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La relazione particolareggiata può essere definita notizia di reato?

DELLA RELAZIONE PARTICOLAREGGIATA

4.1 La relazione particolareggiata quale veicolo informativo per fattori rilevanti ai fini penal

4.1.2 La relazione particolareggiata può essere definita notizia di reato?

La notizia di reato costituisce il presupposto dal quale prende avvio l’iter investigativo236 diventandone il fulcro e viene usualmente definita come l’informazione,

scritta od orale, avente ad oggetto una specifica ipotesi di reato.

La notitia criminis non si costituisce nel rapporto di un fatto all’interno quale siano esattamente ravvisabili tutti gli elementi costitutivi di un reato. Per il legittimo inizio delle indagini preliminari è infatti sufficiente l’acquisizione della notizia di una ipotesi di reato: l’informazione non deve necessariamente includere la descrizione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa ovvero concernere la qualificazione giuridica del fatto, o ancora, svelare l’identità dell’autore, occorre, piuttosto, che dalla medesima

234 Art. 48 R.D. n. 267 del 16 marzo 1942: “(Corrispondenza diretta al fallito)

Il fallito persona fisica è tenuto a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.

La corrispondenza diretta al fallito che non sia persona fisica è consegnata al curatore”.

235 Padovani T., Leggi penali complementari, GIUFFRE’ EDITORE, 2007.

236 Cerqua F., Diddi A., Marandola A. e Spangher G., Manuale teorico-pratico di diritto processuale, CEDAM,

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informazione emerga semplicemente il fumus237 di un fatto ipoteticamente riconducibile ad una specifica previsione normativa.238

La notizia di reato è quindi l’informazione circa un fatto di rilevo penale ricevuta dal Pubblio Ministero o dalla polizia giudiziaria ovvero da essi autonomamente raccolta: art. 330 c.p.p.239.240

Assunto che il Curatore fallimentare, come prima osservato, non è organo di polizia giudiziaria ma comunque riveste qualifica di pubblico ufficiale, ai sensi di quanto disposto dall’art. 30 l.f., il Codice di procedura civile gli impone il rispetto dell’art. 331.

Nel dettaglio l’articolo in questione, al comma 1, dispone che salvo quanto stabilito dall'articolo 347241, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.

Quindi il Curatore che, nell’esercizio della propria attività, quale organo della procedura fallimentare, colga l’esistenza di un fatto con possibile rilevanza penale, in qualità di pubblico ufficiale e nel rispetto dei dettami del Codice di procedura penale, deve darne opportuna comunicazione immediata al Pubblico Ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria.

237 Cassazione penale, sezione VI, sentenza n. 14195 del 24/05/1978 “perché sussista l’obbligo di denuncia

all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 361 c.p., è sufficiente che il pubblico ufficiale che vi è tenuto ravvisi nel fatto il fumus di un reato”.

Si ha fumus di un commesso reato quando, anche sulla base di elementi logici, sia ragionevolmente presumibile o probabile la commissione di un fatto-reato.

238 Gaito A., Bargi A., Dean G., Fiorio C., Garuti G., Giunchedi F., Mazza O., Montagna M. e Santoriello C.,

Codice di procedura penale commentato – Tomo I, UTET, 2012.

239 Art. 330 Codice di procedura penale: “(Acquisizione delle notizie di reato)

Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti”.

240 Scalfati A., Bernasconi A., De Caro A., Furgiuele A., Menna M., Pansini C., Triggiani N., Valentini C.,

Manuale di diritto processuale penale, G. GIAPPICHELLI, 2017.

241 All’interno del § 4.1.1 è stata chiarita la posizione del Curatore rispetto agli organi di polizia giudiziaria

sottolineando che in nessun caso è tenuto a riferire senza ritardo al P.M. la notizia di reato con i relativi elementi di prova.

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Sorge il dubbio se l’invio della relazione particolareggiata al Pubblico Ministero possa configurarsi come presentazione di denuncia di reato, attribuendo alla stessa relazione natura di notitia criminis.

La legge fallimentare disciplina come principale destinatario della relazione art. 33 sia il Giudice Delegato. Il Curatore presenta l’atto e riferisce quanto appreso esclusivamente al Giudice Delegato il quale, successivamente, dispone l’invio del testo integrare al Pubblico Ministero.

Potrebbe questo rappresentare un elemento primo per poter non riconoscere la relazione del Curatore come notitia criminis in quanto l’art. 330 c.p.p. è molto chiaro, solo il Pubblico Ministero e la polizia giudiziaria raccolgono notizie di reato.

