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La politica energetica della Russia sovietica e post-sovietica: il ruolo del gas nella transizione

3 La Russia di Putin tra energia e geopolitica

3.1 La politica energetica della Russia sovietica e post-sovietica: il ruolo del gas nella transizione

Il settore energetico, in particolar modo petrolio e gas, riveste un ruolo fondamentale per l’economia russa fin dalla prima metà del XX secolo. La Federazione Russa possiede le più grandi riserve di gas naturale al mondo. Le riserve stimate ammontano a 48,8 trilioni di metri cubi, mentre quelle provate sono pari ad un quarto di quelle mondiali108.

Dai dati analizzati sopra ( si veda il Capitolo 1), abbiamo osservato che la distribuzione della produzione di gas è diversa rispetto alla distribuzione delle riserve. Non è infatti la Russia ad essere il maggior produttore di gas al mondo, bensì gli Stati Uniti, pur avendo riserve limitate a causa della politica di trivellazione invasiva. Questo ci permette di dire che non esiste una correlazione diretta tra la disponibilità e l’utilizzo del gas: ci sono paesi che pur avendo una quantità enorme di gas nel proprio sottosuolo sono incapaci di usarlo, al contrario, ci sono paesi che pur avendo una disponibilità limitata riescono a produrre grandi quantitativi di gas e farne un notevole uso.

Ritornando alla produzione di gas in Russia, nel periodo post-sovietico, il trend intrapreso tra il 1990 e il 1998, se paragonato a quello del petrolio, si può definire piuttosto costante109 (Figura 3.1). Tuttavia nel 2009 le esportazioni hanno registrato un netto calo a causa della crisi economica che dagli Stati Uniti si è espansa in Europa, spingendo così i grandi Paesi compratori di gas russo a ridurre le importazioni. Soltanto nel 2009 si è registrato un calo di circa 48 miliardi di metri cubi, passando da 175 metri cubi totali a 136.

Nell’anno successivo la Russia ha però ripreso a marciare sui ritmi degli anni pre crisi, esportando circa 173 miliardi di metri cubi. Alla luce quindi dei dati in nostro possesso possiamo dire che la quantità esportata dal 1990 al 2010, varia da un minimo di 154 miliardi di metri cubi del

108 G. Ravasi (a cura di), Energia. Geopolitica e strategie, Milano, Edizioni Nagard, 2010, p. 174. 109

M. Barbella, A. Caramagna, A. D'Urso, Sistema Energetico Russo: situazione e prospettive, Roma, Università della Sapienza, 2010, p. 9.

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1993 ( calo dovuto alla crisi del 1992 come conseguenza della caduta del muro di Berlino), ad un massimo di 185 miliardi di metri cubi nel 2006110.

Figura 3.1 Esportazioni di gas della Fed. Russa

Fonte: sito internet http://www.agienergia.it

L’esportazione di gas russo può contare su immensi giacimenti di metano: nella Siberia occidentale, in gran parte, ma anche in quella centrale e orientale, così come nel mar Bianco. Alcuni giacimenti si trovano anche nel Caucaso e nella regione di Astrakan (la quale si colloca nella parte sud est della Russia, nella zona del Mar Caspio, al confine che divide la Russia dal Kazakhstan)111. Tuttavia la più grande concentrazione del gas russo si trova in Siberia, nel giacimento di Urengoj, dove viene prodotto il 45% della produzione nazionale. Attualmente il giacimento appartiene alla società Gazprom, così come gli altri importanti giacimenti della regione112.

Il settore energetico rivestiva per l’economia russa un ruolo primario già durante il periodo sovietico, quando, nonostante la Guerra fredda, gas e petrolio venivano distribuiti in Europa, compensando le riduzioni imposte dai Paesi del Golfo nel settore petrolifero. Mosca è quindi sempre stata un partner fondamentale sia per gli Stati satelliti dell’ex Unione Sovietica sia per l’Occidente. Družba» (amicizia) il più grande oleodotto del mondo ancora oggi funzionante, trasporta il petrolio dalla Russia fino all’Europa centrale, a dimostrazione dell’importanza che l’Europa ha rappresentato e rappresenta ancora per Mosca.

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Ivi, p. 10. 111

M. Zola, Gazpromenade: I principali giacimenti di gas, in “Eastjournal”, Roma, 3 ottobre 2010. 112

The World's Biggest Natural Gas Reserves, 12 novembre 2013, il documento è disponibile sul sito internet: http://www.hydrocarbons-technology.com/features/feature-the-worldsbiggest-natural-gas- reserves/,consultato il 17/09/2018.

