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CENNI TERAPIA E PROFILASSI DELL’EPILESSIA P0ST-TRAUMATICA Tale tematica, che apparentemente esula dai fin del presente studio, in realtà è di notevole

ED OSPEDALE SAN CARLO BORROMEO DI MILANO

CENNI TERAPIA E PROFILASSI DELL’EPILESSIA P0ST-TRAUMATICA Tale tematica, che apparentemente esula dai fin del presente studio, in realtà è di notevole

rilievo, in quanto consente di verificare se ed in quale misura sono state, nelle differenti fat-tispecie, adottate le adeguate ed indispensabili misure terapeutiche.

Il protocollo terapeutico dell’epilessia unanimemente accettato (Sypert, 1977) si fonda su alcuni principi base, costituiti da:

- evitare fattori che possono scatenare crisi;

- selezionare il farmaco più sicuro per il tipo di crisi;

- incrementare gradualmente il dosaggio fino al controllo delle crisi;

- nella comparsa di effetti tossici gravi interrompere la somministrazione del farmaco e sostituirlo con un altro più appropriato;

- monitorare i livelli ematici del farmaco;

- se le crisi sono controllate proseguire la somministrazione del farmaco scelto, se non lo sono allora si deve aumentare gradualmente il dosaggio dello stesso preparato ed in caso di mancato controllo delle manifestazioni si introduce un diverso farmaco con la stessa metodica;

- quando le crisi sono controllate il dosaggio del farmaco deve essere mantenuto per alme-no 2 anni valutando che alme-non si verifichialme-no effetti tossici che suggerirebbero un cambia-mento del dosaggio;

- la cessazione della terapia va effettuata lentamente per evitare il verificarsi della ricor-renza delle crisi.

La fenilidantoina, per os a dosi di 5-10 mg/Kg/die, ed il fenobarbital, per os tra 1,5 e 4 mg/Kg/die, efficaci nel trattamento delle crisi generalizzate ed in quelle parziali, ad un range terapeutico rispettivamente di 10-20 e di 15-40 microg/ml, sono i farmaci più utiliz-zati e meglio studiati nella terapia dell’EPT. Meno utilizutiliz-zati il valproato di sodio e la carba-mazepina (Rapportil e Penry, 1973): il valproato di sodio con le stesse indicazioni del feno-barbital, si somministra per os a dosi di 20 mg/Kg/die ed ha un range terapeutico di 40-100 microg/ml, la carbamazepina, e la più recente ossicarbamazepina, sono utili nelle crisi par-ziali complesse, nelle crisi generalizzate e nelle secondariamente generalizzate, a dosi com-prese tra 10 e 20 mg/Kg/die ad un range terapeutico di 6-12 microgr/ml.

Mentre per la terapia esistono criteri sostanzialmente condivisi, per la profilassi farmacolo-gica i pareri sono stati a lungo discordanti sia sull’utilità che sulle modalità del trattamento, sebbene oggi si concordi sull’ opportunità del trattamento profilattico nei casi di trauma cranico grave, sussistono ancora incertezze riguardanti il tipo farmaco da utilizzare, le dosi e la durata del trattamento (Janz, 1982), né esiste un protocollo condiviso. In uno studio ormai classico di Rapportil e Penry (1973) è stato riscontrato che su 1064 chirurgi intervi-stati circa il 60% prescriveva una profilassi farmacologica dell’EPT, utilizzando fenitoina, a dosi 300 mg/die, nel 54% dei casi e fenobarbital più fenitoina, rispettivamente a dosi medie di 128 mg/die e 300 mg/die, nel 20% dei pazienti, e che il trattamento profilattico era rite-nuto opportuno in presenza dì fattori di rischio per l’EPT, tra cui il riscontro di segni neuro-logici, di interruzione della dura madre, di anomalie all’E.E.G. e di convulsioni, mentre, relativamente alla durata, nel 40% era ritenuto congruo un periodo di trattamento di un anno e nel 23% di due anni.