In realtà, è stato osservato242, come il dovere di informativa art. 331 c.p.p. viene

opportunamente assolto dal Curatore attraverso il Giudice Delegato. Infatti, l’art. 221 disposizioni attuative c.p.p. stabilisce espressamente la sopravvenienza delle norme delle leggi speciali, le quali prevedano modalità diverse da quelle indicate dal c.p.p. per la trasmissione della denuncia all’autorità giudiziaria, ossia consentano, come avviene nel caso di specie, di presentare la denuncia stessa ad altra autorità giudiziaria che a quella abbia l’obbligo di riferire.

Vi è quindi la possibilità espressa dal legislatore, qualora sia stabilito da una disposizione di legge, che la denuncia di notizia di reato può essere proposta anche ad un’autorità diversa dal Pubblico Ministero laddove quella alla quale venga presentata abbia, poi, l’obbligo di riferire sul punto all’autorità giudiziaria penale.243

Limitatamente alle informazioni fino ad ora fornite sembrerebbe ammissibile configurare la relazione art. 33 quale notizia di reato.

242 Padovani T., Leggi penali complementari, GIUFFRE’ EDITORE, 2007.

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Sposando tale ipotesi la conseguenza è che la stessa relazione particolareggiata del Curatore venga definita come atto del procedimento penale (o comunque propedeutico ad esso) ed in quanto tale non acquisibile nel processo come documento esterno di cui art. 234 c.p.p.. La funzione svolta dalla notizia di reato, infatti, è di natura esclusivamente endoprocessuale, avendo quale (unico) effetto quello di radicare il potere-dovere degli organi inquirenti di dare inizio alle indagini preliminari: non ha alcuna rilevanza come prova.244

D’altro canto, però, il comma 2 dell’art. 331 c.p.p. prevede che la denuncia è presentata

senza ritardo al Pubblico Ministero o a un’ufficiale di polizia giudiziaria.

Affinché si possa parlare di denuncia di reato, quindi, questa deve essere tempestiva ed il deposito della relazione art. 33 nel termine di legge di sessanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento può non rispettare quanto imposto dal Codice di procedura penale, oltre al fatto che, nel rispetto dell’art. 332 c.p.p.245 per potersi configurare quale

notitia crimins la relazione deve rispettare il contenuto minimo dettato.

Diviene quindi dovere del Curatore, nel momento in cui riscontra il fumus di un fatto ipoteticamente riconducibile ad un reato, presentare senza alcun ritardo apposita denuncia, nel rispetto dei contenuti minimi richiesti dalla legge, al PM o all’ufficiale di polizia giudiziale. La comunicazione deve essere immediatamente successiva al momento in cui il Curatore rileva eventuali attività delittuose, fatto che sarà poi anche oggetto della relazione particolareggiata. Appare dunque logico la necessità di depositare opportuna denuncia di reato prima della relazione art. 33.

244 Gaito A., Bargi A., Dean G., Fiorio C., Garuti G., Giunchedi F., Mazza O., Montagna M. e Santoriello C.,

Codice di procedura penale commentato – Tomo I, UTET, 2012.

245 Art. 332 Codice di procedura penale: “(Contenuto della denuncia)

La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito [61], della persona offesa [90] e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti”.

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Oltretutto c’è da considerare che destinatario della relazione è il Giudice Delegato, al quale tale atto va opportunamente presentato indipendente se, dalle varie indagini effettuate dal Curatore, emerga o meno la presenza di un illecito, oltre al fatto che la relazione deve comunque essere depositata nella Cancelleria del Tribunale anche laddove l’azione penale abbia già avuto inizio.

A conferma dell’impossibilità di configurare quale notizia di reato la relazione particolareggiata redatta dal Curatore fallimentare nel rispetto dell’art. 33 l.f., vi è la pronuncia della Corte costituzionale che ha esaurito il dibattito per anni protratto circa la natura della relazione.

Secondo la sentenza n. 136 del 27 aprile 1995 la relazione del Curatore, pur potendo contenere notizie utili ai fini delle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, non costituisce di per sé notizia di reato, ma reca natura di prova documentale art. 234 c.p.p.246, formatasi al di fuori del processo penale.

Con tale autorevole opinione il Giudice Costituzionale conferma le conclusioni sopra esposte e mostra di recepire un orientamento già elaborato dalla giurisprudenza di legittimità formatasi precedentemente (ex: Cassazione Penale, sezione V, sentenza n. 10654 21 settembre 1992247).248

246 Art. 234 Codice di procedura penale: “(Prova documentale)

È consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.

Quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.

È vietata l'acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti.”.

