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GAETANO MANFREDONIA

DIRIGENTE MEDICOI LIVELLO CENTRO MEDICO LEGALEI.N.P.S. - SEDE DIVENEZIA

SPECIALISTA INORLE IN FONIATRIA

Il riferimento più antico alle malattie del linguaggio risale al periodo faraonico della 3a dina-stia, ed è contenuto nel papiro dell’architetto della piramide di Djeser Hymotep, 17 secoli prima di Cristo: “Chi ha una ferita alla tempia che perfora l’osso temporale, e perde sangue dalle narici, presenta rigidità del collo e non può parlare. È una condizione incurabile”.

Anche per quanto riguarda la parola “cervello”, si sottolinea come essa compare già 3000 anni prima di Cristo, ed è descritta la sua responsabilità nell’afasia senza rapportarlo però all’intelligenza.

I greci ne diedero molte definizioni, tra cui quella di Alcmeone (che sperimentava per vivi-sezione e disvivi-sezione), che attribuirà al cervello la funzione nobile che, che per 2000 anni, in Occidente, non sarà più rimessa in questione: “Considero il cervello l’organo più potente dell’uomo: poiché, quando è sano, è l’interprete di tutti gli effetti prodotti dall’aria. E l’aria produce intelligenza”. E “se tutti gli animali sentono, solo l’uomo pensa.” Allontanandosi dalle verità religiose, la via della conoscenza è possibile, verso una concezione nella quale l’uomo è centrale e sovrano.

Le malattie possono avere origine nella natura, non più nella volontà di Dio, come testimonia Mosé (considerato, probabilmente a torto, balbuziente) nell’esodo (12°

secolo a.C.): “ Non sono eloquente, parlo lentamente e la mia lingua è intorpidita.” e Geova risponde “ chi ha fatto la bocca dell’uomo, che lo fa muto, sordo e cieco? . Non sono forse il Signore?”.

Alcmeone di Crotone prefigura l’unità organica della vita psichica, mentre Democrito (con la sua teoria degli atomi) unifica l’anima ed il divino, il pensiero che deriva da un movi-mento e la sensazione del cambiamovi-mento di un contatto. Così “ pensare è sentire”; formula che sarà ripresa da Socrate e, ben più tardi, da Condillac, fino ai nostri giorni, quando l’individualizzazione del pensiero e del cervello è vivamente discussa.

La parola imperfetta era considerata come oggetto di scandalo (de Vivès non esitò a cercare di correggere tutte insieme le devianze linguistiche, siano esse geografiche come il dialetto, il gergo, o di carattere sociale; o di tipo patologico, come le disfluenze). La maggior parte dei disturbi della parola viene chiamata balbuzie fino alle prime nosologie serie, nel XVIII secolo, di D. Hartley, che definisce un quadro concettuale e psicomotorio (o, come si direb-be oggi, psico- fisiologico).

La parola anormale o assente è anche sinonimo di idiozia (si può osservare infatti che la parola “ dumbs “ , in inglese, tanto per un raffronto a noi più vicino temporalmente) signifi-ca sia “sordo” sia “idiota”), se non di debilità mentale (nel codice di Giustiniano (529) i

muti non hanno personalità giuridica. J.M.G. Itard (1800) ha contraddetto la diagnosi di idiozia posta dai colleghi nel caso del giovane selvaggio dell’Aveyron).

JM-G Itard, con il suo studio sul bambino selvaggio dell’Aveyron, fu l’iniziatore di un pen-siero rivoluzionario: il bambino deve essere trattato come tale, l’”idiozia” non è necessaria-mente congenita e può essere sottoposta a “rieducazione “. Egli comprese il ruolo dell’udito per il linguaggio, e utilizzò metodi rieducativi che furono sviluppati da M.Montessori. È considerato il primo pedopsichiatra, il primo psicomotricista, il primo foniatra.

I progressi delle conoscenze sulla patologia del linguaggio e la sua presa in carico profes-sionale permetteranno ai soggetti “che parlano male” e “scandalosi” di essere riconosciuti come pazienti che hanno il diritto di essere curati, a partire dal XVI e XVII secolo (Alberti, Holder e Amman).

La patologia foniatrica dei greci è rappresentata dagli afoni, che diventeranno i nostro attua-li afasici. La parola Laringe appare nel VI secolo a.C. e a Roma i professori dicevano voci-ferarii per descrivere l’intensità e l’ampiezza della voce, vocali per l’elasticità e phonaci per la produzione degli ornamenti.

