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Dei Fusionist

I. Definizione dei Fusionisti.

II. Partizione dei Fusionisti in attivi e passivi, ossia in Fusionanti e Fusionati.

III. Fusionisti autonomi e coattivi, ossia Fusipari.

IV. Uovo della Fusione. Se sia lungo e aguto o maschio, ovvero ritondo o femmina.

V. Chi dei Fusionisti debbe covarlo, e, a di cui profitto. VI. Ingegni diversi dei Fusionisti.

VII. Le uova delle fusioni, un le cerca, altri le fa, altri le cova. Nella pressa di chi va, di chi viene, di chi resta, si rompono in bocca o nel paniere.

VIII. Spiegazione della metafora.

IX. Altre arti dei Fusionisti. Prima le comiche: gazzette, libercoli, suoni, canti e giuochi di piazza. Poi le tragiche: nazionalità in bocca, municipalismo in cuore, denari, deputazioni, sollevazioni, votazioni ecc. ecc.

X. Escursioni storiche, e, per appendice, missioni esploratrici e intascatrici.

CAPO III.

Dei requisiti essenziali delle fusioni

I. L’oggetto della Fusione dev’essere tale, che tanto, per sua natura, quanto per legge, altri ne possa disporre.

II. Se le nazionalità siano per loro natura fusionabili.

III. Se l’autonomia e l’essere politico d’una nazione possano essere donati e ceduti ad arbitrio.

IV. Quid? Se la forma dell’essere politico sia costitutiva essenzialmente della sua esistenza medesima.

V. Quid? Se la forma e lo stesso essere politico siano vincolati ab origine col patto di riversibilità a favore di un terzo, o Stato, o Nazione.

VI. Quid? Se altri Stati, o Nazioni, solidali fra loro della osservanza, abbiano solennemente guarentito la forma costitutiva, e la riversibilità in tal forma dell’essere politico.

VII. Canoni di dritto pubblico-internazionale che decidono inappellabilmente la questione.

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VIII. Si confutano largamente le obbiezioni rivoluzionarie, sia degli individui, che delle masse, e dei governi.

(Il seguito in altro numero)

I bagni dei piemontesi e i bagni dei sardi

Sia che si riguardino sotto l’aspetto della salubrità, o come utili alla nettezza, ed a procurare il godimento d’un semplice piacere, i bagni furono certo tenuti in altissimo pregio fin dalla più remota antichità e presso ogni nazione. La storia ci narra l’uso frequente che ne facevan gli Egizii, i Greci, i Romani. I ginnasii in Grecia e le terme a Roma servivano agli esercizii ed alla nettezza del corpo. Per tacere dei primi, noi troviamo che nelle romane terme, ad esempio, si distinguevano savissimamente disposte le sale pei lottatori, i bagni freddi, tiepidi e caldi, le camere per sudare, gli untuarii dove ungersi, le piscine dove nuotare ecc.

Di bagni troviamo fatta menzione in Omero; Seneca si lavava spesso nell’acqua; Scipione avea bagni caldi a Linterno; i bagni erano comunissimi ai tempi di Cicerone non solo nelle case signorili, ma anche a prezzo per comodità pubblica. Si sa che pagavasi un quadrante per caduno di essi, che i raggi vi erano ammessi gratis e che L. Ottavio dei gratuiti ne aveva aperti per gli stranieri e pei foresi. Ottocento bagni contavansi a Roma sotto gli Antonini. Musa, medico di Augusto, aveva introdotto i bagni oggi detti alla russa, cioè di passare dall’acqua calda nella diaccia.

Secondo le relazioni dei più moderni viaggiatori, le popolazioni dei paesi freddi come i Russi, i Finlandesi, i Norvegi ed altri, non hanno minore inclinazione pei bagni che i Turchi, gli Egiziani moderni, i Persiani e gli Indi. Finalmente, anche presso tutte le terre temperate sono i bagni in pregio considerevolissimo.

Questa inclinazione ed uso generale dei bagni mostra il bisogno ed il vantaggio, senz’altro, dei popoli uniti in società, di abluzioni facili, regolari e sane. Per tale rapporto i bagni, e quanto gli riguarda, appartengono all’industria, tanto qual mezzo di salubrità per gli operai e per coloro che si danno alle arti, quanto per le qualità che sono necessarie ai vari apparati per somministrarli, secondo le circostanze, i costumi, le abitudini, il clima, i bisogni delle diverse popolazioni.

