Dottorato di Ricerca in Scienze Giuridiche
Teoria dei diritti fondamentali, Giustizia costituzionale e Comparazione giuridica
XXXIII ciclo
Modelli di protezione della democrazia costituzionale a
confronto. Studio sui limiti della libertà di associazione
religiosa
Tutor:
Ch.mo Prof. Rolando Tarchi
Tesi di dottorato in Diritto Pubblico Comparato di
:Andrea Gatti
I
La democrazia è ben più che un mero prodotto di vaghe considerazioni su quanto sia opportuno valorizzare il principio dell’intangibilità della dignità umana. Se si ha il coraggio di crederlo, si deve anche avere il coraggio di mostrare intolleranza per coloro che vogliono utilizzare la democrazia per annichilirsi.
(C[arlo] Schmid, discorso tenuto l’8 settembre 1948 al Parlamentarischer Rat,
in Erinnerungen, vol. 3, 1979, 360)
Principiis obsta: sero medicina paratur, cum mala per longas convaluere moras.
III
A Samuel Paty
Desidero ringraziare il prof. Rolando Tarchi, adiutorium sine quo non, per la sua guida paziente e i suoi insegnamenti; la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni per la sua fiducia e il suo esempio; il prof. Christoph Enders per la sua ospitalità e il tempo sottrattogli durante il mio proficuo soggiorno presso la sua cattedra a Lipsia; il dott. Uwe-Dietmar Berlit, Presidente del primo Senato del Bundesverwaltungsgericht, per avermi aperto le porte della Corte ed avermi aiutato a capire “was prägt”; il collega ed amico Wolfgang Dickhut, continente ambulante di cultura; il dott. Claudio Galzerano, Direttore del Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno della Polizia di Prevenzione, per aver confortato alcuni miei presentimenti con la sua expertise; il compianto prof. Jörg Luther, dalle cui conversazioni uscivo sempre, allo stesso, tempo arricchito e divertito; il prof. Valter Puccetti, che mi ha insegnato come pensare e il prof. Luigi Lombardi Vallauri, che mi ha insegnato come pensare lucidamente; il Deutscher Akademischer Austauschdienst per il suo supporto; gli amici e colleghi di Pisa e Firenze, in particolare Ippolito Piazza, Ornella Feraci, Federico Spagnoli, Diego Mauri, Edoardo Caterina, Matteo Giannelli.
V
INDICE GENERALE
I
NTRODUZIONE……….
XIV
PARTE I
I PRESUPPOSTI TEORICI
C
APITOLOP
RIMOL’
AL DI LÀ DELLA RELIGIONE:
LO SCONFINAMENTO TEMPORALE DELLA DIMENSIONE PRETTAMENTE RELIGIOSA1. La città dell’uomo e la città di Dio: il naturale connubio tra religione e politica ... 1
2. All’origine dei concetti: ricostruzione tassonomica dell’“integralismo” e del suo rapporto con lo Stato ... 2
3. Il fanatismo ... 5
4. Il radicalismo e l’estremismo ... 6
4.1 Il ruolo dell’ideologia politica nella formazione dell’estremismo ... 9
5. Il fondamentalismo: origini e struttura ... 13
5.1 Il fondamentalismo come religione politica ... 16
5.2 Un bilancio parziale dei rapporti tra estremismo religioso e Stato costituzionale ... 20
6. Un caso paradigmatico di estremismo religioso: l’islamismo. La distanza con l’islam ... 21
6.1 Nascita e sviluppo dell’islamismo ... 24
6.2 In che modo e fino a che punto l’islamismo è una ideologia anticostituzionale ... 28
7. Manifestazioni religiose antisistema tra sette e nuovi movimenti religiosi ... 30
7.1 Due esempi che ci riguardano da vicino: Scientology e i Testimoni di Geova ... 33
8. Ritorno al sacro? ... 35
C
APITOLOS
ECONDOP
ROFILI CRITICI E RICOSTRUTTIVI DEL CONCETTO DI PROTEZIONE DELLA DEMOCRAZIA:
DALLA DIFESA DELLOS
TATO ALLA DEMOCRAZIA MILITANTE 1. Introduzione ... 372.Lo Stato e i suoi presupposti sacrali ... 37
3. Etica religiosa ed etica pubblica: fedeltà e “tradimento” dello Stato ... 43 4. La ragion di Stato come prima risposta dell’ordinamento al “pericolo” legato al
VI
pluralismo confessionale ... 46
5. Presupposti del moderno concetto di democrazia protetta: la nascita della Verfassung ... 50
6. La lezione pratica di Weimar: la Costituzione «essenza e valore della democrazia»? ... 52
6.1. Un ordinamento protetto ante litteram ... 56
6.2. Una democrazia di statisti, ma senza democratici ... 61
6.3. Un’ulteriore criticità: il problema dell’assenza di un custode giurisdizionale della Costituzione ... 64
7. La discussione dogmatica sulle forme ed i presupposti di protezione ideologica della democrazia ... 66
7.1 Carl Schmitt come fondatore dell’idea sostanziale di democrazia militante... 67
7.2 À la guerre comme à la guerre: la soluzione draconiana di Karl Loewenstein ... 69
7.3 Karl Mannheim e la “terza via” ... 70
7.4 La protezione della democrazia oggi. Le sue critiche ... 71
7.5 La difesa illegittima: le democrazie illiberali (cenni) ... 75
7.6 Un nuovo paradigma ... 76
8. Criticità: difesa dello Stato o difesa della Costituzione? I presupposti proto-costituzionali alla base delle libertà ... 78
8.1 La dottrina dello Stato e il contributo di Böckenförde ... 78
8.2 La dottrina della Costituzione e i suoi corollari: il patriottismo costituzionale ... 82
8.3 Una concretizzazione del dibattito teorico: la scelta del BVerfG per il carattere precettivo del Grundgesetz ... 86
C
APITOLOT
ERZOL’
OGGETTO DI PROTEZIONE:
LA LIBERAL-
DEMOCRAZIA COME ETICA DEL LIMITE 1. Introduzione ... 892. Geometrie costituzionali: dalla democrazia liberale alla liberal-democrazia ... 90
(a) Il pluralismo dei valori e carattere non assiologicamente neutrale della liberal-democrazia ... 93
(b) La prospettiva liberal-democratica nella sistematica dei diritti fondamentali: la funzione sociale dei diritti come “istituzioni” ... 95
3. L’etica del limite nella dimensione sostanziale della democrazia costituzionale: limiti impliciti e restrizioni ... 98
4. Il parametro dell’identità costituzionale e la libera espressione delle minoranze nello stato liberal-democratico multiculturale ... 102
VII
PARTE II
LA GERMANIA
C
APITOLOP
RIMOO
RIGINI E CARATTERISTICHE DELL’
ORDINAMENTO MILITANTE TEDESCO1. La scelta per la streitbare Demokratie ... 108
2. Il GG come Wertordnung: il concetto di ordine liberal-democratico di base ... 112
2.1 (Segue) FdGo e libertà fondamentali: l’uso “valorizzante” dei diritti ... 116
3. Ordine liberal-democratico e clausola d’eternità ... 119
4. La protezione costituzionale nel GG: gli istituti ... 120
4.1 Il Berufsverbot e il dovere di lealtà dei funzionari (cenni) ... 122
4.2 Il Parteiverbot ... 123
4.2.1 La sua evoluzione: il rafforzamento della tutela e la funzione istituzionale dei diritti... 125
4.3 Il Vereinsverbot (rinvio) ... 130
4.4 Dalla violazione (Verfassungsstörung) all’abuso (Mißbrauch) dei diritti costituzionali .... 130
4.4.1 L’istituto della decadenza dai diritti fondamentali come fattispecie di abuso (art. 18 GG) ... 132
5. La protezione costituzionale nel GG: gli organi ... 135
5.1 Un organo peculiare di salvaguardia: l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV). Fondamenti giuridici e loro evoluzione ... 138
5.1.1 Compiti, scopi e condizioni per l’intervento: dalla sicurezza pubblica all’ordine costituzionale ... 144
5.1.2 BfV ed estremismo religioso ... 147
6 Conclusione: quanto è davvero militante il GG? ... 149
C
APITOLOS
ECONDOL
A COSTRUZIONE DELLA DISCIPLINA DELLA LIBERTÀ DIA
SSOCIAZIONE RELIGIOSA ING
ERMANIA 1. Dalle lotte di religione alla Costituzione pseudo-liberale del 1850 ... 1512. Dal Kulturkampf alla approvazione della legge sulle associazioni (Reichsvereinsgesetz)... 157
3. Weimar tra parificazione delle confessioni e l’incisivo controllo dello Stato ... 160
