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3.2 “Albero senza radici, berretto senza testa” Ricezione popolare di simboli e ideali rivoluzionari:

5. CAPITOLO Sistemi di sociabilità e frequentazioni di patrioti nella Pisa di fine Settecento;

5.1 Gabinetti di lettura.

“I nostri letterati sono ragazzi pieni delle moderne idee giacobinesche321”

Dai processi che la cosiddetta “Camera nera322” intenterà a più di trentamila

persone durante la breve restaurazione granducale, possiamo recuperare alcune informazioni sui luoghi di incontro dove circolavano le idee che saranno alla base dell’impegno patriottico di alcuni dei più attivi tra i “citoyens” pisani. Secondo le testimonianze, un ruolo di primaria importanza come centro d'aggregazione era stato svolto da alcuni negozi di librai e stampatori. Il Diciottesimo secolo sarà l’epoca di massima diffusione di nuove forme di frequentazione e d’interazione sociale e culturale. Oltre allo sviluppo delle Gazzette, la nascita dalla seconda metà del Seicento di testate giornalistiche di tema letterario, a partire dal francese «Journal des Sçavans», favorita dalla creazione di un sistema di studi e ricerche istituzionalizzato nelle Accademie, permetterà la diffusione su scala europea ed atlantica, di idee di rinnovamento su tutti gli aspetti socio-istituzionali degli Stati di Antico Regime323. In

contemporanea i negozi degli stampatori e i gabinetti di lettura, assieme ai caffè, circoli letterari, Accademie e salotti, diventeranno luogo d’incontro dove conversare e scambiarsi opinioni sull’attualità o sulle novità letterarie e politiche.

In Toscana prima Leopoldo, poi Ferdinando mantennero una discreta libertà di stampa324, soprattutto in relazione a testi e riviste in lingua francese, accessibili

321G. PELLI BENCIVENNI, Efemeridi, s.II, XXIV, parte I, c.6024 v. (20 marzo 1796). Cit. in C. MANGIO, I

patrioti toscani, op.cit., p.157;

322Sarà chiamata così la deputazione nominata dal granduca per esaminare i sospetti di “genio democratico” alla cui testa sarà messo il giurista, ex professore padovano Luigi Cremani.

323 Per un prospetto sull'influenza esercitata da intellettuali libertini ed illuministi in Europa attraverso le testate giornalistiche, rimando a RICUPERATI, op.cit.;

324Il Graducato nell'ottica del perseguimento di una politica neutrale evitò di applicare una censura particolarmente rigida all'indirizzo delle opere provenienti dalla Francia. Anche nel breve periodo in cui si ebbe lo schieramento a fianco delle potenze alleate, questa garanzia non venne meno, e lo stesso rappresentante francese rimasto a titolo informale a Firenze, informerà compiaciuto il suo governo del fatto che in Toscana continuino a circolare le riviste francesi. L'intensificarsi della Campagna d'Italia e la minaccia di disordini spinse in un secondo momento a proibire la pubblicazione dei bollettini dell'armata, le cui imprese venivano riportate con licenza, in una prospettiva debitamente misurata, dalla «Gazzetta Universale»; in compenso la censura colpirà anche le opere più ferocemente reazionarie

solo ad un pubblico istruito325 e pertanto non ritenuti dannosi per la morale

della popolazione. In questo contesto i negozi dei librai, spesso in possesso di un gabinetto di lettura dove le opere appena stampate e le gazzette potevano essere lette per un modico prezzo di abbonamento, fungevano da luogo di ritrovo dove discutere le ultime novità locali ed internazionali e le nuove uscite letterarie; Pisa non faceva eccezione. Qui due dei diversi esercizi di stampa e vendita di libri presenti città saranno accusati di essere divenuti la sede di “conventicole democratiche”: si tratta del negozio di Antonio Peverata e di quello di Luigi Migliaresi.

