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MATERIALI E METODI

ED OSPEDALE SAN CARLO BORROMEO DI MILANO

MATERIALI E METODI

Questo lavoro rappresenta un approfondimento applicativo di quanto già comunicato in occasione del precedente Congresso di Medicina Legale Previdenziale del 2006 e qui bre-vemente richiamato. Si tratta di rilievi preliminari su di una casistica ridotta, anche perché i danni perimetrici, in ambito INAIL, non sono di così frequente osservazione (dal 2 al 16%

nelle varie statistiche).

Sono stati quindi esaminati 15 casi consecutivi di otticopatia traumatica, diagnosticata o in fase di accertamento, occorsi all’osservazione presso la Sede INAIL di Brescia dal novem-bre 2006 al aprile 2008.

La nostra casistica è composta da soggetti di età media 44.5 anni (min 27; max 60) tutti di sesso maschile; si è trattato in 6 casi di visite oculistiche per revisione del danno e nei rima-nenti casi gli infortunati sono stati visitati per controllo della temporanea e successiva valu-tazione dei postumi permanenti. In 4 casi il danno perimetrico era binoculare (26.6%) negli altri 11 casi era monoculare (73.4%). La casistica esaminata è illustrata nella Tab.2 ove si riportano anche le tipologie di lesione.

Tabella 2: Casistica

Tutti gli infortunati sono stati sottoposti a visita oculistica in sede, nel contesto della quale veni-va richiesta l’esecuzione di esame del campo visivo utilizzando due programmi computerizzati:

- Programma di screening 120 punti 3 livelli monoculare - Programma binoculare CV%.

Tali indagini sono state tutte effettuate presso l’ambulatorio di Ortottica degli Spedali Civili di Brescia, con perimetro Humphrey. Generalmente il primo esame eseguito è stato il CV monoculare, quindi il test binoculare.

7 infortunati (casi 4, 5, 7, 8, 9, 11 e 15), in base alle evidenze cliniche ed anche in dipen-denza della scarsa attendibilità dell’esame perimetrico, sono stati pure sottoposti ad esame dei potenziali evocati visivi (PEV) e in due casi (8 e 9) a RMN encefalo con proiezioni mirate per il canale ottico.

In base ai dati ottenuti si è proceduto a valutazione del danno biologico INAIL da deficit perimetrico applicando le formule indicate all’ allegato 3 del decreto 38/2000 e richiamate nella tabella 3.

Tabella 3: Formule di calcolo D.B. per deficit perimetrici

I dati emersi dai CV monoculari sono stati elaborati tramite le relative formule che rappor-tano il danno attuale alla perdita monoculare della funzione visiva (28%); per quelli desunti dal CV binoculare percentuale sono state invece impiegate le formule relative al danno perimetrico binoculare, che rapportano il danno attuale alla perdita binoculare della funzio-ne visiva (85%). I dati ottenuti sono stati analizzati e confrontati (Tab. 4).

Si sottolinea che l’elaborazione dei dati è stata così condotta solo in termini teorici, per poter ottenere dati confrontabili; infatti alcuni casi giunti a visita oculistica per revisione del danno relativo ad infortuni antecedenti il luglio 2000, erano stati valutati in base ai criteri precedentemente vigenti (T.U. 1965).

E’ stata pure condotta un’ analisi descrittiva della casistica confrontando i dati clinici, obiettivi e strumentali con la valutazione finale del danno oculare derivato dal deficit peri-metrico rilevato con perimetria monoculare (Tab. 5) e calcolato in base ai criteri valutativi vigenti rispetto all’epoca dell’infortunio.

Poiché l’esame del campo visivo è un test psicofisico, che risente quindi del grado di atten-zione, collaborazione ed abilità del soggetto ad eseguire l’esame stesso, sono stati presi in considerazione i parametri di attendibilità forniti dal programma e sono stati considerati attendibili i CV che presentavano un numero di falsi positivi ≤ 33% e falsi negativi ≤ 33%

(Tab. 6); la significatività dei dati è stata testata con l’applicazione del test del chi-quadro (1 grado di libertà) corretto per il coefficiente di Yates.