3.1. La teoria della correlazione come presupposto per l’intervento correttivo statale... 163
3.2. La repressione delle associazioni religiose incostituzionali sotto la vigenza della Reichsverfassung ... 165
VIII
4. La Religionsfreundlichkeit (favor religionis) della Legge fondamentale: il senso della peculiare laicità tedesca ... 168 4.1 Il concetto di Religions- e Weltanschauugsgemeinschaft alla luce del GG: presupposti e limiti ... 173 4.2. La libertà di associazione religiosa (e di Weltanschauung) nel GG: una tassonomia ermeneutica ... 177 4.3. La libertà di associazione religiosa come specie della libertà associativa: punti di forza e di debolezza della ricostruzione ... 179 4.4 L’apporto dell’art. 137 comma 2 WRV/140 GG ... 182 4.5. La libertà di associazione religiosa come libertà religiosa in forma associata ... 183
C
APITOLOT
ERZOLIMITI E RESTRIZIONI ALLA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE RELIGIOSA
1. Parametri costituzionali a fondamento delle restrizioni ... 187 1.1 Diritto “senza riserve” (vorbehaltlos), ma non “senza limiti” (schrankenlos): il tentativo di ricavare una “riserva di fatto” dalla cd. triade dei limiti (art. 2 GG) ... 189 1.2 Le restrizioni provenienti dagli altri beni costituzionalmente rilevanti: il kollidierendes
Verfassungsrecht ... 191
1.3 Il “trasferimento” dei limiti della libertà di associazione al contesto religioso: l’art. 9 comma 2 GG ... 194 1.4 (Segue) La sentenza Ludendorff e il ricorso alla “norma ponte” dell’art. 137
comma III WRV... 196 1.5 L’efficacia diretta dell’art. 9 comma 2 GG ... 199 1.6 Un bilancio parziale del dibattito costituzionale ... 201 2. La trasposizione normativa dei limiti: la legge sulle associazioni (1964) e il fenomeno religioso ... 203 2.1. Lo scioglimento delle associazioni anticostituzionali tedesche: procedimento ... 204 2.2. Le associazioni straniere “figlie di un dio minore”? Il divieto di attività ... 207 2.3. L’estensione dell’ambito applicativo del VereinsG: l’abolizione del cd. “privilegio religioso” con l’approvazione del primo pacchetto sicurezza ... 210 3. I presupposti per il divieto delle associazioni religiose anticostituzionali dopo il 2001... 213 3.1 Il contrasto con l’ordinamento penale ... 213 3.2. Il contrasto con l’ordine costituzionale ... 214 3.3 Il contrasto con il principio della comprensione internazionale tra i popoli ... 215 3.4. Il pericolo astratto contro i beni costituzionali perseguito con atteggiamento
combattivo-aggressivo ... 218 4. Un primo bilancio ... 219
IX
C
APITOLOQ
UARTOL
IBERTÀ DI ASSOCIAZIONE RELIGIOSA E ESTREMISMO DIRITTO VIVENTE1. Il rilievo della giurisprudenza ... 223
2. Bundesverwaltungsgericht e Bundesverfassungsgericht: ruolo e funzioni nella democrazia militante tedesca. Il punto di incontro tra Schmitt e Kelsen ... 225
3. Il riconoscimento dei Testimoni di Geova: rispetto, ma non lealtà nei confronti dell’ordinamento costituzionale ... 229
4. La parziale illegittimità della campagna anti-Scientology ... 232
5. Il Kalifatsstaat-Urteil come primo caso di scioglimento di un’associazione islamista ... 234
5.1 La garanzia degli effetti (sicherungsfolgen) dello scioglimento: la messa al bando delle sotto-organizzazioni e delle organizzazioni sostitutive ... 239
6. Hizb ut-Tahrir: la speciale restrizione della libertà religiosa per le associazioni religiose extra-comunitarie ... 240
7. I casi DawaFFM e Färben für Weisenkinder: il contenuto dell’ideologia come presupposto necessario, ma non sufficiente per l’incostituzionalità ... 244
8. Le più recenti pronunce del BVerfG sul tema ... 246
9. Bilancio conclusivo della giurisprudenza ... 248
PARTE III
LA CEDU
C
APITOLOP
RIMOS
TRUMENTI DI PROTEZIONE DEMOCRATICA NELL’
ORDINE EURO -CONVENZIONALE 1. Premessa metodologica ... 2512. Struttura della parte ... 254
3. L’ordine CEDU come sistema militante? ... 256
4. L’interpretazione evolutiva ovvero “secondo principi” della Corte ... 256
5. L’espressione del principio democratico nella CEDU ... 259
6. Libertà e restrizioni delle libertà ... 263
6.1 Il sistema delle restrizioni alle garanzie: i diritti assoluti e quelli condizionati ... 265
6.2 (Segue): I legitimate aims (artt. 8-11) ... 267
X
8. Il divieto di abuso dei diritti fondamentali (art. 17): struttura e collocazione dogmatica ... 272
8.1 Criteri di verifica e delimitazione dell’ambito di efficacia della disposizione ... 277
a) La capacità di essere abusati da parte dei diritti fondamentali convenzionali ... 278
b) La condotta abusiva ... 280
c) “Negare fortemente”? Il problema del grado di disconoscimento dei diritti fondamentali ... 282
8.2 Criticità e possibili soluzioni ... 282
9. Osservazioni conclusive: elementi per un’Europa militante ... 286
C
APITOLOS
ECONDOI
L FORMANTE NORMO-
GIURISPRUDENZIALE ALLA BASE DELLA DISCIPLINA DELL’
ASSOCIAZIONISMO RELIGIOSO 1. I modelli di regolazione del fenomeno religioso in forma associata ... 2892. La libertà di associazione religiosa nella CEDU come libertà ibrida ... 290
2.1 La libertà religiosa: ambito di applicazione ... 291
2.2 La libertà di associazione (cenni) ... 295
2.3 La libertà di associazione religiosa quale lex specialis della libertà di associazione ... 296
2.4 Le restrizioni previste per la libertà di associazione religiosa (cenni) ... 299
C
APITOLOT
ERZOE
VOLUZIONE DELLE RESTRIZIONI DELLA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE RELIGIOSA ATTRAVERSO IL FORMANTE GIURISPRUDENZIALE 1. Struttura del Capitolo ... 3002. Refah Partisi c. Turchia: l’applicazione dei limiti “convenzionali” alla libertà di associazione di una formazione politica a base confessionale ... 301
2.1 La decisione della Corte ... 305
a) Il pluralismo giuridico come elemento integrativo o sostitutivo della legge statuale: l’area di criticità ... 305
b) Il modus: l’elemento della violenza ... 308
c) La questione del «clear and present danger» ... 309
2.2 I limiti “convenzionali” dell’ordine pubblico europeo alla prova della libertà religiosa ... 310
2.3 Le opinioni dissenzienti della sentenza del 2001 ... 312
3. Il divieto di associazione di stampo religioso: i casi Kalifatsstaat e Hibz ut-Tahrir c. Germania... 313
XI 3.1 L’utilizzo della previsione del divieto di abuso in Hizb ut-Tahrir. Un tentativo
di sistematizzazione ... 316
4. La libertà di associazione religione nella transizione democratica: la questione del riconoscimento giuridico (Chiesa Metropolitana di Bessarabia c. Moldavia) ... 320
5. La Corte EDU davanti al fenomeno della repressione dei nuovi movimenti: profili di tutela dell’ordine pubblico nel rispetto del pluralismo ... 324
6. Sezione moscovita dell’Esercito della Salvezza c. Russia: antefatti e fonti di riferimento ... 326
6.1 La decisione: il valore dell’associazionismo religioso per la conservazione del pluralismo ... 329
7. Violazione delle libertà di terzi e minaccia alla sicurezza pubblica: il caso dei Testimoni di Geova di Mosca c. Russia ... 331
7.1 La decisione della Corte per una democrazia militante “tollerante” ... 332
8. Conclusioni ... 336
8.1 La differenza tra la categoria della violazione e quella dell’abuso dei diritti ... 337
8.2 Un tentativo di individuare le caratteristiche delle restrizioni alla libertà di associazione religiosa ... 338
8.3 Il ruolo dell’ideologia politica nell’ambito religioso ... 340
8.4 L’influenza del contesto sul diritto ... 342
PARTE IV
L’ITALIA, UN
MODELLO
DA
INVENTARE
C
APITOLOP
RIMO L’
