• Non ci sono risultati.

Numero 2 Torino, 9 settembre

Amnistia

Sire!

La gemma più bella della corona reale è l'articolo ottavo dello Statuto: Il Re può far grazia e commutare le pene.

L'applicazione di sì dolce prerogativa ha spesso consolato i sudditi della M. V. e ciò vi accrebbe amore e gratitudine nell'animo di figli traviati e ravveduti.

Sire! Per gli avvenimenti della città di Sassari gemono tuttora, dopo sei mesi! fra l'ansia e le lagrime elette famiglie, giovani chi sa incauti, chi sa forse anche innocenti...

Sire! Sono giovani e giovani isolani, di spiriti più ardenti, più intolleranti per carattere, per indole nazionale.

Sire! Se errore ci fu, fu di ambe le parti: e colpa non lieve ai ministri ne pesa della M. V. improvvidi, per non dir peggio.

Ché un'Isola povera, senza istruzione, senza industria, senza commercio, lontana dagli occhi della M. V., di spiriti più risentiti, più focosi, non si trascura.

Sire! Se l'alto consiglio vostro lo assente, scenda un velo pietoso, Sei mesi di pena, sia pena sufficiente.

La parola – perdono – tornò spesso più utile d'una condanna. Lo dice la storia.

Sarà così dei Sardi e della Sardegna, che vi adorano. PERDONO. Colla più alta venerazione

L'umile Direttore dell'Eco della Sardegna.

Polemica

Un giornale di Torino, scritto (s'intende) da Piemontesi, si è arruffato al semplice cenno, che abbiam fatto nel nostro primo numero, di tre o quattro fra le millanta piaghe che la povera Sardegna rimpiange per la colpevole

Anno I - Numero 2 - Torino, 9 settembre 1852 95

spensieratezza appunto degli uomini del Piemonte che dicono di governarla; ed insultando alla miseria, taccia i Sardi di gonzi, e lamenta fra le altre cose che l'Isola conservi tuttora due università, conservi due o tre intendenze di più del continente.

L'ispirato ministeriale finge d'ignorare, che di mezzo milione, quarantasei mila, ottocento e dodici abitatori dell'infelice terra che contumelia, mezzo milione, sedici mila, trecento ottant'uno, a detta del governo istesso, sono quelli che non san leggere né scrivere, per colpa de' sapientissimi uomini di Stato, che ora per la prima volta cerca difendere.

Finge d'ignorare, che la incapacità, anzi la nullità di buona parte di Piemontesi spediti ai supremi scanni dell'Isola, è rimasta proverbiale fra gli isolani: come vi è rimasta la celebre risposta di quel vicerè piemontese ad un Sardo che gli si raccomandava: – Vada, avrà una provvidenza qualunque; e l'ordinanza famosa di quel generale dell'armi, anche piemontese, che voleva ai ferri un povero soldato febbricitante, solo perché, all'ospedale e alI'ora della sua visita, nel parossismo della febbre e nel delirio, rimaneva scomposto sul letto e cacciava lontano le lenzuola!

Finge d'ignorare, che l'ingegno sardo non si volle mai carezzare, né incoraggiare; ché i pochi Sardi che nel continente ebbero onori non vi stettero certo per intelletto dietro. Non vi stettero un Dettori, un Garau, un Musio, un Villamarina, come non vi stanno oggi un Manno, un secondo Musio, un Mossa, i Tola.

Provatevi ad onorarlo davvero l'ingegno sardo e vedrete.

Un solo dei Sardi (1) ebbe la fortuna di toccare l'eccelsa carica di vicerè dell'Isola. Diteci chi l'abbia non diciam superato, emulato soltanto dei vostri Piemontesi per fermezza, liberalità, senno e giustizia.

Sin da quando non eravam governati da voi, i Sardi che ebbero fortuna e mezzi di farsi conoscere, non fecero all'estero cattiva mostra dell'ingegno loro. Ciò vi dicono e provano gli stessi tempi della non lagrimata dominazione spagnuola, in cui un Pinto, un Baldosio, un Ansaldo, un Giagaraccio, un Castagnero, un Soggia, un Cossu, un Melis, e nel decimo quarto e nel decimo quinto secolo furono professori reputatissimi e dettarono con applauso chi legge, chi logica, chi teologia nelle università di Pisa e di Saragozza.