Il Peverata, livornese di origine, aveva iniziato la sua carriera di stampatore in città all’inizio degli anni ’90. La sua attività si inserisce in un periodo di particolare espansione del settore a Pisa, determinato dall’aumento di richiesta di stampa per le sempre più numerose opere legate al lavoro dei cattedratici dell’Ateneo e di quelle dei letterati promosse dalle nuove accademie, sorte nella città nel corso del Diciottesimo secolo326. Un anno prima dell’arrivo dei francesi

aveva fondato la «Nuova Tipografia», assieme a Giovanni Rosini, giovane letterato in cerca di una stabile fonte di reddito. La nuova società editoriale fu inaugurata con la stampa del «Parnaso degli italiani viventi», compendio della produzione dei letterati celebri ancora in vita327. I due soci si impegneranno poi

e finalizzate alla propaganda antifrancese, come gli opuscoli sulla morte di Luigi XVI e Maria Antonietta e alcune pièces teatrali. v. C.MANGIO, Patrioti toscani, op.cit.; Sulla censura nella Toscana del Settecento v. S.LANDI, Il Governo delle opinioni: censura e formazione del consenso nella Toscana del Settecento, Il Mulino, Bologna, 2000;

325Per un’analisi delle pubblicazioni toscane dell’ultimo decennio del Settecento v. C.MANGIO "I patrioti toscani”, op.cit.;

326v. VICENTINI, op.cit; Tra l’inizio del Seicento e la metà del Settecento, fiorirono numerose accademie che tenevano le proprie riunioni nelle Ville del lungomonte pisano: si possono, tra molte altre, ricordare quelle degli Svegliati, dei Disuniti, degli Irresoluti e dei Lunatici, quest’ultima nata dalla fusione di quelle degli Informi, dei Rozzi (o dei Sordi) e degli Occulti. Dell’Accademia dei Rozzi esistente probabilmente dall’inizio del XVII secolo, e di quella degli Inesperti sappiamo che erano legate alla vita universitaria e ne fecero parte Giuseppe Bandini, lettore di diritto giustiniano e Anton Maria Manetti, altro giurista dell’ateneo. Un gruppo dei Lunatici, che si era dedicato all’arte scenica fu denominato “degli Stravaganti”, e dette origine ad un’omonima Accademia, che celebrava le sue tornate solenni nel Palazzo Arcivescovile e le sue riunioni ordinarie nel giardino del patrizio pisano Francesco Agostini. A Pisa dallo scioglimento di tre Accademie, quelle degli Ombrosi, degli Oppressi e degli Inesperti fu fondata il 24 maggio 1700 la Colonia Alfea come filiazione dell’accademia romana dell’Arcadia, fondata a Roma nel 1690 Requisiti per l’ammissione erano la “civiltà dei natali, unita alla bontà dei costumi” oltre ad una solida reputazione d’erudito in almeno una delle principali scienze;

327Elaborato probabilmente sul modello del Parnaso italiano. Ovvero, Raccolta de' poeti classici italiani

d'ogni genere, d'ogni età, d'ogni metro e del più scelto tra gli ottimi, diligentemente riveduti sugli originali più accreditati, e adornati di figure in rame, fatto pubblicare dall’editore Andrea Rubbi, in contatto epistolare con diversi letterati pisani, presso la stamperia A. Zatta e figli nel 1784, Venezia. Ne

a fornire ai lettori pisani “un assortimento di libri di bella letteratura sì italiani che francesi”, oltre ad accettare “commissioni di fogli pubblici, Giornali Letterari, libri di scienze esatte e d’Italia ed Oltremontani328”. È evidente

dunque già dagli anni precedenti alla conquista della Toscana l’emergere di un profilo tutt’altro che sfavorevole alla diffusione di opere provenienti dalla Francia, nonostante le vicende rivoluzionarie vi imperversino. Nel dicembre del 1798 avrebbe dovuto cominciare ad uscire la raccolta completa delle opere di Melchiorre Cesarotti; l’occupazione francese non ostacolerà questo progetto, determinando soltanto un cambio nell’agenda editoriale, che mise al primo posto la stampa degli opuscoli filo-democratici dell’Abate padovano. Sempre dalle testimonianze dei processi, citate da Montorzi329, sappiamo che nella

