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3 La Russia di Putin tra energia e geopolitica

3.4 La Russia e l’Unione Europea

L’Unione europea non sa dove andare. Con l’importante allargamento del 2004, con il quale sono entrati dieci paesi138, la vista di Bruxelles si è annebbiata: da che parte andare, con quali paesi stringere nuove alleanze e con quali interromperle? La risposta a queste domande non è certa e per non sbagliare l’Europa si muove a tentoni, percorrendo tutte le strade possibili. Ci sono candidati potenziali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia e Kosovo), Paesi con i quali si sono rinnovati i programmi comuni all’interno della grande cornice che comprende i rapporti esterni tra

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M.T. Klare, Potenze emergenti. Come l'energia ridisegna gli equilibri politici mondiali, op. cit., p. 114. 137

S. Grazioli, Gazpromination. Il Sistema Putin e il New Game in Asia Centrale, op. cit., p. 89.

138 L’allargamento del 2004 ha permesso a Malta, Paesi Baltici, Cipro e i paesi dell’ex blocco sovietico

mitteleuropeo di entrare all’interno dell’Ue. Si veda in merito S. Grazioli, Gazprom. Il nuovo impero, Roma, Lantana Editore, 2010, p. 122.

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Ue e resto del mondo – dall’Unione per il Mediterraneo alla Partnership orientale139 –. Oltre ai programmi europei vi sono le relazioni strutturate con Mosca e Washington. In conclusione l’Europa tende a creare ponti con tutti i suoi vicini per evitare di rimanere isolata. Finora la politica estera dell’Europa si è dimostrata come nel caso del gas, disordinata e discordante, influenzata dagli interessi dei singoli Paesi membri. Se osserviamo le relazioni con gli Stati Uniti, notiamo come l’Unione Europea penda inevitabilmente verso Washington a causa del rapporto che alcuni Paesi hanno con gli Usa. Tale comportamento oltre a marcare la mancanza di una politica estera comune, evidenzia come l’Unione Europea non sappia se considerare la Russia un alleato o un nemico. In aiuto dell’Europa è però venuta proprio Mosca, la quale ha deciso quale strada intraprendere.

Il Cremlino ha scelto infatti di guardare ad ovest. Tale decisione è mossa da interessi economici molto forti. L’Europa è il primo mercato del gas e nonostante l’accordo con la Cina per la fornitura trentennale di gas, il continente europeo rimane ancora il primo consumatore di gas russo. L’élite al potere a Mosca ha adottato una strategia che è frutto di scelte consapevoli e pragmatiche: senza la tecnologia occidentale il gigante del gas rischia di sprofondate in quelle paludi che una volta erano il permafrost siberiano. E per tirarsi fuori da tale situazione ha bisogno dell’Europa, non però l’Unione Europea, bensì i singoli Paesi membri. Per Mosca l’Europa è un fattore di moderazione degli eccessi antirussi di alcuni Paesi, in particolare nell’ex-zona di influenza sovietica. Il Cremlino preferisce avere come già detto rapporti con i singoli Paesi, poiché a differenza dell’Unione Europea che deve mediare tra le posizioni anti russe e quelle favorevoli a Mosca, i singoli Stati hanno maggiore interesse a costruire relazioni stabili con Mosca. Relazioni che negli ultimi anni grazie alla politica energetica di Mosca hanno portato le importanti compagnie nazionali di Germania, Italia e Francia a fare affari con Gazprom, per lo sviluppo di progetti che molti considerano in concorrenza con quelli promossi dalla Commissione Europea140.

Eccoci dunque al nucleo principale della questione e alla parte più interessante delle relazioni tra Mosca e Unione europea: l’energia ed in particolare il gas naturale. La situazione che si presenta è piuttosto normale, dato uno ha bisogno del gas e l’altro lo possiede. La relazione creata smonta quindi l’idea che Mosca usi il gas per creare un ricatto politico ed economico con l’Europa. Se infatti per un momento osserviamo la situazione dalla parte della Russia, notiamo come sia essa

139 Fanno parte dell’Unione per il Mediterraneo i paesi del Nord Africa, i Balcani, l’Autorità Nazionale

Palestinese, la Siria e la Turchia. Mentre sono parte della Partnership Orientale Armenia, Georgia, Azerbaigian, Moldavia, Bielorussia ed Ucraina S. Grazioli, Gazprom. Il nuovo impero, Roma, Lantana Editore, 2010, p. 122.

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Si veda in merito Le relazioni della Russia con la Nato e l’Unione europea, servizio Affari Internazionali, Senato della Repubblica, 2008.