Ignora l'avvocato ministeriale, che gli stessi re di Spagna, che è tutto dire, anziché riputarli gonzi, soccorrevanli i Sardi col sussidio di sei, sette ed anche otto scudi mensili, che ai sussidiati correva l'obbligo di servir da soldati ora a Bologna, ora a Padova, ora ad altri presidii italiani; che soldati e studenti ad un tempo essi facevano il servizio militare ed attendevano alle scienze; che con questi poveri mezzi nulla di meno s'aiutavano, e molti gli studi loro in Italia felicemente compirono; al punto che, quando Cosimo I de' Medici

riordinò nel 1542 l'accademia pisana, gli studiosi di Sardegna costituivano una classe separata, quarta dopo la tedesca, la spagnuola e la francese; e che nel 1616 era dessa tanto numerosa, che superava, oltre le anzidette tre classi, la piemontese, la romana e la marchigiana. Laonde e dalla classe degli studenti sardi erano con frequenza eletti i rettori ed i vicerettori della pisana accademia.

Desta compassione, per non dir altro, il vedere, che, mentre un Filippo IV di Spagna, per proteggere in qualche modo l'istruzione e la diffusione dei lumi in Sardegna, accordava nel 1658 l'esenzione da ogni gabella pei libri che s'introducessero nell'Isola, Piemontesi che sprecarono e sprecano tuttavia milioni sopra milioni in opere quando futili, quando sciocche, rimbrottino alla Sardegna, nel 1852, le poche migliaia di lire che all'erario costano dieci o dodici tra professori e consiglieri universitarii di più nell'Isola.

L'avvocato ministeriale ignora evidentemente, che ambe le università dell'isola non furono mai a total carico dello Stato; ignora che siccome alla erezione, così alla manutenzione di esse concorsero i frutti di antiche largizioni cittadine; ignora che per le spese dell'università di Cagliari, per esempio, sovvennero finora la prebenda d'Assemini per circa 10 mila lire, per circa 15 mila le pensioni e le quote di diverse diocesi, per 6 mila i monti di soccorso, per 3 mila l'amministrazione del debito pubblico, per 800 il monte di riscatto, per circa 1000 il protomedicato, e per sole nove mila la cassa regia. Finge d'ignorare, che se la Sardegna possiede due università, il personale insegnante e il personale addetto di entrambe sono al di sotto del personale insegnante e addetto dell'unica università di Torino, che potrebbe bastare a due. Dappoiché dettano:

Teologia nelle università di Sardegna, Professori 6, in Torino 8; Giurisprudenza in Sardegna 16, in Torino 16; Medicina e chirurgia in Sardegna 11, in Torino 15; Eloquenza e filosofia in Sardegna 6, in Torino 14; Fisica e matematica in Sardegna 6, in Torino 18; totale, in Sardegna per due università, 45; in Torino per una sola, 71! Oltre di che si contano nel personale addetto: Membri dei consigli universitarii, nell'Isola, 14, in Torino, 10; Impiegati di segreteria in Sardegna 8, in Torino 13; nelle biblioteche di Sardegna 6, in Torino 14.

Finge d'ignorare che, se v'hanno nell'Isola due università, Torino, oltre alla sua ben fornita, possiede un Collegio nazionale con circa quaranta professori di disegno, di canto, di fisica, di chimica, di meccanica applicata alle arti, di lingue greca, francese, inglese, tedesca, di ginnastica, di esercizii militari, di scherma. E tutto ciò per una popolazione che alla fin fine non è che di 120 mila anime. Mentre i poveri Sardi, l'infelice Sardegna che ne conta 546 mila, non hanno che due miserabili convitti con quattro o cinque maestri caduno, di matematiche elementari, di rettorica e di grammatica!

Anno I - Numero 2 - Torino, 9 settembre 1852 97

Finge d'ignorare, che se lo Stato paga per la Sardegna, che ha un mezzo milione di abitanti, undici provveditori agli studi, per la sola divisione amministrativa di Torino, di sole 379.677 anime, ne paga cinquantadue! Finge d'ignorare, che la Sardegna ha due miserabili convitti, e undici collegi, la sola divisione di Torino fra collegi e convitti ne numera ventidue.

Dov'è la giustizia, la carità dov'è?

Finge d'ignorare, che se la Sardegna ha relativamente al continente (che ne conta già 39) due e tre intendenze di più, ciò si deve all'estensione del suo territorio, che se non supera, eguaglia certo quello dell'intiero continentale (Nizza, Savoia, Genova, comprese). Perocché non v'abbia chi non sappia, che mentre la maggiore lunghezza del continente sardo non è che di 125 miglia, e la sua larghezza di 110; la maggiore larghezza dell'Isola è invece di 100 miglia, di 175 la sua lunghezza, è la circonferenza di 700.

E delle 11 intendenze che l'avvocato ministeriale lamenta nell'Isola, forseché i tre intendenti generali di Cagliari, di Sassari, di Nuoro non sono piemontesi, e non se ne intascano i vistosi assegnamenti?

