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Il Curatore è l’organo propulsore della procedura fallimentare63 a cui la legge affida

l’amministrazione, la conservazione (sia materiale che giuridica) e la liquidazione del patrimonio del debitore.

Come già anticipato, l’art. 31 l.f. delinea i termini generali dell’attività del Curatore, attribuendo allo stesso la gestione del patrimonio fallimentare e la possibilità di compiere tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del Giudice Delegato e del Comitato dei Creditori.

Ad integrazione di tale disposizione vi è l’art. 35 l.f. rubricato proprio “Integrazione dei poteri del Curatore”.

La lettura combinata delle norme sopra menzionate investe il Curatore di poteri amministrativi del patrimonio fallimentare sia di carattere ordinario che straordinario. Gli atti definibili di ordinaria amministrazione sono identificati nelle operazioni di gestione corrente, volte alla conservazione e/o al miglioramento del patrimonio, i quali possono essere compiuti dal Curatore in piena autonomia, liberamente.

Alla propria libertà di amministrazione del patrimonio (art. 31 l.f.) il Curatore vede porsi dei limiti, configurabili come atti di straordinaria amministrazione, previsti dall’art. 35 l.f., per il compimento dei quali il legislatore ha richiesto preventiva autorizzazione da parte del Comitato del Creditori.

Sono atti di straordinaria amministrazione quelle attività con un tasso di rischio elevato, le quali possono modificare l’integrità del patrimonio costituente la massa attiva fallimentare. Entrando nel dettaglio, l’art. 35 al comma 1 disciplina quali atti di straordinaria amministrazione: Le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni e l'accettazione di eredità e donazioni.

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Per il compimento delle operazioni di cui sopra è necessario che il Curatore ottenga opportuna autorizzazione da parte del Comitato dei Creditori, inoltre nel richiederla il Curatore deve formulare proprie conclusioni circa la convenienza della proposta64. Sul

punto è necessario far presente che il Curatore della procedura fallimentare, a differenza dell’amministratore di società in bonis, è sottoposto ad un sindacato di opportunità del proprio operato, dovendo render conto altresì della convenienza delle proprie azioni e dei risultati conseguiti, osservando non solo l’obbligo di corretta amministrazione, bensì anche quello di soddisfacente amministrazione, a pena di revoca, anche su richiesta del comitato dei creditori.65

All’interno dell’art. 35 l.f. è poi configurabile un’ulteriore distinzione, tra atti il cui valore supera l’importo di euro 50.000 ed atti con valore inferiore.

Quanto sopra è desumibile dalla lettura del comma 3 art. 35, dove in caso di atti di straordinaria amministrazione il cui peso è superiore ad euro 50.000 (e per transazioni di qualsivoglia valore) vi è l’obbligo per il Curatore di informare il Giudice Delegato, salvo il caso in cui tali atti siano già stati autorizzati dal medesimo Giudice ai sensi dell’articolo 104ter, comma 8 l.f..

Analizzando le disposizioni dell’art. 35 è possibile concludere che al Comitato dei Creditori spetta un controllo di merito sulle scelte gestorie del Curatore, valutandone l’opportunità, mentre al Giudice Delegato compete la vigilanza sulla legittimità dell’operato, verificandone la conformità al disposto normativo.66

Tale attività autorizzativa prevista dal legislatore, circoscritta agli atti definibili di straordinaria amministrazione, è destinata a rimuovere un limite all’esercizio di una facoltà e di un potere di cui il Curatore fallimentare è investito, infatti, come da orientamento

64 Art. 35 comma 2 R.D. n. 267 del 16 marzo 1942: “(Integrazione dei poteri del curatore)

Nel richiedere l'autorizzazione del comitato dei creditori, il curatore formula le proprie conclusioni anche sulla convenienza della proposta”.

65 Cfr. Abete L., Del curatore in Il nuovo diritto fallimentare, ZANICHELLI EDITORE, 2006. 66 Cagnasso O. e Panzani L., Crisi d’impresa e procedure concorsuali – Tomo I, UTET, 2016.