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a dipendere dall’Europa per il 90 per cento delle sue esportazioni, e quindi, se ipoteticamente l’Europa cessasse improvvisamente di comprare gas e petrolio dal Mosca, l’economia russa nonostante l’accordo con Pechino ne risentirebbe. Osservando più da vicino i numeri si vede che quasi il 70 per cento delle esportazioni russe si dirige verso la vecchia Unione europea a 15 paesi. La maggior parte del gas esportato, circa il 50 per cento, viene diretto verso Italia e Germania. Non c’è quindi da stupirsi che le relazioni russo-italiane e russo-tedesche siano ben rodate rispetto a quelle di altri Paesi. In questa situazione però entra in gioco un concetto determinante, ovvero quello della dipendenza energetica e della vulnerabilità reale di uno Stato: non serve infatti solo considerare quanto gas è importato da un Paese, ma qual è il peso dell’importazione sul totale del mix energetico, in quali settori è utilizzato e come eventualmente può essere sostituito per ridurre la dipendenza. Rimanendo sull’asse Roma- Mosca osserviamo come nonostante l’Italia import gas dalla Russia, la maggioranza delle sue importazioni proviene dal Nord Africa, poiché questo è geograficamente più vicino. È chiaro quindi che la situazione è ben diversa da quella che i catastrofisti anti russi vogliono far credere. Mosca è importante per l’approvvigionamento energetico Europeo e per quello dei Paesi membri, ma non è determinante.

In questa situazione resta però da vedere come si comporterà Bruxelles e quale strategia metterà in atto: sarà l’Unione Europea a fare acquisti per tutti a Mosca o ognuno come avviene oggi, guarderà di cosa ha bisogno in casa propria?. Inutile dire che la mancanza di una politica energetica comune e la frammentazione interna sul rapporto da tenere con Mosca non fa altro che complicare la situazione.

3.4.1 I modi per ridurre la dipendenza europea dal Gas russo

Per quanto riguarda la situazione europea, come ampiamente analizzato il gas dal 1996 è il secondo vettore energetico nel consumo primario di energia, dopo il petrolio. L’importanza del gas naturale è cresciuta dal 2010-2013, soprattutto nei paesi dell’Europa centrale. L’unico paese che ad oggi ha un utilizzo minore è la Francia, grazie ad uno sviluppo molto importante del nucleare.

Le ragioni che hanno portato l’Europa a puntare sul gas sono come sappiamo principalmente economiche. Il gas è molto più efficiente del petrolio nella produzione di energia elettrica: negli impianti a ciclo combinato, il gas permette di raggiungere livelli di efficienza pari al 55-60 per cento, contro il 35-40 per cento di quelli termoelettrici tradizionali. Fino al 2004 questo tipo di impianto ha consentito di produrre gas a prezzi relativamente bassi. Nel 2005 infatti la quotazione del petrolio, a cui il gas è senza dubbio legato, hanno parzialmente rallentato il trend di

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investimento anche se vi sono situazioni differenti a seconda dei Paesi e dell’utilizzo del gas nel paniere energetico141.

Oltre alle motivazioni puramente economiche l’Unione Europea ha puntato sul gas per ridurre l’impatto ambientale. Dopo aver infatti ratificato il Protocollo di Kyoto142

l’Europa ha reso sempre meno competitive le centrali ad olio e carbone143.

Dall’altro lato, le energie rinnovabili sembrano in grado di soddisfare solo una parte contenuta dei consumi mentre il nucleare, osteggiato dalla maggioranza dell’opinione pubblica, non riesce a guadagnare spazi sufficienti.

A questo si deve aggiungere che in molti Paesi europei la costruzione centrali a gas ha beneficiato di ingenti sussidi La conseguenza di tutti questi fattori è stata che 1/3 del consumo di gas è assorbito dalla generazione d`energia elettrica e si prevede che questo valore sia destinato a crescere. In Europa nel 2010 è consumato 560,4 miliardi di m3 di gas, nel 2011 si è consumato circa 511 miliardi di m3 di gas che probabilmente saliranno nel 2020. Tutto ciò mentre il peso dell’Europa a livello globale è molto elevato: circa il 25 per cento dei consumi mondiali144

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La strategia di Gazprom nei confronti delle esportazioni verso il vecchio continente si sono sempre indirizzate sia verso la riduzione del rischio di transito, sia a far crescere la quantità delle esportazioni ad un prezzo concordato. Al fine di rendere più affidabili i flussi di gas verso l’Europa, Gazprom ha adottato una strategia basata su due importanti obbiettivi: da un lato, potenziare e consolidare il controllo sulle infrastrutture esistenti in Europa; dall’altro, diversificare le rotte mediante la costruzione di nuove infrastrutture.

