6. Variazioni brusche di sezione, andamento spezzato dell’asse baricentrico (ad esempio nella zona centrale di una trave a doppia falda): sono causa di concentrazioni di tensioni, per cui deve
3.10 VERIFICA ALLO STATO LIMITE PER IL TAGLIO, PUNZONAMENTO, TORSIONE, PERDITA DI ADERENZA
3.10.1 Generalità del problema. Viene raggruppata in un unico capitolo la trattazione delle verifiche a rottura che coinvolgono in modo essenziale la resistenza al taglio del calcestruzzo; non
appena si approfondisce il problema si rende palese come sia improprio, anche se molte volte co-modo e pratico, fare riferimento alla predetta resistenza e sia invece più corretto considerare il contributo a trazione del calcestruzzo, con i relativi limiti, come risulta dalla decomposizione delle tensioni taglianti nelle tensioni principali reali.
La presenza contemporanea di azioni di flessione/taglio/torsione, flessione/punzonamento, fles-sione/taglio/ancoraggio richiedono un approccio unificato al problema della resistenza a rottura della sezione e la considerazione concettuale degli elementi resistenti che, per quanto sopra espo-sto, e non potendo affidare al calcestruzzo tensioni di trazione (esclusi alcuni casi particolari), si riducono a quelli che trovano corrispondenza nelle proprietà dei materiali e quindi capaci di resi-stere a sola compressione se costituiti da calcestruzzo e a trazione (o compressione) se costituiti da acciaio.
Lo schema strutturale che consente di evidenziare in modo plausibile il comportamento dei materiali è quello a puntoni (calcestruzzo) e tiranti (armature).
Nelle verifiche si tiene conto della resistenza a compressione del calcestruzzo che risulta ri-dotta dalla presenza di fessure e dalla variazione di tensione dell’acciaio nel tratto intermedio fra due lesioni consecutive dovuta all’effetto irrigidente del calcestruzzo teso non fessurato (C-3.7).
Tale metodologia è stata utilizzata agli inizi del secolo da Ritter e Morsch che per primi han-no individuato uhan-no schema reticolare quale elemento resistente nel corpo della struttura in cui si assume che il calcestruzzo non è resistente a trazione.
3.10.1.1 Modelli con puntoni e tiranti. La generalizzazione dello schema reticolare è stata per-seguita da numerosi studiosi e ricercatori; nella letteratura tecnica è noto come
«strut-and-tie-mo-del» (modello con puntoni e tiranti).
La prima fase della progettazione secondo questi concetti è la risoluzione delle strutture con i noti metodi volti a determinare le azioni in ogni sezione e quindi mediante analisi lineare (ove applicabile) o non lineare. La seconda fase attua la suddivisione della struttura in parti, denomi-nate rispettivamente B e D in relazione al loro prevedibile comportamento e precisamente: – B secondo l’ipotesi di Bernoulli che assume campo lineare delle deformazioni delle sezioni e
che consente il calcolo delle tensioni mediante le azioni risultanti dall’analisi strutturale; – D secondo principi non riconducibili all’ipotesi citata e che denotano Disturbo o Discontinuità
del regime tensionale.
Tale suddivisione è facilitata dall’applicazione del principio di Saint-Venant per cui le zone D si estendono per una lunghezza l dall’origine della discontinuità pari all’altezza a dell’elemento e vengono analizzate come sottostrutture.
Tipiche discontinuità sono costituite da (fig. 78): a – appoggi
b – carichi concentrati c – nodi di telai d – mensole tozze
e – variazione delle sezioni e fori f – elementi tozzi
Nelle zone D la terza fase consiste nella schematizzazione ingegneristica degli elementi com-pressi e tesi che costituisce una valida soluzione ingegneristica in contrapposizione ad analisi so-fisticata non sempre attendibile; è necessario rilevare che le sezioni anche omogenee non conser-vano la loro planarità dopo la deformazione e che inoltre, dovendo rinunciare al contributo del calcestruzzo teso, l’estensione del procedimento alle zone B non è indispensabile per le verifiche a flessione ma costituisce comunque modello per taglio, torsione ecc.
Gli elementi compressi rappresentano campi di tensioni nel calcestruzzo con compressione prevalente nella direzione dell’asse dei puntoni; i tiranti rappresentano uno o più strati di armature tese oppure campi di tensioni nel calcestruzzo con trazione prevalente inferiore a quella di rottura nella direzione dell’asse.
Lo schema a tiranti e puntoni è quindi essenzialmente orientato alle verifiche per lo stato li-mite di massima capacità portante della struttura ma può essere utilizzato anche per lo studio allo stato limite di servizio delle zone D.
Nel primo caso ne è possibile l’estensione a tutta la struttura comprendendo anche le zone B (che risultano fessurate); nel secondo la schematizzazione delle zone B risulta troppo grossolana.
Quale criterio per la scelta dello schema da adottarsi vale in genere, con riferimento alle tra-iettorie delle tensioni principali e con possibili scostamenti dovuti a problemi pratici di disposizio-ne delle armature, quello dell’attribuziodisposizio-ne al calcestruzzo delle membrature di maggiore lunghezza e viceversa per l’acciaio, ovviamente purché sia ottenibile un sistema equilibrato.