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consolidato, l’eventuale compimento di atti in mancanza di autorizzazione dovuta è causa di annullabilità dell’atto e non di nullità. L’annullabilità può essere fatta valere solo dall’amministrazione fallimentare, ai sensi dell’art. 1441 c.c.67, e non dal terzo contraente.68

Il singolo creditore e, più in generale, ogni altro soggetto portatore di un interesse coinvolto nel procedimento diretto al compimento dell’atto viziato, non è legittimato ad esperire l’azione di annullamento, ma può proporre reclamo endoconcorsuale avverso l’atto viziato affinché, accertata in sede concorsuale l’esistenza del vizio, l’organo di gestione della procedura si attivi per rimuovere il negozio, esercitando all’uopo l’azione di annullamento, resa doverosa dall’accoglimento del reclamo.69

In ogni caso il Curatore ha sempre la piena titolarità dell’atto di straordinaria gestione, sebbene autorizzato dal Comitato dei Creditori, ne consegue che lo stesso può sottrarsi al compimento dell’atto autorizzato, sulla scorta di una valutazione ex post, pur nella consapevolezza della propria responsabilità e della possibilità di esser revocato dall’incarico.70

Strettamente connesso al potere di amministrazione è il potere di rappresentanza processuale.

Secondo le disposizioni dettate dall’art. 31 al comma 2 l.f. (previste, inoltre, all’interno dell’art. 25 comma 1, n.6 l.f. “Poteri del Giudice Delegato) il Curatore non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del Giudice Delegato, fatta eccezione per alcuni particolari casi, opportunamente individuati nel comma, quali: materia di contestazioni, di tardive

67 Art 1441 Codice civile.: “(Legittimazione)

L'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.

L'incapacità del condannato in istato di interdizione legale può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse”.

68 Cassazione civile, sezione V, sentenza n. 13242 del 26 giugno 2015. 69 Tribunale Campobasso, 3 novembre 2016 in www.ilcaso.it.

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dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento, nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore.

L’autorizzazione che il legislatore richiede deve essere rilasciata dal Giudice per ogni stato e grado del giudizio, mentre è di competenza del Curatore la nomina del legale.

La potestà autorizzativa in capo al Giudice Delegato è circoscritta alla sola fase decisionale dell’iniziativa processuale; l’eventuale successiva rinuncia o transazione del giudizio è rimessa alla valutazione del Comitato dei Creditori che rilascia l’autorizzazione.71

Inoltre, l’autorizzazione è rilasciata non alla persona del Curatore ma all’organo della Curatela, con la conseguenza che anche in caso di sostituzione il nuovo Curatore deve attenersi al regime autorizzativo.72

È pacifico in dottrina che la mancanza di autorizzazione da parte del Giudice Delegato, affinché il Curatore svolga attività processuale, è suscettibile di sanatoria, con effetto ex

tunc, anche mediante successiva autorizzazione in corso di causa.

L’autorizzazione in oggetto rappresenta, quindi, una mera condizione di efficacia per l’esercizio da parte del Curatore delle prerogative processuali, con conseguenza che il difetto o il vizio originario dell’autorizzazione possono essere sanati con efficacia retroattiva.73

Le osservazioni appena presentate si applicano anche alle autorizzazioni sopra analizzate rilasciate dal Comitato dei Creditori.

71 Calvosa L., Giannelli G., Guerrara F., Paciello A. e Rosapepe R., Diritto fallimentare. Manuale breve (Terza

edizione), GIUFFRE’ EDITORE, 2017.

72 Maffei Alberti A., Commentario breve alla legge fallimentare, CEDAM, 2013. 73 Sull’argomento si confronti:

Cassazione civile, sezione I, sentenza n. 19528 del 29 settembre 2004; Cassazione civile, sezione I, sentenza n.16608 del 15 luglio 2010; Cassazione civile, sezione VI, sentenza n. 2483 del 1 febbraio 2013.

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Ultima disposizioni inserita nell’art. 31 è quella relativa al divieto per il Curatore di assumere le vesti di avvocato nei giudizi del fallimento74.

