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Francia, Regno Unito e Germania tra approvvigonamento e sicurezza energetica

1 Geopolitica ed energia

2.3 Francia, Regno Unito e Germania tra approvvigonamento e sicurezza energetica

Francia

La Francia è il secondo consumatore di energia dell’Ue, con un fabbisogno annuo di oltre 250 milioni di tonnellate di petrolio74. La struttura dei consumi è fortemente influenzata dalla presenza di centrali nucleari. Fin dagli anni Cinquanta i governi francesi, decisero di investire nel nucleare per scopi bellici ma le crisi energetiche degli anni Settanta spinsero ad utilizzare le centrali per la produzione di energia elettrica. Ad oggi cinquantotto reattori, suddivisi in diciannove impianti nucleari, producono il 76% dell’elettricità consumata in Francia, oltre a consentire una cospicua esportazione in tutta Europa.

La Francia disponde di riserve di idrocarburi molto limitate; inoltre, anche la produzione interna di carbone è modesta e non ha mai conosciuto uno sviluppo tale da ridurre le importazioni. Senza il nucleare la Francia sarebbe totalmente dipendente dalle forniture estere e se analizziamo i dati degli anni Ottanta osserviamo come Parigi aveva un livello di dipendenza pari al 68% contro il 50% odierno75.

La domanda di gas naturale della Francia ha conosciuto una lenta ma costante espansione negli ultimi decenni, passando dai 5 Gmc del 1965 ai 42 Gmc del 2010. Contemporaneamente, è cresciuta anche la quota del gas nel paniere energetico, passando dal 4 al 17%. Per quanto riguarda invece l’utilizzo finale, il gas naturale svolge un ruolo secondario nella produzione di energia elettrica assestandosi sul 4% della produzione con prospettive di crescita limitate. Questo dato è frutto della consapevolezza da parte del governo francese della sicurezza delle proprie centrali nucleari. L’uso marginale del gas per la produzione elettrica ha però importanti conseguenze sulla

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sicurezza energetica del Paese, perché permette di essere al riparo dalle gravi conseguenze che un eventuale interruzione degli approvvigionamenti potrebbe causare. Altro fattore positivo che scaturisce dal basso utilizzo di gas naturale per produrre elettricità è che gli aumenti del prezzo del gas non si ripercuotono sui consumatori finali.

Produzione, infrastrutture e importazione

Secondo alcune previsioni, la domanda francese dovrebbe continuare nel prossimo decennio a seguire una crescita moderata ma costante, nonostante i consumi in aumento. Per mantenre gli attuali consumi la Francia continuerà a ricorrere alle importazione. La produzione interna di Parigi è marginale e questa dipendente totalmente dalla forniture internazionali.

Le forniture francesi possono essere divise in quattro gruppi. Le prime importazioni sono tutte interne all’Ue e sono stimate attorno al 27% del totale. In questo gruppo troviamo soprattutto i Paesi Bassi, i quali esportano un quantitativo di gas pari a 6,9 Gmc. Poi vi sono le forniture provenienti dalla Norvegia, pari a 14,2 Gmc, e dalla Russia con 8 Gmc. Infine, diversamente da quanto accade in Germania, la Francia ha diversificato le sue importazioni affidandosi anche al gas natuale liquido.

I tre gassificatori (due nel sud del Paese e uno nel nord) hanno una capacità massima annua di 24,3 Gmc e danno un contributo fondamentale alla sicurezza degli approvvigionamenti, oltre a permettere grazie al loro sottoutilizzo di aumentare le importazioni senza bisogno di grandi investimenti per nuove infrastrutture.

Sicurezza energetica francese

Il ruolo limitato del gas naturale nella produzione di energia elettrica, la molteplicità di fornitori e rotte e la capacità dei rigassificatori sono elementi che permetto alla Francia di mantenere elevata la propria sicurezza energetica, nonostante un aumento delle importazioni e una forte dipendenza da esse. Tale prospettiva non ha infatti mai portato i governi francesi a stipulare accordi bilaterali con i Paesi importaori. Durante gli anni Settanta e Ottanta le relazioni franco- algerine non godevano di buona salute, questo determinò un brusco rallentamento nei commerci di gas naturale, senza però causare un impatto significativo sulla sicurezza energetica.

