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Geometrie costituzionali: dalla democrazia liberale alla liberal-democrazia

democratica nella sistematica dei diritti fondamentali: la funzione sociale dei diritti come “istituzioni”. - 3. L’etica del limite nella dimensione sostanziale della democrazia costituzionale: limiti impliciti e restrizioni. - 4. Il parametro dell’identità costituzionale e la libera espressione delle minoranze nello stato liberal-democratico multiculturale - 5. Contro la religione civile come credo secolare.

1. Introduzione

Dopo aver analizzato le ragioni e le conseguenze della disastrosa esperienza politico- istituzionale di Weimar, emblema dell'idea di una democrazia non ancorata a presupposti ideali oggettivi e formali313 e le riflessioni della dottrina sulla necessità di creare condizioni strutturali per impedire il ripetersi della tragedia totalitaria, c’è ora da chiedersi qual è l’oggetto di protezione di questa democrazia, che cosa viene effettivamente difeso. La ricerca di un puntuale concetto (anche giuridico) alla base del tentativo di protezione è rilevante in quanto rappresenta, per così dire, allo stesso tempo, la condotta legittimante e il contenuto della democrazia protetta. A tal fine, a livello di principio, si indagherà, che giustificazione è posta alla base dei meccanismi di difesa dello Stato costituzionale, quali sono i criteri che devono essere utilizzati quando si decide di attivarli e, infine, che ruolo svolgono i diritti e le libertà fondamentali, in particolare nelle loro dimensioni collettive.

La risposta al primo interrogativo (che è il primo anche in ordine logico) è genericamente una: la protezione della “democrazia”. In questa prospettiva è necessario chiederci innanzitutto cosa si intenda per democrazia, che ruolo giochi la sua componente liberale e come la

313 Cfr. Ch. Gusy, Weimar, Die wehrlose Republik, cit. Si è già parlato sull'ambiguo assetto politico-istituzionale

della Repubblica di Weimar e in particolare dei suoi ultimi convulsi mesi, quando, da una parte, aveva rinunciato a difendere se stessa, ma dall'altra, per mezzo del Governo di von Papen, non disdegnava di sognare di impedire la conquista del potere per vie democratiche del partito Nazional-socialista attraverso il ricorso ad atti dittatoriali. Si potrebbe discutere sul se la Repubblica di Weimar, al di là della lettera della Costituzione, avesse valori da difendere. Nonostante l’elenco di diritti e garanzie inviolabili contenuto nella seconda parte della Carta fondamentale, il dato costituzionale, qui più che altrove, ha sempre dovuto fare i conti con l’instabilità del sistema politico e l’immaturità istituzionale dei suoi quadri. Sotto la stessa luce va considerata la già richiamata clausola di emergenza prevista dall'articolo 48 WRV (concessione dei pieni poteri al Presidente e privazione temporanea di alcuni diritti fondamentali), il cui uso disinvolto si rivelerà mortale per i fragili equilibri della Repubblica. Non furono forse anche questi degli ingenui e disperati tentativi di proteggere il fondamentale ordine libero e democratico? Per approfondimenti v. H. Schultze, La

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combinazione tra democrazia e liberalismo rilevi ai nostri specifici fini. Come è stato detto, infatti, “definire la democrazia è importante perché stabilisce cosa ci aspettiamo dalla democrazia”314. Il contenuto di cui la si dota non esprime semplicemente il rapporto tra governanti e governati, ma traccia altresì le ragioni di protezione e conservazione della statualità e la loro rilevanza giuridica.

2. Geometrie costituzionali: dalla democrazia liberale alla liberal-democrazia

Come già accennato, quando si parla di democrazia ci riferiamo all’ordine costituzionale democratico nato dalle idee del liberalismo315. Alcuni autori utilizzano la formula di democrazia costituzionale per sottolineare il primato della costituzione quale norma-fonte di tutto l’ordinamento giuridico316. Ma fin dall’inizio, questo ordine volontaristico immanente che si basa sulla costituzione ha portato ad interrogarsi sui connotati che identificano le radici più profonde di tale ordine.

