Nella VI Orazione l’impegno vichiano nell’organizzazione delle materie di studio occupa un ruolo di rilievo nell’ambito di una trattazione rivolta al raggiungimento della sapienza da
280 Questa espressione si trova in due specifici luoghi testuali: G.B., Vita, op. cit., p. 24 e Id., Epistole, op. cit., p. 132.
L’attinenza di tale definizione della scrittura come epoché con il contesto del De ratione, mi pare giustificata dagli evidenti riferimenti all’opera del 1709 presenti nell’epistola a De Vitry. Ho cercato di motivare questa connessione tematica nel paragrafo 3.3 del Primo Capitolo.
parte della mente umana281. Conviene, pertanto, rileggere il brano con il quale Vico introduce la prima distinzione tra quelle discipline che sono funzionali a un corretto apprendimento:
Nunc sciatis oportet eas ferme omnes artes scientiasque, quas memoravimus, suas habere historias comparatas; et uti institutiones rerum genera prosequuuntur, ita historiae species, sive exempla consignant. Linguarum historiae sunt optimi in unaquaque scriptores, ab iis enim exempla traduntur, quibus hunc vel illum populum ita locutum esse firmetur; et clari scriptores ac poëtae oratoriae poëticaque artis sunt exemplaria. De physicis phaenomenis et historiae conscriptae sunt et scribuntur in dies. Quid certae morborum observationes eorumque diarii et certa pharmaca excogitata, quae vulgo specifica remedia vocant? nonne sunt physicae artisque medicae commentarii? 282
Dapprima si osserva la distinzione tra i genera dalle species, ovvero la distinzione tra la parte generale (istitutiones rerum genera prosequuntur) delle discipline di studi e quella specifica (historiae
species). Gli esempi che vengono presentati sono funzionali alla comprensione di questa prima
divisione. Vico specifica, infatti, che sono le storie delle lingue a rappresentarne lo studio generale, perché è attraverso il riferimento ‘specifico’ agli scrittori che si forniscono le testimonianze283. Tale predilezione per le historiae species indica da subito una prima associazione tra l’idea di storia e il carattere ‘specifico’ delle discipline di studio. A questa prima connessione ne segue subito una seconda, ovvero quella che lega la storia all’attività di scrittura.
Seguendo Vico nella sua dettagliata esposizione, infatti, si osserva come egli concepisca tale attività come parte integrante della discussione sull’organizzazione delle discipline di studio.
281 Nel contesto complessivo delle Orazioni inaugurali, il riferimento agli studi letterari può essere rintracciato almeno a
partire dalla III Orazione, quando cioè viene espressa l’esigenza di una comunità umana tutta dedita allo studio delle lettere: G.B. Vico, Le orazioni, op. cit., pp. 122-145, in particolare p. 126 per l’esplicito riferimento alla “comunanza letteraria” (homines in lierarum communionem inciderint). Tuttavia, è nella VI che l’argomento assume un risvolto tale da risultare, accanto al tema della sapientia, il secondo ambito di meditazione privilegiato da Vico. Così si legge infatti nelle pagine iniziali dell’Orazione: ivi, p. 190: «Sed eam ipsam rem penitius perscrutanti, ipse mihi iniurius visus sum, cum, si nostram ipsorum corruptam contemplemur naturam, eam sane non solum quae studia excolenda a nobis sint admonere, sed et eorum viam ac rationem apertissime nobis commonstrare sentiemus: quae duo sunt summa capita dicendarum». Passo in cui si evidenzia, in modo esplicito, il carattere strutturale che la riflessione sugli studi letterari viene ad assumere nel 1707.
282 Il brano si trova in ivi, p. 200 [il corsivo è di chi scrive]. Ho già esposto, nella Prima Parte del presente lavoro, questo
passi di riferimento, facendo particolare attenzione al modo in cui Vico, per la prima volta, tratta della distinzione tra storia e linguaggio. In questo contesto, però, ritengo opportuna la riproposizione testuale in vista di un più approfondito esame del lessico vichiano.
283 Anche gli altri esempi che Vico adduce tendono a voler spiegare questa distinzione e, in particolare, il valore delle species e
la loro utilità per il raggiungimento del sapere. Così si osserva, per esempio, nel caso della giurisprudenza, dove Vico tende a sottolineare che la loro incidenza storica consiste nel riferire le speciche leggi o esempi delle sentenze: ibidem: «Iuris prudentiae vero historiae sunt quae leges in re publica hoc vel illo tempore rogatas, et ad eas a iuris consultis interpretationes adhibitas, et rerum iudicatarum exempla complectuntur».
135 Per esempio, nel caso della disciplina fisica, egli scrive: «De physicis phaenomenis et historiae conscriptae sunt et scribuntur in dies»284. Le historiae species sono, cioè, proprio quelle che si avvalgono della scrittura (conscriptae sunt). E lo stesso Vico ripete nel caso della meccanica: essa – spiega il filosofo napoletano – ha il compito di scrivere le storie sulle invenzioni dell’arte bellica, della nautica e dell’architettura285.