RISULTATI

Dalla tabella 4 emerge che la valutazione del danno biologico da deficit perimetrico misura-to con CV % binoculare nel 73% dei casi (11 casi su 15) comporta una riduzione della quantificazione del danno, rispetto a quanto rilevato con CV monoculare; questa riduzione varia da un minimo del 2% a un massimo del 13.5%. Tale variabilità si rileva pure se dal confronto vengono esclusi i casi nei quali l’attendibilità dei test era molto bassa o per i quali la valutazione clinica non corrispondeva al deficit perimetrico lamentato, (casi indica-ti in rosso in tabella). La differenza valutaindica-tiva tra i due test, corretta per questa variabile, è pari a un minimo del 2% a un massimo del 11%.

La valutazione minore del danno perimetrico quantificato con CV binoculare, sembre-rebbe in accordo con il concetto funzionale di campo visivo binoculare nel quale, come già richiamato, i fenomeni di compenso della visione binoculare determinano una ridu-zione delle ricadute funzionali di un deficit perimetrico nel senso di un contenimento dello stesso (1,2,4).

Tabella 4: Danno biologico con CV monoculare e CV binoculare %

Dalla tabella 4 emergono anche casi nei quali il danno oculare calcolato da CV binoculare è risultato maggiore rispetto a quanto ottenuto impiegando il CV monoculare (casi 4, 8 e 9);

il dato emerso non è stato ritenuto meritevole di approfondimento poichè in questi casi l’attendibilità dell’esame perimetrico è risultata scadente, i PEV sono risultati normali ed inoltre il trauma subito non risultava possedere un’efficienza lesiva tale da essere compati-bile con il danno perimetrico.

Dall’analisi descrittiva della nostra casistica (tab.5) emerge che il danno oculare è stato riconosciuto in circa la metà dei casi (46%). Negli altri casi il danno perimetrico non è stato considerato in quanto la negatività dei rilievi obiettivi, la non attendibilità e la scarsa ripeti-bilità dei riscontri perimetrici, nonchè la tipologia e l’entità della lesione non consentiva di sostenere la sussistenza del danno stesso.

Nel 63.3% degli assicurati il danno perimetrico era di origine centrale e secondario ad un importante trauma cranico commotivo, con lesioni fratturative del cranio, emorragia

suba-racnoidea sottoposta ad evacuazione chirurgica in 3 casi; il 18% degli infortunati aveva subito traumi cranio-facciali con multiple fratture, per i quali si poteva supporre una lesione indiretta della porzione intracanalicolare del nervo ottico; con la stessa prevalenza (18%) si sono osservati traumi bulbari diretti con ipoema e/o emovitreo.

Tabella 5: Casisitica: riassunto dei rilievi obiettivi e strumentali.

Si intende il danno oculare riferito al deficit perimetrico emerso alla perimetria monoculare e calco-lato a seconda delle disposizioni vigenti all’epoca dell’infortunio.

Dalla disamina della casistica in tabella 5 si può inoltre evidenziale che il reperto obiettivo di pallore o subatrofia ottica è quasi costantemente correlato a presenza di deficit perimetri-co ed alterazione dei test elettrofisiologici, ove eseguiti, ed al riperimetri-conoscimento mediperimetri-co legale del danno perimetrico. In due casi (4 e 5) l’alterazione morfologica della papilla si associa-va alla presenza di deficit perimetrico, ma ad una normalità e simmetria dei reperti PEV. In questi due casi l’anomalia della testa del nervo ottico aveva i caratteri di una malformazio-ne congenita (caso 4: megalopapilla; caso 5: tilted disc). Questi assicurati ebbero ricono-sciuto il danno anche in ragione del fatto che all’epoca dell’infortunio non era ancora previ-sto dalle disposizioni del TU, il ricorso alla perimetria computerizzata per l’esame del campo visivo, con conseguente minore accuratezza della quantificazione del danno perime-trico valutato con perimetria cinetica, la quale, tra l’altro, non consente una valutazione obiettiva dell’attendibilità del test, oltre al commento dell’esaminatore.