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Il ruolo del gas nel paniere energetico ha subito una crescita costante dagli anni sessanta ai giorni nostri. Tuttavia il periodo cruciale del commercio di gas tra Est e Ovest risale al decennio 1965-75 nel bel mezzo della Guerra fredda, quando si registrarono intensi negoziati tra l’Urss e alcuni Paesi europei (Italia, Austria, Germania Ovest, Finlandia e Svezia). Prima però di analizzare ed approfondire i rapporti tra Unione Sovietica, Stati importatori europei ed Unione Europea, è utile attuare una considerazione sulla struttura di gestione e di esportazione del gas naturale all’interno dell’Urss e successivamente nella Federazione Russa.

Nel 1972 fu creata un’apposita agenzia dedicata esclusivamente all’esportazione del gas, la Soyuzgasexport. Circa 15 anni dopo, nel 1989, il Ministero del Gas dell'URSS venne fuso con il Ministero dell'Industria del Petrolio dell'URSS in modo da creare il nuovo Ministero del Petrolio e del Gas dell'URSS. Negli ultimi anni di esistenza dell’Unione Sovietica, il Ministero del gas fu riorganizzato anche in un’apposita società: Gazprom (Gazovaya Promyshlennost, Industria del gas naturale), successivamente trasformata in società per azioni nel 1992 e quotata in borsa nel 1998113. Come più avanti osserveremo, a differenza dell’industria petrolifera, in larga parte privatizzata, Gazprom, nonostante sia ancora oggi una società per azioni quotata in borsa non fu mai completamente privatizzata. Ciò a conferma del fatto che il gas naturale aveva ormai raggiunto una posizione primaria nelle dinamiche politiche russe.

Il collasso dell’Urss rappresentò tuttavia un terremoto nel sistema internazionale e nella sua stabilità. Nonostante le preoccupazioni relative sia alla tenuta della Federazione Russa sia alla collaborazione tra le repubbliche divenute indipendenti nel 1991, i flussi energetici verso l’Occidente non conobbero interruzioni. Tuttavia, le questioni economiche sopraggiunte iniziarono ad intrecciarsi in modo sempre più determinante con le principali scelte di sviluppo infrastrutturale e in generale di sviluppo politico.

Il Ministero del Petrolio e del Gas dell'URSS fu abolito il 14 Novembre 1991 e nel settore del gas il monopolio passò a Gazprom. In questo contesto è iniziato il grande gioco degli oleodotti e gasdotti nello spazio post-sovietico che coinvolge soprattutto i paesi che sono in possesso del gas (Russia, e anche Kazakhstan, Turkmenistan e Azerbaigian) e i paesi che necessitano di tale risorsa (l`Europa).

A partire dal 1991 inoltre, con la fine del Ministero del Petrolio e del Gas sovietico sulla scena del mercato energetico iniziarono a svolgere un ruolo importante altri due paesi: Bielorussia e

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M. Verda, Politica estera e sicurezza energetica. L'esperienza europea, il gas naturale e il ruolo della Russia, op.cit., Kindle Locations 1258-1264.

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Ucraina. I principali gasdotti (Yamal e Soyuz) con cui il gas raggiunge l’Europa, passavano attraverso questi due Territori prima di distribuirsi nei gasdotti secondari europei114. Al momento dell’indipendenza, il 90% dei flussi di importazione transitava infatti per l’Ucraina, mentre il restante passava in Bielorussia. Al governo russo si pose perciò la necessità imprescindibile di trovare un accordo con questi Paesi per non compromettere le redditizie attività di esportazione, centrali per la stabilità stessa della neonata Federazione Russa.

Dopo il 1991 Kiev e Minsk si trovarono così a disposizione un importante potere di ricatto nei confronti della Federazione Russa. Non solo potevano interrompere fisicamente i flussi di gas diretti in Europa, ma erano legalmente proprietarie delle infrastrutture di Gazprom, poiché queste si sviluppavano sul loro territorio. In realtà la posizione di Bielorussia e Ucraina non era così forte come poteva apparire. L’economia dei due paesi era più disastrata di quella russa e a peggiorare la situazione era la dipendenza dei due paesi dal gas russo per soddisfare il proprio fabbisogno energetico: Kiev importò nel 1991 attraverso la rete russa l’85% del proprio fabbisogno naturale, mentre la Bielorussia importò il 100% del proprio fabbisogno energetico. Se osserviamo la situazione oggi, notiamo come tale condizione non sia cambiata: nel 2011 l’Ucraina ha importato due terzi del proprio fabbisogno energetico dalla Russia, mentre la Bielorussia continua a dipendere totalmente da Mosca. Risulta quindi evidente come il gas importato ricopra un peso determinante nel paniere energetico dei due Paesi115.