bottega di Peverata si riunivano i patrioti sin dai tempi precedenti all’invasione, per leggere i «Monitori» di Genova e Bologna e la «Gazzetta di Venezia», tribune sorte dopo i primi successi della Campagna d’Italia330. Nel periodo

immediatamente successivo alle prime conquiste dei francesi si ebbe infatti un proliferare di stampa d’argomento politico finalizzata alla propaganda sia filo- francese che reazionaria; lo stesso Napoleone, dopo aver conquistato Milano, scriverà al Direttorio: «D’ici vont partir les journaux, les écrits de toute espèce

qui vont embrasser l’Italie, ou l’alarme est extreme331».

Durante il ’99 nel negozio del Peverata, saranno poi stampati la stragrande maggioranza degli opuscoli dei “patriotti” diffusi durante l’occupazione332;la

città di Pisa infatti, a differenza di gran parte degli altri centri urbani occupati, non avrà una testata giornalistica sorta con l'occupazione, ma le sue tipografie pubblicheranno numerosi pamphlets, mentre alcuni articoli sui momenti salienti della vita politica cittadina, come l'erezione dell'albero della libertà e l'insediamento della Municipalità saranno riportati sulle tribune del «Monitore fiorentino». Lo stesso Peverata dichiarerà nella sua difesa di aver impresso tutti i fogli ufficiali di cui gli occupanti comandavano l’affissione, sottolineando il

faranno parte tra gli altri le poesie di Gherardo De Rossi, quelle di Lorenzo Pignotti e anche una raccolta del meno celebre Giovan Domenico Anguillesi.

328M. LUZZATI, op.cit. p. 472;

329M. MONTORZI, I processi contro Filippo Mazzei ed i liberali pisani del 1799, in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero politico moderno», pp.53-80;

330cit. in CASTRONOVO, CAPRA E RICUPERATI, La stampa, op. cit., p.406; 331Ivi;

fatto di averne patito una grave perdita per non aver mai ricevuto il compenso pattuito333. Al termine della prima occupazione verranno dunque processati334

davanti al Tribunale dello Studio335 per sospetto di “democrazia” entrambi i

fondatori della «Nuova Tipografia», sebbene con esiti piuttosto diversi. Il processo di Giovanni Rosini, che allora aveva ventiquattro anni, terminò infatti con un non luogo a procedere, mentre per il Peverata, di ventisei, la pena sarà più severa. Verrà condannato all’esilio, nonostante la difesa imperniata sull’esclusiva finalità economica della sua attività. I giudici proporranno inoltre di tenere un rogo dei libelli336 sovversivi e contro la religione davanti alla sua

stamperia, ma per sua fortuna non saranno individuati testi sospetti durante l'ultima perquisizione.

Il diverso esito processuale mette in luce lo specifico ruolo dei soci all’interno della piccola impresa. Il Rosini infatti, letterato sempre più celebre, che otterrà sotto il Regno d’Etruria la cattedra d’eloquenza presso l’Ateneo pisano, frequentava la componente accademica dei letterati e i salotti delle dame più in vista della città, come Lucrezia Monti Quarantotto ed Elena Mastiani Brunacci; a lui era delegato il compito di prendere e mantenere i contatti con l’ambiente letterario e fornire contratti al socio, più saldamente legato alla vera e propria attività di stampa. A pesare sulla condanna del Peverata sarà invece anche il ruolo di un certo rilievo ricoperto durante la cerimonia d’erezione dell’albero della libertà; nel corso del corteo, secondo le testimonianze coeve, pare infatti che portasse uno stendardo tricolore assieme al libraio Migliaresi.