Come precedentemente accennato l’esame del campo visivo è un test psicofisico la cui attendibilità è influenzata dall’attenzione e collaborazione offerta dal soggetto e dal livello di apprendimento della tecnica dell’esame; è infatti noto agli oculisti il cosiddetto ‘effetto apprendimento’ per il quale l’attendibilità dell’esame perimetrico aumenta proporzional-mente al numero di ripetizioni dell’esame stesso. Anche altri fattori entrano in gioco, come l’età e i difetti refrattivi, ma questi sono resi ininfluenti tramite sistemi di correzione insiti del programma perimetrico.

Nella tabella 6 è riportato il confronto tra l’attendibilità d’esame ottenuta al CV monoculare (120 punti 3 livelli) ed il CV binoculare (CV%); è evidente la notevole differenza tra i due gruppi di dati: il CV monoculare è risultato attendibile, in base a un criterio ampiamente accettato in ambito scientifico (falsi positivi e falsi negativi ≤ 33%), nel 53% dei test ese-guiti, il CV% nel 86% dei casi. La significatività del test statistico è risultata moderatamen-te rilevanmoderatamen-te (P=5%), ad indicare che nel 95% dei casi esismoderatamen-te correlazione positiva tra moderatamen-test attendibile e modalità binoculare dell’indagine perimetrica eseguita con CV%.

Tabella 5: Raffronto dell’attendibilità dei test perimetrici A = attendibile; N = non attendibile

FP = falsi positivi; FN = falsi negativi

Test chi-quadro (1 grado di libertà) = 2.92 ( P = 5%)

DISCUSSIONE

La quantificazione del danno perimetrico per mezzo di CV binoculare percentuale e con l’applicazione dei criteri di calcolo del deficit bilaterale del campo visivo ex decreto 38/2000, ha portato ad una riduzione della valutazione del danno biologico nel 73% dei casi esaminati; tale riduzione è risultata compresa tra un minimo del 2% e un massimo del 11%.

Questo riscontro sembrerebbe essere in linea con il dato clinico, e scientificamente provato (1,7,8), della minificazione di un deficit perimetrico monolaterale sulla percezione periferi-ca d’insieme.

L’indagine perimetrica binoculare CV% si è dimostrata efficace nel fornire dati attendibili nell’86% dei casi e nel consentire una sorta di “controllo incrociato” del deficit perimetrico;

si è inoltre mostrata utile, almeno nella nostra esperienza, anche nello stimolare perplessità diagnostiche sulla effettiva presenza e/o sulla natura del danno del campo visivo, quando il test monoculare non offriva sufficiente affidabilità. L’esame del campo visivo monoculare, infatti, ha consentito un rilievo attendibile solo nel 53% dei casi.

Con una certa frequenza l’inquadramento dei casi esaminati ha presentato una certa diffi-coltà sostenuta sia dal carattere psicofisico dei rilievi funzionali oculari (CV e acutezza visi-va), sia dall’incostante corrispondenza tra questi ultimi ed i reperti strumentali obiettivi (Potenziali Evocati Visivi, risultanze neuroradiologiche, ecc.), come pure dalla possibilità di confrontarsi con situazioni patologiche pregresse anche misconosciute all’infortunato stesso, o con soggettività “forzate” a scopo risarcitorio.