L'inspirato del ministero finge d'ignorare che alla caterva degli impiegati piemontesi nell'Isola mal corrisponde, come dimostreremo più largamente a suo tempo, anche il numero degli impiegati Sardi nelle provincie continentali, il numero dei quali, se ne eccettuano tre o quattro funzionarii superiori, non oltrepassa i trenta, e questi anche con stipendii poco più poco meno di 600 od 800 lire.

Finge di ignorare che anche le provincie della Sardegna, oltre la capitale, sono ingombre di Piemontesi, di cui tre o quattro con lauti stipendii siedono nella piccola sezione del Magistrato d'appello in Sassari.

Finge d'ignorare, che 20 Sardi impiegati nei 80 uffici di Torino da noi nel numero antecedente rassegnati, non percevono dallo Stato che la tenue somma di sessantadue mila e ottocento franchi, avvece di trecento sessanta e più mila che potrebbero conseguirne, se meno mostruosa si fosse la sproporzione loro alle cariche; quando i 1480 impiegati continentali, essi soli s'intascano la cospicua somma di due milioni, ottocento ottanta mila, novecento dodici franchi all'anno. Che in altri termini vuol dire, che soli 1480 impiegati piemontesi, di 30 uffizi soltanto (non tutti) di Torino, mangiano tre volte circa l'ammontare degli stipendi di tutti gli impiegati dell'Isola; i quali, se nol sapete vel diciamo noi, ascendono a poco più di 1198, e non ricevono dallo Stato in paghe, che un milione e sessanta mila lire circa per anno. E dell'armata che va egli servilmente scrivendo a favore del ministero? a che rammenta i due maggiori generali, i parecchi colonnelli, il numero considerevole di uffiziali di ogni grado, nei varii corpi dell'esercito? Forseché non possiam affermare che anche il numero degli ufficiali sardi superiori e inferiori nei diversi corpi dell'esercito è di gran lunga inferiore a quello che

esser potrebbe e dovrebbe, a petto dei Piemontesi? Apra, apra pure, con noi gli stati del personale dell'armata, ci troverà che di tremila cui ascende in circa il loro numero fra generali, colonnelli, maggiori, capitani, e uffiziali, la gran cifra di due generali sardi, di parecchi colonelli, e quella considerevole ch'egli chiama degli uffiziali di ogni grado della Sardegna, non è che di cento. Ossia in altri termini: lo Stato spende per gli uffiziali piemontesi e continentali circa sei milioni, pei Sardi appena duecento mila.

In qual opera, di grazia, edizione, capo e pagina di Diritto Pubblico sta scritto, che solo i Sardi non debbano essere ammessi, per quanto è possibile, in proporzioni uguali cogli altri regnicoli alla collazione degli impieghi, al godimento degli stipendii? e che maletrattati nel numero, maletrattati esser debbano pur nei lucri?

In qual opera di Diritto Pubblico sta scritto, che dell'ingente somma di tredici milioni, cento sessanta mila, quattrocento ottantasei franchi che costano alla borsa di tutti i cittadini dello Stato (compresi i Sardi) gl'impiegati del governo (senza contare l'armata), dieci buoni milioni e più si debbano ingollare annualmente soltanto i Piemontesi?...

Miserabili! che non vi basta l'informe boccone che avete fra denti, e c'invidiate ancora il tozzo che ne gettate, pel lungo aspettare spesso ammuffito!...

(1) Giacomo Pes di Villamarina

CAPITOLO IV.

I sardi nel consiglio dei Ministri

Quando uno Stato è composto, come il nostro, di diverse subnazionalità, parti o provincie che si voglian dire, tutte quali più quali meno per interessi, posizione, lingua, costumi ed indole fra loro differenti e quindi anche discordanti, massima e sistema d'ogni illuminato governo deve essere quello di conciliarne, per quanto è possibile, la suscettività, di armonizzarle, amicarle, coll'ammetterle tutte indistintamente, in proporzioni uguali e per lo meno reciproche, ai vantaggi ed agli onori dello Stato, alle cariche come ai consigli del principe.

Occorrono pur troppo tra popoli e popoli tali differenze di stirpe, di costumi, d'indole, di genio che volerli fondere si è il medesimo che distruggerli se uguali, opprimere la parte più debole, se disuguali.

Continuando l'esame della politica del nostro ministero per ciò che riguarda la Sardegna, dopo aver toccato con mano nei tre paragrafi antecedenti

Anno I - Numero 2 - Torino, 9 settembre 1852 99

l'inondazione dei Piemontesi nei primarii impieghi dell'Isola, la mostruosa sproporzione dei Sardi negli impieghi del continente, l'impercettibile numero dei medesimi nel Senato del regno, il quarto capitolo dell'opera nostra ci chiama ad esaminare – i Sardi nel Consiglio dei ministri.