333 Il dato era evidentemente fornito nella difesa del libraio per sottolineare il rapporto puramente economico che lo legava agli occupanti;

334C. MANGIO, I patrioti pisani, op.cit., p. 150;

335Professori, studenti e stampatori erano sottoposti alla giurisdizione del tribunale dell’Università, nonostante questo non tutti gli impiegati sospettati di massime democratiche saranno processati dallo Studio; Ne 1799 infatti sarà chiuso e i processi passeranno alla giurisdizione della Camera nera, v. E. PANICUCCI, La Storia dell’Università di Pisa, op.cit.;

336“..in faccia la sua bottega a suono di campana devino essere bruciati tutti i libri ed i fogli stampati che in essa si contengono di e che da persone da destinarsi da Monsignor arcivescovo, da Monsignor Fabroni e dal Signor commissario di questa città saranno riconosciuti meritevoli di esser consegnati alla fiamme per cagione di massime irreligiose o democratiche” BGVAM, n. 102, fasc.13, cit. in MANGIO, I patrioti toscani, op.cit., p.150, n.20; vengono qui nominate le tre principali autorità cittadine a cui era sottoposta l’attività degli stampatori: l’arcivescovo per una censura morale, sebbene le riforme leopoldine avessero privato la Chiesa dalla prerogativa su questa materia, ma in questo caso rappresenta a mio avviso la testimonianza del recupero dell’alleanza trono altare. Il Provveditore dello Studio, monsignor Fabbroni, perché’ all’Università e al suo Tribunale sono sottoposti i librai, e al commissario come garante granducale dell’ordine pubblico.

Quest'altro stampatore, anche lui livornese, aveva aperto un esercizio con gabinetto di lettura annesso a Pisa e uno nella città natale337. All’inizio degli anni

Novanta ricevette un’ammonizione da parte di Francesco Seratti, governatore di Livorno, perché tentava di introdurre la stampa francese proibita dalla censura granducale. Il porto era naturalmente luogo privilegiato anche per il contrabbando di opere librarie proibite, che potevano essere facilmente importate di nascosto tra le altre merci, evitando gli esami assai più rigorosi del sistema postale. Nel marzo del 1795, dopo che il Granducato era tornato alla neutralità e i rappresentanti della Francia repubblicana erano rientrati nella capitale, il Migliaresi chiese direttamente al rappresentante francese Cacault di intercedere presso il governo toscano perché potesse smerciare giornali francesi338. Durante l’occupazione del ‘99 tuttavia stamperà a Pisa soltanto un

opuscolo considerato dalle autorità di possibile valenza “democratica”; si tratta in realtà di un'opera non immediatamente legata al contesto dell'occupazione francese, Le Riflessioni sui mali provenienti dalla questua339, di Filippo Mazzei,

pubblicate anonime e quindi sospette agli occhi della polizia.

In merito alla frequentazione della bottega da parte dei cosiddetti “patriotti”, abbiamo diversi riferimenti ad un “club” di Migliaresi nei rapporti del Bargello pisano Andrea Fabbrini. In uno di questi, stilato a proposito della figura di Filippo Mazzei, datato 24 settembre 1799, si legge:

Evvi da qualche tempo in questa città certo Signore Filippo Mazzei, toscano, abitante in via Carriola, stato in America e altre parti del mondo, ed in ultimo stabilito qui in Pisa, questo soggetto, corredato di sentimenti repubblicani, amava con eccesso la democrazia, per cui, e per aver luogo di poterne trattare, era del club del Migliaresi, nella

337Quest’ultimo veniva portato avanti, secondo le testimonianze raccolte da felice Tribolati, dalla moglie, mentre il marito se ne andava in giro per l’Italia a condurvi gli affari del mercato libraio;