Gallieno fece molte descrizioni della laringe, delimitando la glottide, l’epiglottide, le carti-lagini e i muscoli estrinseci. Egli descrisse l’afonia post-tiroidectomia e la attribuì alla sezione del nervo ricorrente. L’ansa di Gallieno conservò il suo nome per la descrizione precisa che ne fece.

Nel Medioevo le conoscenze erano molto elementari, e si limitavano a pochi dati anatomici, essendo le dissezioni vietate per motivi religiosi. La ricerca si fa soprattutto in Oriente, gra-zie alle scuole dirette da Al-Mujasi e Avicenna. Per il primo, la laringe produce la voce, e l’epiglottide evita la cattiva deglutizione. Per il secondo, la lingua è necessaria per parlare.

Leonardo da Vinci (1425-1519) realizzò i primi disegni, realistici e splendidi, della laringe.

Non soltanto fornì descrizioni anatomiche cervico-facciali, ma descrisse correttamente l’articolazione dei fonemi, prefigurando la teoria dei formanti e la responsabilità della cavità oro-faringea nella formazione delle vocali.

La denominazione di “corde vocali” è data da A.Ferrein (1741): “ le labbra e la glottide sono corde, in grado di vibrare come un violino “. È il fondatore della fisiologia laringea.

Secondo J.Perello, l’anno di nascita della foniatria è il 1905, anno nel quale H.Gutzmann (1865-1922) è nominato professore di foniatria alla facoltà di medicina di Berlino.

Nel 1932 J.Tarnaud (laringoiatra dell’ospedale L. Bellan e del conservatorio nazionale di musica di Parigi) propone il nome di foniatria per la scienza che studia la patologia della voce e fonda la società francese di foniatria, con la collaborazione di S.Borel Maisonny, direttore di servizio di riabilitazione della parola all’ospedale pediatrico di Parigi.

I foniatri, incoraggiati dai risultati delle prime stafilorafie, si interessano ai disturbi della parola, quindi alle disartrie e a tutte le patologie della parola e del linguaggio. Le loro defi-nizioni si ampliano parallelamente all’espansione dello studio propriamente scientifico del linguaggio.

Arrivando a giorni relativamente più vicini ai nostri, ricordiamo che nel 1963, un gruppo di ricerca in neuropsicologia e neurolinguistica si riunisce al S. Anne di Parigi. J.Dubois defi-nisce in “Langage” l’oggetto della neurolinguistica come “ lo studio delle relazioni che esi-stono tra la tipologia anatomoclinica e la tipologia linguistica degli afasici”. Il postulato fondamentale è che questa correlazione è significativa per l’analisi delle funzioni del lin-guaggio e dei disordini del linlin-guaggio e determina 2 categorie di modelli, una anatomocli-nica, l’altra linguistica, con 3 livelli possibili di disturbi: i disordini della parola, del lin-guaggio o dell’enunciato.

Per Luria, il compito della neurolinguistica è di determinare, grazie ai dati clinici, i mecca-nismi fisiologici e neurofisiologici responsabili dei disordini della patologia del linguaggio.

Il termine “psicolinguistica” era stato proposto fin dal 1954 per “ designare la scienza che studia i processi di codifica e di decodificazione coinvolti nei processi di comunicazione”.

“L’approccio scientifico umano è determinato più dal punto di vista dal quale si considera che dall’oggetto dello studio.” Questo concetto, applicato al linguaggio, ha aperto la porta a numerose discipline che permisero uno studio ad altissimo livello degli elementi costitutivi del linguaggio.

L’approccio per segmentazione si è affermato negli anni ‘50 (Martinet) e più recentemente negli anni ‘80 (Perello). Emergono nuovamente le necessità di un’epistemologia (eviden-ziate da Chomsky) e della determinazione di legami strutturali e logici tra le varie discipli-ne. I foniatri, al centro del lavoro interdisciplinare di oggi, sarebbero il punto di riferimento, a livello medico, dei legami tra le varie specialità, nonché il punto fermo per il paziente. In questo, il suo ruolo definisce la foniatria come una specialità a pieno titolo. La pluridiscipli-narietà pone anche il problema delle interconnessioni, che determinano una deriva verso “ discipline parallele “. Il XX secolo ha visto letteralmente esplodere i numeri delle teorie sul linguaggio, ciascuna con il suo concetto.

Il panorama delle concezioni passate ed attuali permette di comprendere la diversità delle discipline attuali relative al linguaggio, e di capire come esse intervengano nel lavoro quoti-diano di un foniatra, che è vero specialista per la vastità delle conoscenze e dei metodi necessari.