IMPIANTO COSTITUZIONALE REPUBBLICANO TRA VISIONE PROCEDURALE E SOSTANZIALE DELLA DEMOCRAZIA 1. L’Italia come democrazia non protetta? Un’impostazione del problema ... 3442. La XII disposizione transitoria e finale: il divieto di ricostituzione del partito fascista .... 346
3. L’art. 49 Cost.: il “metodo” democratico dei partiti ... 348
3.1 Le leggi “Scelba” e “Mancino” ... 353
4. Le restrizioni alla capacità giuridica delle associazioni (art. 18 Cost.) e il patto costituzionale alla sua base ... 356
4.1 I divieti di cui all’art. 18 comma 2 come espressioni del carattere compromissorio dell’ordinamento italiano ... 361
5. Il reato associativo di tipo politico come strumento di protezione democratica: profili di legittimità costituzionale ... 363 5.1 (Segue) La sovversione e il terrorismo eversivo come ipotesi a cavallo tra dimensione
XII
penalistica e pubblicistica ... 365
5.2 Le principali linee interpretative del diritto vivente in merito ai limiti di associazione politica: il concetto di ordine pubblico istituzionale ... 370
5.3 L’evoluzione dei reati di associazione politica ... 373
6. Una fattispecie (non totalmente) ipotetica: la perdita dei diritti fondamentali ... 375
7. Le minacce per l’ordinamento democratico italiano ... 377
7.1 Il contrasto all’estremismo di destra: i casi di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale... 378
7.2 Il nuovo pericolo eversivo rappresentato dall’estremismo islamico ... 380
8. Osservazioni conclusive ... 384
C
APITOLOS
ECONDOA
MBITO DI EFFICACIA E LIMITAZIONI DELLA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE RELIGIOSA INI
TALIA 1. I presupposti costituzionali del diritto di associazione religiosa ... 3852. La libertà religiosa in Italia come superamento della dimensione statuale (art. 19 Cost.) 387 3. Capacità e limiti della libertà organizzativa dei gruppi religiosi (art. 8 Cost.) ... 389
4. Il divieto di discriminazione delle associazioni religiose (art. 20 Cost.) ... 394
5. Le restrizioni implicite alla libertà di associazione ... 395
a) Il principio di laicità ... 396
b) L’ordine pubblico costituzionale ... 398
c) Un’ipotesi più problematica: la sicurezza ... 402
6. I progetti di legge sulla libertà religiosa e sulla (de)radicalizzazione ... 405
7. Il diritto vivente ... 408
7.1. Il problema delle mancate intese: il caso dei Testimoni di Geova ... 409
7.2. Il rapporto tra legge dello Stato e finalità religiosa: il caso di Scientology ... 412
7.3. Il paradigma distorsivo dell’eccezione religiosa: i “metodi” islamisti coperti dal “privilegio” confessionale ... 414
7.4. L’anticipazione della tutela penale come strumento per superare le impasse interpretative ... 416
8. Rilievi conclusivi ... 420
C
ONCLUSIONI E PROSPETTIVE ……… 422A
PPENDICE -Legge sulla disciplina del diritto pubblico delle associazioni (Vereinsgesetz) ……… 431XIII
I
NDICE DELLE ABBREVIAZIONI IN LINGUA TEDESCAAK-GG Kommentar zum Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland
AÖR Archiv des öffentlichen Rechts BT Bundestag
BVerfG Bundesverfassungsgericht (Tribunale costituzionale federale) BVerfGE Decisioni del Bundesverfassungsgericht
BfV Bundesamt für Verfassungsschutz (Ufficio federale per la protezione della Costituzione)
BVerfSchG Bundesverfassungsschutzgesetz (Legge sulla Cooperazione tra Bund e Länder in materia di protezione della Costituzione)
BVerwG Bundesverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo federale) BVerwGE Decisioni del Bundesverwaltungsgericht
DJT Deutscher Juristentag DÖV Die Öffentliche Verwaltung HdBStR Handbuch des Staatsrechts
JÖR Jahrbuch des öffentlichen Rechts der Gegenwart JZ Juristen Zeitung
KritV Kritische Vierteljahresschrift für Gesetzgebung und Rechtswissenschaft NJW Neue Juristische Wochenschrift
ÖZS Österreichische Zeitschrift für Soziologie PVS Politische Vierteljahresschrift
RVG Reichsvereinsgesetz (legge sulle associazioni del 1908) VereinsG Vereinsgesetz (legge sulle associazioni del 1964 – in vigore)
VerfschÄndG Verfassungsschutzänderungsgesetz (legge di modifica dell’impianto di protezione costituzionale)
VVdStrL Veröffentlichungen der Vereinigung der Deutschen Staatsrechtslehrer WRV Weimarer Reichsverfassungs (Costituzione di Weimar)
ZBR Zeitschrift für Beamtenrecht ZRP Zeitschrift für Rechtspolitik
XIV
INTRODUZIONE
1. L’idea del presente lavoro ha tratto ispirazione da una constatazione di un noto cultore del diritto ecclesiastico contemporaneo, Silvio Ferrari. Scrive Ferrari: «Religions have lost their
innocence: they no longer live in a Garden of Eden. They need to prove they can benefit civil society or at least prove they are harmless»1.
La frase di Ferrari, che pur si pone in termini paradossali e meramente empirici, in effetti, coglie almeno due dei molteplici paradigmi con cui, negli ultimi decenni, sono chiamate a confrontarsi le democrazie europee nel rispondere ai complessi problemi del multiculturalismo e del pluralismo religioso: de-privatizzazione della religione – in particolare di quelle non storicamente radicate nel contesto europeo – e ascesa, all’interno di alcune frange di quest’ultime, di un intransigente radicalismo religioso che vive del confronto (rectius, scontro) con gli ordinamenti occidentali e che giustifica atti lesivi dei principi fondanti l’ordinamento costituzionale, dei diritti fondamentali altrui, oltre che, quando si spinge ad assumere forme terroristiche, della sicurezza dell’intera comunità.
Il carattere laico della tradizione giuridica occidentale fondata sulla rule of professional law2, che sembrava confermato dal dibattito sull’opportunità di inserire il riferimento alle radici cristiano-giudaiche nella sfortunata Costituzione europea del 20043, sembra, invece, oggi vacillare di fronte ad alcune manifestazioni di identità forte e religiosamente orientata che possono entrare in conflitto con l’idea attuale del vivre ensemble. Ed è su questa zona grigia che si concentra il presente studio.
La relazione tra religione, identità e politica è da tempo oggetto di studio da parte della dottrina giuridica, tuttavia, in tali studi, il ruolo del contesto (l’ordinamento) appare estremamente sottovalutato rispetto al testo (le singole linee croniche di conflitto): porto del velo, riconoscimento del matrimonio poligamico, applicazione della normazione religiosa in alcuni campi del diritto (in particolare quello familiare e quello successorio) da parte di corti secolari o religiose e, più in generale, il problema dell’identità e della libertà personale dei fedeli all’interno delle organizzazioni religiose, sono alcuni dei filoni di indagine che hanno interessato la maggior parte dei contributi degli studiosi in rapporto alla compatibilità/incompatibilità delle rivendicazioni religiose nello Stato laico.
Tali rivendicazioni spesso si presentano come il semplice tentativo da parte delle comunità religiose di incidere sull’assetto degli ordinamenti secolari o come legittime resistenze ad integrarsi nell’ordinamento costituzionale di riferimento. Anche se alcune delle proposte che provengono da alcune religioni non assicurano il rispetto dei principi e dei diritti fondamentali 1 S. Ferrari, Individual religious freedom and National Security in Europe after September 11, in Brigham Young Law
Review, 2014, 357-384, spec. 376.
2 U. Mattei, Three Patterns of Law: Taxonomy and Change in the World's Legal Systems, in The American Journal of Comparative
Law, vol. 45, n. 1, 1997, 5 - 44.