La presenza del lemma species in connessione con il termine historiae e il nesso di questa parola con l’attività di scrittura afferiscono ha un preciso significato teorico. Nel tentativo di mostrare il valore degli studi letterari per il raggiungimento del sapere, Vico approda con successo all’elaborazione di un ciclio delle arti e delle scienze (l’artem scientiarunque orbem che non a caso è inserito nel titolo dell’Orazione) tutto basato sul carattere ‘specifico’ delle materie di studio. Tale idea occupa l’esposizione sia della distinzione tra GENERA e
SPECIES, sia della connessione della STORIA con la SCRITTURA, lemmi per l’appunto
attinenti al secondo termine di divisione delle discipline. Da un punto di vista testuale, l’analisi di questo primo brano può essere schematizzata nella maniera che segue:
GENERA SPECIES – STORIA SCRITTURA
La dinamica concettuale che riguarda questi primi termini si evince dalle relazioni che intercorrono tra i diversi lemmi presentati. La predilezione per l’apprendimento specifico (species) sull’aspetto generico (genera) delle discipline di studio incontra un nesso diretto con la dimensione storica (historiae species), la quale a sua volta rimanda al nesso della storia con la scrittura (historiae conscriptae sunt et scribuntur).
Al lettore attento del De ratione non può sfuggire una qualche familiarità tra quanto contenuto in questa complessa trama di relazioni concettuali e la più tarda collocazione della scrittura nel contesto della ratio studiorum.
L’analisi di queste prime riflessioni vichiane sul tema dimostra che i rilievi sull’attività di scrittura non sono prerogativa teorica del 1709, ma vengono già affrontati nella VI Orazione del 1707. Prima, però, di giungere a conclusioni affrettare, è bene seguire ancora per un po’ il ragionamento vichiano e cercare di comprendere meglio che cosa Vico intende per ‘scrittura’ in questa prima fase di meditazione.
L’analisi di un secondo brano della VI Orazione consente di compiere un ulteriore passo in avanti in questa direzione. Subito dopo aver esposto il senso della distinzione tra il significato ‘generico’ e quello ‘specifico’ delle discipline, Vico scrive:
284 Ibidem.
Atque hoc loci divisionem illam, qua disciplinae omnes in acroamaticas et exotericas diducuntur, a Graecis quidem accipio, sed aliorsum accipio, ut acroamaticae, sive quae a doctoribus audiendae
sunt, quo facilius acquirantur, sint ipsae artium scientiarumque institutiones; exotericae vero,
quibus addiscendis ex se quisque par est, sint quae de artibus scientiisque prodierunt historiae286.
Qui Vico espone un’altra distinzione: quella tra le discipline “acroamatiche” e le discipline “essoteriche”. Le prime – egli si appresta a specificare – sono quelle destinate all’ascolto (quae a doctoribus audiendae sunt); le seconde, invece, sono quelle che hanno storia (quae de
artibus scientiisque prodierunt historiae). Dove si colloca questa ulteriore distinzione?
Se si tiene presente quanto detto poco prima riguardo al nesso tra GENERA SPECIES e quello tra STORIA e SCRITTURA, è possibile osservare come per Vico questa ulteriore divisione funga da integrazione alla discussione sull’organizzazione delle discipline di studio. L’operazione lessicale e teorica che Vico compie in questo passaggio restituisce un quadro completo del ragionamento svolto sul rapporto tra oratoria e scrittura nelle Orazioni
inaugurali.
Anzitutto, è significativa la comparsa in ambito disciplinare delle cosiddette discipline “acroamatiche”, ovvero quelle che si contraddistinguono per il carattere vocale o auditivo. Il fatto che nel 1707 Vico le menzioni avendo in mente soprattutto l’eloquenza come arte del
digne loqui287, è rilevante per identificare un elemento di grande importanza per la novità introdotta nel De ratione. Nell’orazione del 1709, l’oratoria svolge un ruolo fondamentale in connessione alla Topica e all’attività di scrittura. Di questa svolta decisiva, si può adesso iniziare a osservare la genesi costitutiva.
Tuttavia, per quanto la definizione delle materie a carattere vocale venga inserita nel contesto del ciclo delle arti e delle scienze, nulla di più viene detto riguardo alla sua funzione. A svolgere un ruolo di primaria importanza per il raggiungimento del sapere sono, invece, proprio le discipline che hanno storia (quae de artibus scientiisque prodierunt historiae), che Vico inserisce sotto il novero delle materie “essoteriche”. La loro posizione nella VI Orazione è centrale, per il fatto di includere, con il riferimento alle historiae, le species e l’attività di scrittura.
