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Dal Kulturkampf alla approvazione della legge sulle associazioni (Reichsvereinsgesetz)

La distanza tra testo e contesto non tardò molto a manifestarsi: la sostanziale precarietà del concetto di libertà religiosa fu presto svelata dallo scatenarsi del Kulturkampf556. Quest’ultimo

ha rappresentato una pagina di enorme importanza - non solo da un punto di vista storiografico – nello studio del rapporto tra ordine statuale e associazionismo religioso, dal momento che rappresenta il più articolato e sistematico tentativo di difesa dello Stato tedesco contro le espressioni di una confessione giudicata come politicamente sovversiva. Numerose le ragioni che hanno contribuito ad accendere lo scontro: innanzitutto la luterana e la liberale ostilità della politica e dell’alta amministrazione prussiana per una cultura sentita come estranea557; in secondo luogo vi era il rafforzamento del cattolicesimo come potenza sociale e politica: si ricordi che la nascita del partito del Zentrum - movimento politico rappresentativo dei cattolici - coincise con la proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia (1870); in terzo luogo c’è da considerare l’atteggiamento critico assunto da una parte dell’associazionismo cattolico verso il nuovo Stato unitario dove il cattolicesimo veniva percepito come relegato in un ruolo subordinato. Tutti questi fattori contribuirono ad eccitare nella classe dominante prussiana il sospetto della dissidenza558. Ai nostri fini, l’aspetto che risulta interessante non risiede tanto nella volontà di ristabilire l’antica sovranità ecclesiastica prussiana, quanto piuttosto di spezzare la resistenza ideologica da parte dell’associazionismo ultramondano cattolico, la cui lealtà - si pensava - era dovuta più ai prìncipi della Chiesa che ai princìpi dello Stato. Tra i provvedimenti più significativi si ricordano, nella prima fase, lo scioglimento coattivo di alcuni ordini religiosi, tra cui i gesuiti e di molte associazioni, fino addirittura all’esilio di alcuni dei loro membri

556 Sul Kulturkampf, vedasi, come riferimento fondamentale, O. Köhler, La Chiesa negli Stati moderni e i movimenti

sociali (1878-1914), in H. Jedin (a cura di), Storia della Chiesa, vol. 9: Milano, Jaca Book, 1993, sul tema 34-90.

557 La burocrazia tedesca aveva fin dall’inizio attuato di malavoglia le disposizioni di formale parificazione

contenute nelle Costituzioni del 1848, del 1850 e del 1871 creando, di fatto, come si è visto una spaccatura tra testo costituzionale ed applicazione del diritto. Sulla commistione tra lotta culturale e politica, basti ricordare le parole di Bismarck: «Non mi si vorrà far passare per nemico della Santa Sede romana, Per il me il Papa è soprattutto una figura politica ed io ho un rispetto connaturato per tutti i veri poteri». Così O. v. Bismarck, discorso tenuto il 13 febbraio 1871 a Versailles, richiamato in O. Köhler, La Chiesa negli Stati

moderni e i movimenti sociali, cit., 42.

558 Il Centro, fin prime elezioni con i suoi 58 deputati costituiva la seconda forza in Parlamento ponendosi

come un avversario reale e soprattutto politico, per la linea del cancelliere che lo considerava, a torto, un movimento papista anti-imperiale. Ripercorre storia e caratteristiche dei primi anni di vita del Centro, la centrale opera di K. Bachem, Vorgeschichte, Geschichte und Politik der Deutschen Zentrumspartei, vol 1., Amsterdam, Scientia Verl., 1967. Non sembra del tutto falso che l’atteggiamento diffidente dei cattolici verso il nuovo Impero nascondeva una malcelata dissidenza, sentita, da parte loro, come una sorta di resistenza a quello che essi consideravano il totalitarismo dello stato prussiano ed evangelico.

159 accusati di sedizione (leggi dell’ 11 marzo e del 4 luglio 1872); nella seconda fase, la promozione di azioni penali contro vescovi, sacerdoti ed esponenti cattolici accusati di violare le leggi dei loro membri e sulla soppressione dei finanziamenti statali (leggi del 6 febbraio e del 22 aprile 1875). Una serie congiunta di fattori quali la morte dei Pio IX e gli sforzi di pacificazione portati avanti dal nuovo papa Leone XIII, più aperto alla modernità, la rottura dell’intesa tra Bismarck e i liberali e la parallela svolta verso i conservatori e, infine, l’affacciarsi di un nuovo nemico comune, il socialismo, portarono ad un significativo calo della tensione tra Chiesa cattolica e Impero prussiano, determinando di fatto già nel 1878 la fine del Kulturkampf, poi definitivamente sancita con le leggi di pacificazione del 1886 e 1887559.