XV su cui si regge l’ordine liberal-democratico (e dunque possono risultare incompatibili con quest’ultimo), esse si presentano generalmente come legittimi tentativi di espansione in chiave temporale (cioè politico-giuridica) della religione nella comunità statuale. Un discorso diverso, invece, vale per quei tentativi di opposizione radicale all’ordine costituzionale promossi con condotte più o meno esplicitamente eversive. È in questi casi che l’ideologia e la condotta estremista di alcuni movimenti religiosi estremisti, alla luce del perseguimento violento di obiettivi dichiaratamente politici, innescano una reazione difensiva da parte dello Stato. La sottile (ma pur esistente) distinzione tra posizioni religiose portate avanti da associazioni radicali e posizioni religiose portate avanti da associazioni estremiste richiede di indagare le possibili opzioni che si presentano allo Stato nella sua facoltà/dovere di limitare il proselitismo delle seconde e, allo stesso tempo, di tollerare le prime.
Ogni tipo di ordinamento prevede una certa capacità reattiva nei confronti dei tentativi volti a un suo sovvertimento; tuttavia, si cercherà di dimostrare che laddove la costituzione assuma contenuti liberal-democratici, la difesa costituzionale è sempre declinata nel concetto di democrazia protetta (o, in alcuni casi, come nell’ordinamento tedesco, militante). Con democrazia protetta si intende della messa in atto di meccanismi di anticipazione di tutela per reprimere quelle azioni che, in base ad un preciso disegno di dissenso ideologico, sono volte a e idonee a minare o a sovvertire l’ordine politico-costituzionale di una democrazia consolidata e che non raggiungono, almeno in linea di principio, il grado di perfezione necessaria per poter attivare risposta sanzionatorie penale. “Anticipazione della tutela” e “repressione del dissenso ideologico” esprimono, dunque, le due generali (e talvolta problematiche) caratteristiche proprie di questo approccio, che però non si rivolge ad ogni espressione di dissenso, ma solo a quello idoneo a mettere a repentaglio l’ordine costituzionale. Di conseguenza – e questo spiega il focus del presente lavoro sull’aspetto organizzativo dell’estremismo e non su quello individuale – una risposta repressiva non può che rivolgersi contro condotte poste in essere da gruppi organizzati (come partiti, comunità o movimenti), gli unici in grado di mettere in pericolo l’ordinamento.
Il problema teorico che si è posto – in termini in qualche modo paradossali – fin dagli anni Venti, sul limite della “tolleranza nei confronti degli intolleranti”, ha assunto un carattere più strutturato con la seconda ondata di democratizzazione. Quando in Europa andava perdendo d’interesse il tema sulle rotture costituzionali, aumentava quello sulla costituzionalità delle norme derogatorie dei diritti e delle libertà fondamentali al fine di proteggere – per riprendere un’espressione cara alla Germania di Weimar – le esigenze della “società politica”. Tali esigenze, oggi, hanno assunto una forma più positiva (attraverso il ricorso al concetto di costituzione) e, allo stesso tempo, più liberale (attraverso il ricorso ad un continuo e permanente confronto tra le esigenze di tutela dell’ordine costituzionale di base e le esigenze di tutela dei diritti di libertà). Gli interrogativi sul se e sul come una difesa sia opportuna o necessaria o se, al contrario, essa rischi di trasformarsi in un cortocircuito democratico sono questioni oggetto di aperto dibattito, ma è sicuramente un tema ineludibile nella costruzione della società pluralistica che l’Europa sta faticosamente perseguendo.
XVI
Tutto ciò che caratterizza il destino di una civiltà giuridica, di cui il tema della democrazia protetta costituisce uno dei pilastri, non può infatti che essere visto come qualcosa di necessitato. Ci troviamo, effettivamente, di fronte ad uno dei più antichi problemi dell’umanità, l’antitesi tra il principio di causa e l’idea di destino. Nell’idea di destino, applicata al diritto costituzionale, si manifesta il desiderio di “perfezione” di un ordinamento e di realizzazione della sua vocazione. Ma proprio come un essere vivente, ogni ordinamento porta in sé naturali contraddizioni che, se non “curate”, portano a loro volta patologie. Così l’aderenza ad una stretta visione logico-giuridica (che è appunto la stretta causalità) rischia di portarci a ritenere che l’ordinamento non possa contemplare paradossi e singolarità. Il nostro fine è invece prendere in considerazione proprio queste “anomalie” per leggerle all’interno di una visione di (tragica) necessità, di destino appunto. Il destino della liberal-democrazia è quello di garantire a tutti il godimento dei propri diritti e delle proprie libertà4. Tale garanzia non è solo direttamente proporzionale alla capacità dell’ordinamento di “concedere” che ciascuno “dica la sua”, ma anche alla sua capacità di non permettere che alcune condotte ledano diritti altrui, sabotando così, attraverso un abuso del pluralismo, il pluralismo stesso.
2. L’analisi dei confini alla libertà di associazione religiosa richiede un preliminare chiarimento di ordine metodologico, ai fini della delimitazione dell’oggetto del lavoro, su cosa non si esaminerà.
Resteranno innanzitutto fuori dalla nostra indagine le problematiche connesse al rapporto tra estremismo e manifestazione del pensiero. Se è vero che quest’ultima costituisce lo strumento atomico della partecipazione del singolo alla vita pubblica, è però solo l’espressione collettiva che può rendersi idonea a mettere in pericolo la stabilità del sistema democratico e, dunque, a consentire un’anticipazione di tutela che, prescindendo dal perfezionarsi del singolo fatto di reato, abbracci un orizzonte più vasto. La scelta di concentrare l’attenzione sull’aspetto collettivo piuttosto che su quello individuale del pluralismo politico-religioso, è giustificata, in Italia, anche dall’esigenza, su un piano strettamente teorico, di colmare una lacuna della dottrina costituzionalistica sul tema, e, su un piano pratico, dall’interesse di ripercorrere in maniera sistematica le linee interpretative che hanno guidato giudici e legislatore nel loro rapporto con l’associazionismo antisistema.
Il secondo punto preliminare che merita una specificazione è che la democrazia protetta non coincide con lo stato di eccezione. Anche se non si può escludere che la presenza di situazioni eccezionali sia strumentalizzata al fine di introdurre, in chiave autoritaria, una protezione di valori statuali5, si tratta di due approcci del tutto differenti. Con stato di eccezione la teoria-generale della dottrina dello Stato e della storia delle idee politiche fin dall’epoca post-weimariana intende quella condizione contemplata da una norma che permette un’attività di