Un altro caso in cui le scelte di approvvigionamento sono conseguenza di valutazioni politiche è quello che interessa i rapporti con la Russia. Il governo francese ha un importante partecipazione in GDF Suez e EDF e sebbene le scelte di investimento siano orientate alla redditività economica, la partecipazione alla costruzione del Nord Stream (GDF) e del South Stream (EDF) è il frutto della

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volontà di rafforzare ancora di più i rapporti con la Federazione Russa. In cambio della partecipazione delle imprese francesi Mosca ha stipulato un accordo con il governo francese per la fornitura di moderne navi portaelicotteri d’assalto anfibio da destinare alla Marina Militare russa.

Regno Unito

Tra i grandi Paesi europi, il Regno Unito è quello con la più bassa dipendenza dalle importazioni energetiche, grazie alla consistenti riserve di idrocarburi presenti nel Mare del Nord. La struttura è tuttavia cambiata rapidamente nell’ultimo decennio e, anche se la produzione prosegue a pieno regime, non è più sufficiente a soddisfare il fabbisogno interno. Di conseguenza, oggi Londra è un importatore netto sia di petrolio sia di gas naturale. La struttura del paniere energetico britannico riflette l’ampia disponibilità di idrocarburi, che complessivamente rappresentano il 75% dei consumi. In particolare, fin dal 1998 il gas naturale costituisce la principale fonte di energia del Regno Unito, arrivando a coprire nel 2010 il 40% del fabbisogno76.

I consumi di gas britannici hanno conosciuto due fasi espansive. La prima fu durante gli anni Settanta, quando i primi importati giacimenti del Mare del Nord furono messi in produzione: i consumi passarono rapidamente da 5,9 Gmc a 44,9 Gmc nel 1979. La seconda fase espansiva fu quella degli anni Novanta, quando le liberalizzazioni aumentarono la domanda di gas naturale per la generazione elettrica; il fabbisogno passò così da 66,1 Gmc del 1994 a 96,6 Gmc del 2001.

Secondo alcune previsioni, il gas naturale è destinato a mantenere il suo ruolo centrale nei consumi anche negli anni a venire: le stime al 2020 sono di una crescita pari a 100 Gmc77. Se i consumi sono destinati a crescere, la produzione è invece destinata a compiere il percorso inverso. Non è stato possibile mantenere il picco produttivo raggiunto agli inizi del 2000 e la produzione è passata dai 52 Gmc del 2010 a 40 Gmc nel 2020.

Importazioni e Infrastrutture

Il principale fornitore di gas del Regno Unito è la Norvegia, da cui proviene il 50% delle importazioni, attraverso un’estesa rete di gasdotti che si snoda nel Mare del Nord. A queste importazioni si sommano i flussi provenienti dall’UE, anch’essi sottomarini. Il primo è il BBL, che

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collega Balgzand, nei Paesi Bassi, a Bacton e consente l’importazione di gas olandese, ma teoricamente è predisposto anche per un flusso in direzione opposta.

Lo scambio di volumi tra Gran Bretagna e continente è reso tuttavia particolarmente flessibile dall’esistenza di un secondo gasdotto, l’Interconnector. Il gasdotto che si snoda tra Bacton e Zeebrugge in Belgio, consente un doppio flusso a seconda delle esigenze dei diversi mercati finali. Una terza via di approvvigionamento internazionale del Regno Unito è il GNL, proveniente in gran parte dal Qatar, il cui peso è destinato a cresce in futuro.

Possiamo dire quindi che la capacità complessiva dei terminali britannici si assesta sui 50,4 Gmc all’anno e il loro modesto tasso di utilizzo, circa il 37%, consente ampi margini di aumento delle importazioni senza effettuare ulteriori investimenti. Considerando infine una domanda in aumento e una produzione in diminuzione il ruolo del GNL in futuro diventerà determinante per la sicurezza energetica britannica.

Germania

La Germania è la più importante economia europea nonché il più grande consumatore di energia dell’UE. Ogni anno i tedeschi consumano l’equivalente di oltre 300 milioni di tonnellate di petrolio. Il settore industriale tedesco, composto di molte industrie manifatturiere e alti consumi, rende importante l’affidabilità degli approvvigionamenti energetici.