Con l’unificazione del diritto civile ad opera del BGB del 1896 la situazione non mutò significativamente: si prevedeva infatti che le associazioni dovessero essere iscritte in un apposito registro perché venisse loro riconosciuta la capacità giuridica (§ 21). Le autorità amministrative avevano diritto a ricorrere (Einspruchsrecht) contro l’iscrizione qualora l’associazione, ai sensi del diritto pubblico (öffentliches Vereinsrecht), fosse non ammessa o potesse comunque essere proibita; si aggiungeva poi che il ricorso era esperibile in ogni caso contro l’associazione che avesse perseguito uno scopo “politico, socialpolitico o religioso” (§ 61 II)560.

Anche alla luce di tali avvenimenti fin dalla fine dell’Ottocento si sentì il bisogno di aggiornare l’ormai obsoleta disciplina delle leggi statali e di attuare un effettivo trasferimento delle competenze dai Länder al Reich che fino a quel momento era stato solo sulla carta. Nel 1908 venne emanato un nuovo testo legislativo sul diritto delle associazioni. Il nuovo Reichvereinsgesetz (RVG) rappresentava sostanzialmente l’apice di un’attività normativa pluridecennale561 e rispondeva a due esigenze: da una parte, nelle intenzioni del Governo, esso era il frutto del tentativo di governare il crescente fenomeno associativo da una prospettiva unitaria e centralizzata; dall’altra parte, nelle intenzioni di molte forze politiche e voci individuali562, esso voleva rispondere alle esigenze di rispetto degli standard delle libertà costituzionali previste in

559 Gli storici riconducono la sua conclusione formale al 1887 con l’approvazione delle cd. le leggi di

pacificazione, ma in realtà, la brusca riduzione di ogni misura inibitoria amministrativa può essere ricondotta a partire dal 1878 quando il Papa fece pervenire all’imperatore un telegramma di vicinanza per il secondo attentato alla vita dell’imperatore portato avanti ad opera di alcune cellule socialiste.

560 § 61 comma II BGB (versione 1896): “Die Verwaltungsbehörde kann gegen die Eintragung Einspruch erheben,

wenn der Verein nach dem öffentlichen Vereinsrecht unerlaubt ist oder verboten werden kann oder wenn er einen politischen, sozialpolitischen oder religiösen Zweck verfolgt”. Il § 43 comma III BGB prevedeva inoltre la messa al bando anche

quando il perseguimento di tali scopi non fosse previsto dallo statuto ma si potesse configurare di fatto.

561 Gesetz vom 19. April 1908, RGBl. I S. 151. Già dal 1873 il Reichstag, attraverso l’introduzione di singoli

progetti di legge, ebbe modo di anticipare molte delle misure che saranno poi definitamente sancite nella legge del 1908. Sulla legge, si v., tra i contemporanei, H. Delius, Bedeutung und Wirkungen des Reichsvereinsgesetzes, in Archiv für Rechts- und Wirtschaftsphilosphie, vol. 2, n. 2, 1909, 247-259; successivamente H. Tillmann, Staat

und Vereinigungsfreiheit im 19. Jahrhundert. Von der Paulkirche zum Reichsvereinsgesetz von 1908, Gießen,

Hochschulschrift, 1976. Sulle misure provvisorie adottate dal Reichstag e sulla legge sulle associazioni, v. F. Stir-Soml, Reichsvereinsgesetz vom 19. April 1908. Systematischer Kommentar, Stuttgart-Leipzig, 1909.

562 Si tratta in particolare del partito nazional-liberale (NLP), allora al Governo, e della sua componente di

sinistra, tra cui spiccano nomi che si ritroveranno in seguito nell’esperienza weimariana, come Freiderlich Naumann o Theodor Barth.