Sono molte le definizioni prescrittive di democrazia che sono state date nel corso del tempo. Una definizione stipulativa a sintesi dei diversi concetti che sono stati nel tempo enucleati può forse darsi come segue: una forma di stato che si basa sulla sovranità popolare317 esercitata per

314 G. Sartori, Democrazia cos’è, Milano, Rizzoli, 1994, 2.

315 In generale, sul rapporto tra principio democratico e impostazione liberale, oltre al saggio di Sartori citato

supra, v. anche G. De Ruggiero, Liberalismo e democrazia, Roma-Bari, Laterza, 1954; N. Bobbio, Democrazia

(1976), ora in ID. (a cura di M. Revelli), Etica e politica. Scritti di impegno civile, Milano, Mondadori, 2009, 1053 ss.; M. Fioravanti, Stato e costituzione. Materiali per una storia delle dottrine costituzionali, Torino, Giappichelli, 1993; D. Cofrancesco, La democrazia liberale (e le altre), Catanzaro, Rubbettino, 2003, che sviluppa i due concetti di democrazia e liberalismo in una prospettiva agonica e tra loro complementare (57 ss.). Non da ultimo il tema è stato toccato dal fondamentale contributo di L. Ferrajoli, Principia juris: teoria del diritto e della democrazia, cit.; ID., La democrazia costituzionale, Bologna, il Mulino, 2016.

316 Per una ricognizione dei paradigmi democratici e della loro evoluzione, cfr. R. Tarchi, Democrazia e

istituzioni di garanzia, cit., in particolare 905 ss. Nel distinguere democrazia legislativa da quella costituzionale,

l’A. parte soprattutto dalla definizione di Maurizio Fioravanti (La Corte e la definizione della democrazia

costituzionale, relazione svolta in Roma, palazzo della Consulta, 28 aprile 2016, reperibile su

www.cortecostituzionale.it) il quale fa leva sul ruolo della legge (dominante nella democrazia legislativa, recessivo in quella costituzionale)

317 Indicativamente, tra gli studi principali, si ricorda A. de Toqueville, Democrazia in America (1835), Torino,

TUET, 2014; Libertà, popolo, parlamento, principio di maggioranza, amministrazione, scelta dei capi, democrazia formale e democrazia sostanziale, democrazia e Lebensanschauungen sono invece alcuni dei temi che strutturano l’argomentazione di H. Kelsen, La democrazia, Bologna, Il Mulino, 1995: La concezione kelseniana della democrazia si presenta sia come una concezione liberal-democratica che ne individua l’essenza nella sintesi dei principi di libertà ed eguaglianza (l’eredità della tradizione liberale non è dissociabile dal concetto moderno di democrazia), sia come concezione realistica sia, infine, come parlamentarista. Nondimeno, anche la contemporanea dottrina, compresi coloro che indagano il fenomeno dei margini di protezione della democrazia, continua ad utilizzare le medesime categorie: l’unanimità dei commentatori, nella ricerca del minimo comune denominatore di ogni sistema costituzionale democratico, si trova d’accordo su almeno quattro punti che: a) elezioni libere e regolari; b) garanzie effettive sulle libertà fondamentali e principio di uguaglianza come fondamento del sistema costituzionale; c) separazione dei poteri; d) principio di laicità.

