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➢ Tromboembolismo recidivante in terapia con AVK (con INR nel range terapeutico) o NAO: suggerito shift a EBPM, almeno temporaneamente (grado 2C).

➢ Tromboembolismo recidivante in terapia prolungata con EBPM: suggerito incremento del dosaggio di EBPM di 1/4 – 1/3 rispetto a quello iniziale.

Il rischio di recidiva si riduce rapidamente dopo l’inizio del trattamento anticoagulante ed è maggiore durante la prima settimana (o il primo mese) di trattamento. Una recidiva incorsa poco tempo dopo l’inizio della terapia anticoagulante può essere efficacemente gestita con un trattamento più aggressivo (aumento della dose di EBPM o passaggio da un farmaco orale ad uno parenterale). È necessario valutare il tipo di EBPM utilizzata, la compliance del paziente alla terapia, l’INR, l’appropriatezza della posologia e l’eventuale interazione con altri farmaci (specialmente per i NAO).

I fattori di rischio legati al paziente sono rappresentati da una neoplasia in fase attiva (anche misconosciuta), una sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (determina uno stato di ipercoagulabilità ed un incremento dell’INR mediato dai LA con conseguente riduzione della dose degli AVK), chemioterapia, terapia estrogenica.

Qualora non fosse possibile identificare una causa reversibile responsabile degli episodi recidivanti e al contempo il rischio emorragico fosse troppo elevato per aumentare il dosaggio degli anticoagulanti, si deve valutare l’eventualità di inserire un filtro cavale per prevenire l’embolia polmonare.

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3. TROMBOSI VENOSA E CANCRO

3.1 Generalità ed epidemiologia

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Come già accennato, il cancro è di per sé un fattore di rischio indipendente per trombosi venosa ed il tromboembolismo venoso può essere la prima manifestazione di una neoplasia maligna occulta in un individuo apparentemente sano, anticipando la diagnosi di cancro di mesi o addirittura anni.

A determinare il fenotipo pro-trombotico contribuiscono sia i fattori di rischio classici (precedentemente discussi), sia fattori cancro-specifici (localizzazione, stadio, terapie e particolari proprietà pro-trombotiche delle cellule tumorali).

I fenomeni trombotici nei pazienti neoplastici hanno caratteristiche cliniche peculiari, in quanto possono coinvolgere tanto le vene superficiali quanto quelle profonde, tendono a manifestarsi anche in siti inusuali e sono generalmente poco responsivi alla terapia anticoagulante.

Il cancro è responsabile di un sovvertimento generale del sistema emostatico-coagulativo, potendo determinare non solo fenomeni tromboembolici, ma anche diatesi emorragica (fino alla CID) a causa del consumo di piastrine e fattori di coagulazione. I test di laboratorio dimostrano infatti che, parallelamente alla progressione tumorale, in questi pazienti si realizza una concomitante ed intensa attivazione sia dei processi di fibrinogenesi che di quelli fibrinolitici.

L’incidenza di tromboembolismo venoso nei pazienti neoplastici è approssimativamente di 1 caso/200 pazienti/anno (74) e la presenza di cancro in fase attiva è responsabile del 18-29%

degli eventi tromboembolici in comunità. In caso di neoplasia il rischio trombotico aumenta di 4-7 voltee, tra i pazienti neoplastici, quelli che sviluppano tromboembolismo hanno una sopravvivenza minore.

Gli episodi trombotici rappresentano la prima causa di morte nei pazienti tumorali, dopo il decesso causato dalla neoplasia stessa.

I pazienti oncologici, specie quelli con neoplasia in fase attiva, sono inoltre gravati da un maggior tasso di tromboembolismo recidivante, pari al 10-20%/anno (3-4 volte maggiore rispetto alla popolazione generale), che è responsabile di un aumento della morbidità e della mortalità in questi pazienti.

Le neoplasie maligne a maggior rischio sono quelle cerebrali, pancreatiche, ovariche, colon- rettali, gastriche, polmonari, renali, ossee e quelle metastatiche (75). Tra le neoplasie

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malattia metastatica determina inoltre un maggior rischio rispetto alla neoplasia localizzata (almeno doppio) ed è un fattore predittivo di complicanze associate al tromboembolismo. In questi pazienti anche il rischio di recidiva è significativamente più elevato, specie in caso di neoplasie polmonari, gastro-intestinali e genito-urinarie ed in caso di malattia neoplastica diffusa.

I pazienti con cancro hanno un rischio di tromboembolismo post-operatorio da tre a cinque volte maggiore rispetto a quelli non neoplastici ed in assenza di profilassi l’incidenza di TVP post-operatoria (sintomatica o asintomatica) varia dal 40% all’80%.

Trattamenti medici quali chemioterapia, ormonoterapia e terapia anti-angiogenetica (es. bevacizumab) determinano un ulteriore aumento del rischio trombotico. In particolare in uno studio è stato evidenziato come in pazienti con cancro, il rischio tromboembolico passasse da 4,1 a 6,5 volte in presenza di chemioterapia. Al contrario, allo stato attuale la radioterapia sembra non essere associata ad un aumento del rischio.

Anche terapie di supporto quali la somministrazione di fattori di crescita ematopoietici (eritrocitari e granulocitari) si associano ad un maggior rischio tromboembolico.

Allo stesso modo, il cateterismo venoso centrale in pazienti neoplastici si associa ad un rischio variabile dal 12% al 66%, a seconda dell’istotipo tumorale, del protocollo terapeutico e di caratteristiche relative al catetere (tipologia, posizione, tempo di utilizzo). I meccanismi con cui il CVC promuove la trombosi sono il trauma vascolare e l’elevata concentrazione locale dei chemioterapici da esso veicolati. È stato inoltre osservato come l’utilizzo di warfarin, dalteparina o enoxaparina non riduca il rischio di TVP CVC-correlata (77-79).

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Figura 18: Principali meccanismi protrombotici associati alle cellule neoplastiche.

[Tratta da: Marder VJ, Aird WC, Bennett JS, Schulman S, White GC. Hemostasis and Thrombosis: Basic Principles and Clinical Practice. 6th ed. New York: Wolters Kluwer Health; 2012.]

3.2 Patogenesi dell’ipercoagulabilita’ cancro-specifica

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Il sovvertimento del pattern di espressione genica che caratterizza le cellule neoplastiche ed una serie di interazioni di queste con le proteine del sistema coagulativo e con le cellule dell’ospite (endoteliali, macrofagi), contribuiscono in vario modo alla comparsa di un fenotipo pro-trombotico particolarmente aggressivo nei pazienti neoplastici (Figura 18).