La necessità da parte di Gazprom di rafforzare il controllo su tutti quei gasdotti costruiti in epoca sovietica è la conseguenza diretta della nascita di stati indipendenti nell’Europa orientale e nell’ex Unione Sovietica. In questo nuovo panorama internazionale Gazprom ha anche mirato al potenziamento delle infrastrutture esistenti, per incrementare la quantità esportate e rafforzare di

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V. Mazzaferri, Mercato del gas naturale, Roma, 2012, p.5, il documento è disponibile sul sito internet http://openarchive.univpm.it/jspui/bitstream/, consultato il 20/09/2018.

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Il protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale sottoscritto nella città giapponese di Kyoto l'11 dicembre 1997 da più di 180 Paesi. Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia. Il trattato prevede l'obbligo di operare una riduzione delle emissioni di elementi di inquinamento (biossido di carbonio ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di azoto idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 8% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 – considerato come anno base – nel periodo 2008-2013.

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Si veda a questo proposito il sito internet unfccc.int/resource/docs/convkp/kpeng.pdf/ consultato il 20/09/2018 .

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conseguenza il legame con gli Stati importatori. L’esempio più importante che ci permette di capire la strategia di Gazprom è l’aumento della capacità del gasdotto diretto in Italia, aumentando la portata da 31 a 37 Gmc nel 2009145.

Alla base del secondo obiettivo della strategia di Gazprom, ossia la diversificazione delle rotte di esportazione, vi sono state importanti questioni di natura tecnica ed economica: legate alla creazione di linee di esportazione separate che riducano le conseguenze di un eventuale incidente o di un attentato e di tracciati diversi che consentano di servire un numero più ampio di clienti, riducendo anche i rischi legati a una diminuzione della domanda in un singolo mercato e, più in generale, il potere di mercato di ciascun importatore. Infine, la diversificazione consente di ridurre gli oneri di passaggio pagati agli Stati di transito, introducendo la possibilità - almeno fino alla saturazione di tutte le tubature - di deviare una parte dei flussi sulla base della convenienza economica, o quantomeno di utilizzare questa possibilità in sede negoziale. Accanto alle ragioni tecnico-economiche, comunque importanti, hanno avuto un ruolo anche le motivazioni politiche e in particolare la volontà russa di piegare le resistenze di Ucraina e Bielorussia o quantomeno di ridurne il potere di “ricatto” politico.

Il piano per la diversificazione delle rotte di esportazione si è concentrato in più fasi di sviluppo delle infrastrutture di trasporto del gas russo dirette in Europa e ha finora portato alla realizzazione dei gasdotti di Yamal-Europa, Blue Stram, North Stream e una parte del South Stream.

Nel proseguimento dei propri obbiettivi in Europa, Gazprom ha fatto ampio ricorso al bilateralismo: i contratti di fornitura e lo sviluppo di infrastrutture hanno sempre visto un rapporto prioritario diretto tra Gazprom e alcune grandi Stati europei, soprattutto la Germania. Questo approccio, già adottato in epoca sovietica, è stato spesso indicato come parte di una strategia volta a dividere politicamente i paesi europei per ottenere migliori condizioni a favore di Gazprom e, in generale, per rafforzare la politica estera russa.

Nei fatti, il bilateralismo è stato dettato da ragioni contingenti ed è riconducibile in prima battuta a ragioni economiche e commerciali, visto che i mercati europei presentano potenzialità diverse. Grandi economie, come quella tedesca sono infatti in grado di generare una domanda significativa, costante e di lungo periodo. Investire prioritariamente nell’approvvigionamento di questi mercati è dunque innanzitutto una strategia necessaria per ripagare gli enormi costi degli

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M. Verda, Politica estera e sicurezza energetica. L'esperienza europea, il gas naturale e il ruolo della Russia, op.cit., Kindle Locations 1749-1757.

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investimenti infrastrutturali. Oltre alla stabilità e alla dimensione della domanda finale, un elemento importante della scelta di cooperare primariamente con le grandi economie dell’Europa occidentale è stata la possibilità di allargare la cooperazione al di là della semplice transazione commerciale. L‟accesso ai prodotti industriali (soprattutto macchinari), alle tecnologie e ai capitali occidentali ha nel tempo rappresentato una necessità di sviluppo per Gazprom. Il risultato è stato un crescente coinvolgimento delle imprese dei principali Stati importatori nei diversi livelli della filiera del gas, prima nelle infrastrutture di trasporto (midstream), poi nelle attività di produzione (upstream). Questo crescente coinvolgimento ha rappresentato per gli operatori europei una forma di garanzia circa l‟affidabilità di Gazprom come controparte, ma nello stesso tempo ha rafforzato la necessità di rapporti politici stabili e affidabili per ottenere garanzie sulla protezione dei capitali investiti, soprattutto alla luce delle innegabili diversità esistenti tra il contesto legale europeo e quello russo.