91 mezzo di rappresentanze regolarmente elette318, che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico, che assicura una (relativa) separazione dei poteri ed, infine, un’effettiva tutela dei diritti individuali319 per mezzo dell’operato di diversi livelli di giurisdizione (ordinaria, ove esistente amministrativa, costituzionale). L’origine di questo complesso concetto si rinviene nella tradizione teorico- costituzionale d’Oltreoceano e in particolare, fin dall´inizio, nei Federalist Papers, con i quali i padri costituenti americani (tra cui Alexander Hamilton e James Madison) hanno cercato di realizzare la combinazione storicamente unica di autodeterminazione collettiva di una comunità politica (la parte democratica) con la protezione dell’individuo contro la supremazia dello Stato, che è garantita dai diritti fondamentali, i tribunali e la separazione dei poteri (la parte liberale)320. Ma il contemperamento tra processo democratico e diritti fondamentali non è andato sempre di pari passo nella storia costituzionale. Non bisogna dimenticare che gli aspetti legati alla separazione dei poteri e al nucleo delle libertà civili si sono sviluppati ben prima del suffragio universale a dimostrazione del fatto che tra i liberali, in fondo, si sono sempre nutrite delle riserve nei confronti del principio di sovranità popolare321. Non è forse un caso che gli stessi padri fondatori americani, per gli Stati Uniti, preferissero fare riferimento al concetto di “repubblica” anziché a quello di “democrazia”322. Da ciò è ricavabile un primo assunto nel nostro ragionamento: che come la democrazia è astrattamente concepibile anche senza diritti fondamentali, anche il liberalismo è concepibile senza democrazia.

318 In questo contesto la “democrazia” non va rousseauianamente intesa come “dominio del popolo”, bensì

come “dominio per il popolo”, garanzia di un processo di formazione della volontà politica libero e aperto con la possibilità per la minoranza di divenire maggioranza. Sull’elemento della rappresentanza, si rinvia a C. Mortati, Art. 1, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione (Principi fondamentali), Bologna-Roma, Zanichelli-Il foro italiano, 1982, 1 ss.; G. Sartori, Democrazia cos’è, cit.; N. Bobbio, Democrazia e dittatura (1976), ora in ID. (a cura di M. Revelli), Etica e politica. Scritti di impegno civile, Milano, Mondadori, 2009, 1053-1228; Per A. Barbera, La democrazia “dei” e “nei” partiti, tra rappresentanza e governabilità, in S. Merlini (a cura di), La

democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, Firenze, Passigli, 2009, 231-251, i partiti costituiscono l’antidoto

contro il ritorno di pratica plebiscitarie o trasformiste antidemocratiche. Sulle modalità con cui dovrebbe essere esercitato il diritto all’organizzazione dei cittadini, ai fini della partecipazione alla vita politica dello Stato, ex multis, cfr. E. Rossi, La democrazia interna nei partiti politici, in Rivista AIC, n. 1, 2011, testo su https://www.rivistaaic.it/images/rivista/pdf/Rossi.pdf e P. Ridola, Democrazia pluralistica e libertà associative, Milano, Giuffré, 1987. Sullo stretto rapporto tra principio democratico e impostazione liberale, G. De Ruggiero, Liberalismo e democrazia, cit.; D. Cofrancesco, La democrazia liberale (e le altre), cit., in partic. 57 ss., invece, sviluppa i due concetti di democrazia e liberalismo in una prospettiva agonica e tra loro complementare. Tra gli autori classici stranieri G. Leibholz, La rappresentazione nella democrazia (a cura di S. Forti), Milano, Giuffré, 1989; M. Duverger, La démocratie sans le peuple, Paris, Seuil, 1967; Sulla trasformazione del principio liberale nella società pluralista, C. Taylor, Politica liberale e sfera pubblica, in A. Etzioni (a cura di),

Persona, virtù e bene comune, Bologna, Arianna Ed., 1995, 115-151.

319 Sul rapporto tra democrazia e diritti fondamentali, tra gli autori italiani si rimanda innanzitutto a L.

Ferrajoli, Principia juris: teoria del diritto e della democrazia, cit.; e più recentemente ID., La democrazia costituzionale, Bologna, il Mulino, 2016.

320 Così, J. R. Pennock, Liberal Democracy, New York, New York University Press, 1983, in particolare 9-22 e

97-120.

321 Cfr. E. Fawcett, Liberalism, the Life of an Idea, Princeton, Princeton University Press, 2014, 146 ss. 322 J. Madison, Federalist Papers n. 10 (1787), testo su https://guides.loc.gov/federalist-papers/full-text.