È importante notare come l’esportazione di gas verso Bielorussia e Ucraina avvenissero – e avvengono ancora oggi per la Bielorussia, mentre dopo la crisi energetica le condizioni per l’Ucraina sono notevolmente cambiate – a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati nei mercati europei. Nei primi anni Novanta, i prezzi del gas venduto in Ucraina e Bielorussia erano ancora collegati alle tariffe effettuate in alcune zone della Russia, secondo un meccanismo ereditato dall’epoca sovietica. Negli anni successivi i prezzi sono saliti progressivamente, ma ancora oggi restano pari a circa la metà di quelli pagati nell’Unione Europea.

Considerando la dipendenza dal gas russo, per Bielorussia e Ucraina la tentazione sfruttare il proprio ruolo di Paesi di transito nei negoziati con Gazprom, avrebbe potuto provocare ricadute importanti sui prezzi pagati per la fornitura di gas. A differenza della Bielorussia, l’Ucraina è sempre stata più ribella nell’assecondare le richieste di Gazprom. Le ragioni sono da ricercare in primo luogo nella dimensione dell’economia ucraina e nella volontà di Kiev di cercare una

114 S. Grazioli, Le vie del gas sono finite, 09 febbraio 2012. L’articolo è disponibile sul sito internet http://esreport.wordpress.com/2012/02/09/le-vie-del-gas-sono-finite/, consultato il 17/09/2018.

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L. De Paoli, Scenari energetici globali, Atlante Geopolitico, 2011, il documento è disponibile sul sito internet http://www.treccani.it/geopolitico/saggi/2012/scenarienergetici-globali.html, consultato il 17/09/2018.

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maggiore autonomia da Mosca in diversi ambiti, tra cui quello commerciale. In secondo luogo, il governo ucraino sfruttando la propria posizione di forza rappresentata dal fatto che il 90% delle esportazioni russe di gas dirette in Europa attraversa le infrastrutture ucraine, fin dall’inizio degli anni Novanta ha tentato di difendere il diritto di mantenere condizioni agevolate per le proprie forniture. Il monopolista ucraino Naftogaz - fino al 1998 Ukrgazprom - riceveva una parte delle forniture (25 Gmc) come royalties per i diritti di passaggio, secondo una prassi piuttosto diffusa a livello internazionale. La parte restante delle forniture avveniva invece su base commerciale, a tariffe agevolate e inizialmente analoghe a quelle del mercato interno. Progressivamente però, con l’aumento delle esportazioni in Europa occidentale, crebbe per Gazprom il costo-opportunità di continuare i contratti di fornitura agevolata per il mercato ucraino: il prezzo pagato infatti in Europa era maggiore rispetto a quello pagato in Ucraina e di conseguenza per ogni metro cubo venduto in Ucraina anziché in Europa si registrava per Gazprom una perdita di potenziali profitti.

Mosca non era dunque più disposta ad accettare tale situazione, soprattutto dopo che il governo ucraino era sempre più distanziate su diverse questioni, non ultima quella relativa alle alleanze militari. Kiev si rifiutò infatti di sottoscrivere il Trattato di sicurezza collettiva della CSI nel 1992, successivamente assieme a Georgia, Azerbaigian e Moldavia dette vita al forum di consultazioni economiche e di sicurezza GUAM, un organizzazione per la democrazia e lo sviluppo economico, creata nel 1997 e che era chiaramente improntata su posizioni anti russe, mirando a contenere l’influenza di Mosca nell’area ex sovietica116

. Nel corso degli anni le tensioni tra Ucraina e Federazione Russa sulla questione delle forniture di gas naturale e del loro prezzo aumentarono, alternando momenti di tensione ad accordi più o meno duraturi. Nei momenti di crisi più acuta, entrambe le parti sono ricorse all’interruzione dei flussi come arma di pressione: Gazprom interrompendo le forniture all’Ucraina e Naftogaz interrompendo il transito verso l’Europa occidentale. Oltre all’episodio del 1993 si ricordano infatti i casi recenti e più importanti del 2006 e del 2009, quando i Paesi europei si trovarono di fronte al pericolo di passare l’inverno al freddo. L’interruzione di gas durò fortunatamente pochi giorni evitando così il rischio di una crisi più ampia.

Negli anni della transizione dall’Unione Sovietica alla Federazione russa, l’élite politica russa era particolarmente debole e a malapena in grado di contenere le spinte centrifughe e disgregative interne, come ben dimostrò la crisi costituzionale del 1993. La cooperazione con gli Stati europei rappresentò così un duplice banco di prova: sia per l‟economia russa, chiamata a

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The GUUAM Group: History and Principles, Novembre 2000. Il documento è disponibile sul sito internet http://www.guuam.org/general/history.html, consultato il 17/09/2018.

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misurarsi con le dinamiche di mercato, sia per i politici, che dovettero ritrovare mezzi e obiettivi per una politica estera non più sovietica, ma solamente russa.