La cooperazione bilaterale nel campo energetico tra Mosca e l’Europa ha tradizionalmente rappresentato un importante strumento per allargare la cooperazione economica, in modo vantaggioso per entrambe le parti. La cooperazione nel settore energetico ha infatti creato le condizioni per l’affermarsi di interazioni anche in altri settori strategici. Un esempio in questo senso è quello del contratto siglato nel 2011 tra Mosca e Parigi. Il contratto prevedeva che la Francia fornisse quattro portaelicotteri d’assalto anfibio classe Mistral alla Marina russa del valore di 1,2 miliardi di euro146.

Sebbene l’accordo sia slegato dalle questioni energetiche è chiaro che la consolidata cooperazione tra Gazprom e i due colossi francesi EDF e GDF Suez, nonché la cooperazione tra i rispettivi governi su tematiche energetiche, ha creato le condizioni favorevoli per la conclusione del contratto di tornitura militare. In questa prospettiva bilaterale, il più stretto legame cercato dalla Russia con la Germania appare dettato soprattutto dalle dimensioni dell’economia tedesca, dalla maggior parte di gas del suo mercato e dalla particolare produzione industriale (macchinari) che caratterizza il settore manifatturiero tedesco e che risponde alle esigenze russe. Accanto a questi fattori, è indubbio che l‟aspetto geografico e quello della tradizione storica abbiano avuto un peso non trascurabile, ma comunque secondario rispetto all’interesse economico russo.

Guardare all’approccio bilaterale di Gazprom solo come ad un elemento della strategia russa sarebbe tuttavia fuorviante: un elemento essenziale della natura bilaterale dei rapporti russo-europei risiede infatti nella sostanziale divergenza degli interessi dei diversi Stati europei.

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M. Trevelyan, Russia, France Sign Mistral Helicopter Carrier Deal, 17 giugno 2011. L’articolo è disponibile sul sito internet http://www.reuters.com/article/2011/06/17/russiafrance-mistral-idUSLDE75G1K520110617, consultato il 20/09/2018

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Indipendentemente da quanto l‟unità politica europea sia desiderabile, l‟esistenza di sistemi politici ed economici diversi determina l‟esistenza di interessi specifici a ciascuno Stato.

In ultima analisi, nell’attuale contesto esiste una strutturale impossibilità per un‟organizzazione internazionale come l’Unione Europea di assumere decisioni vincolanti in grado di bilanciare gli interessi inevitabilmente divergenti degli Stati europei. Questo preclude la possibilità di ripensare i rapporti con Gazprom in chiave unitaria, almeno nell’attuale quadro istituzionale. Resta, comunque, aperta la valutazione di quale sia l’elemento prevalente, ossia se la strategia di Gazprom sia più una scelta politica ed economica deliberata da parte russa o sia più una necessità dettata dalla frammentazione politica europea147.

Nel complesso, è probabile che a spingere i leader politici russi verso un rafforzamento dei rapporti bilaterali con i principali Stati europei sia stata più l’assenza di interlocutori politicamente rilevanti a livello sovranazionale che non una strategia di divisione volontaria di un presunto fronte europeo, fronte che alla prova dei fatti ha dimostrato di non essere strutturato.

Nel 2010, infatti, più della metà (54,1 per cento) dei consumi interni lordi di energia dell'Unione Europea era coperta dalle importazioni. Le previsioni per il prossimo futuro parlano di una dipendenza dell'Unione Europea dalle importazioni di energia che raggiungerà nel 2030 il 67 per cento, e il gas naturale sarà importato per l’84 per cento. I Paesi da cui l'Unione Europea importa energia sono leggermente cambiati negli ultimi anni: la Russia, che ha mantenuto la sua posizione di principale fornitore di petrolio greggio e di gas naturale, è diventata anche il suo principale fornitore di carbone ma la quota di gas russo importato dall'Unione Europea è calata dal 45,1 per cento al 31,8 per cento tra il 2003 e il 2010, mentre la quota del Qatar è passata da meno dell'1 per cento all' 8,6 per cento148. La sicurezza dell’approvvigionamento di energia dell’Unione Europea può essere messa a rischio se le importazioni provengono in larga misura da un numero ridotto di Paesi. Quasi tre quarti delle importazioni dell’Unione Europea di gas naturale provenivano negli ultimi tra anni da Russia, Norvegia o Algeria.