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In questo ambiguo rapporto tra democrazia e liberalismo le contraddizioni intrinseche ai valori liberali sono state per molto tempo sopite grazie all’omogeneità politico-sociale del corpo elettorale e della classe dirigente. Con il passare degli anni, tuttavia, l’allargamento del suffragio, l’emergere delle ideologie e dei partiti di massa ha acutizzato le tensioni, da una parte, cioè, ha relativizzato il bisogno democratico (inteso qui nel senso maggioritario), mentre dall’altra ha posto con più evidenza il problema della conservazione dell’ordine liberale. In altre parole, sempre più spesso l’enfasi si è spostata verso il lato liberale della democrazia liberale323, verso cioè quel «nucleo dell’esistenza che può e che deve essere considerato inviolabile, ovvero indisponibile da parte di tutti coloro che siano titolari di quote di potere di carattere pubblico, ma anche privato»324. Le norme fisse della Costituzione si impongono sempre più come regole politiche del gioco politico messo in atto dalle forze in campo325. Ciò avviene laddove l’elemento democratico vuole scardinare quello liberale. Come è stato scritto: «when democracy is

used as a pretext to encroach upon liberalism, [one may] protects liberalism against democracy»326.

Lo Stato è allora un luogo regolato, dove ad essere regolato è l’esercizio delle libertà fondamentali che deve essere subordinato al rispetto di intangibili limitazioni e ad inderogabili procedure327, tanto che, ad oggi, sembra plausibile la tesi secondo la quale, in fondo, la democrazia costituzionale non si può che intendere come liberal-democrazia. Infatti, mentre il 323 F.A. v. Hayek, The Constitution of Liberty. The Definitive Edition - The Collected Works of F. A. Hayek (a cura di

R. Hamowy), Chicago, University of Chicago Press, 2011, fa notare come sia forte l’identificazione tra liberalismo e democrazia, tanto che spesso, nel linguaggio comune, quando si dice “anti-democratico” si intende in realtà “illiberale” (116 ss.); tuttavia tale affermazione vale solo in riferimento alla nostra liberal- democrazia moderna. G. Sartori, Democrazia (voce), cit., segnando le tappe che hanno portato all’evoluzione del rapporto tra politica e garanzia costituzionale nella democrazia costituzionale, afferma: «primo, lo Stato liberale che è soltanto lo Stato costituzionale che ingabbia il potere assoluto; secondo, lo Stato liberaldemocratico che è prima liberale (costituzionale) e poi democratico; terzo, lo Stato democratico- liberale, nel quale il peso specifico delle due componenti si inverte: il potere popolare prevale sul potere limitato»; sulla stessa linea anche Y. Mounk, The People vs. Democracy, Harward Univ. Press, Cambridge (MA), 2018, 6-28, che evidenzia come i contenuti liberali non possano essere sic et simplicter ricompresi nel concetto di democrazia. Infine, un riferimento va a A. Somek, The Cosmopolitan Constitution, Oxford, Oxford University Press, 2014, spec. 96 ss. e 115 ss.

324 Ancora R. Tarchi, Democrazia e istituzioni di garanzia, cit., 907.

325 Paolo Ridola, indagando il legame tra costituzionalismo e garantismo, rileva come la legge sia ormai

inadeguata a riassumere in sé la funzione principale di garanzia: «da cornice esterna di un sistema di tecniche di sicurezza a strumento essa stessa di garanzia, in quanto essa venga internamente funzionalizzata a dare attuazione alle dimensioni costituzionali dei diritti di libertà», così P. Ridola, Diritti di libertà e costituzionalismo, cit., 8. In questo senso Ridola sembra inserirsi all’interno del filone kelseniano secondo cui la democrazia deve essere difesa non come ideologia, ma come un sistema di procedure atte a difendere e promuovere la libertà. Ciò non sposta comunque l’asse del discorso che vuole la Costituzione come mezzo primario di difesa della democrazia anche e soprattutto dai suoi nemici interni.

326 U. Wagrandl, Transnational militant democracy, in Global Constitutionalism, vol. 7, n. 2, 2018, 143-172, sul punto

152.