Oltre a quanto finora esposto, ciò che è emerso dalla disamina dei casi è che l’identificazione e la quantificazione del danno perimetrico in ambito INAIL, come pure in altri ambiti valuta-tivi, non può ritenersi assolta unicamente con l’esame del campo visivo, con qualsivoglia pro-gramma esso venga effettuato. Lo studio di ogni singolo caso dovrebbe comprendere un esame clinico completo che, partendo dal rilievo anamnestico patologico pregresso dell’assi-curato e da quello inerente l’evento infortunistico, passi attraverso l’acquisizione dei dati obiettivi e funzionali il più puntuali ed attendibili possibile, fino a giungere all’ epicrisi dia-gnostica dalla quale deriverà un congruo inquadramento medico-legale e valutativo del caso.

La serie di infortuni lavorativi con danno perimetrico qui presentata necessita tuttavia di ulteriori contributi casistici per avvalorare ed arricchire le osservazioni finora desunte.

Da ultimo si sottolinea che ricerche recenti hanno dimostrato l’efficacia del CV% nel quan-tifi care il danno perimetrico in modo rispondente alla reale disabilità vissuta dal soggetto (9,10) a causa di tale deficit, tramite il raffronto tra il campo visivo percentuale residuo e lo score di questionari specifici sulla qualità della vita, somministrati ai soggetti esaminati in questi studi.

Pertanto pare opportuno proporre l’ impiego del programma binoculare CV% in ambito INAIL, come già avviene in ambito di invalidità civile (ex legge 138/2001), al fine di con-tribuire fattivamente a rendere la valutazione del danno biologico da deficit perimetrico non un mero dato numerico ma una traduzione reale della disabilità vissuta dall’infortunato.

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Rapporto SOI. Edizioni SOI Roma, 2002.

F. BONACCORSO*, S. GHIDONI**, R. TORINO***

* DIRIGENTE MEDICOII LIVELLOSEDE DIBRESCIA E DIMANTOVA

** SPECIALISTA AMBULATORIALE IN CHIRURGIA GENERALE PRESSO LASEDEINAILDIBRESCIA

*** SPECIALISTA AMBULATORIALE IN MEDICINA LEGALE PRESSO LASEDEINAILDIBRENO

La valutazione medico legale del danno epatico concerne gli esiti di lesioni traumatiche, le epatiti croniche (ad eziologica virale o tossica) con le loro forme evolutive (cirrosi epatica ed epatocarcinoma) e neoplasie professionali.

Appare opportuno riportare, prima di discutere di aspetti clinico-diagnostici e valutativi, qualche cenno di anatomia chirurgica, per ricordarne l’importanza funzionale e gli elementi che la contraddistinguono dallo studio anatomico classico.

Il fegato è una ghiandola composita, costituita da un insieme di unità ghiandolari, ciascuna avente una propria individualità anatomo-funzionale e dotata di una struttura vascolo-dutta-le autonoma.

Nel contesto del parenchima epatico la distribuzione dei sistemi vascolare e biliare assume un aspetto arboriforme per quanto concerne il sistema portale, arterioso e biliare, mentre individualità propria e diversa distribuzione caratterizzano il sistema delle vene sovra epati-che.

Il fegato può essere così suddiviso in distretti ad architettura settoriale e segmentaria che rispettano la distribuzione intraparenchimale degli elementi vasculo-duttali e sono da consi-derarsi come entità anatomo-chirurgiche funzionalmente autonome.

Questi “incroci vascolari” permettono di distinguere il fegato in otto segmenti (secondo la suddivisione segmentaria elaborata da Couinaud nel 1957) (1).

Quindi, le principali differenze pratiche tra le due concezioni anatomiche, classica e chirur-gica, riguardano la divisione in segmenti del fegato e il limite tra il lobo destro e sinistro del fegato; se per gli anatomisti classici il confine del lobo destro cade in corrispondenza del legamento falciforme, nella suddivisione di Couinaud corrisponde ad un piano passante dal letto della colecisti al solco posteriore della vena cava (piano principale o linea di Cantlie):

infatti il IV segmento (porzione del parenchima epatico che si trova a destra del legamento falciforme) dipende dalla vascolarizzazione del lobo sinistro (2,3).