E’ intuitivo capire che laddove la patologia denunciata rappresenta un quadro clinico la cui definizione richiede una competenza specialistica più appropriata, e laddove si voglia stu-diare un piano di prevenzione che implica la competenza più qualificata di altri professioni-sti specialiprofessioni-sti propri di quel settore, non solo il buon senso, ma anche la norma giuridica, ad esempio nella applicazione di norme a tutela della salute dei lavoratori, ce ne dà la facoltà.

Purtroppo ciò accade di rado per alcune competenze specialistiche, come ad esempio quella foniatrica, forse perché entrano in gioco fattori negativi di vario genere e cioè:

Se consideriamo infatti il numero di giorni di assenza dal lavoro per malattia a causa di tutte quelle patologie certificate come faringolaringiti, tracheolaringiti o sindromi similin-fluenzali, o che molte volte vengono certificate in modo improprio, e che solitamente

sot-• la scarsità della casistica clinica degli ambienti di lavoro (es. pochi insegnanti o impiegati addetti al pubblico, o operatori di call center o di altre categorie professionali che fanno un uso professionale della voce denunciano un disagio vocale in ambiente di lavoro, o una vera e pro-pria patologia disfonica al medico competente della struttura di appartenenza);

la scarsa conoscenza conseguente alla scarsa informazione del problema legato ai disturbi della voce, attribuendo importanza solo ai rischi cosiddetti maggiori (es. patologie traumatiche, pro-blemi legati all’uso di videoterminali ecc.);

conoscenza inadeguata del problema anche da parte degli addetti ai lavori (es. per molti medici competenti la disfonia professionale è ascrivibile solo ai cantanti, o per alcuni di essi solo ai cantanti lirici);

Il presunto basso impatto economico sociale del problema (dato non propriamente veritiero).

tendono quello che viene considerato come un “semplice abbassamento della voce“, vedia-mo come, per esempio, nella realtà del Veneto, tali patologie rappresentano una percentuale pari a circa il 10%, sovrapponibile alla media nazionale.

Tale dato, considerato su una spesa annua per indennità di malattia stimata pari a 4 miliardi circa di euro (dato INPS) rappresenta un quorum di circa 400 milioni di euro.

Vediamo allora come creare innanzitutto un’adeguata formazione, che passa obbligatoria-mente attraverso un processo serio di informazione dei vari addetti ai lavori coinvolti, rap-presenti un’esigenza non più procrastinabile.

Cercando di fare un primo passo verso un percorso di chiarezza, vediamo innanzitutto di trovare delle definizioni comuni riguardanti le situazioni che andremo ad analizzare, anche perché talvolta ciò che è palese e conforme per il clinico specialista della branca in questio-ne, non sempre lo è per le altre categorie specialistiche in altro modo interessate .

Ne è prova infatti l’enorme babele di tabelle più o meno corrette, più o meno elaborate, con le quali si cerca di dare una valutazione che rivesta applicabilità giudiziaria a un eventuale danno alla persona nei suoi vari contesti, siano essi penali, civili o assicurativi.

Cerchiamo pertanto di uniformare la nostra terminologia di riferimento.

Per malattia professionale si può definire:

Di fatto questa definizione rappresenta in pieno la concezione ramazziniana che prescinde da qualsivoglia limitazione di carattere assicurativo.

Restano da stabilire i limiti di quel qualsiasi. In riferimento allo stato morboso, possiamo includere in esso anche manifestazioni subcliniche che possono evolvere poi verso dei qua-dri clinici conclamati, talvolta essi sono di natura biochimica talaltra ad individuazione complessa resa possibile solo con esami strumentali a più o meno alto grado di sofisticazio-ne, tuttavia rilevanti ai fini di una seria prevenzione collettiva o più propriamente individua-le (penso ad esempio a situazioni che possono preludere ad una forma conclamata di disfo-nia quali disagio psichico lavorativo, faticabilità vocale, senso di tensione della muscolatura del collo, ecc.).

La diffusione della telefonia, lo sviluppo del settore terziario, la riduzione del settore primario, rendono la comunicazione vocale essenziale per la vita quotidiana del XXI secolo (Ruben JR; Laryngoscope, 2000). Partendo da questo assioma e in riferimento alle attività lavorative, possiamo includere qualsiasi attività abbia attinenza al problema posto in essere. Per quanto riguarda le disfonie professionali ad esempio, trovo molto interessante il distinguo fatto da un punto di vista clinico dal prof. Schindler nel suo Breviario di patolo-gia della comunicazione, laddove parla di disfonia da lavoro e di disfonia professionale in senso stretto:

Qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa.