I bagni furono sempre riconosciuti efficaci a prevenire moltissime malattie, non meno che a risanarne moltissime. Quindi l’uso delle acque cosi dette termali e minerali. Tutti i medici, segnatamente quelli che studiano le malattie della pelle, osservano che queste ributtanti affezioni vanno da trent’anni scemando nella popolazione misera e laboriosa in quei paesi come la Francia

e l’Inghilterra, dove i bagni andarono moltiplicandosi e minorando di prezzo continuamente. Nel 1780 a Parigi non si contavano che 250 vasche per bagni pubblici; nel 1815 erano già salite a 800, nel 1830 se ne contavano più di 1200, ed oggi non vi si numerano meno di 150 stabilimenti con 8 o 10 mila vasche stabili, e 5 o 6 mila mobili da trasportarsi a domicilio.

Siffatta moltiplicazione di case balnearie produsse un notabile ribasso anche nel prezzo. Se ne ha prova nell’ardore con cui gli ammalati ed i convalescenti che escon dagli ospedali vi accorrono, e più ancora nella grande accorrenza, veramente singolare, degli indigenti ai bagni gratuiti che dispensa uno spedale di quell’immensa Metropoli.

Né solo i bagni agiscono direttamente a tenere lontane ed a guarire molte affezioni, ma apportano eziandio la necessaria conseguenza d’una maggiore nettezza nelle biancherie, negli abiti, negli oggetti d’uso nelle abitazioni. Quanto non sarebbe a desiderarsi che le persone del popolo potessero almeno una volta la settimana e con pochi soldi procurarsi una salutare abluzione! Gioverebbe alla loro forza materiale, che è spesso l’unico bene che s’abbiano, gioverebbe nei lavori eccessivi e prolungati: ché l’esperienza ha dimostrato: essere un bagno, per la classe operosa, spessissimo più efficace che una quiete di diversi giorni.

È quindi un dovere dei governi di agevolare, per quanto è possibile, e sull’esempio delle grandi nazioni, la moltiplicità dei bagni, ed i mezzi di usarne sanamente. Lo è un dovere di tutti i governi, ma sarebbe tempo lo fosse più spezialmente del governo piemontese per ciò che riguarda i bagni sanitarii dell’infelice Sardegna, le cui molte e riputate acque termali e minerali di Benetutti, d’Illorai, di Fordongianus, di Dorgali, di Castel d’Oria, di Sardara ed altre, invece di tornar profittevoli ai numerosi infermi che vi accorrono, sono spesso cagione ai medesimi di più incresciosi malumori, per le scabre e malconce cavità ove si prendono, allo scoperto, o tutto al più difesi dai raggi del sole da qualche mal foggiata capanna, o dal favore di qualche albero frondoso, ricettandosi quindi in altre misere capanne, come dolorosamente scrive in una sua memoria l’ingegnere Baldracco.

E tale colpevole non curanza eziandio per cosi grande necessità di quei poveri isolani, tanto più pesa sull’anima dei ministri del Piemonte, in quanto che pei loro bagni del continente e del Piemonte non si mostrarono mai essi dimentichi, né avari. Ché e se li curarono, e se li protessero in ogni tempo, e se li arricchirono di strade carrozzabili, di comunicazioni facili, e persino se li abbellirono a spese dell’Erario di fabbricati molti e grandiosi. Cosi vediamo aver essi operato cogli stabilimenti balneo-sanitari d’Acqui in Piemonte, e d’Aix in Savoia i quali e sotto Vittorio Amedeo III, e sotto Carlo Felice e sotto Carlo Alberto vennero, coi danari dello Stato, di magnifici edifizi, d’ospizi diversi pei militari infermi e pei poveri dotati; a segno che di presente

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il regio stabilimento balneosanitario d’Acqui pareggia i migliori, in tal genere, d’Europa.

A procurarvi tutti i comodi, fino al lusso, in casa vostra, col sangue di tutti i cittadini dello Stato, ci pensaste, e danaio ne aveste; a dare un’occhiata, a spendere qualche decina di mille lire per apprestare un rimedio all’umanità soffrente, ai mali (non al gusto od ai piaceri) di quei vostri fratelli né tempo rinveniste mai, né danaio!

Ai bagni dei Piemontesi, mantenuti un direttore, con buona paga, un cappellano, un medico, un chirurgo; ai bagni dei poveri Sardi, neppure un cane! Ai bagni dei Piemontesi, edifizi, ricoveri, ospizi regi, 25 poveri mantenuti, vestiti, medicati a spese del tesoro pubblico. Ai bagni dei poveri Sardi, non una camera, non un letto, non un sussidio; gli infermi abbandonati senza letto e senza alimenti.