Tale impossibilità deve essere vista sia per i Curatori che esercitano l’attività di avvocato, sia, nei processi tributari, per i soggetti appartenenti alle altre categorie professionali quali dottori commercialisti o ragionieri.75

La ratio di tale norma va ricercata nel rischio che il Curatore possa trascinare il fallimento in giudizi non necessari, al solo scopo di reperire ulteriori guadagni assumendo la veste di difensore.76

L’orientamento presentato, dettato dalle disposizioni attualmente in vigore, viene in toto riproposto all’interno del Codice della crisi di impresa, art. 128 rubricato “Gestione della procedura” ed art. 132 “Integrazione dei poteri del curatore”.

La futura disciplina però prevede una significativa aggiunta, l’art. 128 al comma 3 detta: “Il curatore può tuttavia assumere la veste di difensore, se in possesso della necessaria

qualifica nei giudizi avanti al giudice tributario quando ciò è funzionale ad un risparmio per la massa”.

Eccezione giustificata all’interno della relazione illustrativa al decreto dal riferimento a giudizi per i quali è importante una compiuta conoscenza della situazione contabile e delle vicende economiche dell’impresa fallita.

La relazione specifica che la scelta di non avvalersi di un difensore terzo ha comunque come presupposto quello di contribuire alla riduzione dei costi della procedura e cioè che essa sia funzionale ad un risparmio per la massa.

74 Art. 31 comma 3 R.D. n. 264 del 16 marzo 1942: “Gestione della procedura)

Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento”.

75 Cassazione civile, sezione V, sentenza n. 18419 del 13 settembre 2004.

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Ulteriore disposizione che si ritiene opportuno osservare è quanto normato all’interno dell’art. 32 l.f. “Esercizio delle attribuzioni del curatore”, riprodotto all’interno dell’art. 129 CCII.

La norma, dopo aver sancito il principio generale della personalità ed intrasmissibilità delle attribuzioni del Curatore, contempla due figure di possibili ausiliari dell’organo fallimentare: il delegato ed il coadiutore.

L’art. 32, al comma 1 disciplina: Il curatore esercita personalmente le funzioni del

proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del

comitato dei creditori, con esclusione degli adempimenti di cui agli

articoli 89, 92, 95, 97 e 104 ter. L'onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore”.

È quindi prevista la possibilità di nominare un soggetto che svolga funzioni proprie del Curatore in luogo del medesimo, previa autorizzazione del Comitato dei Creditori. La delega ha carattere temporaneo e ha ad oggetto specifiche attività.77

La legge dispone però particolari adempimenti che il Curatore deve svolgere personalmente:

- art. 89 “Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio”: redazione e deposito nella cancelleria del Tribunale dell’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l’elenco di coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari su cose in possesso o nella disponibilità del fallito, con indicazione dei titoli relativi;

- art. 92 “Avviso ai creditori ed agli interessati”: comunicazione ai creditori ed ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, della possibilità di partecipare al concorso, attraverso domanda di ammissione art. 93

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L.F., nonché della data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui far pervenire le domande;

- art 95 “Progetto di stato passivo e udienza di discussione”: Esame delle domande di insinuazione pervenute, redazione del progetto di stato passivo e relativi adempimenti correlati.

- art. 97 “Comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo”: comunicazione dell’esecutività dello stato passivo a tutti i ricorrenti;

- art. 104ter “Programma di liquidazione”: redazione del piano di liquidazione da presentare al Comitato dei Creditori.

Trattasi di compiti che più marcatamente contraddistinguono l’attività del Curatore, sicché se fossero delegabili si vanificherebbe, di fatto, la potestà di nomina dell’organo gestorio della procedura che l’ordinamento demanda al Tribunale.78

Il delegato, per le operazioni a lui specificatamente attribuite, sostituisce temporaneamente il Curatore, questo fa sì che egli acquisisca la qualifica di pubblico ufficiale per le sole funzioni a lui assegnate.

Lo stesso deve inoltre intendersi quale organo che agisce nell’interesse del Curatore, pertanto si giustifica la remissione all’organo gestorio della procedura fallimentare non solo della nomina ma anche della revoca del delegato, che avverrebbe laddove venisse meno il rapporto fiduciario.79

Il compenso del delegato è liquidato dal Giudice e viene determinato con gli stessi criteri previsti ex lege per la determinazione dell’emolumento spettante al Curatore ed incide sullo stesso.

78 Cagnasso O. e Panzani L., Crisi d’impresa e procedure concorsuali – Tomo I, UTET, 2016. 79 Monteleone M., Curatore fallimentare, IPSOA, 2017.