338 C. MANGIO, Politica toscana e Rivoluzione; op.cit., p.98;

339 La redazione dell'opuscolo era avvenuta prima dell'occupazione francese. Nelle sue memorie il Mazzei, a proposito della redazione di questo opuscolo, ci racconta: “Alcuni giorni dopo il mio arrivo a Firenze [1782], parlandone con l’amico Paoletti (poiché per tutto mi vedevo circondato dagli accattoni) ei mi disse, che il granduca aveva eletto 4 deputati per abolirla [la questua, n.d.r.] [..] Siccome ne conoscevo il regolamento, ed ero stato uno degli amministratori nella mia parrocchia in Virginia, proposi di far uno scritto su quel soggetto per presentarglielo. L’amico lo crede’ superfluo, dicendomi che ne aveva fatto venire i regolamenti dall’Inghilterra, dall’Olanda, e dalle città Anseatiche. Volli farlo non ostante, sapendo che in quelli non si parla punto dell’atto pratico;[…]”

cui bottega intervenivano tutti quei soggetti forniti di perverse massime, ove si formavano dei conciliaboli e dei progetti in favore della Libertà340.

Dunque, nonostante il libraio non sia intervenuto direttamente (per quanto è stato possibile ricostruire) nella stampa di materiale patriottico, la sua bottega era evidentemente ritenuta un centro d'aggregazione per i novatori pisani. L'attenzione suscitata dalla figura di Filippo Mazzei341, protagonista

delle vicende rivoluzionarie prima della guerra d'indipendenza americana, e poi della Francia del 1789, in un ambiente distante dai rivolgimenti rivoluzionari d'Europa, come il pisano, era fonte di palpabile preoccupazione da parte della polizia toscana. Tra i fondatori della Societé du 1789 assieme a Condorcet, la Rochefoucauld, La Fayette e altri grandi nomi del coté moderato dei rivoluzionari, ardente sostenitore di una monarchia costituzionale, riteneva che una repubblica fosse realizzabile solo in Paesi di storia recente e dalla moderata stratificazione sociale, come gli Stati Uniti, dove il peso delle tradizioni politiche e del dispotismo non ne avrebbe inficiato i principi. Sarà amico di molti illustri protagonisti della Rivoluzione, frequentati durante i numerosi e prolungati soggiorni nella capitale francese. Risolutamente contrario alla politica guerrafondaia di Brissot e disgustato dalle derive estremiste dei giacobini, suggerirà a La Fayette, conosciuto durante la guerra d'indipendenza delle colonie americane, di guidare un colpo di Stato per neutralizzare la crescente influenza del club des jacobins e dei più accesi repubblicani come Robespierre, Maràt, Danton, Desmoulin, Barnave e Barràs; deluso dall’esito degli eventi nel 1791, che portarono alla progressiva esautorazione della figura del sovrano, scelse di trasferirsi a Varsavia, dove era legato da profonda amicizia all'illuminato Stanislao Augusto Poniatowich, conosciuto durante il soggiorno francese e per cui aveva svolto già il compito di informatore sulle vicende della capitale francese. Fallito il progetto di redigere una costituzione polacca, tornerà nel 1792 a stabilirsi a Pisa. Verrà coinvolto nei processi del 1801, senza alcuna

340M. MONTORZI, Giustizia in Contado. Studi sull’esercizio della giurisdizione nel territorio pontederese e

pisano in età moderna, Edizioni Firenze, Firenze, 1997;

341Per una bibliografia sulla figura di Filippo Mazzei rimando alla voce del DBI corrispondente a.c. di E.TORTAROLO;

accusa effettiva, se non la frequentazione di “club democratici” e la sospetta diffusione di materiale a stampa proibito dalla censura granducale. Secondo i rapporti del bargello Fabbrini, il Mazzei una volta rientrato in Toscana si era limitato “al farla da Socrate”, senza alcuna partecipazione diretta al governo degli occupanti francesi342. In una lettera all’amico Thomas Jefferson, con cui

rimarrà in corrispondenza per tutta la vita, datata 6 dicembre 1800, racconterà che l’interrogatorio a cui era stato sottoposto verteva su quattro capi d’accusa ed il primo di essi era per l’appunto l’aver frequentato la bottega del Migliaresi. Lui rispose brevemente che:

..questi era un libraio, la cui bottega non frequentavo, perché la maggior parte di quei che vi si trattenevano mi dispiaceva343.