4 L. Ferrajoli, Principia juris, cit., 55.
5 Questo aspetto è affrontato, tra gli altri, da A. Vedaschi, La disciplina degli stati di eccezione, in G.F. Ferrari (a
XVII intervento dell’esecutivo di tipo straordinario in particolari momenti di disordine e di pericolo6. In tale contesto vengono così extra-ordinariamente limitate alcune libertà fondamentali per garantire il funzionamento dello Stato o per garantire interessi collettivi che sono alla base dell’ordinamento democratico. Due, in particolare, sono gli aspetti ricorrenti nello stato di eccezione: a) la condizione giuridica atta a sospendere e disapplicare norme che valgono in periodo di normalità; b) la riconosciuta necessità di prendere decisioni a scopo di difesa pubblica e di ristabilire le condizioni normali di sicurezza e di ordine. Vi sono molti punti di contatto tra democrazia protetta e stato di eccezione, soprattutto in merito all’oggetto della tutela (limitazione di diritti fondamentali) e al suo scopo (garantire l’ordine costituzionale). In entrambi i casi, poi, la giustificazione delle decisioni che sono alla loro base hanno natura politico-costituzionale e pertanto sono suscettibili di controllo di costituzionalità. Ma oltre a queste similitudini, tra i due strumenti ci sono differenze fondamentali, per impostazione e finalità, che devono essere tenute presenti ai fini della trattazione. L’attivazione dei meccanismi di democrazia protetta non comporta né rotture né sospensioni dell’ordine costituzionale. Diversamente, perché si abbia stato di eccezione occorre che si verifichi un mutamento sostanziale del quadro di legittimità costituzionale di quella che Mortati per primo ha definito come “Costituzione materiale”. La cifra che caratterizza la relazione tra tali forme di garanzia dell’ordine costituzionale sta nella separazione tra normale e eccezionale, tra fisiologico e patologico. Mentre nello stato di eccezione, i pubblici poteri sono demandati a ricorrere a provvedimenti straordinari per fare fronte ad una situazione straordinaria, nella democrazia protetta l’azione è finalizzata a contrastare l’esercizio “abusivo” di un diritto fondamentale in presenza di condizioni normali di funzionamento della democrazia. Ciò che è “patologico” o, per così dire, extra ordinem, nel processo di protezione democratica non è la situazione di fatto, ma la condotta dell’agente. I provvedimenti ispirati ad esigenze di protezione democratica non rivestono carattere eccezionale né di urgenza. Al contrario, le norme generali o speciali che sono finalizzate alla protezione ideologica della democrazia richiedono proprio una strutturazione normale dei rapporti di vita, sottomessi questi ultimi alla propria regolamentazione normativa. In questa prospettiva, l’organizzazione della protezione costituzionale nelle forme della democrazia militante si pone al polo opposto rispetto allo stato
6 La nascita del moderno concetto di stato di eccezione sembra dover essere ricondotta al primo periodo
rivoluzionario francese. Lo Stato francese, che si trovava di fronte alla necessità di affrontare situazioni interne straordinarie, percepiva il dovere di dotare le proprie azioni extra ordinem di un fondamento di legittimità giuridica. Per molto tempo si ricorse al concetto di stato d’assedio, svincolandolo però dalla contingenza di pericolo prodotto da un nemico esterno e collegandolo invece ad emergenze connesse alla politica interna. Si parlava infatti di stato di assedio “fittizio” o “politico”, considerato come fenomeno di esclusiva rilevanza interna. Per un approccio dogmatico, oltre all’ineludibile riferimento a quello che è ritenuto il suo massimo teorizzatore, C. Schmitt, Politische Theologie (1922), trad. it. Teologia Politica, in Le
categorie del politico (a cura di G. Miglio), Bologna, Il Mulino, 2008, 33 ss., cfr. anche G. Agamber, Stato di eccezione, Torino, Bollati Boringhieri, 2004 e, anche se risalente, G. de Vergottini (a cura di), Costituzione della difesa e stati di crisi, Bologna, Il Mulino, 1991; sull’ (ormai permanente) stato di eccezione per la lotta al
terrorismo internazionale, ID., La difficile convivenza tra libertà e sicurezza. La risposta delle democrazie al terrorismo.
XVIII
di emergenza: è costruire un sistema e una prassi che nel quotidiano affronta l’esercizio patologico dei diritti fondamentali, prevedendolo e prevenendolo.
3. Il fine ultimo del lavoro sta nel delineare la convergenza dei modelli e delle prassi di alcuni ordinamenti o sistemi che contemplano la difesa del loro assetto costituzionale, attraverso l’analisi delle problematiche connesse al tema dell’associazionismo religioso antisistema o anticostituzionale. In tal modo si verificherà in che misura le esigenze di protezione della democrazia abbiano inciso nella disciplina della libertà di associazione religiosa. Non si darà conto in linea generale dei partiti a orientamento religioso, vale a dire quelle formazioni politiche che sono ispirate apertamente a principi di fede e che interessano soprattutto alcune minoranze religiose come quella musulmana. Tale decisione è dovuta al fatto che tali partiti, tranne i casi che espressamente esamineremo, non costituiscono casi di estremismo, nel senso in cui lo si intende in questo lavoro, cioè come il perseguimento della violenta sovversione dell’ordine costituzionale attraverso la diffusione di ideologie totalitarie. Essi rappresentano per la maggior parte dei casi solo centri di interesse delle comunità religiose di appartenenza, e così fuoriescono dall’ambito dell’indagine7.
La tesi è articolata come segue.
Nella prima Parte si presenteranno i criteri che caratterizzano il modello teorico alla base dell’esperienza concreta di riferimento; si ripercorreranno così a) il rapporto tra Stato e religione per come si è evoluto nei secoli e le nuove manifestazioni di estremismo e fondamentalismo che parte della dottrina riconduce al fenomeno conosciuto come il ritorno del sacro nella scena pubblica (Cap. I); b) si analizzeranno poi le riflessioni dogmatiche interno e la al modello di democrazia protetta così come il suo presupposto storico-empirico: l’esperienza di Weimar (Cap. II);
Verranno quindi presi in esame i singoli sistemi considerati (Parti seconda, terza e quarta), ovvero due ordinamenti nazionali (quello tedesco e quello italiano) e un sistema di carattere sostanzialmente giurisprudenziale (CEDU). La trattazione della Germania e della CEDU prima dell’esperienza italiana è giustificata dal fatto che i primi si pongono come sistemi consolidati, in cui il problema dell’associazionismo – e anche dell’associazionismo religioso – si è posto da tempo e con ben maggiore vigore. Il confronto con l’Italia serve, appunto, a rilevare se sia possibile trarre elementi utili per la costruzione di un modello italiano di risposta all’associazionismo estremista, laico o religioso.
Per ciascun sistema, si illustrerà, in generale, il carattere variamente protetto della sua struttura, ripercorrendo i presupposti storici, gli istituti, gli organi e le procedure previsti al loro interno (Parte II, Cap. I; Parte III, Cap. I; Parte IV, Cap. I). Successivamente, tali esperienze saranno esaminate attraverso la particolare ottica della libertà di associazione religiosa e
7 Una puntuale rassegna dei partiti a orientamento religioso, soprattutto islamici, è stata recentemente
compiuta da C. Locchi, La disciplina giuridica dei partiti politici a orientamento religioso, Torino, Giappichelli, 2019, 41 ss.
XIX attraverso un sequenziamento di casi giurisprudenziali che talvolta rispecchiano e talvolta si discostano dal modello di riferimento (Parte II, Capp. II, III e IV; Parte III, Capp. II e III; Parte IV, Cap. II).
L’esperienza/modello costituzionale di riferimento del nostro studio è (e non può essere altro che) quella tedesca, per il solo fatto che il Grundgesetz sancisce un sistema valoriale di riferimento e appronta gli strumenti per una sua difesa proattiva contro ogni tipologia di estremismo; tale peculiarità è stata poi oggetto nel tempo di profonda e continua concettualizzazione da parte della dottrina e della giurisprudenza. Anche per questo ad essa sarà dedicato uno spazio maggiore rispetto alle altre esperienze.
Il secondo sistema che si è scelto di analizzare, quello che è fondato sulla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, per come è interpretato e plasmato dall’opera del suo organo ermeneutico di riferimento, la Corte EDU, è stato ritenuto cruciale in quanto tentativo di raggiungere uno stabile assetto interpretativo sui diritti fondamentali degli Stati contraenti la Convenzione sulla base di criteri di massima che riguardano la portata, ma anche le restrizioni ai medesimi diritti in funzione della salvaguardia dell’assetto costituzionale di base.
L’ultimo capitolo è dedicato al caso italiano. La scommessa del costituente è stata quella verso una democrazia aperta, ma il passato autoritario e la necessità di predisporre strumenti di garanzia dei diritti fondamentali e dell’ordine liberal-democratico, sembrano mettere in dubbio le granitiche prese di posizione di chi volesse intendere il sistema costituzionale italiano come neutro o comunque astratto da una dimensione assiologico-istituzionale tipica di una democrazia che si difende.
All’interno di queste linee, teoriche ed empiriche, si muoverà la ricerca che, pur non avendo nessuna pretesa di completezza, vuole provare a identificare nei caratteri di tre esperienze la fondamentale decisione politica che ne è alla base e a definire gli strumenti a loro disposizione per assicurare, insieme alla massima espansione della libertà di associazione religiosa, anche una effettiva garanzia di tutti gli altri diritti di libertà che tale ordine fondamentale garantisce e promuove.
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PARTE I
I PRESUPPOSTI TEORICI
CAPITOLO
I
L´
AL DI LÀ DELLA RELIGIONE:
LO SCONFINAMENTO TEMPORALE DELLA DIMENSIONE PRETTAMENTE RELIGIOSASOMMARIO: 1. La città dell’uomo e la città di Dio: il naturale connubio tra religione e politica. - 2. All’origine dei concetti: ricostruzione tassonomica dell’“integralismo” e del suo rapporto con lo Stato. - 3. Il fanatismo. - 4. Il radicalismo e l’estremismo. - 4.1 Il ruolo dell’ideologia politica nella formazione dell’estremismo. - 5. Il fondamentalismo: origini e struttura. - 5.1 Il fondamentalismo come religione politica. - 5.2 Un bilancio parziale dei rapporti tra estremismo religioso e Stato costituzionale. - 6. Un caso paradigmatico di estremismo religioso: l’islamismo. La distanza con l’islam. - 6.1 Nascita e sviluppo dell’islamismo. - 6.2 In che modo e fino a che punto l’islamismo è una ideologia anticostituzionale. - 7. Manifestazioni religiose antisistema tra sette e nuovi movimenti religiosi. - 8. Ritorno al sacro?