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Il comma 2 dell’art. 32 delinea poi la figura del coadiutore: “Il curatore può essere

autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità. Del compenso riconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore”.

Il Curatore può nominare soggetti che lo affianchino nello svolgimento del proprio incarico, magari relativamente a materie per le quali sono richieste conoscenze che il egli non è tenuto ad avere.

Mentre il delegato agisce nell’interesse del Curatore compiendo operazioni di sua competenza, il coadiutore svolge attività tecniche strumentali rispetto a quelle proprie della Curatela.80

L’eventuale presenza di un coadiutore risponde all’interesse oggettivo della procedura, ragion per cui spetta al Comitato rilascia autorizzazione per la nomina.

Il compenso del coadiutore deve essere determinato in base ai criteri generali previsti per chi presta la propria attività a favore dell’autorità giudiziaria, questo non verrà detratto dal compenso del Curatore, ma se ne dovrà tener conto al momento della liquidazione. Il fallito, come dispone pianamente il secondo comma dell’art. 32 l.f, può assumere l’incarico di coadiutore del Curatore, attività per la quale avrebbe diritto ad un compenso ed al ristoro delle spese anticipate, salvo che egli svolga il ruolo di custode dei beni appresi all’attivo fallimentare. Per la suddetta attività si è escluso, ai sensi dell’art. 559, 1° comma c.p.c.81, che egli abbia diritto a qualsivoglia forma di remunerazione.

Nel rispetto della funzione che la disciplina della crisi di impresa contenuta nel nostro ordinamento attribuisce al fallimento, quale procedura giudiziaria che si caratterizza per il

80 Monteleone M., Curatore fallimentare, IPSOA, 2017.

81 Art. 559, comma 1, Codice di procedura civile: “(Custodia dei beni pignorati)

Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze, e i frutti senza diritto a compenso.”

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fatto che il patrimonio dell’imprenditore insolvente viene sottratto all’amministrazione ed al potere di disposizione dello stesso e viene destinato, previa reintegrazione e liquidazione, al soddisfacimento dei creditori82 con riguardo il principio cardine della par condicio

creditorum, e visti i fin qui esposti caratteri generali e poteri propri della figura del Curatore

Fallimentare, è possibile concludere, in estrema sintesi schematica, che nell’esercizio del proprio incarico lo stesso svolga le seguenti attività:

- attività di acquisizione dell’attivo del debitore fallito;

- attività liquidatoria dei beni acquisiti alla massa attiva fallimentare; - attività di accertamento del passivo;

- attività di ripartizione delle risorse ottenute dall’attività di liquidazione; - attività referente,

Di seguito se ne illustrano brevemente i caratteri principali.

L’attività di acquisizione dell’attivo

Il Capo IV della Legge Fallimentare è intitolato “Della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari” (Capo II Codice della crisi di Impresa e dell’insolvenza). Al suo interno sono contenute le norme che definiscono le regole cautelative, organizzative ed ordinatorie cui il Curatore deve attenersi per apprendere ed amministrare le attività fallimentari in attesa della loro liquidazione.

Dopo l’accettazione della carica, il Curatore deve celermente procedere all’identificazione della composizione dell’attivo fallimentare, volta all’acquisizione dello stesso.

L’art. 42 l.f. disciplina: “La sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito

dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”

82 Calvosa L., Giannelli G., Guerrara F., Paciello A. e Rosapepe R., Diritto fallimentare. Manuale breve (Terza

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Uno dei principali effetti patrimoniali determinato dalla dichiarazione di fallimento è lo spossessamento in capo al debitore, questo infatti è il mezzo attraverso il quale l’ordinamento attua coattivamente la destinazione della massa attiva al soddisfacimento esclusivo dei creditori concorrenti.83

Il debitore, infatti, per effetto della dichiarazione di fallimento viene privato della propria capacità di amministrare i suoi beni, senza però perderne la titolarità, almeno fino al momento in cui questi non vengono liquidati.

