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Espressione di citochine infiammatorie

3.6 Gli effetti non anticoagulanti dell’eparina

Effetto anti-infiammatorio dell’eparina

(96)

Il primo studio volto a valutare un eventuale effetto anti-infiammatorio dell’eparina risale agli anni ’60 del secolo scorso (97), la cui realizzazione fu incoraggiata da una serie di precedenti

case report in cui veniva riferito un miglioramento soggettivo della sintomatologia clinica dopo trattamento eparinico in pazienti affetti da malattia polmonare cronica ostruttiva di grado moderato-grave.

In questo primo trial in doppio cieco i pazienti sottoposti a trattamento eparinico per via endovenosa mostrarono un miglioramento del quadro clinico in termini di attenuazione del broncospasmo e riduzione dell’ostruzione legata all’iper-secrezione mucosa. Successivi studi confermarono i benefici dell’eparina sulla patologia bronco-polmonare. In particolare, uno studio (98) condotto su 24 soggetti asmatici trattati con enoxaparina rivelò un miglioramento

del parametro FEV-1 (Forced Expiratory Volume in one second) ed una riduzione della percentuale di eosinofili e linfociti nel liquido di lavaggio broncoalveolare, indice di un’attenuazione dello stato infiammatorio a carico della parete bronchiale. In un altro studio, condotto su soggetti affetti da asma indotta da esercizio fisico, si osservò un’attenuazione nei fenomeni di broncocostrizione.

Una recente metanalisi (99) suggerisce che i benefici del trattamento eparinico sulla patologia

bronco-polmonare non siano dovuti ad una un’inibizione diretta dei fenomeni di broncocostrizione, bensì ad una riduzione dell’iper-reattività bronchiale indotta da istamina e leucotrieni.

Sono invece controversi i risultati ottenuti da studi analoghi volti a valutare l’efficacia dell’eparina nel trattamento di altre patologie infiammatorie, in particolare la retto-colite ulcerosa (RCU).

I meccanismi con cui l’eparina espleta il proprio effetto anti-infiammatorio non sono ancora del tutto chiari. Le evidenze più recenti suggeriscono che essa sia in grado di legare citochine infiammatorie, riducendone i livelli circolanti, e proteine di fase acuta, inibendo il reclutamento dei neutrofili ed esercitando così un’azione immunomodulante ed anti- infiammatoria. L’eparina lega ed inibisce il rilascio di molecole di adesione coinvolte nella risposta infiammatoria (lega L- e P- selectina e il CD11b/CD18 sulla superficie dei leucociti ed inibisce il rilascio di P-selectina da parte delle piastrine e delle cellule endoteliali). In questo modo interferisce con i processi di adesione e migrazione cellulare che caratterizzano le fasi iniziali dell’infiammazione.

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L’eparina inibisce inoltre la traslocazione dell’NF-kB 30 dal citoplasma al nucleo ed induce

up-regulation dei pathway pro-apoptotici mediati da TNF-α e NF-kB.

Effetto anti-neoplastico dell’eparina

(96)

Il primo a suggerire un legame tra trattamento eparinico (ENF o EBPM) ed aumentata sopravvivenza in pazienti neoplastici sottoposti a terapia profilattica per tromboembolismo venoso fu Lebeau, in uno studio del 1994 (100).

Successivi studi pre-clinici e clinici volti ad analizzare le proprietà anti-tumorali dell’EBPM, ne hanno avvalorato il ruolo nel determinare una riduzione della mortalità nei pazienti neoplastici.

Il trial clinico FRAGMATIC del 2016 (101) ha valutato la sopravvivenza globale di due gruppi

di pazienti affetti da cancro polmonare, di cui uno trattato con la sola terapia standard, mentre ai pazienti dell’altro gruppo è stata somministrata anche una dose profilattica di dalteparina per 24 settimane. I risultati sono stati tuttavia inconcludenti, non mostrando differenze significative nella sopravvivenza globale tra i due gruppi di pazienti.

Nella valutazione dei risultati di questo studio va però considerato il tipo di EBPM utilizzata. Le diverse molecole epariniche non hanno infatti lo stesso profilo di attività anti-metastatica: la tinzaparina, ad esempio, ha una maggiore attività inibitoria nei confronti delle selectine rispetto alla dalteparina.

L’effetto anti-neoplastico dell’eparina sembra essere indipendente dall’attività anti- coagulante.

Le sue proprietà anti-tumorali si manifestano attraverso l’inibizione della crescita cellulare e tumorale, dell’adesione cellulare e del rilascio di microparticelle. L’eparina induce il rilascio di TFPI dall’endotelio vascolare, interferendo così con i meccanismi coagulativi (precedentemente discussi) che promuvono la crescita tumorale ed inibisce l’attività dell’enzima eparanasi 31.

