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Il ruolo russo nel panorama energetico internazionale

3 La Russia di Putin tra energia e geopolitica

3.2 Il ruolo russo nel panorama energetico internazionale

La Russia, uscita sconfitta politicamente ed economicamente dalla Guerra fredda, gode oggi di un’economia fiorente e di un ruolo predominante nel commercio mondiale, in special modo come fornitore di petrolio e gas naturale per le nazioni affamate di energia in Europa e in Asia. Facendo infatti leva sul peso acquisto dal proprio paese come fornitore di energia i leader russi hanno rivendicato un peso maggiore nella gestione delle relazione internazionali. Niente quindi illustra meglio i cambiamenti delle relazioni di potere nel nuovo ordine internazionale dell’emergere di questo paese come superpotenza dell’energia. Mosca fornisce più di un quarto del gas naturale consumato in Europa occidentale, quota che nel corso degli anni è destinata ad aumentare in modo progressivo. Nello stesso tempo, Mosca è divenuto il principale fornitore di Cina e Giappone. Nel 2006 in un discorso pronunciato di fronte alla stampa il ministro dell’Energia Viktor Chiristenko ha esclamato: “Sappiamo che i ricordi del passato sono difficili da cancellare, ma è tempo che l’Occidente riconosca il ruolo più maturo e il livello di progresso che la Russia ha ormai ottenuto”117

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Il principale mercato per la Federazione Russa è l’Unione Europea. I clienti europei sono infatti fortemente dipendenti dal gas russo che rappresenta infatti il 24% dei consumi totali. Nonostante vi sia una forte dipendenza il rapporto tra Mosca ed Unione Europea non è asimmetrico, anzi è estremamente simmetrico, tant’è che nessuna delle due parti ha la possibilità di predominare sull’altra.

Come sappiamo i membri dell’Unione Europea, nonostante le pressioni della Commissione europea, non sono ancora arrivati ad un accordo per la creazione di una politica unitaria e coerente sull’energia e neanche sulla possibile creazione di un mercato unico dell’energia europea. Gli ostacoli che non permettono di arrivare alla creazione di una politica energetica comune nei confronti di Mosca sono due: in primo luogo non tutti gli Stati europei hanno lo stesso livello di dipendenza, se ad esempio prendiamo in considerazione l’Italia e la Germania osserviamo che Berlino ha bisogno di un quantitativo maggiore di energia rispetto a Roma. In secondo luogo la percezione del ruolo russo all’interno del sistema di sicurezza europeo non è il medesimo per tutti i

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Paesi membri. I Paesi dell’Europa Orientale ed in particolare i Paesi Baltici, la Polonia, l’Inghilterra e la Repubblica Ceca pensano che la crescente dipendenza dell’Unione Europea dal gas russo spinga Mosca a utilizzare il gas per scopi politici e non solo economici. Sulla base di tali preoccupazioni questi paesi spingono l’Ue a difendere i propri interessi energetici118

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In Europa occidentale la Russia viene vista in maniera completamente diversa. I grandi paesi dell’Europa continentale, in primis Germania, Italia e Francia, hanno rafforzato i legami energetici con Mosca, stipulando accordi bilaterali di lungo periodo119, allontanando quindi la prospettiva di una possibile politica energetica comune e di un mercato unico dell’energia.

La centralità del mercato europeo si è però rivelata un arma a doppio taglio per Mosca. A causa infatti delle contrazioni dei consumi del Vecchio continente, dovuti alla crisi economica e all’aumento del prezzo del petrolio, i grandi operatori hanno incontrato importanti difficoltà economico-finanziarie. La crisi economica europea ha quindi messo in evidenza la vulnerabilità russa rispetto all’elevata dipendenza dai clienti europei. Per tali ragioni sia all’interno del governo russo sia al vertice di Gazprom si è da tempo fatta strada la consapevolezza di dover diversificare il proprio portafoglio di clienti. In particolare la nuova strategia portata avanti da Gazprom e dal governo russo prevede di spingersi sempre più verso Oriente, dove è destinata a concentrarsi la nuova domanda di gas nei decenni futuri.

Il nodo però più delicato nel campo della diversificazione delle esportazioni russe resta quello dei gasdotti verso la Cina. Nel 2006 Gazprom si è impegnata in una difficile trattativa con la China National Petroleum Corporation per la realizzazione del progetto Altai che prevede la costruzione di un gasdotto che dovrebbe collegare la Siberia Occidentale con lo Xinjiang e trasportare circa 60 Gmc all’anno. Il principale ostacolo all’accordo è stata la determinazione cinese a ottenere prezzi molto inferiori a quelli praticati sul mercato europeo e richiesti da Gazprom. Lo stallo è dovuto anche al fatto che il governo russo non può contare, come nel caso dei clienti europei, su un sistema giudiziario terzo in grado di garantire il rispetto delle condizioni contrattuali. Nonostante le

118 L’esportazione dello shale statunitense in Europa permetterebbe ai paesi citati di limitare la forte dipendenza dalle forniture della Russia. Come già dimostrato nei confronti dell’Ucraina Mosca si avvale del gas per attuare pressioni geopolitiche su Paesi Terzi. Per un approfondimento dello shal statunitense si rimanda al sito http://www.ilribelle.com/quotidiano/2013/10/23/europa-shale-gas-e-sudditanza-agli-usa.html, consultato il 17/09/2018.

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Spiccano tra questi accordi, quelli stipulati tra Gazprom e alcune aziende tedesche per la costruzione del North Stream, gasdotto che attraversa il Mar Baltico e quelli tra Gazprom ed Eni per la costruzione del gasdotto sottomarino nel Mar Nero.

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difficoltà legate al sistema giudiziario e legislativo i due paesi hanno trovato l’accordo per una fornitura trentennale di gas120.

La strategia russa è dunque rivolta a una maggiore diversificazione dei mercati finali verso Oriente, in modo da cogliere le nuove dinamiche della domanda mondiale e di ridurre i rischi di un’eccessiva dipendenza dai clienti europei. Nonostante la fornitura del gas a Pechino e lo sfruttamento dei giacimenti nella Siberia orientale, le previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE), vedono ancora l’Europa come principale mercato per il gas russo. Nel complesso quindi la diversificazione delle rotte è un processo positivo sia per Mosca che per l’Unione Europea: maggior diversificazione delle importazioni ed in generale delle fonti europee, potrebbe contribuire alle de-politicizzazione di molte questioni, a partire da quella della realizzazione del South Stream.