In corrispondenza con la duplice distinzione a livello disciplinare, la VI Orazione si contraddistunge per una doppia stratificazione concettuale. In forma schematica, quindi si ha:
286 Ivi, p. 202 [il corsivo è di chi scrive]. 287 Si veda a riguardo: ivi, p. 194 e p. 196.
137
GENERA SPECIES – SPECIES: STORIA SCRITTURA
ORATORIA (discipline acroamatiche) / SPECIES: STORIA SCRITTURA = discipline essoteriche
Così, si può credo ancora più chiaramente osservare come l’introduzione delle discipline “essoteriche” siano indicative di una connessione esclusiva tra le historiae species e l’attività di scrittura. L’utilità di questa riproposizione schematica del ragionamento vichiano, si può misurare vedendo i molteplici effetti storiografici che questo studio di lemmi e relazioni concettuali consente288. Inoltre, una tale ricerca è essenziale per iniziare a comprendere dove e quando si costituisce a livello testuale quel nesso tra oratoria e scrittura, che è fondamentale per comprendere la discussione sulla ratio studiorum.
Intanto, a conclusione di questo preliminare momento della ricerca, è possibile, intanto, tracciare un primo dato. Il fatto, cioè, che nel 1707 per Vico è impensabile qualsiasi rapporto tra la disciplina oratoria e l’attività di scrittura.
288 Si pensi, per esempio, al nesso tra SPECIES e STORIA. Vico lo mantiene sia nel contesto della prima distinzione, che
nella seconda, quando concepisce tale nesso sotto l’ambito “essoterico” delle discipline di studio. Non è improprio, credo, dire che la storiografia vichiana del Novecento abbia fondato la fortuna del filosofo napoletano proprio concentrando l’attenzione sull’idea vichiana di un nesso indissolubile tra la concezione storica e il suo carattere specifico. Il primo a comprendere l’importanza ‘filosofica’ di questo intreccio testuale è stato proprio Giovanni Gentile, il quale nel commento alla VI Orazione delle Orazioni inangurali traduce la distinzione tra genera e species con i termini di “teoria” e “storia”: G. Gentile, Studi vichiani, op. cit., p. 87. Come ho già osservato nel primo capitolo della Prima Parte del presente lavoro, la scelta ha una sua precisa ragione teorica. Vico associa le species alla storia (historiae species), perché il ‘reale’ apprendimento, non quello generale e ‘astratto’, si dà sempre nella forma concreta del particolare. Idea questa che Gentile ricava, non a caso, dalla distinzione vichiana tra genera e species: ibidem: «Enumerate tutte le discipline, fa osservare che, salvo le matematiche, la logica e la metafisica, a causa della somma astrattezza dei loro oggetti, tutte le altre hanno non soltanto un parte teorica (le
institutiones quae rerum genera prosequuntur), ma anche una parte storica; che, nel pensiero di Vico, non è propriamente la storia
delle singole discipline, ma la concretezza del loro contenuto, l’applicazione delle teorie ai particolari, l’esemplificazione dei concetti generali nelle specie». È dall’analisi di proposizioni come questa, che si può intendere dove inizia ad articolarsi per Gentile l’ascendenza ‘filosofica’ della riflessione vichiana. Il rilievo circa il rapporto della storia con le species si fonda infatti sull’idea che la storia non è mai soltanto “storia delle singole discipline”, ovvero concezione unilaterale e soltanto cronologica, ma sempre rapporto tra l’astratto e concreto, tentativo di fondare un sapere che sia sempre in grado di rinvenire l’astratto nel concreto, nella sua dimensione specifica. Se si guarda la fortuna degli studi vichiani oltre la lettura ‘speculativa’ gentiliana, si può notare come il nesso tra SPECIES e STORIA abbia una sua importanza anche nella ‘nuova’ istanza metodologica che è alla base della riflessione vichiana di Pietro Piovani. Proprio nel tentativo di realizzare un distacco teorico netto rispetto alle letture speculative di primo Novecento, mi pare rimanga intatta la riproposizione di questo nesso. Cambia la direzione interpretativa generale, ma non i lemmi, i cui significati mi sembrano testimoniare la dimensione prospettica del testo vichiano, la sua capacità di essere sottoposta a diverse e talvolta opposte letture. A riguardo si veda: P. Piovani, Per gli studi vichiani, op. cit., pp. 361-397, in particolare p. 369 e 370 per l’idea di uno studio dell’opera vichiana fondato su una “storia sempre più storica” e il “nuovo senso del particolare”.
Nella VI Orazione la genesi di questi due termini racconta anzitutto di una loro totale incompatibilità. La disciplina oratoria, inclusa nel novero delle materie “acroamatiche”, rimane totalmente separata dall’insieme delle altre relazioni. L’attività di scrittura, invece, risulta concepita soltanto in ragione della sua compatibilità con le species e la storia delle discipline.
4.6 Rinascita della retorica e riflessione sulla scrittura nel De nostri