L’eparina mostra inoltre un effetto anti-metastatico che si realizza sia attraverso l’inibizione dei processi di neo-angiogenesi, in seguito al legame con VEGF e citochine, sia per interferenza con i meccanismi di interazione cellula-cellula mediati da L- e P- selectine

30 NF-kB, Nuclear Factor-kappa B (Nuclear Factor kappa light chain enhancer of activated B cells)

31 L’eparanasi (Heparanase – HPSE) è un’endoglicosidasi in grado di clivare l’eparan-solfato, partecipando così alla

degradazione e al rimodellamento della matrice extra-cellulare. L’attività enzimatica è responsabile del rilascio di fattori pro- angiogenetici da parte della matrice extra-cellulare e la sua sovra-espressione si associa ad un fenotipo clinico più aggressivo e correla con una maggiore vascolarizzazione del tumore e con una ridotta sopravvivenza post-operatoria nei pazienti neoplastici. Presenta un’ulteriore attività pro-angiogenetica, indipendente dall’azione enzimatica sulla matrice extra-cellulare, che si realizza mediante l’up-regulation del gene per il VEGF.

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(adesione piastrinica e leucocitaria alle cellule tumorali mediata rispettivamente da P- ed L- selectina).

Come accennato nel capitolo precedente, il numero di residui saccaridici dell’eparina ne influenza l’attività anti-coagulante indiretta, in particolare quella anti-trombinica. Allo stesso modo, la lunghezza della catena oligosaccaridica ne determina la capacità di legare ed inibire il bFGF (basic-Fibroblast Growth Factor), fattore capace di indurre proliferazione e motilità cellulare quando stimolato dall’eparan-solfato (Heparan Sulphate – HS). In particolare, in uno studio è stato dimostrato che le molecole epariniche con maggiore attività inibitoria nei confronti del bFGF siano quelle particolarmente corte, costituite da 6, 8 (soprattutto) e 10 residui saccaridici e che le catene di- e tetra-saccaridiche e quelle costituite da più di 10 residui non mostrano invece un’attività analoga (102). Questa evidenza suggerisce che l’EBPM

possa avere un maggior effetto anti-proliferativo rispetto all’ENF, in quanto molte delle EBPM in commercio presentano un numero di residui variabile da 4 a 16. Si può presumere inoltre che questo sia uno dei motivi per cui il fondaparinux risulta privo di analoghe proprietà anti-proliferative.

Oltre alla lunghezza della catena saccaridica, anche specifiche modificazioni della molecola eparinica ne influenzano lo spettro d’azione (anti-coagulante, anti-infiammatorio ed anti- neoplastico). Le molecole con un residuo di glucosamina 3-O-solfatata hanno infatti un potenziale ruolo nell’inibizione dell’FGF (Fibroblast Growing Factor), anch’esso coinvolto nei processi di mitosi e migrazione delle cellule tumorali.

Anche l’efficacia dell’attività anti-eparanasica dipende dal numero di residui saccaridici e da variazioni qualitative della molecola eparinica. L’inibizione dell’enzima eparanasi è infatti maggiore per le eparine contenenti più di 16 unità saccaridiche ed in quelle con più alti livelli di N- e O-solfatazione.

Sembra inoltre che la solfatazione sul C6 di un residuo di glucosamina sia importante nel potenziamento dell’effetto inibitorio dell’eparina sulle selectine, a sua volta responsabile dell’inibizione dell’adesione e della migrazione delle cellule neoplastiche.

Sulla base di queste evidenze e considerata anche l’indipendenza tra gli effetti anti- neoplastico ed anti-coagulante, la ricerca si sta orientando verso lo sviluppo di eparine modificate, in modo da incrementarne l’azione anti-tumorale ed anti-proliferativa. Sono state infatti sviluppate molecole con ridotta o assente attività anti-coagulante (Non-Anticoagulant Species of Heparin – NACH) col fine di ridurre il rischio emorragico associato all trattamento e di preservarne ed incrementarne contestualmente il profilo anti-neoplastico.

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coagulante ed alcune di esse sono state oggetto di studi di confronto con EBPM. A tal proposito, in uno studio del 2005 una delle NACH è risultata superiore alla tinzaparina per quanto concerne il profilo di attività anti-metastatica (103). Un altro studio condotto su un

modello murino di cancro pancreatico ha evidenziato maggiori proprietà anti-tumorali e minor rischio emorragico per un’altra NACH rispetto a tinzaparina ed enoxaparina, senza peraltro mostrare alcun tipo di tossicità (104).

Allo stesso modo, in uno studio del 2010, una EBPM è stata modificata chimicamente utilizzando anidride butirrica (eparina butanoilata) e poi utilizzata nel trattamento di un modello murino di cancro polmonare. I risultati hanno mostrato un incremento dell’indice apoptotico delle cellule tumorali, una maggior inibizione della prolifeazione cellulare ed una ridotta attività anticoagulante della molecola (come conseguenza della modificazione indotta chimicamente) (105).

Le proprietà anti-tumorali dell’eparina hanno determinato infine un crescente interesse nel suo utilizzo come componente funzionale di nano-molecole carrier capaci di veicolare farmaci anti-neoplastici verso specifici bersagli cellulari.

Oltre a fungere da elemento-segnale, l’eparina conferirebbe particolari proprietà ai nano- farmaci, implementandone l’efficacia d’azione tramite la capacità di by-passare i meccanismi di clearance del sistema reticolo-endoteliale, favorire un maggior accumulo del farmaco a livello del tessuto tumorale e garantire una migliore stabilità e solubilità delle nano-particelle d’oro.

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