Ci troveremo noi messa in pratica la massima suaccennata? Avremo noi tema a lodarcene?

Dal 16 marzo 1848 a tutto oggi 9 settembre 1852, si sono succeduti nel governo piemontese niente meno che:

7 Presidenti diversi del consiglio dei ministri: Balbo, Casati, Alfieri, Gioberti, Chiodo, De Launay, D'Azeglio.

6 Diversi ministri degli Affari Esteri: Pareto, Perrone, Gioberti, De Ferrari, De Launay, D'Azeglio.

7 Ministri diversi degli Interni: Ricci, Plezza Sineo, Ratazzi, Pinelli, Galvagno, Pernati.

8 Diversi ministri di Guerra: Franzini, Collegno, Chiodo, Sonnaz, Bava, DellaRocca, Da Bormida, La Marmora

10 Ministri diversi di Grazia e Giustizia: Sclopis, Gioia, Merlo, Ratazzi, Sineo, de Margherita, Siccardi, De Foresta, Galvagno, Boncompagni.

6 Diversi ministri di Finanze: Revel, Ricci Lorenzo, Ricci Vincenzo, Nigra, Cavour, Cibrario.

5 Ministri diversi dei Lavori Pubblici: Des Ambrois, Santa Rosa, Tecchio, Galvagno, Paleocapa

9 Diversi ministri d'Agricoltura e Commercio: Des Ambrois, Durini, Ratazzi, Torelli, Boncompagni, Buffa, Galvagno, Santa Rosa, Cavour.

8 Ministri diversi della Pubblica Istruzione: Boncompagni, Ratazzi, Gioberti, Merlo, Cadorna, Mameli, Gioia, Farini.

4 Ministri diversi, finalmente, senza portafoglio: Moffa di Lisio, Gioberti, Regis, Colla.

Val quanto dire che dalla promulgazione dello Statuto in qua si sono scambiati, succeduti, alternati, fra loro, nientemeno che settanta ministri! Settanta ministri diversi in soli quattro anni e cinque mesi di costituzione! Vediamo qual conto si è fatto della Sardegna in tutti i succitati ministeriali impasti e rimpasti.

Per tentare di amicarsi Genova, per non disgustare maggiormente la Savoia, per dar atto di simpatia all'emigrazione, i nostri uomini di Stato, si sono studiati mai sempre di chiamare a consiglieri della corona, uomini di quasi tutte le provincie componenti la monarchia; quindi di Piemonte (s'intende), di Genova, della Savoia, di Milano, persino, di Venezia, di Piacenza, di Vicenza, di Roma. Ed ultimamente per gettar un po' di polvere agli occhi della contea di Nizza, minacciante per la questione del portofranco, abbiam veduto il

ministero tremebondo a tentar di calmarla coll'elezione a guardasigilli dell'avvocato De Foresta, nizzardo.

Di modo che vi furono sempre nei consigli del principe Piemontesi, vi furono Genovesi, vi furono Savoiardi, vi furono persino sei uomini dell'emigrazione, ma Sardi mai.

Riandate il decreto che rimpastava il gabinetto ai 16 di marzo 48, quelli del 27 e 29 luglio, del 15,16 e 29 agosto, del 16 dicembre ecc., e ditemi se ci trovate nominata col Piemonte, colla Savoia, con Genova, colla Lombardia, con Venezia, la Sardegna.

Ci vollero i rovesci di Novara, l'abdicazione di Carlo Alberto, l'incarico dato a un ex-vicerè dell'Isola per la formazione del gabinetto dei 30 marzo 1849, perché la Sardegna ce ne avesse uno.

Eppure, checché dell'idoneità dei Sardi ne pensi l'avocato ministeriale, un senatore Musio avrebbe fatto un buon ministro di Grazia e Giustizia quanto l'avvocato Sineo, un consigliere Serra quanto un Cadorna, un Pasquale Tola quanto un Farini, per tacere di altri.

Ma e il segreto di questa nuova marca di considerazione per la Sardegna? Eccolo.

Dal 16 marzo 1848, a tutt'oggi 9 settembre 1852 i sullodati signori ministri Piemontesi, Genovesi, Savoiardi ed emigrati si hanno intascata la piccola bagatella di mezzo milione e quaranta mila franchi!! e il sardo ministro neppure il 5 per 100, appena 24 mila!

L'avete capita?

Che Sardi, che Sardegna, vi dicono i ministri del Piemonte: La Sardegna è qui (toccandosi la pancia!).

Anno I - Numero 2 - Torino, 9 settembre 1852 101

L’ECO DELLA SARDEGNA

Anno I - Numero 3