I farmaci oggi più adoperati nella profilassi sono il fenobarbital e la fenitoina, anche se i risultati ottenuti da differenti studi condotti non sono univoci (Marina e coll., 1982). Murri e coll. (1980 e 1982) e Mutani (1982) hanno sottolineato l’efficacia del fenobarbital nella profilassi in differenti studi controllati, mentre Rossi (1982) sostiene l’opportunità di instaurare il trattamento con fenobarbital dal momento del trauma e sospenderlo dopo 15 giorni, ritenendo che il trattamento andrebbe prolungato per 1 anno solo in caso di crisi comiziali insorte entro le prime due settimane dall’evento traumatico. La fenitoina, che risulta essere il farmaco più utilizzato nei paesi anglosassoni (Young 1979), in studi con-trollati con Placebo, ha messo in evidenza la sua efficacia anche nella prevenzione delle crisi precoci (Young e coll., 1983; Temkin e coll., 1989 e 1990). Servit e Musil (1981), che hanno sottoposto 144 pazienti con gravi traumi cranici, a trattamento con l’associazione con fenitoina, 160-240 mgr/die, e fenobarbital, 30-60 mg/die, per un periodo di due anni, hanno ottenuto buoni risultati, con una incidenza di EPT del 2,11% contro il 25% del gruppo di controllo che non praticava alcun trattamento farmacologico.

In vero, il problema della profilassi dell’EPT non è stato completamente risolto anche se la maggioranza degli Autori (Yablon, 1993; Kmen e coll., 1991; Schierhout e coll., 2000)

ritiene che un trattamento profilattico possa ridurre l’incidenza delle crisi e che quindi vada praticato perlomeno ai cranio-traumatizzati con alto rischio dl EPT (Raghupathi e coll., 1998; Vespa e coll., 2000.

CONCLUSIONI

Il presente studio è stato finalizzato alla identificazione di un percorso diagnostico clinico e medico legale adeguato nella EPT. Sotto tale aspetto, a nostro parere, gli aspetti clinici, epi-demiologici e fisiopatogenetici evidenziati hanno consentito e consentono di seguire quel percorso logico deduttivo sotteso ad ogni diagnosi, sia clinica in senso stretto, che, ancor più, medico legale.

L’EPT, che è una patologia di grande rilevanza clinica e sociale, è la forma di epilessia più frequente tra quelle ad etiologia nota, e fornisce tecnicamente la migliore opportunità per esaminare il corso naturale della epilettogenesi, per la documentazione agevole dell’insulto focale subito dal sistema nervoso centrale sia nell’immediatezza dell’evento traumatico che a distanza di tempo. Sotto tale profilo è indispensabile acquisire in tutti i casi gli elementi indispensabili che consentono di ricostruire con adeguatezza e rigore il corso biologico della patologia stessa, per poter raggiungere una diagnosi di natura certa.

L’EPT presenta una fenomenologia clinica poliedrica, potendosi manifestare in tutte le forme, ad eccezione delle mioclonie massive bilaterali e del piccolo male, e, sebbene ovvio, in ogni caso è indispensabile la verifica preliminare sulla reale natura epilettica delle crisi, attraverso una rigorosa criteriologia clinica con l’ausilio delle più moderne metodiche stru-mentali.

In vero, l’aspetto più complesso è rappresentato dal riconoscimento del rapporto, non sol-tanto temporale, ma causale tra un evento traumatico ed una successiva epilessia. Tale diffi-coltà consiste nel fatto che l’elemento susseguente non è la conseguenza diretta, esclusiva ed ineludibile dell’evento antecedente, inteso come evento storico ed oggettivo fornito di rilevanza causale e nel fatto che le manifestazioni cliniche in tutti i casi sono sempre il risultato di un evento che, comunque, è un insieme molto complesso di variabili nel quale giocano un ruolo fisiopatogenetico e causale rilevantissimo elementi di ordine individuale, quali la suscettibilità eredocostituzionalmente preesistente e, soprattutto, i cosiddetti fattori di rischio.