1. La città dell’uomo e la città di Dio: il naturale connubio tra religione e politica Gli studi sulla secolarizzazione dello Stato e dunque delle relazioni tra religione come fenomeno ed istituzione sociale, da una parte, e Stato costituzionale, dall’altra, hanno portato negli ultimi anni ad interrogarsi sulla riguadagnata importanza della fede tradizionale nella società di appartenenza. La abbondanza di pubblicazioni di carattere socio-politologico sul tema, più che costituire il segno della costruzione di un impianto teorico omogeneo e forte, rappresentano il sintomo di una mancanza di consenso, prima di tutto teorico, sull’origine, il carattere, l’entità e le conseguenze del ritorno del discorso religioso nella scena pubblica. L’intreccio tra religione e politica non è mai stato un fatto sconosciuto nel mondo occidentale, fin dall’epoca pagana. Sarebbe impossibile affrontare, in questo breve esordio, tutta la ricostruzione del rapporto tra polis (e poi tra impero) e religione nel mondo classico e nel mondo cristiano. Basti ricordare che, mentre i Greci e i Romani esigevano una lealtà piena all’ordine politico, i cristiani, pur non avendo mai apertamente aspirato a fondare un nuovo e diverso ordine al mondo (conformemente al detto evangelico che comanda di dare a Cesare quel che è di Cesare), avevano minato in una qualche misura la base di legittimità degli ordinamenti esistenti, inserendo il principio della c.d. doppia lealtà8. La manifestazione del conflitto politico (e non più solo “di coscienza” individuale) tra le due dimensioni, quella spirituale e quella temporale, si avrà quando il cristianesimo acquisterà cittadinanza
8 Come scrive, S. Petrucciani, Modelli di filosofia politica, Torino, Einaudi, 2003, 62 «per un verso il cristianesimo
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nell’Impero: è allora che iniziano le prime riflessioni di matrice teologica sul valore da dare allo Stato9.
I problemi che si pongono oggi sono, in qualche modo, un ritorno al passato e nello stesso tempo qualcosa di molto diverso. Il naturale connubio tra religione e politica che, come vedremo nel prossimo capitolo, caratterizza tutta la storia occidentale (a parziale dispetto del noto motto cristologico sul rapporto tra Dio e Cesare), oggi si pone infatti in maniera più accesa e non riguarda la lotta tra una religione egemone e uno Stato in espansione, ma, tutto al contrario, la lotta tra visioni religiose minoritarie caratterizzate da un una forte cifra politica di base e uno Stato liberale pluralista che affonda le proprie radici su valori di lontana origine religiosa, oggi interamente secolarizzati. Il diritto-dovere dello Stato di difendere se stesso è oggi messo in discussione oltre che da movimenti estremisti esplicitamente politici, anche da posizioni di matrice religiosa che tuttavia propugnano la rottura delle condizioni fondamentali di esistenza e di evoluzione dell’istituzione “Stato” 10. Appurare sulla base di quali condizioni esse possano dirsi una minaccia e quali reazioni legittime lo Stato possa opporle è lo scopo primario del presente lavoro.
2. All’origine dei concetti: ricostruzione tassonomica dell’“integralismo” e del suo rapporto con lo Stato
Posto in evidenza il naturale intreccio tra religione e politica, c’è adesso da chiedersi in che forme esso possa estrinsecarsi in maniera fisiologica e in che forme, invece, il contenuto politico della religione assuma un carattere predominante e, in un certo senso, patologico. Se infatti il riacquisto di influenza delle religioni rappresenta il ritorno di un fenomeno già vissuto in altre forme ed è, in sé per sé, “lecito”, ciò che rappresenta una sostanziale novità è l’acquisto di contenuti, obiettivi e condotte di natura politico-ideologica con finalità non solo contra legem, ma propriamente anticostituzionali. La concezione della religione come strumento di contrasto dell’ordine costituito e/o dei suoi fondamenti costituzionali può essere portata avanti da singoli fedeli così come in forma collettiva; tali manifestazioni hanno attirato l’attenzione, rispettivamente, di psicologi o di sociologi e politologi. Ma se l’ostilità proviene da strutture organizzate, ovvero da associazioni che per loro natura possono più attivamente ed efficacemente incidere sull’equilibrio formale e sostanziale dell’ordinamento, allora l’ambito di interesse del politologo tracima necessariamente in quello proprio del giurista.
9 Sant’Agostino, ad esempio, pur vissuto in un tempo di universitas christiana, cioè di un’ecumene politica sotto il
segno del messaggio religioso, si poneva il problema del rapporto tra queste due entità, lo Stato e la religione, che anche lui vedeva, seppur strettamente interagenti, come naturalmente distinte. Cfr. Agostino, De Civitate Dei (415).
10 Non si manchi di ricordare, come nota peraltro P. Consorti, Diritto e religione, Roma-Bari, Laterza, 2020,
336, il rapporto problematico con la democrazia anche da parte delle religioni tradizionali «poco decise nella critica verso quegli ordinamenti totalitari che garantivano loro i privilegi istituzionali».
3 L’importanza di un’analisi specifica dell’estremismo religioso in chiave associativa – e non dell’estremismo tout court – dipende anche dal fatto che il fenomeno dell’estremismo nel suo complesso – cioè sia quello di matrice laica che di matrice religiosa - trattandosi di una manifestazione specificamente sociale, resiste ad una lettura incentrata esclusivamente sull’individuo11.
Prima ancora di affrontare le limitazioni all’esercizio della libertà di religione in forma associata dovute ad una sua declinazione estremista e anticostituzionale, è doveroso brevemente soffermarsi sul significato dei termini che verranno utilizzati durante tutto il corso della trattazione: fanatismo, radicalismo, estremismo e fondamentalismo. Questo perché credo che alla base della comprensione del problema giuridico dell’“abuso” – se si vuole passare l’espressione – della libertà religiosa in forma associativa ci sia una comprensione tanto politica quanto semantica dell’integralismo religioso nel suo complesso considerato attraverso l’ottica della dottrina dello Stato. In quest’ottica, sarà dunque dato al termine “integralismo” un significato volutamente generico per renderlo il contenitore concettuale di altri quattro termini, a cui invece si è scelto di dare un significato più specifico e che trovano come denominatore comune l’adozione di una condotta antisistema: il fanatismo, il radicalismo, l’estremismo (politico) e il fondamentalismo (che io intendo qui come estremismo religioso). Sono vocaboli, questi, entrati ormai da alcuni decenni a far parte del lessico comune e che, come quasi tutti i termini che indicano concetti sociologici, non hanno ancora assunto un significato stabile ed inequivoco. Una delle cause dell’incertezza terminologica nel campo delle scienze sociali, tanto ovvia da sembrare quasi banale, è la strumentalizzazione politico-ideologica delle parole, cioè il loro uso in maniera disomogenea e contraddittoria12. A renderli controversi vi è anche la complessità e la natura interdisciplinare dei fenomeni, così come l’opacità dei loro margini. Ma a queste difficoltà, non già di poco conto, se ne aggiunge un’altra di gran lunga più importante e di più problematica soluzione, quella attinente al metodo da seguire nelle ricerche sociologiche: vi sono, da una parte, coloro che si concentrano sull’analisi dell’ideologia e delle intenzioni soggettive degli attori, (linea perseguita soprattutto dalla letteratura psicologica e sociologica al riguardo); dall’altra, si trovano autori che invece privilegiano l’analisi degli obiettivi alle condotte effettive (linea preferita dai politologi). In entrambi i casi, coloro i quali si sono occupati dei fenomeni hanno inteso compiere operazioni di tipo creativo senza preoccuparsi però di giungere ad alcuna chiarificazione concettuale; coloro che, invece, 11 Secondo W. Bion, Esperienze nei gruppi ed altri saggi, Roma, Armando, 1972 è il gruppo che delega
inconsciamente (quando non consciamente) ad essere portatore di una tensione estremista che egli esprime in profondo contatto con il gruppo. Cfr. anche G. Raniolo, L’utopia e il fanatismo religioso, in F. Spadaro, C. Tabbia (a cura di), Il fanatismo. Dalle origini psichiche al sociale, Roma, Armando, 2007, 103-112.