327 È in questo che può essere letta l’affermazione di Zagrebelsky secondo cui le regole del gioco politico,

anche nello Stato liberal-democratico “interventistico”, «non sono subordinate alle ragioni sostanziali (i bei programmi, le ideologie seducenti), ma viceversa i secondi sono subordinati ai primi. Il più alto programma politico, la ragione di Stato più cogente, non giustificano i mezzi incostituzionali e nessuno, invocando i primi, può percorrere le vie dei secondi» (G. Zagrebelsky, Società - Stato - Costituzione, Torino, Giappichelli, 1988, 67).

93 principio “costituzionale”, nonostante il suo indubbio sostrato ideologico, si presta per lo più ad obiezioni di carattere tecnico-procedurale (cioè, con le parole di Weber, di «razionalità rispetto allo scopo»)328, la presenza e l’importanza che rivestono gli altri due principi, quello liberale e quello democratico, rendono l’intero impianto che trae origine dalla costituzione qualcosa di più, come è stato detto, di un mero vincolo al potere329. Ed è su questi due principi che è possibile fondare la summa divisio dalla cui abbiamo preso le mosse: l’interazione tra il principio democratico e quello liberale.

Ora, l’estensione delle situazioni giuridiche soggettive inalienabili e della loro portata applicativa, cioè di ciò che si può definire sommariamente come “le idee di libertà”330, nella moderna liberal-democrazia costituzionale ha portato tuttavia con sé fin dall’inizio, oltre al problema dell’uguale godimento di queste libertà, quello della loro contraddittorietà, dei loro limiti (interni) e delle possibili restrizioni (esterne) che possono subire in caso di un loro abuso (sul punto cfr. infra, Parte I, Capitolo III, § 3)331. Ma il problema della razionalizzazione dei diritti e dei limiti (o meglio delle restrizioni) al loro esercizio deve fare i conti con due generali tendenze dell’impostazione liberal-democratica: (a) da una parte, alla base fin del modello antropologico dello stato liberale, vi è il riconoscimento del c.d. pluralismo (o per alcuni, “politeismo”) di valori che trova la sua giustificazione nel compito dello Stato di garantire (di proteggere) la convivenza in autonomia di tutti i modelli che vivono al suo interno, ma anche il riconoscimento di un nucleo intangibile di principi. (b) Dall’altra parte, su questa premessa, si innesta un “nuovo” carattere, quello della preminenza dei diritti non solo sulla volontà decisoria della maggioranza, ma anche, talvolta, persino sulla volontà del titolare stesso dei diritti, quando quest’ultimo alteri la razionalità del sistema in maniera profonda. La funzione

organica dei diritti, che spiegheremo più approfonditamente nel prossimo paragrafo, costituisce

oggi la “verità” della democrazia ed il suo rapporto con quest’ultima è destinato a cambiare a seconda del significato che si attribuisce al concetto di libertà e ai suoi limiti.

328 È la teoria sui significati della razionalità già concettualizzata fin da M. Weber, Über einige Kategorien der

verstehenden Soziologie (1913), trad. it. Alcune categorie della sociologia comprendente, in ID., Il metodo delle scienze storico- sociali, Einaudi, Torino 1974; per le citazioni consultata ed. it. 1974.

329 M. Fioravanti, La Corte e la definizione della democrazia costituzionale, cit.

330 Riferirsi al plurale “le” più che al singolare “la” libertà consente di evidenziarne maggiormente le diverse

componenti e i contrasti reciproci.

331 Come sostiene L. Ferrajoli, Diritti fondamentali. Un dibattito teorico, Roma-Bari, Laterza, 2001, sono i diritti

fondamentali a rappresentare la «dimensione sostanziale» della democrazia. Le norme che ascrivono i diritti fondamentali, infatti, sono propriamente sostanziali, risultano cioè relative al contenuto delle decisioni che assicurano la democrazia contro «l’onnipotenza della maggioranza» (11 ss.).

Anche il diritto vivente degli organi preposti alla tutela dei diritti fondamentali, come la Corte EDU, riconosce i diritti fondamentali come primo «prerequisito della democrazia» (Corte EDU Kjeldsen ua c.