Vengono definiti la giusta classificazione e il giusto distinguo tra le due forme di pato-logia, ove viene posto al centro, come dovrebbe solitamente essere, il paziente il quale subisce passivamente l’effetto di una noxa potenzialmente dannosa nel primo caso, mentre ne è attore attivo in qualche modo nel secondo caso, contribuendo egli stesso attraverso l’uso incongruo del suo principale strumento di lavoro, la voce, a sviluppare quelle noxae talvolta concausali che esiteranno poi in un quadro di disfonia professio-nale in senso stretto.

Entrambi i casi però da un punto di vista medico legale, e non solo, sono accomunati nello stesso inquadramento nosografico di disfonie professionali.

La strategia operativa del medico competente in campo preventivo sarà mirata prevalente-mente sul fattore ambiente nel primo caso, rispetto all’azione più incisiva sulla persona nel secondo caso. E come da un punto di vista clinico le misure riabilitative terapeutiche pren-deranno un indirizzo diversificato, allo stesso modo vi saranno implicazioni economiche risarcitorie differenti nei due ambiti, ravvisandosi nel primo caso ipotesi di reato a carico dei datori di lavoro, o nello specifico in fatti meramente omissivi, da parte del medico com-petente che o non ha ravvisato eventuali fattori di rischio ambientale o non ha segnalato al datore di lavoro l’opportuna messa in opera di dispositivi di protezione (ad esempio struttu-re di aerazione e ventilazione nei locali adibiti alle verniciatustruttu-re a spruzzo, uso di mascheri-ne protettive, insufficiente aeraziomascheri-ne di locali e di umidificaziomascheri-ne degli stessi, insufficiente manutenzione delle apparecchiature di filtrazione dell’aria, ecc.).

Nel secondo caso invece, rimanendo comunque validi gli stessi presupposti enunciati, vi è in più una componente partecipativa del paziente attraverso comportamenti non corretti circa l’utilizzo del suo strumento vocale di lavoro, visto il bagaglio di conoscenze di base della materia, almeno per alcune categorie (si pensi ad esempio ai cantanti o agli attori di teatro, o agli speaker, o agli interpreti che vedono inseriti nei loro programmi formativi sempre più nozioni di anatomo-fisiologia degli organi fonatori, nonché di igiene vocale o di tecniche di respirazione o quant’altro).

Ma sostanzialmente ciò che trasforma una malattia comune e che ne dà la connotazione professionale è la causalità lavorativa stessa, indipendentemente dal fatto che detta malattia risulti assicurata o meno; e per il medico legale la ricerca della causalità individuale rappre-La disfonia da lavorosi ha in quei lavoratori che devono parlare in presenza di fattori ambientali nocivi quali polluzioni di polveri, vapori o gas, caldo e freddo eccessivi o bruschi cambiamenti di temperatura, inquinamento da rumore, ritmi di lavoro, tipi di comunicazione, presenze di protetto-ri acustici.

La disfonia professionaleinvece si ha nei soggetti che fanno uso specifico, intenso e prolungato della voce: i professionisti della voce e cioè:

I cantanti professionisti di qualsiasi categoria (se la disfonia concerne la voce cantata si parla di DISODIA);

Coloro che fanno grande uso di voce di conversazione od oratoria (nel qual caso la disfonia prende il nome di RHESIASTENIA) come gli insegnanti, artisti di teatro, cinema, radio-televi-sione, commercianti ambulanti o esercenti in luoghi rumorosi, predicatori, traduttori, avvocati, telefonisti, annunciatori, ecc.;

Coloro che devono esercitare una voce di comando (nel qual caso la disfonia prende il nome di KLESIASTENIA) quali gli istruttori militari o sportivi, capireparto di officine rumorose, etc.

senta il nodo inderogabile da sciogliere nella valutazione dei singoli casi, per giungere all’individualizzazione del singolo caso.

In tale contesto trovano anche una loro collocazione fattori predisponenti ereditari, a cui si aggiungono fattori concorrenti esogeni acquisiti, costituiti da eventuali esiti di malattie sof-ferte in periodi antecedenti, e fattori frutto di abitudini individuali, voluttuarie o alimentari, nonché ambientali in genere, visto il crescente problema dell’inquinamento omnidistribuito.

Nei casi in cui clinicamente viene certificata una possibile disfonia professionale, laddove richiesto inizia un percorso metodologico medico-legale più complesso, con finalità molto spesso di tipo economico risarcitorio, con aspettativa di giustizia sommaria da parte del paziente, in un contesto sociale politico e massmediatico a lui favorevole.