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Costituzione e di fatto mai attuate. Il RVG si rivolgeva alle associazioni non politiche, a quelle politiche o alle associazioni religiose delle confessioni senza intesa, le quali dunque venivano così ad essere parificate alle associazioni politiche. Il RVG sposò un approccio tutto sommato liberale, volto a semplificare e ad addolcire le restrizioni di molte leggi statali563: il RVG prevedeva la libera costituzione e il libero accesso alle Vereine da parte di tutti i cittadini (per la prima volta, anche alle donne) senza autorizzazione preventiva alla sola condizione che non fossero contrari alle leggi penali (§2 RVG). Dall’altra parte, però, si confermò l’impianto tipico dell’Obrigkeitsstaat, poiché intensificava il controllo ampiamente discrezionale sulle attività secolari su di esse, sui loro statuti, sulla lista degli aderenti, e perfino sul contenuto delle riunioni che avrebbero dovuto astenersi dal trattare qualsiasi contenuto politico (v. §§ 3 e 5 RVG). Le forze di pubblica sicurezza potevano inviare fino a due funzionari a tutte le riunioni (non solo quelle pubbliche) e, in determinate condizioni, procedere al loro scioglimento. Al § 24 comma I RVG fu sostanzialmente traslata la precedente disciplina prussiana per le società ecclesiastiche e le associazioni religiose, nelle quali furono comprese le stesse confessioni religiose non riconosciute564. In questo modo, anche se la questione non era del tutto pacifica565, le associazioni religiose non-incorporate furono parificate alle associazioni politiche che risentirono della nuova disciplina in particolare sotto l’aspetto dei controlli preventivi. Il controllo delle religioni non istituzionalizzate si discostava – ma non di molto – dalla direzione di attiva vigilanza già tracciata per le Chiese riconosciute: ma se per le associazioni facenti parte delle religioni riconosciute il fondamento costituzionale che legittimava il controllo risiedeva nel principio di reciproca corrispondenza566, nei confronti delle confessioni non riconosciute il controllo trovava la propria ragion d’essere nelle mere esigenze di difesa dell’ordine pubblico, la cui valutazione era altamente discrezionale. Come spiega Kathrin Groh, «Così come le associazioni politiche, anche le associazioni delle religioni non incorporate erano considerate associazioni di seconda classe, perché [considerate] potenzialmente e segretamente nocive al

563 Secondo H. Tillmann, Staat und Vereinigungsfreiheit im 19. Jahrhundert, cit., 156, con l’eccezione delle leggi

del Wüttemberg e del Baden, tutte le leggi dei Länder contenevano una disciplina molto più rigida di quella imperiale.

564 Tra la dottrina coeva, H. Delius, Deutsches Vereinsrecht und Versammlungsrecht in privat- und öffentlichrechtlicher

Beziehung unter besonderer Berücksichtigung des preußischen Rechts, 1908, 246 ss.

565 K. Groh, Das Religionsprivileg des Vereinsgesetzes, in Kritische Vierteljahresschrift für Gesetzgebung und

Rechtswissenschaft (KritV), vol. 85, n. 1, 2002, 39-62, sul punto 44.

566 Il regime prevedeva sostanzialmente un regime fiscale di favore ed altri privilegi pubblici in cambio di

poteri di vigilanza affidati allo Stato. Un vero e proprio potere di direzione da parte dello Stato - seppur in maniera mediata ed obliqua – si esercitava sull’organizzazione e l’amministrazione di queste Chiese. Numerosi erano i meccanismi di controllo e di inserimento nell’orbita gravitazionale dello Stato delle religioni con intesa, non ultimo la posizione ricoperta dai cappellani militari nei gradi effettivi dell’esercito. Questo elemento non è secondario, se si tiene presente come allora, ciò che rendeva unica la Prussia - ciò che agli occhi di uno straniero come Alfieri la faceva assomigliare ad un’“universal-caserma” - era proprio la militarizzazione della società, di cui l’esercito costituiva il puntello. Non da ultimo, e in stretta connessione ideale con quanto appena detto, vi è da segnalare l’ulteriore rafforzamento dell’aspetto gerarchico e territoriale delle maggiori Chiese protestanti del Paese. Si v. G. Anschütz. Die Verfassungs-Urkunde für den

161 bene comune»567. Da quanto detto non si può però non notare che, almeno sulla carta, la legge introduceva una garanzia non da poco per le associazioni (anche religiose): che cioè la sola condizione per il loro scioglimento era la contrarietà alla legge penale. Il RVG resterà in vigore fino al 1964 e, come si vedrà più avanti, si dimostrerà una legislazione compatibile con i principi del Grundgesetz, circostanza che comprova una volta di più, più ancora che la sua impostazione autenticamente liberale, la sua malleabilità interpretativa ed applicativa.

Che bilancio parziale si può ricavare da quanto finora esposto? Di certo, vi è che lo Stato costituzionale tedesco del secondo Reich appare ancora ancorato ad una concezione pre-liberale del rapporto tra Stato e corpi intermedi. Anche se in punto dei diritti civili e politici dei loro membri la parità tra confessioni progredisce gradualmente, il “lato corporativo” gioca un ruolo decisivo rispetto alle singole libertà individuali tanto che un’apertura all’associazionismo non ricompreso nella triade catto-evangelico-luterana e cioè un reale superamento dell’idea di omogeneità confessionale rappresentava ancora uno sforzo politico quasi insormontabile.