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Le infrastrutture di importazione europee

1 Geopolitica ed energia

2.2 Le infrastrutture di importazione europee

I paesi europei presentano notevoli differenze in termini di consumo totale di gas, dipendenza dalle importazioni e nell’impiego del gas come fonte di produzione dell’energia elettrica. Le varie divergenze strutturali, alle quali va aggiunto il fattore derivante dalla collocazione geografica, si traducono in scelte diverse sia sul piano delle sicurezza energetica, sia nelle relazioni internazionali in generale.

Se analizziamo le direttrici di approvvigionamento e la loro influenza sulla sicurezza energetica, osserviamo come la presenza di quattro direttrici permetta non solo una differenzazione importante, ma garantisca anche effetti positivi all’approvvigionamento europeo. Ne consegue quindi che i rischi relativi alla sicurezza dei flussi siano collegati solamente all’adeguatezza delle infrastrutture e non alla quantità di gasdotti e oleodotti presenti sul suolo europeo.

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La prima direttrice di importazione è quella che da Sud si estende verso Nord. Il Nord Africa ha grandi riserve di idrocarburi e negli anni Settanta le trivellazioni petrolifere portarono alla scoperta di importanti giacimenti di gas. L’Europa, e in particolar modo l’Italia, fin dagli anni Settanta esportano da Libia, Algeria ed Egitto un quantitativo di gas pari circa ad un quarto del proprio fabbisogno energetico69.

Il gas naturale viene importato in Europa seguendo quattro direttrici di importazione (Fig. 2.1)70. Figura 2.1 Le quattro direttrici di importazione.

I gasdotti che dal Nord Africa raggiungono l’Europa sono il GreenStream con una capacità annua di 10 Gmc e collega la Libia all’Italia, il Transmed “Enrico Mattei”, con una capacità di 30 Gmc all’anno e che permette di trasportare il gas dall’Algeria all’Italia, il Gaz Maghreb Europe da 12 Gmc e il Medgaz, che collegano l’Algeria a Spagna e Portagllo il primo, mentre il secondo collega Algeria e Spagna. Esiste poi una rete di impianti di liquefazione in Algeria, Egitto e Libia, utilizzate esclusivamente per gli scambi con l’Europa e regolamentata da contratti di lungo periodo. La capacità di importazione lungo la prima direttrice è destinata a crescere nel tempo. In particolare, entro il 2020 si prevede un aumento de 50% della produzione algerina, arrivando a 120 Gmc l’anno,

69 BP 2011 Statistical Review of World Energy, giugno 2011, pp. 20-21, il documento è disponibile sul sito internet bp.com/statisticalreview.

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Le importazioni a cui ci si riferisce qui sono quelle provenienti dai paesi esterni all’UE. I commerci tra i membri dell’UE non sono in questo caso presi in considerazione.

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di questi la maggior parte sarà destinata al mercato europeo nonostante l’aumento dei consumi interni. Più problematico e incerto è lo sviluppo di Egitto e Libia: nel primo caso infatto la domanda interna in forte crescita assorbirà tutta la produzione di gas, mentre nel secondo il problema è la possibile instabilità politica interna se.

La seconda direttrice, una delle più importanti, è quella che si estende da Est verso Ovest. Lo sviluppo di questa rete di gasdotti è risalente all’Unione Sovietica, e venne realizzata per collegare i membri del Comecon e alcuni Paesi Occidentali, Germania e Italia in primis,. Tale rete nei decenni successivi la dissoluzione dell’Urss, ha sempre permesso all’Europa di garantirsi in modo affidabile l’approvvigionamento di gas.

Gli attuali gasdotti che collegano la Federazione Russa ai mercati europei sono Yamal-Europa con una capacità di 33 Gmc annui, che porta il gas attraverso la Bielorussia e la Polonia alla Germania, il Druzhba e il Soyuz da 100 Gmc annui, che collegano l’Ucraina e la Slovacchia e dal 2011 il Nord Stream 25 Gmc annui, che dalla città russa di Vyborg arriva a quella tedeaca di Greifswald, passando sul fondo del Mar Baltico71. Queste appena descritte sono le principali linee di approvvigionamento della seconda direttrice, tuttavia esistono linee minori che trasportano il gas russso in Ungheria, Romania, Lituania, Estonia attraversano Ucraina, Bielorussia e Moldavia. Infine c’è il collegamento diretto tra Russia e Finlanda.

In propsettiva, la direttrice proveniente da Est potrebbe ampliarsi anche ad altri Stati oltre alla Russia anche ai Paesi del Caucaso meridionale. Alcuni progetti internazionali (Nabucco, Tap e Itgi) mirano a diversificare la provenienza e le rotte delle importazione in Europa lungo la direttrice Est-Ovest. Nei successivi capitoli vedremo come questi progetti sono un’alternativa concreta al gas russo e come il territorio caucasico e il Mar Caspio diventino sempre più importantanti per la sicurezza energetica europea, soprattutto dopo la crisi russo-ucraina del 2006.