Danimarca, 5095/71, 5920/72, 5926/72 § 53) ed «ethos di ogni società democratica» (Corte EDU Partito comunista unito c. Turchia, 133/1996/752/951 Rz 43). Come sostiene L. Ferrajoli, Diritti fondamentali, cit., sono

i diritti fondamentali a rappresentare la “dimensione sostanziale” della democrazia. Le norme che ascrivono i diritti fondamentali, infatti, sono propriamente sostanziali, risultano cioè relative al contenuto delle decisioni che assicurano la democrazia contro «l’onnipotenza della maggioranza» (11 ss.).

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(a) Pluralismo di valori e carattere non assiologicamente neutrale della liberal- democrazia

Lo sviluppo storico della democrazia ha visto quindi alla lunga il principio liberale imporsi su quello democratico. Perché? C’è sicuramente un aspetto psicologico alla base di questa concezione: un giudizio pessimistico sulla società (individualisticamente e organisticamente considerata), sulle sue capacità di auto-regolarsi e di produrre per sé valori positivi, e il timore hobbesiano che le forze disgregatrici finiscano alla fine per prevalere332.

In questo senso, rispetto alla concezione precedente, le costituzioni liberal-democratico- pluralistiche aggiungono al discorso sui limiti all’azione all’interno e da parte dello Stato dei concetti del tutto nuovi: la costituzione come regola giuridica fondamentale di organizzazione diventa lo strumento per la creazione di uno Stato dotato degli strumenti di azione in vista della realizzazione di determinati progetti e di determinati valori. Questo ci porta ad una prima riflessione: ogni azione volta a proteggere tali progetti e tali valori, presuppone e opera all’interno di una specifica idea di comunità politica. Inoltre, questa comunità politica prevede uno Stato interventista, uno Stato “massimo” (in antitesi a quello minimo del liberalismo classico) che vede porsi al centro l’individuo e il suo valore. Concetto, questo, sottolineato anche da altri autori come, ad esempio, Livio Paladin quando pone in evidenza che, a differenza da «quelle del passato» che «tendevano ad essere democrazie radicali o totalitarie, nelle quali il momento delle decisioni maggioritarie predominava rispetto al momento personalistico o liberale (…), le nostre democrazie, viceversa, si pongono come regimi in cui la sovranità popolare coesiste con la tutela dei diritti individuali»333.

Questa prospettiva antiorganicistica (ma anche antipositivista) della liberal-democrazia è ciò che permette, almeno in teoria, la pensabilità del paradosso secondo cui la tutela della libertà possa “negare” parzialmente non solo il principio democratico, ma, in alcuni casi, anche gli stessi diritti fondamentali garantiti da esso garantiti, se ciò risulta funzionale alla preservazione dell’intero assetto democratico. Si tratta di un approccio umanista che mette al centro i diritti, cioè quelli che potremmo chiamare i valori dell’individuo, sacralizzati originariamente nell’etica cristiane e successivamente adattati alla secolarizzazione334.

332 Ancora in Humboldt ogni eteronomia era sentita come una necessità ai fini esclusivi di garantire la

sicurezza intera, «senza limitare la libertà per nessun altro scopo» Infatti, «la conservazione della sicurezza contro i nemici esterni o contro i disordini interni è il [vero] fine che lo Stato deve porsi e per il quale deve spiegare la sua azione» e che costituisce allo stesso tempo anche il limite esterno di ogni sua attività (così G. Humboldt, Saggio sui limiti dell’attività dello Stato, cit., 40). Come è noto, la storia del popolo tedesco è segnata dalla tendenza ad abbracciare una concezione hegeliana - cioè etica e profondamente organicistica - dello Stato.

333 L. Paladin, La sovranità popolare nella democrazia degli antichi e in quella dei moderni, in A. D’Atena e E.

Lanzillotta (a cura di), Alle radici della democrazia. Dalla polis al dibattito costituzionale contemporaneo, ed E. Lanzillotta, Roma, 1998, 147 ss, in partic. 148.

334 Non è un caso che il liberalismo modero nasca in stretto collegamento con la svolta epistemologica