I segmenti di destra (V,VI,VII e VIII) hanno un volume doppio (vedi tabella I) rispetto a quelli di sinistra (II-III e IV segmento), mentre il I segmento (lobo caudato) corrisponde ad un volume di circa il 4%. Questa stima volumetrica è importante per pianificare la quantità di parenchima che residua a un intervento resettivo.

Tabella I: Volume in percentuale, rispetto al totale d’organo, dei segmenti epatici secondo la suddivi-sione di Couinaud:

segmento epatico volume %

I 4

II 8

III 8

IV a 8

IV b 8

V 16

VI 16

VII 16

VIII 16

Da un punto vista chirurgico le epatectomie possono essere divise in due gruppi: tipiche e atipiche.

Le epatectomie tipiche comportano l’exeresi di una porzione di parenchima epatico limitato da piani anatomici e vascolari ben definiti che seguono la divisione segmentaria dell’organo e sono così schematizzabili (4):

• epatectomia destra: exeresi del parenchima epatico a destra della scissura mediana (seg-menti V,VI,VII,VIII);

• epatectomia sinistra: exeresi del parenchima epatico situato a sinistra della scissura mediana (segmenti II, III, IV);

• epatectomia destra allargata: resezione del parenchima epatico situato a destra del lega-mento falciforme con possibile risparmio di un settore del IV seglega-mento (IV a o IV b);

• epatectomia sinistra allargata: al segmento V o VIII con o senza il segmento I;

• mesoepatectomia: exeresi dei settori paramediano destro e sinistro (segmento IV, V, VII).

La lobectomia epatica corrisponde alla resezione del lobo epatico nella suddivisione anato-mica classica, perciò:

• lobectomia destra: resezione del parenchima epatico situato a destra del legamento fal-ciforme segmenti (IV, V, VI, VII, VIII);

• lobectomia sinistra: exeresi del parenchima epatico situato a sinistra del legamento fal-ciforme (segmento II e III).

Fanno parte delle resezioni tipiche anche le trisegmentectomie, le bisegmentectomie e le segmentectomie.

Le epatectomie atipiche sono interventi che comportano l’asportazione di una parte di parenchima epatico non delimitato da piani anatomici precisi: in questo gruppo rientrano le resezioni subsegmentarie (wedge-resection), che hanno lo scopo, in particolare nei pazienti cirrotici, di risparmiare il più possibile la quantità di parenchima sacrificato durante l’inter-vento chirurgico.

Per quantificare, ai fini medico-legali, l’estensione della resezione epatica, riportiamo la seguente tabella (Tabella II)

Tabella II: Confronto tra il volume di fegato rimosso e quello residuo nei principali interventi epatici resettivi

Intervento chirurgico segmenti rimossi volume rimosso volume residuo

epatectomia destra V - VI - VII - VIIII 64% 36%

epatectomia sinistra II - III - IV 32% 68%

lobectomia destra IV-V-VI-VII-VIII 84% 16%

mesoepatectomia IV - V- VIII 48% 52%

Dopo questo breve excursus affrontiamo il tema delle lesioni traumatiche del fegato e suc-cessivamente delle malattie infettive infiammatorie.

TRAUMI EPATICI:

Inquadramento clinico, diagnostico e terapeutico

Nei paesi industrializzati i traumi chiusi addominali rappresentano la principale causa di morte della popolazione di età inferiore ai 40 anni (5). Il fegato è il secondo organo addo-minale in percentuale ad esserne interessato: la mortalità da trauma epatico si è comunque ridotta negli ultimi decenni, attestandosi all’attuale 15% (6).

L’evento più frequente in caso di trauma epatico grave è l’emoperitoneo, spesso di diffi-cile riconoscimento nelle prime fasi, essendo i pazienti solitamente politraumatizzati complessi, in cui possono prevalere i segni e i sintomi legati a lesioni in altre sedi.