12 Che i vocaboli abbiano una base largamente convenzionale è un’affermazione difficilmente attaccabile.
Non stupisce dunque che vi siano interpretazioni diverse delle medesime definizioni. E tuttavia, la mancanza di un accordo interpretativo uniforme sui caratteri di ognuno di questi fenomeni ha portato i termini di
integralismo, fanatismo, radicalismo, estremismo, fondamentalismo ad essere spesso usati in modo arbitrario,
ricomprendendo al loro interno realtà associative, ideali o religiose, che si differenziano non poco l’une dalle altre. Si tacciano di fondamentalismo, ad esempio, gruppi di attivismo ambientalista radicale o financo interpretazioni ultraortodosse in materia di studi danteschi.
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avevano di mira il raggiungimento di una certa classificazione, si sono accostati all’argomento come se si trattasse di una realtà meramente empirica. Anche i giuristi che si sono avvicinati al fenomeno e che hanno attinto alle analisi di queste branche per circostanziare le proprie posizioni, quasi mai si sono soffermati ad analizzare il termine sotto l’ottica della dottrina dello Stato. Il riconoscimento della diversità concettuale primigenia di questi lemmi ci deve consentire, invece, di decostruire i termini e di porli sul piano della diagnostica riempiendoli prima di tutto di un significato politico e, conseguentemente, di un significato giuridico operativo. Comprendere il fondamentalismo e dotarlo, per quanto è possibile, di un valore e di un contenuto giuridico può contribuire infatti a fornire al legislatore e al giudice delle leggi una migliore struttura teorico-concettuale per individuare il suo nucleo peculiare e la sua relazione con la sfera di attrazione propria del diritto costituzionale. Solo in questo modo si potranno delimitare le condotte effettivamente lesive di principi o diritti dei terzi e solo allora si potrà provare ad inserirle, nel modo più possibile sistematico, nel contesto generale di una concezione dello Stato e di una teoria della costituzione. Siamo coscienti che, nel tentativo di classificare gli atteggiamenti religiosi in base a proprietà particolari, è forse inevitabile – tanto più in una prospettiva costituzionalista – tradire la loro verità scientifica sia se li si definisce in senso affermativo che in senso negativo. Tuttavia, scopo dei successivi paragrafi è proprio quello di cercare di ricondurre ad ognuno di questi concetti una precisa ripercussione sull’ordine statuale, cioè di definire se e in che modo essi entrino in relazione con la sovranità dell’ordinamento. Si tratta di un approccio pragmatico e realistico, che ha dunque come scopo ripercorrere le varie classificazioni semantiche offertaci dalle altre scienze sociali e di riempirle, per quanto possibile, di contenuto giuridicamente rilevante; tale operazione, che pur è preordinata a tentare di elaborare una nuova opera di catalogazione organica dei fenomeni che potrebbero genericamente indicarsi come di “integralismo”, non vuole “illuminare” una sorta
dover essere, ma semplicemente comprendere l’essere.
Il parametro di giudizio resta la compatibilità della dottrina di matrice religiosa con l’ordinamento dello Stato e la domanda di base il ruolo che gioca l’ideologia religiosa nel, o meglio, contro l’ordinamento. La religiosità sarà quindi esaminata solo nell’ottica della sua “patologia” e lo studio del substrato teologico che è alla base di ciascun fondamentalismo sarà considerato solo per le sue conseguenze pratiche e tangibili sull’ordine costituzionale.
Preme ricordare, infine, che non verranno volutamente prese in considerazione le manifestazioni terroristiche o comunque attivamente violente, che sono materia di interesse prima di tutto penalistico perché hanno già oltrepassato la linea di anti-giuridicità necessaria per attivare i meccanismi ordinari di contrasto; l’attenzione si concentrerà invece sulla zona
5 3. Il fanatismo
Se consideriamo i quattro fenomeni su accennati come i punti di una scala che ne misuri l’intensità e il grado di collegamento con la realtà statuale, ad occupare il gradino più basso sarà il fanatismo13. Tra le numerose ipotesi definitorie è stata avanzata anche la seguente: «intesa
adhesión afectiva a una idea, socialmente compartida, a la que se concede un valor absoluto»14. Il suo vantaggio risiede nel fatto di riportare le due componenti essenziali della visione fanatica: lo zelo irrazionale e l’intrinseca socialità15. Se la prima costituisce il mero elemento soggettivo, è la seconda a rappresentare l’aspetto di vera rilevanza ai nostri fini. Il fanatismo è considerato un fenomeno sociale, dal momento che la sua attinenza con la religione lo pone su un piano di assoluta imprescindibilità con la comunità (religiosa) di appartenenza: le credenze, gli atti di culto ed i riti connessi alla manifestazione della religione sottraggono il singolo all’aderenza ad una dimensione solitaria e privata e lo spingono a cercare una comunità chiusa, settaria ed omogenea dove identificarsi e condividere la propria visione di fede16. In particolare, a partire dal XIX secolo si affermò un linguaggio che metteva in risalto la costruzione interiore del fedele e ne regolava la condotta verso l’esterno17. Le manifestazioni fanatiche costituiscono così un vero e proprio sistema chiuso in se stesso con un proprio risvolto fenomenologico basato «sull’affermazione della propria superiorità attraverso una veemenza teleologicamente tesa alla totale sottomissione psicologica o dialettica della controparte […] motivata da asserzioni che hanno le loro giustificazioni nel trascendente»18. Il sistema fanatico, dove non operano le chiese, ma le sette19, sembra dunque muoversi, per la psicanalisi così come per la filosofia, lungo due fondamentali coordinate: quella dell’assoluto (esaltazione per una totalità) e quella della aggressività (esplicita o implicita verso chi minaccia questa relazione totalizzante)20.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi il fanatismo prende le forme di un pietismo rivolto verso il rifiuto (e quindi il distacco) dalla società civile esterna alla setta, ma non necessariamente verso il suo sovvertimento; anche laddove la componente violenta fosse accettata (come è avvenuto ad esempio per alcuni movimenti pietisti islamisti ed ebraici, come il mahadismo e lo zelotismo) l’esorbitazione fanatica resta in linea di massima un fenomeno sociale e settario, ma 13 Si noti come la stessa radice del termine e la sua accezione primaria siano imprescindibilmente connessi
con la religione: fas o fes idicava nell’antica Roma il compimento di un atto sacro a cui era riservato il fanum, il luogo sacro, il tempio. Fanaticus, invece, era colui che era stato toccato dal dio. Cfr. G. Hole, Il fanatismo, la
propensione all’estremismo e le sue radici psichiche, Milano, San Paolo Ed., 2000.
14 F. Javaloy, Introducción a l´éstudio del fanatismo, Barcelona, Publicacions de la Universidad de Barcelona, 1984,
104.
15 Sulla storia del concetto, v. F. Spadaro, C. Tabbia (a cura di), Il fanatismo, cit.
16 G. Biggio, Il fanatismo latente nella vita delle organizzazioni, in F. Spadaro, C. Tabbia (a cura di), Il fanatismo,
cit., 93-102, 97: «È difficile infatti pensare al fanatismo senza un gruppo sociale di riferimento, Il fanatismo inoltre si annida proprio nella condizione gruppale sotto forma di setta, fazione, movimento, ecc.».
17 Ibidem.
18 J. Rudin, Fanatismus, Die Magie der Gewalt, Freiburg, Walter Verl., 1975, 67. 19 Sul significato e la natura delle sette cfr. infra § 6 del presente capitolo.
20 Cfr. N. Bobbio, Le ragioni della tolleranza, in P-C. Bori (a cura di), L’intolleranza. Uguali e diversi nella storia,
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intrinsecamente anarchico, privo di progettualità in termini di costruzione di una forma di stato alternativa, che entra in contatto con la dimensione giuridica statuale in maniera involontaria, come anomalia. Ciò non significa che manifestazioni tipicamente fanatiche non possano essere inserite all’interno di un progetto ideologico estremistico e, di conseguenza, possano essere osteggiate dallo Stato: si pensi al caso della campagna per il burqa portata avanti da alcune associazioni come la Sharia police o Hibz ut-Tahrir e che, presa isolatamente, rappresenta indiscutibilmente un’espressione del comportamento fanatico che, in Europa, ha come obiettivo impedire ogni integrazione nella comunità di accoglienza e che perciò molti gli ordinamenti europei hanno provveduto a vietare senza che questo comportasse particolari problemi di ordine costituzionale21.