Parte di questi altri frequentatori del negozio librario li troviamo in altre testimonianze, rintracciate sempre da Mario Montorzi, rilasciate da Ranieri Favilli e Francesco Montelatici al Supremo Tribunale di Giustizia di Firenze:

tenevano sinedrio in detta bottega e gabinetto l’abate Pietro Manzi, il senatore Francesco Maria Gianni, Luigi Schippisi, il figlio maggiore di Francesco Adorni, Ottavio Morandini, Vincenzo Pugli, l’impiegato postale Guerci, Pietro Bevilacqua, l’Abate Bucci; dopo l’arrivo dei francesi si aggiunsero ad essi i Municipalisti Castinelli e Certellini344.

Il profilo della maggior parte di questi personaggi sembra aver una caratteristica in comune: si tratta per lo più di soggetti che hanno raggiunto una promozione sociale recente. Nobili di recente acquisizione o possidenti terrieri, sono comunque soggetti estranei all’élites cittadina di più antica origine, favoriti dalle riforme leopoldine nell'acquisizione di un ufficio o dell'accesso ad un ruolo politico grazie al possesso terriero.

342 v. M. MONTORZI, Giustizia in contado, op.cit.;

343v. S. TOGNETTI BURIGNANA, Tra riformismo illuminato e dispotismo napoleonico, Edizioni di storia e Letteratura, Roma, 1965, p.12, n.1;

344M. MONTORZI, Giustizia in Contado. Studi sull’esercizio della giurisdizione nel territorio pontederese e

pisano in età moderna, Edizioni Firenze, Firenze, 1997, p. 292, n.5; l’incartamento del processo e’ conservato presso A.S.Pi, Università di Pisa, B.II.8, Copialettere n. 31, f. 97 v.-98 v.;

Luigi Schippisi345 era un nobile pisano di circa quarant’anni; tradizionalmente la

famiglia si faceva risalire ai guerrieri britannici portati da John Hakwood, capitano di ventura ingaggiato da Pisa nelle lotte contro Firenze del 1364. Questa aveva possessi terrieri nella zona di Mortaiolo di Nugola, e tramite alcuni matrimoni entrò in possesso dell’eredità della famiglia spagnola dei Navarrette. Luigi, tuttavia, non era al momento in possesso di una rendita cospicua e aveva assunto l’incarico di magazziniere della Deputazione degli

approvvigionamenti 346 . Per quanto riguarda il suo coinvolgimento nel

movimento democratico, sappiamo che aveva avuto un ruolo di risalto nella festa in cui venne piantato l’albero della Libertà, quando dopo aver sfilato con uno stendardo tricolore era stato tra i fautori di una distruzione simbolica di tutti gli stemmi araldici, da sacrificarsi durante la rigenerazione rivoluzionaria. La sua foga patriottica era poi stata frenata dall’intervento del Capitano Laborey. Un ruolo simile l’aveva ricoperto un altro nobile di saldi principi democratici, che partecipava anche alle conversazioni nel negozio di Migliaresi,

Ottavio Morandini347. Da alcune lettere indirizzate a Filippo Mazzei, sappiamo

che nel 1789 il nobile pisano si trovava a Parigi, dove tra l'altro pare sia stata recitata in quel periodo nei teatro di varietès una commedia da lui composta, intitolata «La tromperie excusable»348. Ricorrente nelle testimonianze del

bargello come soggetto pericoloso e sostenitore di massime democratiche per tutti gli anni Novanta, all'arrivo delle truppe francesi comporrà un inno patriottico per l'erezione dell'albero della Libertà. Iscritto nel Battaglione toscano prenderà poi parte alla spedizione contro Viareggio, ribellatasi ai francesi e farà arrestare diversi contadini della provincia pisana colpevoli di una piccola sommossa antifrancese. Anche lui sarà condannato più tardi a cinque anni di reclusione nel Falcone di Portoferraio e privato del titolo. Della famiglia Morandini sappiamo che accumulò ingenti fortune con la costruzione dei