Ai bagni d’Acqui viali ombreggiati da platani, comunicazioni con Genova, Savona, Torino, Alessandria. Ai bagni dell’Isola non una strada, non un omnibus, non un sentiero.

Ai bagni di Cormaggiore altro ampio edifizio erettovi a quell’uso dall’ordine Piemontese dei Ss. Maurizio e Lazzaro; ai bagni di Sardegna, poche canne, poca paglia, sassi e fango.

Ai Bagni d’Aix, casini, gabinetti di lettura, libri, giornali, musiche, danze; ai bagni della Sardegna mentre i fratelli continentali e mangiano e trincano e leggono e giuocano e suonano e ballano, dai poveri Sardi si piange, si geme, si sospira, si ha freddo, si ha sete, si ha fame!

Possiamo continuare? La penna inorridita ci si rifiuta. Direbbesi che è più sensibile dei cuori ministeriali. Noi ci arrestiamo. Ché proseguire e non perdere la calma che incominciando ci abbiamo imposta, non è più possibile. Ministri del Piemonte! I versi festosi del brindisi nella Lucrezia Borgia: Non curiamo l’incerto domani,

Se quest’oggi c’è dato goder,

voi nell’ebrezza cantando, sopprimeteli. Perocché incerti non sono tutti i domani.

Ricordatelo.

Fusionista ed anti-Fusionista

E dàlli coll’intestardirsi a credere che il mio giornale sia antifusionista. Quante volte devo ripeterlo che, benché la fusione della Sardegna cogli stati continentali si possa dir nulla in dritto e nulla in fatto, perché alla mancanza del dritto non fu ancora sostituita la giustizia del fatto; pure ci passo sopra, invocando dal ministero piemontese pronta ed intiera parità di trattamento

dell’Isola col continente, non negli oneri e nella gravezze soltanto, ma eziandio nei dritti e negli utili?

Come Sampol, io certo, lo dico francamente, non sono fusionista, avrei gridato: Fusione coi Turchi, piuttosto che con altri, io nel mio particolare; come propugnatore però degli interessi generali dell’Isola, rispetto la fusione dei miei concittadini coi continentali, ma fino a un certo punto. Fino cioè a vederne davvero i buoni effetti. Ma se questi non si fecero (e sono presto 5 anni) e non si fanno tuttavia sentire, domando io a chi non sarà lecito, scrivendo di dolori e di miserie patrie continuamente, esclamare: –Meglio cento volte tutte le unioni del mondo, che una fusione che non si può dir neanco unione!

Ora credo di essermi spiegato abbastanza.

I vapori della società-Rubattino

Fin dal primo numero dell’Eco ci pervenne qualche riclamo sulla lentezza, inesattezza ed anche sul trattamento dei passeggieri a bordo dei vapori della società Rubattino e Compagnia Abbiamo voluto attendere ulteriori informazioni. Ora ci giunge la notizia che si rifiutarono persino ad alcuni passeggieri i bagagli per non esserci più posto. Bella, magnifica quell’amministrazione che sovracarica i legni di mercanzie per sua speculazione e per suo guadagno, e non riserva posto agli indispensabili bauli di chi paga il nolo. E ciò dopoché, per la lentezza del vapore che segnatamente rota per la linea di Porto Torres, si hanno spesso a lamentare ritardi ed arrivi di corrispondenze, di recapiti e simili.

È il caso di chiedere al ministero, in che finalmente si fanno consistere i vantaggi magnificati pei Sardi, da tale società Non nei prezzi dei posti, non nel trattamento, non nella prestezza, non persino nella pronta trasmissione dei bagagli dei passeggieri, ebbero fin qui i Sardi a notare diminuzione od utile. Consisterebbero, al solito, nelle belle e larghe parole ministeriali, come in tutto il resto?

NOTIZIE Interno

La Gazzetta Piemontese pubblica il decreto che dispensa il conte Costa della Torre, consigliere di cassazione, da ulteriore servizio, colla pensione cui potrà avere diritto, a termini di legge.

Anno I - Numero 7 - Torino, 4 ottobre 1852 141

Il decreto con cui è nominato a consigliere di cassazione il conte Felice Ricciolio, ora primo sostituito avvocato generale presso lo stesso Magistrato; Il decreto con cui è dispensato il teologo collegiato D. Emanuele Piso dalla carica di direttore spirituale dell’Università di Cagliari.

Ed il decreto che nomina a direttore spirituale della predetta Università di Cagliari, il teologo collegiato Agostino Bernardi.

L’ECO DELLA SARDEGNA

Anno I - Numero 8