La limitazione dei poteri del fallito risponde unicamente all’esigenza di conservare il patrimonio del debitore e di consentirne la piena amministrazione agli organi della procedura, senza alcuna finalità sanzionatoria.84

In virtù del principio generale di cui sopra, una delle prime attività che il Curatore deve svolgere è l’apposizione dei sigilli, seguendo i dettami dall’art. 84 l.f..

Le disposizioni in materia di apposizione dei sigilli, relativamente al futuro procedimento di liquidazione giudiziale, sono regolate nell’art. 193 Codice della crisi di impresa. Non vi sono grandi elementi di differenza tra attuale e futura normativa, unica questione che merita una piccola osservazione è relativa al tenore della norma.

L’art. 84 l.f. detta un ordine/obbligo che grava sul Curatore, tanto che la mancata apposizione dei sigilli può comportare la revoca dello stesso per giustificati motivi, mentre il CCII impone al Curatore l’obbligo di ricognizione dei beni, lasciando alla propria libera decisione l’apposizione dei sigilli.

Sono comunque esclusi dalla procedura di apposizione dei sigilli, su disposizioni di legge: - I beni esenti ai sensi dell’art. 758 c.p.c.85;

83 Calvosa L., Giannelli G., Guerrara F., Paciello A. e Rosapepe R., Diritto fallimentare. Manuale breve (Terza

edizione), GIUFFRE’ EDITORE, 2017

84 Nigro A. e Vattermoli D., Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, IL MOLINO, 2014. 85 Art. 758 Codice di procedura civile: “(Cose su cui non si possono apporre i sigilli e cose deteriorabili)

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- I beni che per legge vengono sottratti alla procedura concorsuale ai sensi dell’art. 46 l.f. (art. 146 CCII);86

- I beni per i quali è previsto l’obbligo di consegna al Curatore, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 86 l.f. (art. 194 CCII), quali il denaro contante, le cambiali e altri titoli, compresi quelli scaduti.

Il Curatore rimuove i sigilli per procedere con l’inventario.

L’inventario è l’atto fondamentale attraverso il quale il Curatore individua, elenca, descrive e valuta i beni della massa87, diventandone così responsabile per la custodia88, senza però

assoggettarli al vincolo fallimentare, già verificatosi con la sentenza dichiarativa di fallimento.

Sono inventariati i beni del debitore (ivi compresi i beni nel possesso di terzi, i quali peraltro non saranno tenuti a farne consegna al Curatore qualora il possesso derivi da un titolo a questi opponibile), nonché i beni nel possesso del debitore e sui quali un terzo vanti diritti

Se vi sono oggetti sui quali non è possibile apporre i sigilli, o che sono necessari all'uso personale di coloro che abitano nella casa, se ne fa descrizione nel processo verbale.

Delle cose che possono deteriorarsi, il giudice può ordinare con decreto la vendita immediata, incaricando un commissionario a norma degli articoli 532 e seguenti.”

La norma si riferisce alle ipotesi in cui vi siano oggetti sui quali non è possibile apporre i sigilli o che sono necessari all'uso personale di coloro che abitano nella casa.

86 Art. 46 R.D. n. 267 del 16 marzo 1942: “(Beni non compresi nel fallimento)

Non sono compresi nel fallimento:

1. i beni ed i diritti di natura strettamente personale;

2. gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività, entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; 3. i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i

frutti di essi, salvo quanto è disposto dall'articolo 170 del codice civile; 4. le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

I limiti previsti nel primo comma, n. 2), sono fissati con decreto motivato del giudice delega to che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia ”.

87 Cassazione civile, sezione II, sentenza n. 17605 del 4 settembre 2015.

88 Art. 88 R.D. del 16 marzo 1942 n. 267: “(Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore)

Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.

Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici registri”.

Le presenti disposizioni sono riportate nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza all’interno dell’art. 197.

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reali o personali (a meno che non sia in grado di ottenere l’immediata restituzione in quanto si tratta di diritti chiaramente riconoscibili).89

Gli art.li 87 e 87bis l.f. (art.li 195 e 196 CCII) dettano le procedure da seguire per redigere l’inventario, richiamando l’applicazione di alcune norme del Codice di procedura civile, per quanto compatibili.

L’inventario viene comunque redatto in forma di processo verbale dal Curatore con l’assistenza del Cancelliere e, occorrendo, con l’ausilio di uno stimatore. Questo quale atto