Storicamente la Germania utilizzava il carbone per la produzione di energia, tale utilizzo è durato fino agli anni Novanta, quando l’uso del carbone era ancora superiore a quello del petrolio. Alla base di questa scelta politica c’era la facilità di reperire carbone, di cui il Paese dispone ancora oggi di ampie riserve. I mutamenti derivanti dall’aumentare dei costi per produrre carbone, spinsero Berlino ad aumentare il volume delle importazioni, in particolar modo di gas naturale.

Tuttavia, a differenza del carbone, le riserve di idrocarburi tedesche erano del tutto insufficienti a soddisfare l’intero approvvigionamento energetico: la produzione interna è pari al 5% di petrolio e al 10% di gas naturale. Il vuoto creatosi con l’abbandono del carbone come fonte principale ha quindi aumentato le importazioni tedesche e ampliato i rischi in termini di sicurezza energetica. Ad oggi infatti la produzione tedesca di energia dipende per il 64% dalle importazioni estere.

62 Produzione e infrastrutture di importazione

Il significativo aumento dei consumi di gas naturale che si prospetta nel corso del decennio mette in evidenza un elemento importante e critico nelle politiche energetiche tedesche: la dipendenza dalle importazioni di gas è oggi aumentata fino al raggiungere l’87%.

Nel primo decennio del XXI secolo, la produzione tedesca è stata di 10,6 Gmc, in netto calo rispetto a quella di fine anni Novanta. I pochi giacimenti a disposizione sono già in una fase matura e destinati al calo. Questo significa che gli operatori tedeschi non solo dovranno ricorrere a nuove importazioni per soddisfare la domanda in forte rialzo, ma anche per rimpiazzare la produzione interna. Il risultato è la necessità di nuove importazioni per quasi 20 Gmc all’anno entro il 2020. Le importazioni tedesche possono infatti essere suddivise in tre diversi gruppi di provenienza: UE (30%), Norvegia (33%), e Federazione Russa (37%).

Le importazioni interne all’UE provengo in larga misura dai Paesi Bassi, il quale si colloca come primo storico fornitore per i tedeschi. Le importazioni europee incidono in modo determinante sulla sicurezza energetica della Germania, in particolare si tratta di importazioni assimilabili di fatto alla produzione interna, dato il buon livello di integrazione e la ristretta distanza nelle interconnessioni. Il secondo flusso come detto proviene dalla Norvegia, giungendo direttamente nella parte occidentale del Paese. Il flusso norvegese è cresciuto negli anni in modo costante fino ad arrivare a rappresentare circa un terzo delle importazioni tedesche.

Il terzo e più importante flusso, sebbene con dinamiche più complicate, è quello che proviene dalla Federazione Russa. Le importazioni sono iniziate in epoca sovietica e sono arrivate a toccare i 33,4 Gmc annui. Il gas russo estratto dai giacimenti siberiani raggiunge la Germania passando per Ucraina, Slovacchia e Repubblica Ceca (gasdotti Drushba e Soyuz) e in parte attraverso la Bielorussia e la Polonia, grazie al recente gasdotto Yamal-Europa. Nel 2011 l’apertura del North Stream ha infine permesso alla Germania di avere un collegamento diretto con la Federazione Russa, eliminando così i Paesi di transito.

Gas naturale e sicurezza energetica

Come abbiamo avuto modo di osservare, la dipendenza dalle importazioni non rappresenta di per sé una minaccia per la sicurezza energetica del Paese, tuttavia, i fattori di rischio possono aumentare. Guardando alla dimensione tecnica, i rischi connessi alla struttura degli approvvigionamenti tedeschi sono complessivamente limitati. I flussi provenienti dai produttori dell’UE arrivano tutti con gasdotti via terra, mentre i flussi norvegesi si snodano tra due linee che si

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congiungono sulla costa di Dornum. Anche gli approvvigionamenti russi arrivano attraverso tre diverse direttrici, di cui una sottomarina. Questa diversificazione, aggiunta alla grande capacità tedesca di stoccare il gas naturale, riduce i rischi legati a possibili interruzioni fisiche o politiche degli approvvigionamenti.