Relativamente a questi ultimi, per i quali si intendono le circostanze che favoriscono l’insorgenza di una epilessia in seguito ad un trauma, e quindi forniti di un rilevante ruolo concausale, sufficientemente acclarati sono la predisposizione genetica, la documentazione di accessi epilettici entro 7 giorni dal trauma, le cosiddette crisi precoci, la perdita di coscienza, l’amnesia post-traumatica superiore a 7 giorni, che univocamente si ritiene favo-riscano lo sviluppo di una EPT. Inoltre, nei traumi aperti l’incidenza di EPT è significativa-mente superiore rispetto ai traumi chiusi, 30-35% rispetto all’8%, e le lesioni a carico del lobo parietale sono quelle che con maggiore frequenza sono stati relazionati fisiopatogene-ticamente ad una EPT, presumibilmente per una soglia eccitabilità inferiore rispetto al resto della corteccia.

La diagnostica neurofisiologica se da un lato non sembra fornire elementi di carattere pre-dittivo per le EPT, dall’altro, ed in questo assume un rilievo medico legale fondamentale, consente l’esclusione di una etiologia non traumatica di una epilessia, mentre le registrazio-ni seriate dell’E.E.G., l’E.E.G. dinamico e la mapping E.E.G., risultano di notevole utilità,

tramite l’evidenzia di anomalie elettrofisiologiche nella fase incubazione dell’EPT nel 60%

dei casi circa. Di grande utilità si sono rivelate la T.A.C. e più recentemente la R.M.N. per l’evidenza, soprattutto nell’immediatezza del trauma, di lesioni encefaliche, consentendone, altresì, di seguirne l’evoluzione. Altro aspetto rilevante è costituito dal trattamento farmaco-logico dell’EPT, sia terapeutico che profilattico, sebbene da quest’ultimo sia ancora dibattu-to, appare sufficientemente acclarata l’efficacia del trattamento farmacologico profilattico precoce con l’uso di fenitoina e/o fenobarbital.

I più moderni studi in tema di fisiopatogenesi delle EPT hanno fornito la prova della distin-zione fisiopatogenetica tra crisi precoci, intervenute nella prima settimana dall’evento, e crisi tardive, ed hanno rimarcato la possibilità di esordio delle manifestazioni epilettiche anche oltre ai 10 anni dall’evento traumatico e l’importanza sia nelle crisi precoci che in quelle ad esordio tardivo di differenti fattori di rischio, i quali, pertanto, assumono un rilie-vo fisiopatogenetico e causale peculiare. Nelle crisi precoci tali fattori sono identificabili nell’ematoma intracranico, nella presenza di segni neurologici focali, nel riscontro di una amnesia post traumatica superiore alle 24 ore, nel rilievo di frattura cranica depressa e/o di una emorragia subaracnoidea, nell’età inferiore ai 5 anni ed nella frattura cranica lineare.

Nelle manifestazioni ad esordio tardivo i principali fattori di rischio sono identificabili nell’ematoma intracranico, in documentate precedenti crisi precoci, in una frattura cranica depressa, nell’amnesia post traumatica superiore alle 24 ore, nell’età superiore ai 16 anni e nel rilievo di frattura cranica lineare.

A tale scopo, in accordo con Weisberg e coll. (1989) è di fondamentale rilevanza la necessità in tutti i casi di una approfondita ed accurata raccolta della storia clinica indi-rizzata oltre che all’accertamento del tipo e della natura del danno, anche all’accerta-mento dei precedenti individuali predisponenti o favorenti il determinismo di una pato-logia epilettica, e a tutti i fattori di rilevanza fisiopatogenetica coinvolti nella genesi di tali patologie. Quindi, solo tramite un tale metodica, e con estrema cautela, individuan-do nelle singole fattispecie, con un accurato studio clinico ed anamnestico, unitamente alla disamina particolareggiata tutti gli elementi documentali e le risultanze delle inda-gini effettuate nel corso del tempo, i fattori individuali favorenti, predisponenti e scate-nanti una EPT, si può esprimere se un determinato evento è fornito dei requisiti di necessità e sufficienza per i quali tra un fenomeno antecedente, il trauma cranio-ence-falico, ed uno susseguente, l’epilessia, vi sia un rapporto non di mera temporalità, ma di causalità, ossia l’evento precedente è responsabile etiofisiopatogeneticamente e casualmente, del determinismo della detta condizione patologica.

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