247 Secondo la cassazione citata “l’art. 238 c.p.p. riguarda l’acquisizione degli atti di prova compiuti

in altri giudizi penali o in giudizi civili e quindi non può comprend ere la relazione al giudice delegato prevista dall’art. 33 l.f., che ha manifestamente una natura diversa. Questa relazione è riconducibile all’art. 234 c.p.p. essendo un documento formato fuori dal processo … la relazione del curatore, non avendo origine nel processo penale e non essendo finalizzata ad esso, rientra nella categoria generale dei documenti regolata dall’art. 234 c.p.p.”

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La riforma del Codice di procedura penale ha inteso dare una sistemazione specifica al mezzo di prova in precedenza trascurato. Il previgente Codice di procedura penale non conteneva una propria disciplina dei documenti e della loro utilizzabilità processuale ed utilizzava le espressioni “atto” e “documento” indiscriminatamente.249

Oggi, ai sensi dell’attuale disciplina contenuta nel Codice di procedura penale, si definisce “atto” tutto ciò che rappresenta fatti o situazioni verificatisi all’interno del processo, mentre sono “documenti” quelli formati fuori del processo nel quale si chiede e si dispone che essi facciano ingresso.

L’art. 234 c.p.p. comprende, nella categoria dei documenti, non soltanto gli scritti rappresentativi di dichiarazioni descrittive (la narrazione di un avvenimento) o esecutive (un ordine o la promessa di cui consista un contratto) bensì qualsiasi oggetto idoneo a rappresentare fatti, persone o cose, ossia qualsiasi oggetto rappresentativo purché formatasi fuori dal processo.250

Ai fini dell’ammissione delle prove documentali sono necessarie due condizioni: che il documento risulti materialmente formato fuori dal procedimento, ma non necessariamente prima e che lo stesso oggetto della documentazione extra processuale appartenga al contesto del fatto oggetto di conoscenza giudiziale e non al contesto del procedimento. La relazione del Curatore rientra nella categoria generale dei documenti regolati dall’art. 234 c.p.p. non avendo origine nel processo penale e non essendo finalizzata ad esso.251

La possibilità di acquisire la relazione come prova documentale non è limitata alla sola parte della stessa che ha ad oggetto la ricognizione dell’organizzazione aziendale e la realtà contabile della stessa, ma viene assunta sua interezza, poiché anche gli accertamenti

249 Gaito A., La prova penale – Volume III, UTET, 2008.

250 Ghia L., Piccinini C e Severini F., I reati nelle procedure concorsuali. Gli adempimenti fiscali, UTET, 2012. 251 Ghia L., Piccinini C e Severini F., I reati nelle procedure concorsuali. Gli adempimenti fiscali, UTET, 2012.

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documentali e le dichiarazioni ricevute dal Curatore possono costituire prove rilevanti nel processo penale, al fine di ricostruire le vicende amministrative della società.

Partendo la conclusione quanto alle forme con cui la relazione art. 33 l.f. ha ingresso nel dibattimento penale252 è obbligata: essa viene considerata nella sua integrità (ivi

compresi i verbali delle dichiarazioni) quale documento ai sensi dell’art. 234 c.p.p., la cui acquisizione fa richiesta nell’apposita sede (art. 493 c.p.p.253), subito dopo l’apertura del

dibattimento, senza che sia necessario, per l’acquisizione, il preventivo esame testimoniale del Curatore254.

252 Art.431 Codice di procedura penale: “(Fascicolo per il dibattimento)

Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la formazione del fascicolo. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti:

a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile; b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria;

c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore;

d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;

e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio;

f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana;

g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell'articolo 236; h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.

Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.”.

253 Art. 493 Codice di procedura penale: “(Richiesta di prova)

Il pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato nell'ordine indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove.

È ammessa l'acquisizione di prove non comprese nella lista prevista dall'articolo 468 quando la parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente.

Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.

Il presidente impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione e ogni lettura o esposizione del contenuto degli atti compiuti durante le indagini preliminari”.

254 In alcuni Tribunali vi è la prassi di acquisire la relazione in seguito all’ascolto del Curatore in dibattimento,

assimilando, in modo errato, art. 511 c.p.p. comma 3, il Curatore ad un consulente o perito.

In realtà il Curatore non fallimentare non è un perito e la relazione ex art. 33 l.f. non è, quindi, una perizia, ma un documento acquisibile ai sensi dell’art. 234 cpp cosicché nulla osta a che la relazione del curatore fallimentare sia letta prima o dopo l’audizione di questi [C. 26791/13; v. conf. C. 35975/08].

Non rivestendo la qualifica di consulente o perito gli eventuali aspetti valutativi contenuti della relazione non possono essere utilizzati per la decisione. Tuttavia, la presenza di parti aventi contenuto valutativo non determina l’inutilizzabilità dell’intera relazione ma soltanto mancata possibilità d’uso delle parti stesse.

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4.2 Il contenuto della relazione particolareggiata quale elemento di prova