Se la dimensione tecnica incide poco sulla sicurezza energetica è la dimensione politica a destare più preoccupazioni, soprattutto riguardo le relazioni internazionali della Germania. Per garantirsi una stabilità energetica degli approvvigionamenti di gas naturale, la Germania anziché differenziare le rotte e i fornitori, ha deciso di rafforzare i rapporti con un solo fornitore. Facendo ricadere la scelta sulla Federazione Russa.

La valutazione sull’affidabilità della Russia come primo fornitore principale di gas naturale è aumentata con l’avvento al potere di Vladimir Putin, in particolar modo perché in Germania Ruhrgas è il principale azionista non russo di Gazprom e permetteva di consolidare il proprio ruolo all’interno della Wings, società creata nel 1990 e controllata da Wintershall. L’interdipendenza russo-tedesca potrebbe ulteriormente essere rafforzata da una maggior presenza di Gazprom nel mercato finale tedesco, in particolare attraverso RWE, società che si occupa di produzione di energia termoelettrica. Il legame tra tedeschi e russi si è ulteriormente approfondito, attraverso gli sviluppi infrastrutturali. Innanzitutto, la Germania è l’unico Paese che non ha un rigassificatore attivo sul proprio territorio, questa è un’importante garanzia per i russi, perché anche quando il GNL è meno caro del gas via tubo, non si ha il rischio di una riduzione dei consumi e delle importazioni. Ma il vero coronamento del sodalizio russo-tedesco è stata la realizzazione del North Stream. La capacità di questo gasdotto è inquadrata in 25 Gmc/anno, ma se togliamo quanto destinato ai soci olandesi e francesi, quello che resta è la quantità esatta di cui i tedeschi hanno bisogno per soddisfare la nuova domanda di importazione per l’intero decennio. Se la situazione di mercato procederà in questa direzione la Germania arriverà ad esportare dalla Russia più della metà del proprio fabbisogno. Un tale livello di dipendenza da un singolo fornitore non si era mai osservato tra i Paesi dell’UE. Ad aumentare la dipendenza tedesca potrebbe intervenite anche il raddoppio del North Stream, attualmente solamente un progetto, ma se andasse in porto e si arrivasse alla sua costruzione si avrebbe un rafforzamento ulteriore degli interessi comuni tra Russia e Germania.

Da semplice strumento di politica internazionale, l’interscambio energetico tra i due Paesi è diventato un interesse comune da difendere, con conseguenze dirette sulle scelte di politica internazionale. La situazione è evidente quando in sede europea si tratta di definire i rapporti tra UE e Russia: la posizione tedesca è sempre accomodante nei confronti di Mosca, andando in aperto

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contrasto con i Paesi dell’Est Europa. I fautori della rivoluzione arancione, cercavano un avvicinamento all’Occidente e in particolare all’Europa, cercando di ridurre fino ad eliminare il controllo di Mosca da tutta la regione. La Germania in quella circostanza uniformandosi al comportamento di altri Stati europei, si schierò a favore di Mosca facendo forti pressioni sulla NATO per impedire che l’Ucraina vi entrasse. Contemporaneamente, mentre come vedremo più avanti Gazprom e l’Ucraina aprivano un contenzioso economico provocando la diminuzione dei flussi verso l’Europa, E.ON e Wintershall avviavano la costruzione del Nord Stream per aumentare l’importazione dalla Russia e tagliare fuori i paesi di transito.

Possiamo quindi affermate che le strategie energetiche tedesche limitano il ruolo della differenziazione ai soli tracciati, mentre nei rapporti con i fornitori hanno optato per il rafforzamento del’interdipendenza come fattore di garanzia. Se dal punto di vista della sicurezza energetica questa strategia ha dimostrato di essere efficace, esistono tuttavia importanti ricadute in ambito internazionale: l’interdipendenza crea vincoli nella politica estera. Nei fatti il governo tedesco limita la creazione di un mercato unico europeo, sfruttandone però le risorse e continua a privilegiare le scelte strategiche di Mosca, garantendosi un ruolo primario nelle esportazioni russe.