Il meccanismo più frequente nel trauma chiuso è quello di un’accelerazione seguita da una rapi-da decelerazione, come accade spesso negli incidenti motociclistici. Il parenchima epatico si presenta poco comprimibile e dotato di mezzi di fissazione relativamente lassi (compresi i vasi, la vena cava, la vena porta e le vene sovraepatiche) perciò facilmente suscettibile di lesione.

La sede elettiva è il lobo destro (85% dei casi), in particolare i suoi segmenti postero-supe-riori. Ciò dipende da diversi fattori:

1. il lobo destro costituisce la porzione più voluminosa del parenchima epatico

2. i segmenti postero-superiori, coinvolti nel 65% dei casi, sono in rapporto con strutture ana-tomiche fisse, quali le coste e la colonna vertebrale, che possono svolgere un ruolo impor-tante nel determinismo della lesione (7). Nella maggior parte dei casi la rottura avviene per azione diretta attraverso la gabbia osteo-cartilaginea dell’ipocondrio destro, ma ad essa può associarsi la forza cinetica impressa alla massa epatica, come nel caso di un urto tra veicoli.

3. l’inserzione dei legamenti coronari in questa regione del parenchima accentua gli effetti del meccanismo di accelerazione-decelerazione (8).

Le lesioni associate sono le fratture costali omolaterali, le lacerocontusioni del lobo inferio-re destro del polmone, l’emotorace, il pneumotorace, le lesioni del inferio-rene e/o del surinferio-rene destro (9).

Le lesioni traumatiche del lobo sinistro sono estremamente rare, di solito complesse e cor-relate all’impatto diretto di un corpo contundente sull’addome superiore, come il volante contro la parete toracica ed addominale. Le lesioni associate a quelle della piccola ala epati-ca correlabili a tale mecepati-canismo d’azione sono le fratture dello sterno, del pancreas, del duodeno, del miocardio e del colon traverso (9).

Il carattere anatomo-patologico della lesione è variabile a seconda della modalità d’azione

del trauma e della sua intensità. La lesione meno grave è rappresentata dalla contusione, che corrisponde ad un’area di emorragia interstiziale con focolai microscopici di necrosi.

La lacerazione è una soluzione di continuo del parenchima epatico solitamente parallela alle diramazioni venose sovraepatiche e/o perpendicolare ai vasi portali; essa può essere lineare ed in questo caso viene definita “semplice”, stellata o “complessa”, composta da focolai lacerativi multipli e convergenti. La lacerazione è considerata “profonda” quando interessa il parenchima contiguo alle diramazioni portali intraepatiche di I e II ordine indipendentemente dal coinvolgi-mento dei rami duttali biliari.

La frattura è una lacerazione complessa che interessa a pieno spessore un segmento o un intero lobo, estendendosi da un estremo capsulare ad un altro.

La frantumazione è una severa distruzione del parenchima ad estensione in genere uni o bisegmentaria, con rapida necrosi dei frammenti devitalizzati.

L’ematoma parenchimaleconsiste in una lesione determinante stravaso ed accumulo ematico intraparenchimale, di forma solitamente ovalare. L’ematoma subcapsulare consiste in una rac-colta ematica sottocapsulare di morfologia lenticolare, determinante effetto “massa” e compres-sione del parenchima periferico ai segmenti coinvolti (8).

Possono prodursi inoltre lacerazioni vascolari (spesso molto gravi) e biliari sia intra che extra-epatiche. Le vie biliari intra ed extra-epatiche sono interessate in maniera minore in caso di trauma epatico, più frequenti nei traumi penetranti (10).

Possono prodursi inoltre lacerazioni vascolari (spesso molto gravi) e biliari sia intra che extra-epatiche. Le vie biliari intra ed extra-epatiche sono interessate in maniera minore in caso di trauma epatico, più frequenti nei traumi penetranti (10).