Con le assunzioni di cui sopra si ottiene la maggiore possibile rigidezza e quindi, in confor-mità al teorema sul minimo lavoro di deformazione, il più attendibile schema statico.
La formulazione matematica di tale criterio è quindi: ΣiFiliεmi = minimo,
con Fi = azione nell’elemento i, di lunghezza = li εmi = deformazione media specifica dell’elemento i.
Disponendo l’armatura in altro modo, la struttura trova comunque un equilibrio interno ma con maggiori deformazioni, che ingenerano quindi fessurazioni più importanti e richiedono inoltre una verifica della duttilità per evitare un collasso locale prima che altre parti della struttura rag-giungano le massime sollecitazioni.
Devono essere in ogni caso rispettate le condizioni di esercizio, nelle quali si considerano la durabilità e l’affidabilità della struttura, così che in generale deve essere disposta armatura diffusa secondo i 3 assi e non solo concentrata ove si suppone l’esistenza di un elemento tipo «tirante». 3.10.1.2 Comportamento dei puntoni, dei tiranti e dei nodi. Lo studio in dettaglio delle traiet-torie delle tensioni principali mostra che i campi delle compressioni hanno normalmente un’origi-ne ristretta, di dimensioni pari a quelle della superficie ove sono applicate le pressioni dirette ori-ginate dall’introduzione delle azioni esterne o interne, e tendono poi ad allargarsi con la profon-dità dando origine ad una conformazione così detta a «bottiglia».
Nella porzione di tale campo in cui la curvatura delle traiettorie presenta una sorta di rigon-fiamento, sono presenti elevate tensioni di trazione ortogonali al flusso delle compressioni che de-vono essere presidiate da armature; nel caso in cui l’armatura non sia presente, si deve conside-rare la possibilità di fessurazione, con conseguente limitazione del carico di rottura del puntone.
In generale, indicando con la tensione media per la verifica dei puntoni e con fcd = fck/γc quella di progetto, si considera
= 1,0 fcd per campo di tensioni di compressione monoassiale
= 0,8 fcd per campo con fessurazione parallela ai flussi di compressione = 0,6 fcd per campo con fessurazione obliqua ai flussi di compressione.
In prossimità dell’area su cui è applicata l’azione, la curvatura delle traiettorie delle compres-sioni è inversa alla precedente così che le tencompres-sioni trasversali risultano di compressione e lo stato biassiale risultante è favorevole alla resistenza del calcestruzzo.
Il flusso delle tensioni di trazione è normalmente sostenuto dalle armature metalliche che de-vono risultare efficienti fino dall’origine dei tiranti e quindi essere ancorate con sicurezza; gli an-coraggi delle barre generano nel calcestruzzo un campo locale di tensione.
Tipico esempio è il caso della sedia di appoggio di una trave, in cui l’ancoraggio aumenta il carico trasferito al nodo inferiore (fig. 79), si noti anche che la lunghezza di ancoraggio lb è mi-nore di la a causa delle pressioni date dalla reazione di appoggio.
I nodi sono costituiti dalla congiunzione di due o più elementi, puntoni o tiranti e dalla zona di applicazione di azioni esterne o interne, ed hanno la funzione di trasferimento e deviazione delle forze concorrenti.
In generale i nodi che si possono considerare «diffusi» o perché ampi campi di compressione si congiungono fra loro o perché costituiti con barre ravvicinate, non sono critici purché le arma-ture passanti siano ancorate oltre le zone dove devono contrastare le trazioni.
Quando invece le forze sono concentrate, la loro deviazione avviene in nodi finiti, per i quali devono essere verificate le condizioni di resistenza; la distribuzione delle tensioni all’interno di ta-li nodi è così complessa che non può essere anata-lizzata a ta-livello tecnico ed è necessario ricorrere a criteri semplificati di dimensionamento, dettati dalla sperimentazione e precisamente:
a) la geometria del nodo deve essere congruente con l’orientamento e la direzione delle forze
concorrenti;
b) le barre di armatura devono essere distribuite su altezza e larghezza sufficienti per
racco-gliere i campi di tensione concorrenti senza generare ulteriori tensioni parassite nella direzione or-togonale al piano di giacitura delle forze;
fcd*
fcd*
fcd*
fcd*
c) l’ancoraggio delle barre deve essere sviluppato con sicurezza oltre la zona ove il campo
delle compressioni interessa le armature e viene deviato;
d) le tensioni medie di verifica a compressione sono definite come segue:
= 1,1 fcd per unione di soli puntoni che creano uno stato di tensione bi- o tridimensionale = 0,8 fcd nei nodi ove devono essere ancorate delle barre.
3.10.1.3 Tipologie dei nodi. I nodi possono essere raggruppati in due tipologie fondamentali, rappresentate nelle figure 80 e 81, dalle quali possono essere derivati numerosi sottocasi.
fcd*
fcd*
fcd*