147 M. Verda, Politica estera e sicurezza energetica. L'esperienza europea, il gas naturale e il ruolo della Russia, op. cit., Kindle Locations 1901-1915.

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Dati di Eurostat, Produzione e importazioni di energia, dati di agosto 2012, si veda a questo proposito il sito internet http://ec.europa.eu/energy/observatory/countries/countries_en.htm consultato il 20/09/2018.

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Principali paesi di provenienza delle importazioni di gas 2002-2010 Gas Naturale 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Russia 45 45,1 43,8 40,6 39,3 38,4 37,6 34,3 31,8 Norvegia 26,2 25,3 24,9 24,4 25,5 28,2 28,9 30,7 28,2 Algeria 21,2 20 18,2 18 16,4 15,4 14,7 14,2 14,4 Qatar 0,9 0,7 1,4 1,6 1,8 2,2 2,2 4,6 8,6 Nigeria 2,2 3,1 3,7 3,5 4,3 4,7 4 2,4 3,6 Libia 0,3 0,3 0,4 1,7 2,5 3 2,9 2,9 2,8 Trinidad e Tobago 0,2 0 0 0,2 1,3 0,8 1,6 2,2 1,5 Egitto 0 0 0 1,6 2,5 1,8 1,7 2,1 1,3 Turchia 0 0 0 0 0 0 0,1 0,2 0,2 Altri 4,1 5,3 7,5 8,4 6,4 5,5 6,2 6,5 7,7

(% delle importazioni da paesi extra UE) Fonte: Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu.

Più della metà dell'energia consumata nell'Unione Europea proviene dunque per la maggior parte dalla Russia. Nel novembre 2008 la Commissione europea ha adottato il secondo riesame strategico della politica energetica nel quale ha affrontato la questione su come conseguire l'obiettivo di ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di energia, migliorando così la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e diminuendo le emissioni di gas ad effetto serra. Il riesame ha incoraggiato la solidarietà tra gli Stati membri in campo energetico, ha proposto un piano d'azione finalizzato a garantire la sicurezza delle forniture di energia sostenibile e ha adottato una serie di proposte in materia di efficienza energetica volte a conseguire risparmi energetici in settori chiave quali l'edilizia e i prodotti ad alto consumo energetico. Sulla scia della crisi del gas tra Russia e Ucraina del gennaio 2009, il quadro legislativo in materia di sicurezza dell'approvvigionamento è stato sottoposto a revisione e nel settembre 2009 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato la direttiva 2009/119/CE che impone agli Stati membri l'obbligo di mantenere un livello minimo di

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scorte di petrolio greggio. Tali misure per il mercato del gas e del petrolio sono dirette ad assicurare che le parti in causa adottino provvedimenti adeguati per attenuare le conseguenze di eventuali interruzioni di forniture. È infatti stato instituito un meccanismo di coordinamento per permettere ai Paesi membri di reagire con immediatezza e in maniera uniforme in situazione di emergenza.

Nel settembre 2011 la Commissione europea ha pertanto adottato la comunicazione “La politica energetica dell'Unione Europea: un impegno con i partner al di là delle nostre frontiere” in cui si è delineata una strategia di cooperazione al di là delle frontiere dell’Unione Europea al fine di garantirne l’approvvigionamento energetico e promuoverne gli obiettivi in questo campo. Tale strategia si articola in quattro obiettivi principali: rafforzare la dimensione internazionale del mercato energetico interno dell’Unione Europea; rafforzare i partenariati per un’energia sicura, sostenibile e concorrenziale; migliorare l’accesso all’energia sostenibile per i Paesi in via di sviluppo; promuovere meglio le politiche dell’Unione Europea oltre i suoi confini149.

Nel novembre 2010 la Commissione europea ha adottato un’iniziativa dal titolo “Energia 2020 - Una strategia per un'energia competitiva, sostenibile e sicura”. La strategia definisce le priorità in campo energetico per un periodo di dieci anni e stabilisce le iniziative da adottare per far fronte a varie sfide, tra cui la creazione di un mercato caratterizzato da sicurezza dell'approvvigionamento e da prezzi competitivi, il consolidamento della leadership tecnologica e l'efficace negoziazione con i partner internazionali150. Nello stesso mese la Commissione europea