-

te intere parti dimostrative. È comune nei suoi scritti trovare espressioni come «non indu- geremo oltre nei diversi casi, che possono essere dedotti con poco sforzo», «come è evidente», «la sintesi è facile».

38 CAPITOLO 3. PIERRE DE FERMAT

La sua riluttanza a pubblicare e muoversi da Tolosa possano dare l’im- pressione che Fermat faccia matematica per se stesso, ma non è così: sente il bisogno di condividere i suoi risultati con la comunità e ricevere dagli altri ap- provazione e ammirazione. La circolazione dei suoi risultati tramite lettera, grazie alla corrispondenza gestita da padre Mersenne, è un buon compromes- so: permette la gratificazione dell’approvazione e della fama, ma allo stesso tempo evita un pieno impegno e la responsabilità dati dalla pubblicazione. Condividere i suoi risultati per corrispondenza permette a Fermat di sparpa- gliare i risultati senza sistematicità, evitandogli la fatica di mettere a punto gli ultimi dettagli. Gli permette inoltre di mostrare lavori ancora in progress, di lasciar cadere un argomento e riprenderlo in seguito. Prendere l’impegno