Non è casuale il riferimento alla scarsità della casistica clinica negli ambienti di lavoro nello specifico, in quanto anche e soprattutto nel metodo medico-legale, e comunque in ogni ambito della medicina, gli studi statistici hanno avuto da sempre un ruolo importante sia per la classificazione delle malattie sia per la ricerca dei suoi agenti eziologici, oltremo-do importanti nell’ambito del lavoro. Allo stato attuale emergono però alcuni limiti circa la validità dei criteri di eziologia diagnostica in ambito medico professionale, in quanto tratta-si sempre più di manifestazioni morbose di vario tipo che insorgono nel corso dell’attività lavorativa del soggetto, ma che possono anche estrinsecarsi a distanza di tempo dalla cessa-zione dell’impiego, o comunque peggiorare o esitare in altre patologie più gravi e comples-se (si pensi ad ecomples-sempio a quadri cronici di disfonia professionale in operai coibentatori sal-datori nei cantieri navali, che per esposizione cronica a elementi cancerogeni sviluppano una patologia neoplastica laringea quando ormai in trattamento di quiescenza, praticamente in pensione).

Riveste pertanto un’importanza vitale per l’individuo lavoratore poter contare su esperti (medico competente nello specifico coadiuvato dal foniatra), che sappiano fornire utili ele-menti di indicazione per una corretta opera di prevenzione di un rischio professionale speci-fico e per una corretta opera di informazione (ai sensi della 626/94 e normative successive di più recente promulgazione), ma soprattutto che, attraverso le loro conoscenze tecnico-scientifiche, sappiano individuare, nelle periodiche visite di controllo, quelle manifestazioni paucisintomatiche o subcliniche che possono permettere un’azione di prevenzione efficace non solo nei confronti delle disfonie ma anche e soprattutto nelle possibili evoluzioni futu-re, a volte drammatiche per il lavoratore.

Il contributo dello specialista foniatra in questo ambito diventa fondamentale quando si opera nel contesto di un criterio probabilistico di causalità, in riferimento alla insorgenza di un quadro di disfonia con i connotati di una forma professionale, in conseguenza o comun-que in rapporto con l’attività lavorativa del soggetto stesso, o meglio di probabilità qualifi-cata (sent. Cassazione 6388/1998), laddove il grado di probabilità sia perlomeno superiore al 50%.

Egli infatti può fornire al medico legale, attraverso il suo supporto specialistico, quegli ele-menti di migliore certezza diagnostica che ridurrebbero, nei giudizi a finalità medico legali, le quantificazioni del tutto soggettive di apprezzabile, notevole, elevata e rilevante probabi-lità e quant’altro che sempre più connotano i giudizi peritali.

Nel caso specifico delle disfonie professionali, a proposito delle categorie professionali di riferimento, esiste una varietà in letteratura di tabelle di suddivisione in gruppi strutturati in cui ad esempio quella proposta dall’Unione dei Foniatri Europei:

Le abilità lavorative di queste categorie devono necessariamente rapportarsi alla qualità vocale e al carico vocale stesso, infatti , come dimostrato in un recente lavoro, i due ele-menti divengono preponderanti a seconda della categoria di riferimento:

Ma per quanto riguarda la produzione vocale, bisogna considerare quali sono gli effetti del carico vocale e i fattori individuali che ne influenzano la sua effettuazione, infatti:

Categorie professionali che richiedono particolari prestazioni vocali - UEP

Professionisti con particolari esigenze sulla qualità della voce: cantanti, attori, speaker radiofo-nici e televisivi.

Professionisti con particolari richieste sulla voce: insegnanti, educatori, politici, telefonisti.

Professionisti che lavorano in ambienti rumorosi (con conseguente aumento dell’impegno vocale): commessi, cassieri, custodi, operatori di linea, magazzinieri.

QUALITA’ CARICO PROFESSIONE

+ + + + + Attori, cantanti (0.3%)

+ + + + + Radio- e TV-giornalisti (0.2%)

+ + + + Insegnanti (16%), operatori telefonici (0.9%), venditori e militari (1.4%), clero (0.3%)

+ + + + Personale bancario e assicurativo(50%), medici (0.2%), avvocati (0.1%), infermieri (0.5%)

+ + + + + Caposquadra

Vilkman; Folia Phoniatr Logop 2004; 56: 220-253

Il numero di vibrazioni glottiche/tempo di fonazione, saranno influenzate da:

durata di utilizzo della voce (vocal dosimetry)

rumore di fondo

acustica ambientale

acustica ambientale