4. Il radicalismo e l’estremismo
Ma se il fanatismo persegue – con riguardo alla sfera pubblica - tutt’al più uno scopo di riforma sociale, un discorso diverso vale per i restanti concetti, i quali trovano il loro minimo comune denominatore nella condivisione di un «un atteggiamento politico non ‘normale’, non comune dell’agente molto affine a quello che dalla criminologia viene definito come devianza»22. Al di là della presenza di questo elemento politico di scontro con l’ordine statale, non di facile soluzione resta la concettualizzazione dei singoli fenomeni, la cui debolezza sul piano teorico li rende difficilmente distinguibili. Ciò vale, in particolare, per i concetti di radicalismo e di estremismo, dove i margini di contestabilità sono più alti. Anche se parte della dottrina obietta che vi sia una diversità di contenuto23, la distinzione tra radicalismo ed
21 Tra i casi più rilevanti si ricordino quello francese, quello belga e quello olandese. In Francia, con la l. n.
1192/2010 dell´11 ottobre 2010, (loi interdisant la dissimulation du visage dans l´espace public), l’Assemblée National ha inteso “riaffermare i valori della Repubblica (…), combattere la discriminazione (…) e sensibilizzare al reciproco rispetto (così si legge nel Rapporto della Commissione Parlamentare). La legittimità di questa posizione è stata riaffermata dalla Corte EDU in Affaire S.a.S. c. Francia (Grande Chambre, 1^ luglio 2014) che ha inteso riafferrare non solo il valore, ma il diritto del “vivere insieme”, la cui realizzazione non può prescindere dal rispetto del principio di fraternité, di dignità e di pluralismo. Per quanto riguarda i dubbi sulla sua incompatibilità con il vivere civile, si rimanda, oltre che al contenuto delle su citate sentenze, a G. Cerrina Feroni, Diritto costituzionale e società multiculturale, in Rivista AIC, n. 1, 2017, testo online su www.rivistaaic.it., spec. 28 ss., la quale riflette sul significato del burqa proprio nell’ottica della ricerca di strumenti normativi e di percorsi praticabili atti a favorire una seria politica dell’integrazione.
22 A. Bötticher, M. Mareš, Extremismus. Theorien - Konzepte - Formen, Berlin, De Gruyter, 2012, 51. Il
riferimento al concetto di normalità, che ovviamente muta continuamente nella coscienza collettiva sociale e di conseguenza nelle norme, non vuole ricomprendere le semplici manifestazioni anti-conformiste di rottura dei valori condivisi. Alcune deviazioni sono in realtà da considerare nuovi modelli di comportamento. Il riferimento alla normalità compiuto dagli Autori vuole riferirsi ai valori ultimi, superati i quali ci si pone fuori dal “contesto civile”.
23 L’infruttuosità e la potenziale dannosità del tentativo di distinguerle è stata sottolineata, nella dottrina
germanofona, K. Holzinger, Extremismus, in D. Nohlen, R-O. Schultze (a cura di), Lexikon der
Politikwissenschaft, vol. 1, München, Beck, 2005, 246 ss.; e da S. Kailitz, Politischer Extremismus in der Bundesrepublik Deutschland – Eine Einführung, Wiesbaden, Springer, 2004, in particolare 30 ss. Sulla diversità di
7 estremismo è normalmente volta a dotare il primo concetto di una portata più generica24 o meno grave25 del secondo. Si potrebbe quindi leggere questi due criteri come cerchi concentrici dove il radicalismo occupa lo spazio più interno (tutti gli estremisti sono radicali) mentre l’estremismo quello più interno (non tutti i radicali sono estremisti). Entrambe le definizioni si riferiscono ad una forma di ribellione politica, che può avere indifferentemente matrici laiche come religiose, ma differiscono per condotta e per fine.
Il radicalismo, infatti, si riferisce alla dimensione delle idee, e non è necessariamente di per sé un concetto antidemocratico: esso può infatti sostanziarsi semplicemente in «una risposta che va alla radice della domanda», nel rifiuto della gradualità, nella negazione – seppur solo su un piano ideale – del compromesso26. I radicali «non costringono, predicano»27, abbracciano la lotta, ma non contemplano necessariamente alcuna idea di imposizione28. Pertanto, anche se la «cieca aderenza ad una ideologia» intrinseca alla visione radicale può porre quest’ultima in una dimensione oppositiva allo Stato e a certi suoi fondamenti, fintanto che la diversità (cioè il pluralismo) è rispettata (o anche solo genuinamente tollerata), il pensiero radicale non mette in pericolo l’unità e l’essenza dell’ordinamento democratico-pluralista e perciò non permette l’attivazione dei meccanismi di autodifesa29.
Moderation, in British Journal of Social Psychology, n. 48, 2009, 99-113. In Italia, R. Campa (a cura di), Estremismo e radicalismo, Firenze, Nuova Antologia, 1969.
24 C. Mudde, On Extremism and Democracy in Europe, London, Routledge, 2016,
25 In tal senso, S. Belligni, Estremismo (voce), in N. Bobbio, N. Matteucci, G. Paquino (a cura di), Dizionario
di politica, Torino, UTET, 2016, 310-311. Critici su questa impostazione E. Jesse, J. P. Lang, DIE LINKE - Der smarte Extremismus einer deutschen Partei, München, Olzog Verl., 2008, che rilevano l’uso faziosamente
derogabile dei termini compiuto da alcuni politologhi di sinistra a seconda che si tratti di integralismo di destra (per cui è preferito il termine “estremismo”) o di integralismo di sinistra (per cui è preferito il più blando “radicalismo”).
26 Cfr. K. v. Beyme, Politische Theorien im Zeitalter der Ideologien, Wiesbaden, Westdeutscher, 2002.
27 Così A. Bötticher, M. Mareš, Extremismus. cit., 56, che poco dopo esemplificano: «Essi possono cercare
una nicchia dove vivere in pacifica convivenza senza dover cambiare la società ([Sie] können sich, ohne die Gesamtgesellschaft ändern zu müssen, eine Nische suchen und dort in friedlicher Koexistenz mit einer anders ausgeprägten Gesamtgesellschaft leben)».
28 J. Bartlett, C. Miller, The edge of violence: Towards telling the difference between violent and non-violent radicalization, in
Terrorism & Political Violence, vol. 24, n. 1, 2012, 1–21, differenziano il pensiero radicale violento da quello
non violento (che in sostanza costituisce la manifestazione di condotte terroristiche). Pur nella superficialità lessicale (la semplice non violenza è un concetto forse troppo ampio ed inappropriato per descrivere condotte i cui contorni sono ben più articolati) essi raggiungono la stessa conclusione: che vi sia nel pensiero radicale un atteggiamento intransigente, anti-sistema ed anche, se si vuole, in qualche modo assoluto, ma che tuttavia vi manchi un attacco al cuore del nucleo costituzionale dello Stato incarnato nella tolleranza e nel principio pluralista. Sotto questo aspetto il radicalismo puo avere punti di contatti con il fanatismo, il quale si disinteressa in molte sue manifestazioni del “piano pubblico”. Così anche K. Christmann, Preventing
religious radicalization and violent extremism: A systematic review of the research evidence, London, Youth Justice Board,
2012.
29 Così M. G. Schmidt, Radikalismus (Stichtwort), in ID., Wörterbuch zur Politik, Stuttgart, Kröner, 2004, 655.
Ma anche U. Backes, E. Jesse, Politischer Extremismus in der Bundesrepublik Deutschland, Bonn, BPB, 1996, 45.
Di «eccessivo entusiasmo politico» del pensiero radicale parla anche S. Kailitz, Politischer Extremismus in der
Bundesrepublik Deutschland, cit., 16; tra i politologi e i giuristi italiani v. B. Berti, Radicalismo (voce), in N.
Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino (a cura di), Dizionario di Politica, Torino, UTET, 2016, 792-793. Con riferimento al principio di diversità (o di pluralismo) va evidenziato che, almeno per come lo si intende ai