La terza direttrice è quella settentrionale. Le importanti scoperte effettuate negli anni Settanata nel Mare del Nord, non interesso solamente i Paesi rivieraschi oggi parte dell’Ue (Paesi Bassi, Regno Unito e Danimarca) ma anche la Norvegia, tanto più che cospicui giacimenti di gas e petrolio sono stati infividuati all’interno della zona economica eclusiva di Oslo. La Norvegia a differenza del Regno Unito, ha pochi milioni di abitanti e quindi un mercato interno che richiede solo una piccola parte del gas estratto. Per tali motivi il governo norvegese ha deciso di creare line di trasporto verso i paesi dell’Europa continentale. Inizialmente l’investimento ha riguardato

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La capacità annua del Nord Stream è indicata come 27,5 GMC. In assenza di dati precisi ed ufficiali, per adottare un dato di riferimento standard che corrisponde a 24,7 GMC si è preso come riferimento il potere calorifico lordo delle importazioni tedesche che corrisponde a 37,66 MJ/mc

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solamente il petrolio e solamente negli anni 2000 è stato esteso al gas naturale. Questa direttrice rappresenta un’alternativa alle altre, tuttavia, nonostante la stabilizzazione dei giaicmenti, non garantisce una completea sicurezza energetica.

La quarta ed ultima direttrice è quella del GNL proveniente da territori lontani e riguarda circa il 20% delle importazioni europee, importate attraverso metaniere. Tale approvvigonamento è regolato da contratti di fornitura di lungo periodo, garantendo in questo modo una maggiore diversificazione delle direttrici dell’approvvigionamento. La maggior parte delle forniture di GNL arriva da tre paesi: Qatar (34 Gmc), Nigeria (15 Gmc) e Trinidad e Tobago (6) Gnc.

L’intero volume di GNL importato in Europa, per quanto significativo, è molto inferiore a quanto le infrastrutture già esistenti consentirebbero. Nel 2010 l’UE ha importato la metà dei volumi che potrebbe ralemte importare. Il sottoutilizzo è da ricondurre in larga parte agli effetti che i contratti take-or-pay72 delle importazioni via tubo hanno sui mercati europei. Le imprese che hanno stipulato tali contratti sono infatti vincolate al raggiungimento dei minimi contrattuali. Tale procedura lascia poco spazio agli acquisti spot73, che in questo momento avendo un prezzo di mercato inferiore sono più convenienti.

La capacità di rigassificazione non utilizzata pari al 15% dei consumi europei, rappresentata tuttavia un importante fattore di rafforzamento della sicurezza energetica europea. In caso infatti di emergenza, sarebbe possibile aumentare il tasso di utilizzo degli impianti di rigassificazione per comepensare i minori flussi di entrata su un gasdotto. Questa funzione di armonizzatore da parte degli impianti di rigassificazione viene però limitata da una serie di fattori. Il primo è che sul mercato internazionale sono disponibili grandi volumi da indirizzare in base alle immediate esigenze dei Paesi. Inoltre l’attuale capacità di liquefazione disponibile nei paesi produttori è

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Gli accordi del primo tipo sono quelli prevalenti: stipulati dagli operatori del midstream con le compagnie di produzione, sono caratterizzati da una lunga durata (in genere 20-25 anni) e dalla clausola che l’acquirente, in cambio della garanzia della fornitura, sottoscrive l’acquisto, impegnandosi al pagamento, anche in caso di flessione della domanda di gas. Questi contratti nascono negli anni ’60, in un quadro in cui le compagnie di produzione avevano la necessità di ripagare gli investimenti fatti per la realizzazione dei gasdotti. In questa tipologia di contratti il prezzo del gas legato principalmente all’andamento del prezzo del petrolio. Questo perché l’utilizzo del gas, inizialmente, era legato alla sostituzione di altri combustibili derivati dall’ “oro nero” (gasolio per il riscaldamento e olio combustibile per gli usi industriali e termoelettrici).

Si veda il sito http://www.gruppohera.it/gruppo/com_media/dossier_gas/articoli/pagina71.html, consultato il 09/07/2018.

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I contratti spot, invece, hanno una durata limitata (annuale o inferiore) e i prezzi sottoscritti non sono legati al petrolio, ma si basano sulla dinamica domanda-offerta, in un contesto globale in cui il gas è andato “rubando” fette di mercato sempre maggiori al petrolio e al carbone, trasformandosi da prodotto complementare a valida alternativa, anche in ragione del suo minore impatto sull’inquinamento in atmosfera. Tali contratti sono nati più di recente rispetto ai take or pay e occupano quindi uno spazio ancora ridotto nel mercato, anche se crescente, e si sottoscrivono negli hub.

Si veda in merito il sito http://www.gruppohera.it/gruppo/com_media/dossier_gas/articoli/pagina71.html, consultato il 10/07/2018

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abbondante, ma con l’aumento della domanda monidale – in primis quella cinese – questa situazione è destinata a venir meno nel giro di pochi anni. Il secondo fattore che limita il ruolo di compensazione dei rigassificatori è che la capacità non utilizzata si concentra solo in alucuni Paesi membri. Come sappiamo la lentezza nel creare un mercato unico dell’energia ha provocato anche un rallentamento delle interconnessioni interne tra i vari Paesi europei. Tradotto in possibilità di rigassificazione vuol dire che solamente i paesi che hanno già un interconnessione potranno beneficiare di questo surplus energetico e garnatirsi una sicurezza energetica.